L’ALBUM DEI RICORDI / il periodo difficile senza i servizi essenziali. Tra mille difficoltà
passata la guerra, torna la vita tra i banchi
la cartella di cartone, lo scaldino da tenere acceso col vento, le strade di polvere


di Pio Domenico Spinelli

 

La guerra del 1943 era appena passata dalle nostre parti e si stentava a riprendere il normale ritmo della vita, malgrado si respirasse in giro una forte volontà di rinascita dopo tanta sofferenza e dolore. I bombardamenti abbattutisi sul centro storico di Ceccano e nella immediata periferia avevano causato una grande devastazione sia nella condizione economica che nel morale della gente. Le nostre campagne non erano fornite di corrente elettrica (la sera si illuminavano le case con lucerne a olio), l’acqua per uso domestico veniva attinta dalle donne, con il classico “cuncone”, direttamente dalle sorgenti spontanee allora sparse un po’ ovunque nel nostro territorio (oggi completamente sparite!). Il cuncone veniva trasportato dalle donne sulla testa. La maggior parte delle abitazioni non era fornita di servizi igienici perché sprovviste di acqua corrente. Per le necessità fisiologiche si “scendeva in campo”. Le strade, e in particolare quelle di campagna, erano in terra battuta e durante il periodo invernale, diventavano pressoché impraticabili per il fango e le pozzanghere; d’estate poi erano tutte imbiancate dalla polvere. Questo era in generale l’ambiente in cui ripresero la vita scolastica i ragazzi di allora. Le scuole di periferia erano ubicate in locali occasionali e fatiscenti che certamente non stimolavano lo scolaro allo studio; le scolaresche erano quasi sempre pluriclassi dalla 1^ alla 5^ elementare con intuibili disagi per tutti; i banchi spesso dovevano essere forniti dai genitori. I ragazzi, prima di andare a scuola, collaboravano nella conduzione familiare e in particolare, quelli di campagna nei mesi di novembre e dicembre dovevano raccogliere le ghiande per i maiali prima che le raccogliessero gli altri. Nei mesi invernali gli scolari andavano a scuola con lo scaldino (un barattolo di pomodoro forato) che facevano roteare per manterlo acceso, e un pezzo di legno sotto l’ascella per il riscaldamento dell’aula. Gli scolari avevano in dotazione una cartella di cartone nella quale si sistemavano: il sillabario, l’astuccio con la penna e il pennino,(che si intingeva nel calamaio infisso nel banco), un quaderno a righi e uno a quadretti (ricoperti da copertine nere), una matita (per appuntire la quale si usava quasi sempre un coltellino), e una gomma. Chi possedeva il compasso e i pastelli destava l’invidia dei compagni. All’inizio dell’anno scolastico, l’insegnante quasi sempre sollecitava gli alunni a portare l’indomani a scuola una “bacchetta”, cosa che avveniva regolarmente in competizione fra di loro. L’insegnante sceglieva quella più “bella” che, ironia della sorte capitava che venisse usata per prima contro colui che l’aveva portata. Il quale naturalmente rimaneva molto deluso. Le punizioni erano corporali e normalmente venivano inflitte con un certo numero di bacchettate sulle mani e, talvolta, anche sulla testa. Quando poi la punizione doveva essere particolarmente severa, il malcapitato veniva fatto inginocchiare dietro la lavagna, su chicchi di granturco o sassolini. La mortificazione e l’avvilimento erano tali che spesso la punizione aveva l’effetto contrario: invece di redimere il reprobo finiva nel rafforzarlo nella disubbidienza. (La punizione infatti era sproporzionata alla manchevolezza commessa mentre oggi, forse, si tende ad esagerare in senso contrario) Il comportamento degli insegnanti era ampiamente approvato dai genitori sia perché condividevano tali metodi di educazione, sia per evitare possibili ritorsioni nei confronti dei figli. Per accedere alle scuole medie, dopo la 5^ elementare, i ragazzi dovevano sostenere il cosiddetto “esame di ammissione” per la cui preparazione specifica era necessario ricorrere a insegnanti esterni, in quanto la scuola ufficiale non vi provvedeva. Ciò comportava un maggiore aggravio per i ragazzi abitanti nelle campagne, costretti a percorrere a piedi distanze, talvolta considerevoli, per raggiungere il centro ove risiedevano gli insegnanti stessi. Anche la scuola media era ubicata solo in centro, con tutti i disagi e le eventuali ripercussioni sul rendimento scolastico per gli eroici studenti di campagna. Essi però tenevano duro, animati da una forte volontà di migliorare la loro condizione di provenienza anche se spesso erano derisi dai coetanei del centro con l’epiteto turzi d’ foru. Con questo spaccato di vita, vissuto in prima persona, ho voluto dare una testimonianza diretta della situazione scolastica di allora e mi piacerebbe che i giovani di oggi la confrontassero con la loro situazione attuale.

Pio Domenico Spinelli