I FINANCIAL FUTURES
I contratti negoziati all’IDEM e al MIF rientrano nella
classificazione dei
financial futures, ossia
contratti che presentano come bene sottostante
un’attività finanziaria, diversamente da quanto
accade per i
commodity futures, la cui
caratteristica è quella di avere come bene sottostante un
attività reale di natura diversa (si va dalle derrate
alimentari, agli animali, ai metalli preziosi e non, a
merci di varia natura).
Con il contratto future, due parti si impegnano
rispettivamente a vendere (posizione
short) e a
comprare (posizione
long) un determinato
bene, definito sottostante (underlying
asset), ad un
prezzo prefissato, ad una certa data futura.
Il future è un contratto
simmetrico (contrariamente
all’opzione), in quanto impegna all’esecuzione
entrambi i contraenti.
Il financial future deriva dai contratti future sulle
materie prime e sui prodotti agricoli, commodities
futures, negoziati al Chicago Board of Trade, la prima
Borsa merci negli Usa, già nel 1848. Il future
finanziario si è sviluppato, a partire dal 1972,
inizialmente sui tassi di interesse, in ragione
dell’accentuata volatilità che essi hanno iniziato a
sperimentare appunto a partire da tale periodo.
Gli strumenti finanziari sottostanti possono essere:
valute, titoli di diverso tipo, tassi di interesse,
indici azionari e dei prezzi.
Il contratto future presenta
tre elementi caratteristici:
il primo è che è
un contratto
standardizzato, il cui
sottostante è un titolo
nozionale, non esistente in realtà. Si tratta cioè di un
titolo di riferimento, le cui caratteristiche ideali
di scadenza e di tasso nominale permettono di
quotare uno strumento finanziario standard.
Il
secondo elemento peculiare è che tale contratto è oggetto di
negoziazione sui mercati
regolamentati, caratterizzati dalla presenza della
clearing house,
che opera come controparte in tutte
le transazioni: ciò vuol dire che ogni operatore, sia
esso compratore o venditore, conclude il suo
contratto con la clearing house. Questo scenario
operativo garantisce liquidità e sicurezza al
mercato, eliminando il rischio di controparte.
Il
terzo elemento caratterizzante del contratto future è costituito
dalla modalità di
consegna
(delivery). Dal momento che il bene sottostante è un
titolo nozionale, il regolamento del contratto
da parte del venditore può avvenire solo mediante la
consegna di titoli aventi caratteristiche simili a
quelle del nozionale (titoli consegnabili).
Passiamo ora a vedere brevemente le principali
modalità operative che caratterizzano il
funzionamento dei mercati future.
All’atto della stipula, l’acquirente del contratto
(sia esso di acquisto o di vendita) versa un deposito
iniziale, detto margine iniziale di garanzia, su un
conto acceso presso la
clearing house.
Nei mercati future vige il metodo del
marking to market: ciò
implica che ogni giorno le posizioni sono
chiuse e valorizzate in base all’andamento dei prezzi
con il meccanismo dei margini di variazione.
Due sono le modalità di estinzione del contratto
future. In primo luogo con la consegna, nel luogo,
alla data e al prezzo pattuiti, del bene oggetto del
contratto, dietro pagamento del corrispettivo. Dal
momento che il titolo sottostante il future è un
titolo nozionale, viene individuato il paniere dei
titoli consegnabili.
Per alcune attività finanziarie non materialmente
consegnabili, come gli stock index (quelli su
indici di borsa), si deve effettuare una liquidazione
esclusivamente per contanti (cash settlement),
peraltro applicata anche nella maggior parte delle
operazioni che hanno luogo con i contratti che
hanno come bene sottostante tassi di interesse; così
facendo nell’ultimo giorno di negoziazione si
provvede a definire il prezzo finale del contratto e
si liquidano in contanti le differenze in modo non
dissimile da quel che succede quotidianamente con il
sistema del marking to market.
Nel caso in cui la consegna fisica debba avere luogo
sono fissate presso tutte le Borse dove
avvengono contrattazioni a termine, le regole e le
condizioni che ne sono alla base. Visto che è
quotato un titolo nozionale, per riportarlo in ambito
"reale" verranno indicati “titoli equivalenti”, i
quali costituiscono il corrispettivo adattabile al
“nozionale”. Una volta fissato il “nozionale”, verrà
anche stabilita una lista di titoli alla quale vanno
ad adattarsi gli operatori che, alla scadenza del
contratto, presentano posizioni in vendita aperte.
Ovviamente essendo il titolo nozionale il bene
sottostante oggetto del contratto a termine si
presenteranno delle difficoltà collegate alla necessità
di “omogeneizzazione” delle caratteristiche tecniche.
Poiché il valore del titolo nozionale e quello del
titolo reale non sono uguali, al momento della
consegna va effettuato il calcolo che permetta di
identificare quale è il valore contante del contratto
a termine; in altre parole è importante rilevare,
confrontare e riportare il valore del titolo reale al
valore del sottostante. La necessità di questo calcolo
discende dal fatto che il nozionale
materialmente non esiste, per cui non è possibile
ottenere in via diretta la conoscenza del suo
rapporto di cambio con il titolo reale e dunque non è
immediatamente disponibile un raffronto tra
contratto a termine e titoli reali.
Per raggiungere questo rapporto si ricorre ad un
calcolo teorico, che si basa su regole prestabilite e
si fonda sul concetto di fattore di conversione o
di concordanza. Si tratta dello strumento matematico
necessario per costruire un rapporto di cambio, con
cui sia possibile determinare l'equivalente
finanziario in contanti del contratto a termine. Con
il fattore di concordanza si riescono ad
effettuare degli aggiustamenti alle caratteristiche
differenti dei titoli reali e del titolo nozionale; per
cui per ogni titolo reale si calcolerà il valore
attualizzato al tasso relativo al titolo costituente il
contratto alla data della consegna.
Il fattore di concordanza è comunque un'espressione
che fornisce un risultato approssimato e
relativo al rapporto tra il prezzo del titolo
nozionale e quello del titolo reale. Ovviamente questa
approssimazione tenderà a ridursi quanto minori
saranno le variazioni nella struttura del tasso di
interesse.
Il calcolo del fattore di concordanza è relativo solo
alle caratteristiche proprie del titolo, per cui può
essere calcolato in anticipo; i dati rilevati vengono
riportati in tabelle che le singole Borse portano a
conoscenza degli operatori.
In ogni caso la scelta dei titoli è condizionata dalle
aspettative del venditore; nell’ambito dei titoli
che detiene in portafoglio, quest'ultimo avrà
convenienza a consegnare i titoli che ritiene meno
redditizi, soprattutto se ci sono previsioni di
riduzione dei tassi di interesse nel lungo periodo. La
scelta, comunque, non avviene a caso, ma è guidata
anche dai risultati ottenuti in seguito all'analisi
svolta utilizzando il fattore di concordanza. Bisogna
ricordare comunque che la scelta finale non
potrà essere determinata soltanto dalla mera
applicazione del fattore di concordanza. Ciò può esser
valido solo se ipotizziamo una situazione in cui sul
rendimento delle obbligazioni non influisca né la
scadenza, né alcuna variazione dei tassi di interesse,
né in termini più generali qualsiasi mutamento
nel rendimento dovuto alle più frequenti imperfezioni
ed instabilità del mercato. Dato che invece la
situazione reale presenta tutte queste influenze, la
scelta viene effettuata operando in un panorama
piuttosto ampio di titoli di natura e caratteristiche
differenti, variamente soggetti a cambiamenti e
dunque a divenire o meno oggetto delle scelte finali
dell’operatore. Se poi si tiene conto del fatto che
l’operatore in discorso ha composto nel tempo un
portafoglio secondo proprie esigenze di rischio e
di rendimento tenendo conto anche di considerazioni di
flussi finanziari previsti, si deve giungere
alla conclusione che la scelta del cosiddetto
cheapest to delivery va
interpretata come la scelta del
titolo che è
più conveniente consegnare
data la peculiare situazione dell’operatore, scelta che è,
ovviamente, valida soltanto
pro tempore.
Naturalmente, in un’ottica che non è certo quella di
una gestione integrata la scelta del titolo da
consegnare può anche essere effettuata tenendo conto
del titolo "più economico" o "meno costoso",
che sarà quello, tra le possibili obbligazioni da
consegnare, che permetterà al venditore di sostenere
il minor costo, cioè quel titolo che massimizza la
differenza tra il valore del contratto sul mercato a
termine e il costo di acquisizione sul mercato in
contanti dei titoli da consegnare.
L'esistenza del titolo "meno costoso" permette a chi
gestisce un portafoglio di obbligazioni, di
effettuare una discriminazione tra una serie di titoli
e consegnare quello che gli permette di
sostenere il costo più basso o che costituisce la
possibilità più vantaggiosa. Ovviamente, anche in
questo caso si tratta di una scelta valida
pro tempore, in quanto in
ogni momento esiste un solo titolo
che permette di soddisfare gli obblighi di consegna
traendone il massimo guadagno, ma, anche in
quest’ottica semplificata, le mutevoli condizioni di
mercato possono portare ad un cambiamento
delle convenienze.
Il mercato future e il mercato dei consegnabili si
influenzano a vicenda, ma spesso è il mercato
future
che, per i volumi in gioco e per i più bassi costi di
transazione, finisce con l’accentuare gli effetti
derivanti dalle manifestazioni della tendenza di tasso
originando correnti di acquisti e vendite sul
mercato a pronti.
Ritornando alle
modalità di estinzione del
contratto future,
oltre la consegna e la liquidazione
per contanti, si ha la liquidazione prima della
scadenza. Questa modalità, che è la più frequente,
consiste in un’operazione di compensazione ( offsetting):
viene cioè stipulato un contratto di segno
opposto a quello da cancellare. Tale contratto sarà di
vendita (posizione short) se il contratto da
cancellare è di acquisto (posizione long); viceversa
di acquisto se il contratto da cancellare è di
vendita. In questo modo è possibile chiudere la
posizione prima della data di scadenza del contratto.
Il risultato dell’operazione è definito dalla
differenza tra i prezzi negoziati, cosiddetta liquidazione
differenziale.
Rispetto al mercato a pronti, il mercato future
implica un effetto leva nei confronti dell’investimento
iniziale: mentre sul mercato a pronti l’acquisto del
titolo comporta l’esborso immediato del
controvalore, sul mercato future l’esborso iniziale è
limitato al margine iniziale e quindi ai successivi
margini di variazione.
I mercati future hanno alcune analogie con i mercati
forward, ma questi
ultimi si differenziano
perché i relativi contratti non sono standardizzati e
non vengono negoziati sui mercati
regolamentati, ma
over the counter, con la
mancanza della clearing house.
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