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Viaggio nella storia del paesaggio agrario del Tarantino

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Buoi, cavalli, asini, muli e maiali

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I buoi

Sommario:

Buoi

Cavalli

Asini e muli

Maiali

Riferimenti bibliografici

Mangiatorie all'aperto per bovini, da Masseria Grottafornara (Taranto)

Forme di semiaddomesticamento dell'Uro, il progenitore selvatico dei bovini domestici, hanno probabilmente avuto luogo ancora prima dello sviluppo di attività agricole, fornendo in seguito un contributo essenziale alla Rivoluzione Neolitica
Oltre all'ampia utilizzazione all'interno delle aziende agricole sparse nella chora coloniale,i buoi rivestivano nella Taranto greca anche un peculiare ruolo rituale, essendo oggetto di una festa sacrificale in onore della dea Era.
Le prime notizie sistematiche riguardanti l'allevamento dei bovini nel Tarantino rimontano solo a partire dal Medioevo
I buoi erano i soli animali addetti alle lavorazioni dei terreni ed al tiro pesante; in base alla quantità di terra che poteva essere arata da una coppia di buoi (il paricchio) essi  erano utilizzati anche come unità di misura di superficie.
In Età Moderna essi venivano allevati in aziende specializzate, note come masserie di vacche, istituite nelle difese che i maggiorenti di Taranto andavano erigendo nelle terre pubbliche del suo territorio. Questa tipologia aziendale prevedeva lo spostamento stagionale (a partire dall'inizio di maggio sino alla fine di settembre) del bestiame verso i pascoli perenni della parte occidentale della attuale provincia, in gran parte soggetta ad impaludamento, o verso l'Alta Murgia e l'Appennino, seguendo i percorsi della transumanza
Nel corso del '700 tutte le masserie di vacche del Tarantino vennero dismesse per fare spazio alla olivicoltura, che andava sostituendo le aree in precedenza occupate dalla macchia mediterranea.


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Le scenografiche corti per i buoi con le relative stalle, a Masseria Capocanale
(Statte)

La meccanizzazione ha visto, sin dalla fine dell'800, la progressiva riduzione dell'impiego dei buoi nei lavori agricoli; la successiva introduzione dei sistemi di stabulazione industriale  e di razze bovine a maggiore produttività di carne e di latte hanno addirittura condotto alla scomparsa della razza storica di bovini pugliesi, la podolica.
Ricordiamo, infine, la saltuaria attestazione di bufali nel Tarantino, fino al '700 inoltrato, ma limitatamente alle zone paludose.

 

I cavalli 

Il frequente rinvenimento di ossa di equini all'interno dei villaggi pre- e protostorici lascia intendere che questi avessero un importante,seppur imprecisato, ruolo all'interno di quelle economie e società.
Le prime interessanti notizie relative all'allevamento di cavalli nel Tarantino risalgono invece all'Antichità
Sia il ruolo di allevatore di cavalli che l'esercizio della stessa cavalleria militare (spesso coincidenti in seno a determinati nuclei gentilizi di origine greca) occupavano  un ruolo di spicco (connotato in senso aristocratico) in seno alla società tarantina. I cavalieri tarantini avevano inoltre sviluppato un armamentario ed una tecnica nel cavalcare affatto peculiare e molto celebrata. 

Il ruolo di prestigio svolto dal cavallo nella zootecnia veniva testimoniato anche dalla struttura degli ambienti ad esso destinati, come l'elegante rimessa di Masseria Calvello (Crispiano).

Rinomati allevatori di cavalli erano i Messapi: cavalli, oltre che schiavi, costituivano il principale bottino delle periodiche razzie compiute dai Tarantini nei territori messapici. Lo stesso Annibale compì, nel corso della sua campagna contro Roma, una incursione in Messapia proprio allo scopo di approvvigionarsi di cavalli.
Nel Medioevo il cavallo acquisì una duplice importanza: (costava, infatti, molto più degli altri animali) e di prestigio. A lui, ed alla sua importanza come macchina bellica, faceva riferimento infatti tutta la cultura cavalleresca e l'istituzione feudale, che in pratica coincideva con lo status nobiliare
Ulteriore elemento di interesse per l'allevamento del cavallo derivava dalle forti limitazioni imposte dallo Stato svevo e primo-angioino a questa attività, condotta in regime di monopolio  all'interno di aziende zootecniche specializzate (note come aratie o marescallie) sottoposte a  un rigido controllo burocratico. Una di queste strutture esisteva anche nel Tarantino, nei pressi di Laterza.

La masseria della Scorcola (Crispiano) riporta un toponimo di origine longobarda che indicava la presenza di un insediamento fortificato di  confine; essa sorge  sul luogo una volta occupato dall'antico casale di Capitignano; dopo l'abbandono di questo (alla fine del Medioevo) il relativo territorio fu destinato all'allevamento, divenendo dapprima una cavallerizza. Successivamente il suo territorio venne smembrato per dare origine alle tre masserie di Scorcola, Ingegna e Aucchiaro.

Con gli Aragonesi sorsero nuove aziende specializzate nell'allevamento dei cavalli chiamate cavallerizze, alcune delle quali furono istituite nei pressi di Alberobello e nei territori di Massafra e di Capitignano (a Nord di Taranto).
L'allevamento equino venne in seguito liberalizzato, ma nel Tarantino non si ha più notizia di aziende specializzate in tal senso. Nella Murgia invece, ove si era nel frattempo insediata la comunità martinese, l'allevamento equino continuava ad essere praticato e condusse alla selezione della più antica razza equina italiana, il cavallo murgese.
Il cavallo (in genere si trattava di una giumenta) era sempre presente fra le dotazioni (capitanie) presenti nelle masserie e costituiva il mezzo utilizzato dal  massaro per sovrintendere ai lavori che si svolgevano all'interno dell'azienda;altre volte veniva utilizzata per muovere particolari macchine, come le norie (ingegne) e i mulini, in alternativa ai muli
Era il principale animale (solo talvolta si impiegavano i muli) adoperato per il trasporto delle persone, a sella o su carrozza.Il possesso di una carrozza a quattro cavalli era uno degli status symbol più apprezzati nella Taranto settecentesca.
Il grosso limite allo sviluppo dell'allevamento del cavallo è stato sempre rappresentato dalle sue elevate esigenze alimentari, con particolare riferimento all'orzo, ma anche al foraggio ed all'erba. Per questo motivo la presenza di una cavallerizza in un territorio rappresentava per l'intera comunità che vi viveva un sacrificio importante, ad esempio per le limitazioni che ciò poneva nell'esercizio degli usi civici.  

 

Asini e muli

L'asino era la tipica bestia da mano, adatta cioè al trasporto leggero,per cui era un utilissimo coadiutore per il lavoro contadino; esso rivestì, inoltre, nella Taranto greca un importante ed inconsueto ruolo rituale: nel corso di una importante cerimonia pubblica, denominata Festa dei Venti,veniva infatti sacrificato un asino, allevato appositamente in libertà. 

Data l'importanza dell'asino nella economia domestica quotidiana non fa specie il rinvenirne le mangiatoie nelle case-grotte degli insediamenti rupestri, come quello di Cigliano (Crispiano,in alto). In basso mangiatoie dei muli addetti al frantoio (trappeto) della masseria della Felice (Statte).

L'utilità dell'asino come animale da lavoro era massima per i giardinieri, che con esso  solevano fare la spola quotidiana fra la città (o il paese) ed il suo orto-guardino delle Paludi, con l'andirivieni di letame in un verso e di frutti e verdure nell'altro.
L'asino era inoltre largamente impiegato nella masseria, nel trasporto delle olive verso il frantoio (trappeto) e nel muovere macchine come ingegne o mulini.
Lo stallone asinino veniva inoltre allevato in maniera tale  , potenti macchine da lavoro adoperate in moltissimi impianti (mulini, trappeti, ingegne) e per il trasporto di merci e di persone, occupazioni per le quali si rivelava meno efficiente del cavallo, ma rispetto a questo più resistente e meno esigente da un punto di vista alimentare.

I maiali

I maiali hanno sempre costituito gli animali da carne per eccellenza, sua nella loro componente magra che grassa, quest'ultima utilizzata per lo più come condimento al posto del prezioso olio di oliva. 
L'allevamento del maiale  non rivestì mai, per la verità, nell'economia del Tarantino una significatività paragonabile a quella raggiunta dalle aree di collina e di montagna della vicina Lucania, che sin dall'antichità aveva costituito la principale fornitrice di carne per Roma. In questa regione 

Nelle masserie del Tarantino è raro il riscontro di strutture dedicate all'allevamento dei maiali, come il recinto dell'immagine, da Masseria Monte della Specchia (Statte).

l'allevamento suino rappresentava una delle più tipiche attività silvo-pastorali, espressione dell'economia dell'incolto.
L'età d'oro dell'allevamento suino nel Tarantino si limita, molto probabilmente, al Medioevo e non andò oltre il '500. In questi anni, pure, la coesistenza di una diffusa  agricoltura relegava tale pratica alle aree più interne (la Murgia e il territorio immediatamente ai piedi di essa),  laddove permanevano aree pascolative relativamente intatte, con particolare riferimento alle querce, la principale fonte di alimento per i maiali. Anche in tali circostanze  la masseria di maiali (questo il nome dell'azienda  specializzata nell'allevamento suino) necessitava di integrazione alimentare di provenienza agricola, in particolare di orzo.
Nel prosieguo dell'Età Moderna la presenza di maiali nel Tarantino era limitato alla stagione della grassa. Durante questo periodo, che andava in genere dall'8 settembre al 6 dicembre, i proprietari di maiali, il più delle volte martinesi, conducevano il bestiame  nelle poche quercete sopravvissute, come  la Foresta dell'Arcivescovo di Taranto, nel territorio di Grottaglie, ed il feudo di Lizzano; lo scopo era quello di far ben ingrassare gli animali subito prima della loro vendita nelle fiere del Regno.

Riferimenti bibliografici

Le notizie fornite sono tratte dalle seguenti fonti:

Licinio R: Uomini e terre nella Puglia medievale, Bari 1983

Porsia F: L’allevamento, in Atti delle settime giornate normanno-sveve: Terra e uomini nel Mezzogiorno normanno-svevo, Bari 1987, pp. 235-260

Porsia F: I cavalli del Re, Fasano 1986.

Settimane di Studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, XXXI: L’uomo di fronte al mondo animale nell’Alto Medio Evo, Spoleto 1985.

17 dicembre 2001 00:07

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