La crisi tardomedievale
Parole
chiave: Immagini, rural landscape
history, transumanza, Medioevo, feudalesimo, crisi agraria, demani, villaggi, casali,
paesaggio, storia, Taranto, Masserie, Civiltà Rupestre, villaggi abbandonati, edilizia rurale,
Puglia, Italia Meridionale
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Il
grande slancio della Rivoluzione Agricola
Medievale
andò progressivamente
esaurendosi sotto i colpi dell'esoso carico fiscale preteso da Federico II e dai primi Re angioini. Quando a ciò
si aggiunsero
(per quasi tutti i secoli XIV e XV) interminabili guerre
feudali, la peste, il crollo demografico e la congiuntura negativa del
mercato
cerealicolo, esplose una delle più gravi crisi mai attraversata da tutto
il Mezzogiorno. |
Sommario:
Le
conseguenze
La
lotta per il
controllo dei pascoli
Le masserie
Il Tarantino
nei grandi circuiti commerciali
Riferimenti
bibliografici
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Alla base dei diffusi
fenomeni di spopolamento dei casali medievali concorsero
eventi di portata generale, come la grande crisi
economica e demografica che coinvolse tutta l'Europa, ma anche
momenti locali,
come le angherie cui i funzionari del fisco angioino sottoponevano
i contadini. Questo fu il motivo per cui, all'inizio
del '300, gli abitanti del casale di Pasano (Sava)
abbandonarono le loro case. Su quel luogo sorse in seguito una
chiesa (a sinistra) divenuta meta di culto da parte di tutte
le popolazioni viciniori,forse come ricordo di quella
trasmigrazione.
Il definitivo abbandono del casale di Salete (Grottaglie, a
destra le rovine) si inserisce, invece, in una
precisa strategia di politica feudale intrapresa dal
feudatario, l'arcivescovo di Taranto, e mirante al
potenziamento del centro della sua vasta baronia,
Grottaglie. La prima tappa di tale politica si concluse alla fine del XIII
secolo, quando l'arcivescovo tarantino chiese ed ottenne di radunare
in Grottaglie gli abitanti sparsi per i casali, fra cui quelli
di Salete.
Il processo fu coronato a metà '300 con la costruzione
della cinta muraria e del castello episcopio di Grottaglie,
promossi da quella figura ambigua e controversa (autentico figlio
dei suoi tempi) che fu l'arcivescovo Giacomo d'Atri. |
Le turbolenze di fine Medioevo riportarono sulla evoluzione del paesaggio agrario del
Tarantino conseguenze marcate e prolungate nel tempo, dato che solo nel corso del '500
inoltrato comparvero i primi segnali di inversione di tendenza.La prima e più devastante conseguenza della crisi fu
la destrutturazione della
rete dei casali, i veri promotori dell'
economia medievale: in gran numero essi furono abbandonati, chi definitivamente
chi per periodi più o meno lunghi.
Oltre alla crisi demografica vi concorse anche l'inurbamento
di molti
abitanti del contado, favorito anche da alcune, contrastate,
agevolazioni fiscali concesse dal
Principe di Taranto.
Insieme con i casali venne meno anche quell' ordito di
colture specializzate che faceva loro da corona, costruendo lo scenario più
tipico della Rivoluzione Agricola Medievale.
Anche il sistema delle chiese rurali si
avviò ad un irreversibile declino,e con esse la loro innata capacità di catalizzare i fenomeni
di popolamento rurale.
In questi anni andò spopolandosi gran parte della fascia pedemurgiana sino a
quasi la riva Nord del Mar Piccolo.
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Quella delle Voccole
(Martina Franca) è una delle prime masseria della Murgia
di cui si abbia notizia. Essa nacque, infatti,già prima della metà
del
'300
in piena Foresta di
Taranto,utilizzando una grotta e dei semplici recinti come
riparo per animali. Con progressivi accorpamenti di terre
circostanti segnò l'irreversibile processo
di appadronamento di quello che sino ad allora era stato
patrimonio pubblico. |
I deserti originatisi dagli
abbandoni divennero
preda delle mire
speculative di quanti erano interessati al grande affare del tardo Medioevo,
la
gestione dei pascoli.In questo delicato
settore
vennero inevitabilmente a collidere gli interessi dello Stato,che
intendeva confermarvi le sue prerogative
monopoliste, dei feudatari, che
nutrivano le medesime ambizioni all'interno dei rispettivi feudi, delle comunità,
che vantavano diritti di uso consuetudinario, e
dei nuovi signori della
terra, che approfittavano della frequente latitanza degli organismi pubblici
per imporre
forme
individuali di possesso.
Per tutta la restante parte del Medioevo i poteri
pubblici riuscirono, tuttavia, ad imporre la propria primazia.
Al culmine di questo processo giunse (1447) l'istituzione della Dogana della
mena delle pecore di Puglia, voluta dal re aragonese Alfonso il
Magnanimo.
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La logica
dell'individualismo agrario si tradusse,tra la fine del Medioevo e
l'inizio dell'Età Moderna, nella definitiva liquidazione degli
ancestrali diritti consuetudinari vantati
dalle popolazioni nei
confronti del territorio da esse abitato. Gran parte delle
terre
pubbliche venne, di fatto, escluso agli usi civici e
privatizzato. La metafora più esplicita di tale processo di appadronamento è
la creazione di difese e parchi mediante l'erezione dei
muri di protezione. |
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Dalle ceneri del
paesaggio medievale, fatto di una costellazione di abitati
contadini, prese le mosse la rete delle masserie.
Nelle immagini le prime di cui si ha notizia; da sinistra: Galeasi (Grottaglie), sorta da un vasto
insediamento disperso, rupestre
e subdiale, e San Nicola di Levrano, gia di proprietà
dell'abbazia di San Vito del Pizzo di
Taranto (Taranto) Masseria Ingegna (Crispiano), sorta
sui resti del casale di
Capitignano. |
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Con la scomparsa dei casalile prime masserie
gestite da privati; il sistema delle
masserie regie, in crisi ormai irreversibile, venne, al
contrario, nel corso del '300 integralmente dismesso.
Si trattava di una innovazione molto importante, destinata a rivoluzionare i
destini paesaggistici per i secoli successivi.
Specie nelle aree interne le prime masserie consistevano in strutture
molto semplici, fatte di recinti e di ambienti nati da riadattamenti di ambienti preesistenti,
come grotte naturali o scavate dal popolo della Civiltà
Rupestre. Il loro indirizzo
era, molto spesso, prevalentemente
zootecnico, ma funsero in ogni caso da centri
direzionali per la neocolonizzazione di aree periferiche, altrimenti destinate
a forme economiche certamente regressive.
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Il successo
della nuova struttura insediativa e produttiva risiedeva nel
nuovo orizzonte culturale maturato all'interno della società del tardo Medio
Evo. Superata finalmente l'ancestrale ideologia dell’autoconsumo e
dell'autosufficienza, si ponevano le basi per una vera e propria rivoluzione dei modi di produzione e di distribuzione delle
merci: si trattò di un processo lungo, che giunse a piena maturazione
solo nel corso del XVI secolo,quando confluì nel grande alveo della
mercantilizzazione dell’agricoltura
mediterranea.
Nel corso del '300, quindi, il porto di Taranto fu
inserito all’interno di un sistema di linee commerciali privilegiate che
interconnetteva il suo entroterra, produttore di grano,
olio e vino, con il Mediterraneo occidentale, e la Catalogna
in particolare, prologo del protagonismo politico che
giocherà nel secolo seguente.
Tale fatto, tuttavia, si tradusse nella trasformazione della regione in in
colonie mono- o paucicolturali, con strutture economiche sottomesse alle
esigenze delle aree forti d'Europa, che al contrario, consumando o trasformando le
materie prime accrescevano la propria ricchezza.
Riferimenti
bibliografici
R. Licinio: Uomini e terre nella Puglia medievale,
Bari, 1983.
B.
Salvemini: Prima della Puglia. Terra di Bari e il sistema regionale in
età moderna, in Storia d’Italia.Le regioni dall’Unità ad
oggi: La Puglia, Torino,
1989.
C.
Klapisch-Zuber: Villaggi abbandonati
ed emigrazioni interne, in Storia
d’Italia,V: I documenti, Torino, 1973, pp. 311-357.
L.
Genicot: Crisi: dal Medio Evo all’
Età Moderna, in Storia
Economica Cambridge: L'agricoltura e la società rurale nel Medioevo,
I, Torino 1976,
pp. 814-881.
M.A.
Visceglia: Territorio, feudo e potere locale, Napoli, 1988.
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17 dicembre 2001 00:07
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