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Viaggio nella storia del paesaggio agrario del Tarantino

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Orti e giardini

Parole chiave: Immagini, rural landscape history, Magna Grecia, allevamento, paesaggio rurale, storia, Taranto, Puglia, Italia meridionale, gravine, edilizia rurale, Civiltà Rupestre

     Il giardino mediterraneo

Il giardino mediterraneo (noto anche con i termini di pomario o verziere) indica storicamente un territorio di forma anche irregolare, coltivato intensivamente e recinto da muri di protezione; esso costituisce una delle eredità più consolidate e cospicue della tradizione agronomica mediterranea
Le aree adibite alla sola coltura degli ortaggi erano chiamate orti ed in casi particolari terre paduli; spesso però questi erano associati agli alberi da frutta,i componenti essenziali del giardino mediterraneo. 

  

 

Ingegna nelle campagne di Pulsano

Sommario:

Il giardino mediterraneo

 Le componenti

L'acqua

Le protezioni

La storia

Giardini e masserie

Le attività

Da giardino mediterraneo a luogo di delizie

 

Le componenti

I più importanti elementi del giardino, necessari per il suo successo, erano: il terreno (sia la natura pedologica che l'esposizione), l'acqua, i sistemi di protezione e la casa del conduttore (giardiniero).

L'acqua

Acquedotto presso Masseria Lupara (Pulsano).

Vasca per la decantazione ed il riscaldamento dell'acqua, nel giardino di Masseria Torre Bianca (Taranto)

Per sopperire alla necessità di acqua durante tutto l'arco dell'anno nei giardini erano sempre presenti pozzi, cisterne (acquari e piscine), e, spesso, impianti di sollevamento delle acque freatiche (ingegne o norie). Erano queste macchine a trazione animale (cavallo o più spesso mulo o asino) collegate con un sistema di canali (anche veri e propri acquedotti su arcate sopraelevate) che provvedeva a distribuire l'acqua nei diversi settori del giardino.

Le protezioni

Per difendere le produzioni dall'assalto degli animali e dei malintenzionati si ricorreva a vari espedienti.

wpe53380.gif (72640 bytes)Due dei più insigni monumenti della architetturawpe46581.gif (68643 bytes) rurale del Tarantino: i giardini di Fantiano (a sinistra) e di Riggio (Grottaglie), con i loro poderosi muri di cinta.

 Nella zona delle Paludi del Tara,ad Ovest della città, venivano scavati dei canali tutt'intorno alle colture (carvonari);  altrove si provvedeva alla recinzione, erigendo siepi con piante spinose (pruni e biancospini), o, più spesso, muri, a secco o in muratura a cotto.Laddove le condizioni lo consentivano una parte del giardino veniva riservato al canneto (cannito), che oltre a fungere, a sua volta, da siepe forniva materia prima utilizzata per mille altri usi (dal sostegno di piante orticole e di viti alla edilizia). 
Il giardino era in genere suddiviso in settori  funzionali (q
.

Per la funzionalità del giardino era necessaria l'individuazione wpe52544.gif (75380 bytes) al suo interno di aree o settori, ciascuna destinata a particolari colture. A sinistra il giardino di Masseria Monte della Specchia (Crispiano), a destra un giardino nella Lama del Fullonese (Grottaglie)

La storia

I coloni greci introdussero per primi nel Tarantino una cultura agronomica molto avanzata, alla quale pare aver dato il suo contributo uno dei personaggi più insigni della Taranto greca, Archita.  La prestigiosa agricoltura di eredità magnogreca transitò all'interno delle villae rusticae romane sino ai primi secoli dell'Impero. Presso gli autori latini molte sono le citazioni di ottime qualità di castagne, pere, mandorle, fichi, noci, capperi, cipolle, pinoli, indicate come tarentinae. Anche la floricoltura era molto avanzata, ed annoverava, fra l'altro, anche una particolare varietà di Mirto

Il Giuggiolo (Ziziphus wpe16732.gif (75833 bytes)jujuba) è una delle molte piante da frutta introdotte dagli Arabi,  divenendo una delle presenze più comuni all'interno dei giardini, come nel Giardino del Marchese, nella Gravina di Montemesola

Bizantini ed arabi  introdussero gli agrumi, gli albicocchi, le palme da dattero, i gelsi, i meloni irrigui e lo zafferano. L'ampia diffusione di queste novità dovette tuttavia attendere l'età angioino-aragonese.  
Nel corso della Rivoluzione Agricola Medievale orti e frutteti occuparono non solo le aree immediatamente a ridosso della cinta muraria e degli abitati, ma si diffuse anche all'interno de territori distanti, per natura idonei alla proficuo impianto di strutture specializzate. In questa maniera essi occuparono la vasta area delle Paludi del Tara (gli Orti di Basso) e le forre lungo il litorale tarantino sud-orientale (Gandoli, Tramontone, Saturo, San Tomai). 

Il giardino della Corte (Leporano), appartenente ai Muscettola, feudatari di Leporano, Pulsano e   Torricella.

Anche lame e gravine, diffusamente interessati dagli insediamenti rupestri, divennero sede elettiva di orti e di giardini, disposti su terrazzamenti lungo i suoi fianchi o sul fondo delle medesime.
Questo assetto fu solo in parte ridimensionato dagli abbandoni tardomedievali, anzi è sopravvissuto sino a pochi anni orsono.
All'interno del regime feudale il possesso di giardini era parte di un generale progetto di diversificazione e di ottimizzazione delle attività produttive del feudo, ma rientrava anche  all'interno di logiche di controllo ideologico dei vassalli.Tale scopo veniva attuatop mediante la ricerca formale, l'introduzione di piante speciose e di curiosità botaniche. 

Giardini e masserie

Raramente una masseria costituiva un accessorio diwpe14253.gif (65859 bytes) un giardino, come è accaduto per la Masseria della Gravina (Montemesola), sorta accanto al monumentale omonimo giardino

Con la nascita delle masserie i giardini ne entrarono a far parte, ora limitandosi a fornire un'integrazione per l'alimentazione dei coloni, ora invece divenendo del tutto autonomi dal punto di vista strutturale, organizzativo e gestionale,  rivestendo un importante cespite accessorio di entrata.

Le attività 

Le principali colture praticate all'interno dei giardini erano gli ortaggi e gli alberi da frutta. Fra i primi particolarmente diffusi erano le molte varietà di cavoli, le scalere, i carciofi, le bietole, le cipolle, i finocchi ed i legumi; fra le coltivazioni da frutta raro il riscontro di fragole, ma molto comune quello dei meloni. Solo verso la fine del '700 compaiono le prime citazioni di pomodori
Fra gli alberi da frutta ricordiamo le numerose varietà, oggigiorno per lo più scomparse, di peri, meli, granate, susini, fichi, meli cotogni,albicocchi, peschi, ciliegi (amarene) e mandorli. Segnaliamo inoltre un albero oggigiorno per lo più sconosciuto, come il Giuggiolo, ed uno di lunga e ricca storia, ma ormai molto bistrattato, come il Gelso, nero e bianco. Solo alla fine del '700 compaiano le prime citazioni di Fichi d'India, oggigiorno ormai naturalizzati.
Gli agrumi, particolarmente pregiati, occupavano per lo più aree riservate all'interno dei giardini (le orangerie), le più protette dai venti freddi di Tramontana. Anche di questi si coltivavano cultivar di aranci e di limoni di cui si è oggigiorno perduto praticamente traccia. 
All'interno dei giardini erano anche coltivate varietà particolari di olivi e di vite
Esigenze coincidenti favorirono la diffusione all'interno dei giardini dell'allevamento delle api e la coltura del cotone.

 

Da giardino mediterraneo a luogo di delizie

La moda della villeggiatura si diffuse fra le famiglie nobili tarantine nella seconda metà del '700, e divenne ben presto, anche fra i parvenus borghesi, uno status symbol. Per svolgere questa nuova funzione molte masserie subirono profonde ristrutturazioni edilizie; i palmenti dei vigneti di Lama e San Donato divennero abitazioni  residenziali (casini), mentre nuove masserie venivano erette proprio in funzione di questa novità. 
L'evento più rivoluzionario fu (a fine '700) la costruzione della villa dell'arcivescovo Capecelatro, in splendida posizione dominate sul Mar Piccolo.
Sino ad allora l'insalubrità, specie estiva, delle campagne, la loro insicurezza, il carattere piuttosto primitivo della aristocrazia, che guardava alla terra solo come base del proprio potere economico, ed infine il precario stato delle infrastrutture, avevano impedito il riprodursi in ambiente rurale di modelli architettonici distintivi della ricchezza, cosa che invece aveva contraddistinto l'ambiente urbano. 
All'interno di queste strutture il giardino, che andava nel frattempo arricchendosi di apporti sempre più esotici, tendeva a perdere, in tutto o in parte, i connotati di struttura produttiva, definendo anch'esso, con le sue stranezze botaniche, un ulteriore  elemento di distinzione.
Anche da questo punto di vista la nascita di giardini residenziali, curati da un punto di vista formale oltre che funzionale, costituisce un importante segnale del processo di sprovincializzazione della locale élite sociale.

Rirerimenti bibliografici:

Le notizie fornite sono tratte da:

 

17 dicembre, 2001 00:07

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