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Viaggio nella storia del paesaggio agrario del Tarantino

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Il paesaggio agrario antico
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L'ETA' COLONIALE 

Sommario:

L'età coloniale
           La rottura con la storia
         Le aree funzionali
         L'evoluzion
e
         L'economia
Il Tarantino messapico 
La romanizzazione
         Le conseguenze di una             sconfitta
        
La colonia Neptunia
         La nuova economia
         La crisi
 

La rottura con la storia

A seguito della fondazione della colonia greca di Taranto (710 a.C. circa) il territorio (la chora) che i coloni greci conquistarono agli indigeni (gli Iapigi) andò incontro a diffusi e profondi processi di trasformazione urbanistica.
Ben diversa rimase la cultura della gestione del territorio perseguita dai Messapi e dai Peuceti, nonostante i processi di assimilazione culturale (ellenizzazione) cui questi andarono inesorabilmente incontro.

Le aree funzionali

Quella messa in atto dai Greci giunti in Taranto fu la prima esperienza di utilizzazione del territorio rispondente a criteri e moduli razionalizzanti. A loro si deve, ad esempio, la teorizzazione di una formale suddivisione della chora per aree funzionali, mediante cioè  l'individuazione di una  koinè chora (comprendente le aree incolte e destinate alla utilizzazione collettiva), una idìa chora (cioè le aree possedute a titolo di proprietà personale dei Greci) e una ierà chora (comprendete le terre di pertinenza dei templi).

L'evoluzione

In Età Arcaica (VII-VI secolo a.C.) la polis fu governata da una oligarchia aristocratica, che riuscì a concentrare nelle proprie mani gran parte delle terre, incluse quelle della koinè chora,  destinandole all’allevamento prestigioso dei cavalli ed a quello proficuo delle pecore. A questo assetto socio-economico corrispondeva una trama insediativa rurale molto rada, particolarmente nel settore occidentale. 

Il fenomeno del riutilizzo di materiale proveniente da preesistenti strutture edilizie è sempre stato molto diffuso. Spesso il reimpiego avviene in maniera impropria, come i rocchi di colonne e la lastra di copertura tombale, provenienti da qualche insediamento rurale di età magno-greca, adoperati come panchina nell'immagine, inserite in una costruzione rurale moderna


La rivoluzione democratica dell'inizio del V secolo a.C. e, soprattutto, l'opera illuminata dello stratega Archita condussero all'allargamento della base sociale chiamata al governo della città; tali eventi furono gravidi di conseguenze anche nel settore della chora, ove avvenne una inedita e irripetuta  proliferazione degli insediamenti agricoli, con l'affermazione di un modello economico fondato sulla piccola e media proprietà contadina.

                                   

L'agricoltura di età magno-greca era molto avanzata ed aveva una chiara propensione mercantile. Rari sono purtroppo i rinvenimenti di resti di strutture di trasformazione, come i basamenti dei torchi raffigurati, provenienti da Monte Sant'Elia (Roccaforzata).

 

L'economia

Le principali colture praticate all'interno delle fattorie(oikoi) magnogreche erano quelle legnose, come l’olivo, il fico e, per la prima volta, la vite, le cui produzioni avevano una chiara prospettiva di apertura verso il Accanto a questo aspetto mercantile molto avevano, naturalmente, le colture destinate al consumo in loco, come i cereali (grano, in primo luogo, seguito dall’orzo) e le leguminose; tale associazione, sottintendendo la pratica di rotazioni colturali, rivela il possesso di non trascurabili conoscenze agronomiche.
Altra tipologia aziendale preferiva invece l'allevamento ovino, condotto con modalità e cure tali da produrre una lana che passava per una delle migliori dell'antichità.

 

IL TARANTINO MESSAPICO

Fra le aree rimaste sotto il controllo delle popolazioni indigene  e Taranto si realizzò una fitta rete di interscambi che superava il tradizionale antagonismo politico-militare.
Una diffusa acquisizione della cultura greca costituì un essenziale fermento per la crescita complessiva della società messapica, che adottò un alfabeto, una religiosità, rituali funerari e abilità artigianali decisamente avanzate. 
Le manifestazioni paesaggisticamente più rilevanti della originalità messapica furono le tecniche edilizie, insignemente attestate dalle cinte megalitiche di Manduria e di Masseria Vicentino, ed  un modello di occupazione dello spazio, sia urbano che agricolo, di tipo organicista, molto distante dai moduli razionalizzanti propri della cultura greca di età ellenistica.
Le cose andarono alquanto diversamente in seno alla società peuceta, insediata nella parte occidentale della provincia, ove si impose un modello sociale più aristocratico e conservatore, che monopolizzò il processo di ellenizzazione per farne un distinto status symbol.

 

L'espansione politica di Taranto incontrò la fiera opposizione dei Messapi. La città di Manduria, in particolare promosse una fiera resistenza ai Greci, causando loro anche terribili sconfitte
A destra (in alto): Monte Salete (Grottaglie), sede di un importante insediamento protostorico quindi messapico
La tecnica costruttiva dei circuiti murari e dei relativi fossati eretti a difesa dei più importanti centri messapici mostra evidenti influenze elleniche, come nel caso di Manduria (in alto) e Vicentino (Grottaglie, in basso).

 

 

LA ROMANIZZAZIONE

Le conseguenze di una  sconfitta

La decadenza dell' agricoltura magnogreca può dirsi iniziata a partire dal 209 a.C., anno in cui Taranto, schierata con Annibale, fu saccheggiata da Romani
Le conseguenze di tale evento furono terribili: la città decadde da un punto di vista demografico ed urbanistico, gran parte degli insediamenti produttivi e dei villaggi sparsi nella chora furono abbandonati, le campagne divennero preda di speculatori che vi crearono vastissimi latifundia popolati da eserciti di schiavi-pastori, pronti a trasformarsi in temibili bande dedite alle ruberie
La realizzazione del tratto Taranto-Brindisi della Via Appia determinò, inoltre, lo spostamento verso quest'ultima città dei  traffici commerciali per l'Oriente Mediterraneo. Il colpo di grazia fu inferto dalla costruzione della Appia Traiana, che tagliava Taranto fuori da questi contatti. 
Il territorio cittadino fu ridotto in gran parte ad ager publicus populi romani ed anche coloro che rimasero  nel possesso delle terre vennero costretti a pagare uno stipendium in favore di Roma. 
In questo stato di cose esso divenne   terra di conquista per le nuove speculazioni dell’aristocrazia senatoria centro-italica.

La colonia Neptunia

Una tappa molto importante per il processo di romanizzazione di Taranto fu la deduzione della colonia latina di Neptunia (123 a.C.), patrocinata dai fratelli Gracchi, sullo sfondo delle dilaceranti lotte politiche agitantisi nel corpo sociale di Roma.  
Il passaggio successivo fu la nascita del municipium, nel corso della prima metà del I secolo a.C.
La distribuzione in favore dei coloni delle terre comprese all'interno dell'ager publicus ed a suo tempo illecitamente occupate, interruppe, ma solo temporaneamente, il processo di accumulazione fondiaria. 

La nuova economia

In un primo momento la penetrazione dei nuovi padroni si espresse nell'incentivazione dell’allevamento, ovino in particolare. Lo sviluppo della pastorizia in quelle che erano state le ricche plaghe magno-greche fu resa ancora più facile dal pauroso crollo demografico che in esse ebbe luogo all’indomani della guerra annibalica. Fiorì quindi l’industria armentizia pugliese e tarantina in particolare, produttrice di materie prime pregiate e particolarmente ricercate, motivo per cui ben si inserì nelle correnti speculative e nei circuiti commerciali dell’epoca. 
In un secondo tempo le forme del possesso assunsero la forma del latifundia, sorti tutti intorno a strutture ed organizzazioni produttive complesse, le villae rusticae.

 

La sconfitta annibalica comportò una serie di rivolgimenti tali da causare l'abbandono di tutti i villaggi rurali (komai) e di gran parte delle fattorie magnogreche. Nell'immagine il basamento di un' ambiente che doveva far parte di un insediamento rurale di età classico-ellenistica,  nelle campagne di Statte

 

La crisi 

I secoli dell'Impero furono caratterizzati dal progressivo acuirsi di una grave crisi agricola che coinvolse tutta l'agricoltura italica e condusse all'abbandono di gran parte delle villae sorte in età repubblicana. Le cause di questa crisi risiedevano soprattutto nella crescente concorrenza delle produzioni delle province dell'Impero e nella incapacità di affrontare processi di ristrutturazione, rinchiuse come erano all'interno di strutture produttive rigide e di dimensioni elefantiache
Il più importante proprietario terriero del Tarantino era l'imperatore in persona, il cui patrimonium giunse, probabilmente, a comprendere gran parte del territorio a Nord del Mar Piccolo. 
Il paesaggio delle campagne magnogreche divenne solo un pallido ricordo

16 gennaio 2002 18:30

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