|
La storia della pasta inizia tanti e tanti anni fa, quasi
settemila. L'uomo imparò a seminare e raccogliere il grano: di raccolto in
raccolto, di generazione in generazione, lo ha lavorato sempre meglio
macinandolo, impastandolo con acque, spianandolo in impasti sottili per poi
cuocerlo su pietra rovente.
Non fu, come spesso si è detto, Marco Polo ad introdurre nel
1295 la pasta nel nostro Paese, dal ritorno dalla Cina. Questa esisteva già
decenni prima. Si hanno le prime notizie "ufficiali" nel 1279 quando il Notaio
Ugolino Scarpa nel redigere l'inventario delle cose possedute da un marinaio
defunto, scriveva: "una bariscela plena de macaronis". Furono, invece, gli Arabi
del deserto ad essiccare per primi le paste per destinarle a lunga
conservazione, poiché nelle loro peregrinazioni non avevano sufficiente acqua
per confezionare ogni giorno la pasta fresca. Gragnano: Città dei Maccheroni La
città di Gragnano, grazie alle condizioni microclimatiche ed alle conoscenze
professionali tramandate di padre in figlio, è famosa nel mondo per la qualità
dei sui maccheroni fin dall' inizio dell' 800 quando si contavano oltre 70
pastifici. Partendo ancora oggi, dalla semola ottenuta dai grani duri
più
adatti al tipo di processo produttivo e dopo l' impasto con acqua (dalle
sorgenti delle pendici del Monte Faito) e la trafila al bronzo (per avere la
necessaria rugosità superficiale), è l' essiccazione la fase produttiva
responsabile in massima parte della qualità finale della pasta ed in
particolarità del sapore che la rende subito riconoscibile al gusto. Necessario
per la sua conservazione, che la pasta "matura lentamente" grazie ad un'
attività batterica tanto più rigogliosa quanto più blando è il trattamento
termico a cui viene sottoposta e quindi quanto più lungo è il tempo di
essiccazione: avvengono processi di fermentazione che danno origine, fra le
altre sostanze, ad acidi organici (in particolare acido lattico) e composi
aromatici, il cui riconoscimento, all' analisi sensoriale, ci consente di
distinguere ed apprezzare la pasta artigianale.
La
Pasta trafilata al "bronzo"
L'estrusione dell' impasto di semola ed acqua attraverso la
trafila serve a produrre la forma di pasta desiderata. Se la trafila è costituta
in bronzo (anche nelle parti forate attraverso cui passa l' impasto), la
ruvidità della superficie del metallo viene trasmessa come un' impronta, alla
superficie della pasta che si è formata e tale ruvidità si conserverà durante l'
essiccazione e la cottura della pasta. E' noto a tutti che la ruvidità "serve"
ad una migliore "attaccatura" del sugo alla pasta cotta: meno noto, ma forse più
importante, è invece il ruolo che la ruvidità superficiale della pasta trafilata
al bronzo svolge durante il processo di essiccazione. La superficie è infatti in
questo caso maggiore di quella che presenta lo stesso formato di pasta trafilato
attraverso una guarnizione in teflon applicata ai fori della trafila e che
fornisce una superficie più liscia (oltre un diverso aspetto e colore alla pasta
così prodotta). I fenomeni di fermentazione superficiale, avvengono quindi in
maggior quantità, rispetto a quelli su una superficie liscia e il loro rapporto
con i fenomeni di fermentazione che avvengono all' interno, sappiamo che sono
proprio il segreto del sapore caratteristico che solo le paste trafilate al
bronzo ed essiccate lentamente a temperature "basse" possono avere e che i
buongustai riescono a riconoscere a ed apprezzare.
Una buona pasta deve tenere la cottura, cioè deve avere al
suo interno un buon grado di glutine: la proteina che trattiene l'amido nella
farina e non permette la sfaldatura del prodotto durante la cottura. Nonostante
la presenza costante di questo alimento nella tradizione gastronomica,
soprattutto della Campania, il mercato negli ultimi anni ha subito una positiva
espansione dovuta non solo alle continue innovazioni in campo tecnologico e
produttivo, ma anche alla rivalutazione della pasta dal punto di vista
nutrizionale.
L' Arte di cuocere la pasta
Per una buona cottura della pasta in acqua, vanno rispettate
alcune regole spesso poco considerate: La quantità d' acqua è da valutare in
relazione alla quantità ed alla forma della pasta che si vuole cuocere (per i
Paccheri soprattutto ci vuole molta più acqua bollente che, per esempio, per le
pennette) e comunque deve essere in rapporto di circa 5 lt. per 500 gr.; La
forma della pentola per cuocere la pasta deve poter "contenere" completamente ed
immediatamente tutta la pasta al momento in cui la versiamo nell' acqua bollente
(per cuocere spaghetti andrebbe meglio, per esempio una pentola a forma ovale
dove immergere gli spaghetti in orizzontale); Non è sempre necessario rimestare
la pasta durante la cottura: tale operazione va fatta comunque solo dopo qualche
minuto dalla ripresa dell' ebollizione avendo cura di utilizzare cucchiai o
forchettoni di legno (senza spigoli vivi). La pasta corta andrebbe contenuta in
un cestello/colapasta ad immersione anche per non fare attaccare la pasta in
cottura al fondo della pentola; La "scolatura" della pasta va fatta molto
delicatamente, "tirando fuori" la pasta dall' acqua (con un forchettone, un buon
mestolo forato o alzando il cestello) quando è ancora bene al dente per
consentire il successivo condimento (per questa operazione è spesso utile un pò
di acqua di cottura conservata); I recipienti di servizio, così come i piatti in
cui viene consumata la pasta, devono essere di solito ben riscaldati.
|