Amore di San Vincenzo per i poveri
I poveri, che non sanno dove andare, non sanno che cosa fare, soffrono già tanto e vanno crescendo sempre più di numero, sono il mio peso e il mio dolore.
A Renato Alméras C.M.
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Regole comuni
(Regole comuni, art. 7)
Testo estrapolato da San Vincenzo de' Paoli, Opere, vol. X - Conferenze alle Figlie della Carità, n. 76: Conferenza del 20 agosto 1656, pp. 669-681, Ediz. CLV, Roma 12.
Care sorelle, oggi, con l'aiuto di Dio, spiegheremo la vostra settima regola, ma brevemente, perché non posso trattenermi a lungo. La regola dice: "Onoreranno la povertà di Nostro Signore, accontentandosi di avere quello che loro occorre nella semplicità ordinaria, ecc.".
La regola dice che le Figlie della Carità non avranno nulla in proprio e che metteranno tutto in comune. Sorelle, era la pratica dei primi cristiani.
E poiché è più difficile che un ricco entri in paradiso che un canapo passi per la cruna di un ago, chi non eviterà simile pericolo? Se il re dei re, venendo sulla terra, abbracciò la povertà e scagliò maledizioni su coloro che sono avidi di ricchezze con questi termini: "Guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione!", fortunate le Figlie della Carità che hanno scelto un modo di vivere, il cui fine principale è l'imitazione del Figlio di Dio, il quale, pur potendo avere tutti i tesori del mondo, li disprezzò e visse tanto poveramente da non avere una pietra dove posare il capo. Care sorelle, prego Nostro Signore che vi faccia comprendere la felicità di chi vive nella povertà e la grande sventura delle persone avide di ricchezze.
Ricordatevelo dunque bene, sorelle: tutte quelle che sono nella Compagnia, anche se non hanno ancora fatto i voti, devono osservare la povertà. Quanto a quelle che li hanno fatti, non c'è bisogno di dirlo. E se tratteneste qualche cosa in proprio, senza il consenso dei superiori, offendereste Dio e tradireste la promessa che gli avete fatto.
Non soltanto le suore non potranno aver nulla in proprio, ma non potranno nemmeno prendere nulla da nessuno, né dai loro parenti, né da una dama, né da chicchessia, senza il consenso dei superiori. Il motivo è che, da quando vi siete date a Dio nella Compagnia, non vi è più permesso né dare, né ricevere, se non, come vi ho detto, con il consenso dei superiori. Basta che siate nella Compagnia per essere obbligate a osservare esattamente le vostre regole.
La regola può essere violata con i pensieri, con le parole, con le opere. Come, mi direte, possiamo commettere una colpa contro la povertà con il pensiero? Care sorelle, ecco come: desiderando di avere comodità; che non manchi nulla, sia nel vitto, sia negli abiti o nell'alloggio. È contro la povertà non solo desiderare le cose che non abbiamo, ma anche essere troppo affezionati a quelle che utilizziamo; per esempio, a un abito fatto bene, a una camera, o a un'altra cosa. Così si trasgredisce la regola. È molto importante capirlo bene: per questo vi prego di ricordarvelo.
Care sorelle, il desiderio di avere quello che non vi è permesso è male; ma quando v'induce a chiederlo, è anche peggio, perché la povertà obbliga a non desiderare altro che Dio, soprattutto quelle che ne hanno fatto voto.
Ecco, care sorelle, le cose che vanno contro la povertà: desiderare di avere quello che piace, e desiderarlo con bramosia; chiederlo e spazientirsi se non è subito concesso; dolersene se è rifiutato. Tutto questo va contro la santa povertà, poiché la povertà esige di lasciar tutto e non aver nulla in proprio. La povertà richiede la rinunzia a tutti i beni e a tutte le comodità: consiste nel desiderare solo Dio.
Gli apostoli, seguendo gli insegnamenti di Nostro Signore, ricevevano quello che era dato loro e come veniva loro dato. Figlie mie, dovete fare così, e non desiderare nulla, all'infuori di quello che i superiori giudicano opportuno che abbiate. Altrimenti, sorelle, non avrete pace. Alcune si affezioneranno a inezie, a un'immagine, a un paio di scarpe; e non sapranno rassegnarsi se ne sono private. Questo è contro la santa povertà la quale non permette di desiderare nulla all'infuori di Dio.
Possiamo trasgredire la regola della povertà anche con le opere, quando cerchiamo di appagare le nostre voglie, comportandoci in modo da procurarci quello che desideriamo. Non ci accontentiamo di disobbedire alla regola con pensieri e con parole, ma andiamo oltre; e questo è ancora peggio del desiderio e delle parole, perché si compie di fatto il male, per esempio, comprando le scarpe di proprio gusto o biancheria più fine di quella usata dalla Comunità. O Salvatore! Quale male, appagare le proprie voglie contro la santa povertà! È contro la santa povertà avere qualcosa senza il permesso dei superiori, non fosse che un'immaginetta. E non solo è contro la povertà trattenere per sé qualsiasi oggetto, ma anche riceverlo senza permesso.
Care sorelle, che cosa fa una persona che pronunzia i voti? A che cosa credete che si obblighi? Dice di rinunziare al mondo, di disprezzare le sue belle promesse, di darsi a Dio senza riserva. Non ci sono più per lei, né i piaceri, né le vane soddisfazioni della carne.
Sorelle, prendiamo la decisione di non desiderare altro se non ciò che è conforme alla condizione in cui Dio vuole che siamo, perché dobbiamo accontentarci di questo.
La regola proibisce di possedere qualche cosa contro la volontà dei superiori. Se amate questo stato, amate il modo di vivere scelto dal vostro Sposo; altrimenti, se date libertà al vostro spirito di cercare le soddisfazioni ovunque gli parrà, non conserverete mai la fedeltà che dovete a Dio. E se una volta lasciate passare una colpa sotto silenzio, senza correggervi, sebbene non vi abbandoniate a quelle che abbiamo detto, Dio permetterà che cadiate anche in quelle, in punizione della vostra infedeltà. Di conseguenza c'è pericolo che vi perdiate.
Ricordatevi che una suora non persevererà mai se non osserva questa regola. No, non sarete mai fedeli alla vostra vocazione se non siete rigorose in quello che vi ho detto. Figlie mie, siate costanti e convincetevi che non osservare la regola della santa povertà, è mettersi in pericolo non solo di perdere la vocazione, ma di distruggere la Compagnia e di essere voi stesse abbandonate da Dio, poiché è il fondamento che la sostiene, mancando il quale l'edificio cadrà in rovina. Care sorelle, se vi fosse qualcuna tanto miserabile da trattenere per sé qualche cosa, non meriterebbe di stare con le altre e Dio non permetterà che rimanga per molto tempo nascosta. Non credo che ve ne siano; ma se ve ne fossero, non dovremmo tollerarle. Sapere che vi sono suore di questo genere e tenerle qui dentro! Bisognerebbe guardarsene bene! Ci renderemmo colpevoli del male che farebbero. E se le tollerassimo, sarebbe contribuire alla loro rovina e cagionare quella di tutta la Compagnia che non potrebbe conservarsi con simili soggetti.
Finché osserverete questa regola e amerete la povertà, Dio benedirà la Compagnia; ma se non lo osservate, credo che sia difficilissimo, per non dire impossibile, conservarla. Ancor meno potrete conservare la fedeltà dovuta al vostro Sposo. Figlie mie, quando sarete più illuminate e la bontà di Dio si degnerà di farvi conoscere quanta felicità consiste nel praticare quello che abbiamo detto e che, di tutte le condizioni in cui si è trovato il Figlio di Dio, nessuna è stata da lui più amata della povertà, vi stimerete fortunate di avere il mezzo per imitarlo.
Se un'anima ama la povertà, fuggirà ciò che le è contrario: il decoro, il superfluo, la comodità, ecc.; sì, lo fuggirà. Se le viene il pensiero di cercare le sue soddisfazioni, dirà: "Non lo farò; è la concupiscenza della carne che mi suggerisce di ricercare queste cose. La regola me lo proibisce, ed io non la trasgredirò".
Sorelle, una Figlia della Carità, animata da questo spirito, è certamente gradita a Dio; e quanto più amerà la povertà tanto più, siatene certe, progredirà nella virtù; perché non è possibile amare lo stato, nel quale Nostro Signore è vissuto, senza amare Dio. Chi possiede l'amore di Dio non ha altro desiderio se non di piacergli, e non potreste piacergli di più che essendogli fedeli con l'esercizio delle vostre regole.