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CAPITOLO I STORIA ECONOMICA E POLITICA DEL PAESE INTRODUZIONE Cuba è un’isola che, separata dal Messico dal Canale dello Yucatan, si protende verso il Venezuela quasi a formare un ponte tra i due blocchi continentali dell’America del Nord e quella del Sud. La sua posizione avrebbe potuto svolgere una funzione di collegamento fra due mondi e fra due culture che in realtà sono rimaste antagoniste. L’isola è stata, infatti, considerata come terra di conquista sia dall’America del nord sia dagli Spagnoli e dagli Inglesi. La sua storia più recente è in ogni modo collegata a quella degli USA “vicino affascinante e temibile” come afferma Francois Maspero, che vede nella vicenda degli ultimi cento anni non una complementarità tra due culture bensì uno scontro all’ultimo sangue tra due diverse concezioni della vita stessa: l’americana way of life, contro lo spirito luminoso e fantastico delle marionette popolari cubane. Sappiamo che Cristoforo Colombo sbarcò a Cuba, sulla costa settentrionale dell’allora provincia d’Oriente, il 27 ottobre del 1492 e che l’isola apparve ai suoi occhi come il luogo più bello che avesse mai visto; nel suo diario di bordo scriverà: “ …tutte le rive dei fiumi coperte d’alberi, belli e verdi e diversi dai nostri, ognuno con fiori e con frutti di varie specie; molti uccelli e uccellini che cantavano dolcissimamente.” Gli indigeni vengono da lui descritti come giovani ‘di buona statura, gente bellissima e molto mansueta. Colombo regalò loro palline di vetro colorate ed altri oggetti di poco valore per farseli amici e per riuscire a capire se ci fosse dell’oro. Afferma Eduardo Galeano: “…nessuna delle culture native conosceva il ferro e l’aratro, il vetro e la polvere da sparo, o adoperava la ruota. La civiltà che si abbatté su queste terre giungendo dall’altra parte del mare viveva invece l’esplosione creatrice del Rinascimento: l’America appariva come un’invenzione ulteriore, da aggiungere a quelle della polvere da sparo, della stampa, della carta, della bussola, nel tumultuoso nascere dell’età moderna. Il divario tra lo sviluppo dei due mondi spiega la relativa facilità con la quale le civiltà native finirono per soccombere.” Gli indigeni erano certamente impotenti di fronte alle spade, alla polvere da sparo ma furono decimati anche dai batteri e dai virus che gli europei portavano con sé. L’occupazione effettiva di Cuba iniziò a partire dal 1510 ad opera di Diego Velazquez ricco possidente spagnolo di Santo Domingo il quale due anni dopo fondò Baracoa e in seguito Santiago, Puerto Principe e l’Avana che divenne un importante porto commerciale e base dei galeoni spagnoli. In altre parti dell’isola si diffondeva la coltivazione della canna da zucchero che era merce molto richiesta in Europa visto che quello importato dall’Oriente era comprato a prezzi altissimi. Per dare più spazio alla coltivazione dell’oro bianco furono abbattuti i boschi stravolgendo la naturale fertilità del terreno e, dato che la manodopera indigena scarseggiava a causa delle numerosissime morti dovute allo sforzo immane cui era sottoposta, iniziò la tratta degli schiavi dall’Africa . Afferma Eduardo Galeano riguardo a questo momento della storia di Cuba : “Tre fasi storiche diverse mercantilismo, feudalesimo e schiavitù si combinavano, così, in una sola unità economica e sociale ma era il mercato internazionale ad essere al centro della costellazione di potere di cui il sistema delle piantagioni fece dall’inizio parte “. E sempre secondo lo scrittore, sarà lo zucchero a trasformarsi, più tardi, nella principale chiave di dominio degli Stati Uniti su Cuba, a prezzo della mono coltura e del conseguente impoverimento del terreno . Quando nel 1762, gli Inglesi si impadronirono temporaneamente dell’Avana, strappandola alla Spagna, la città aveva un fiorente artigianato e disponeva del più grande cantiere navale dell’America Latina, ma gli occupanti britannici stravolsero l’economia cubana modellandola sulle necessità straniere dello zucchero. Gli operai dei cantieri, i piccoli artigiani ed anche i contadini, che fino a quel momento avevano coltivato tabacco, finivano con l’occuparsi negli zuccherifici. Le terre adibite a pascolo diminuivano e di conseguenza anche la produzione della carne che fu necessario importare, così come il legname che non bastava più al fabbisogno a causa della continua eliminazione del patrimonio boschivo. Tutto veniva sacrificato all’oro bianco, anche la vita di milioni di schiavi. L’Inghilterra aveva strappato all’Olanda l’egemonia nella tratta degli schiavi, la Spagna aveva concesso “il diritto di fornitura“ ad una compagnia inglese di cui facevano parte i personaggi più in vista del mondo politico e finanziario. I guadagni provenienti da questo commercio fecero letteralmente impazzire la Borsa valori di Londra e alimentarono una speculazione d’enormi proporzioni. La compagnia d’assicurazioni Lloyd’s si arricchiva assicurando schiavi, navi e piantagioni. Con i proventi derivanti dal commercio negriero fu costruita la più grande ferrovia inglese dell’Ovest. Nel 1763, in virtù del trattato di Parigi, il territorio avanero tornò alla Spagna che si rese conto dell’importanza di Cuba anche dal punto di vista strategico: l’Avana, infatti, rappresentava un punto chiave nel passaggio dei carichi d’argento, dal Messico alla madrepatria. Per questo motivo la Spagna inviò a Cuba dei governatori per organizzare l’amministrazione fiscale ed il decentramento dei tribunali e introdusse anche alcune riforme economiche. Così, nel 1765, si autorizzò il commercio dell’Avana con diversi porti spagnoli e due anni più tardi fu consentito il commercio anche con navi straniere. Quando le colonie inglesi dell’America del Nord iniziarono la lotta per ottenere l’indipendenza, l’Avana permise l’ingresso delle loro navi nel suo porto consentendo anche lo scambio di prodotti cubani con farina bianca e ferramenta Vale la pena a questo punto rilevare come i due diversi sistemi di colonizzazione messi in atto nell’America del Nord e nell’America Latina possano aver determinato non solo un diverso modello di sviluppo economico dei due paesi ma anche una maggiore spinta all’unità nazionale da parte dei coloni inglesi. I conquistatori spagnoli e portoghesi, invece, erano spinti dalla brama di possedere oro e argento, utilizzavano gli indigeni e gli schiavi per il lavoro nelle miniere o nei campi di tabacco. Inoltre le classi dominanti della società coloniale latino americana non cercavano lo sviluppo economico interno perché i loro profitti venivano da fuori, ed erano principalmente legati al mercato straniero. Tuttavia, agli inizi dell’Ottocento, all’interno delle colonie spagnole e portoghesi diventa sempre più forte il contrasto tra la casta di funzionari venuti d’oltre oceano per fare rispettare rigidamente gli interessi delle potenze coloniali e i bianchi discendenti dai primi coloni spagnoli, i creoli, rafforzati dall’accrescimento delle loro ricchezze e della loro influenza sociale. I contatti con i mercanti inglesi, il diffondersi delle idee illuministiche ed il duplice potente esempio delle rivoluzioni americana e francese, spinsero i grandi proprietari e piantatori creoli verso nuove prospettive politiche e ideologiche. Gli schiavi si ribellavano contro l’oppressione dei padroni ma anche alcuni rappresentanti della classe media, i piccoli proprietari terrieri cominciavano a dimostrare il loro scontento. Nel 1810 il negro José Aponte tentò di organizzare a Cuba una rivolta di schiavi, ma scoperto dalle autorità coloniali fu catturato e condannato a morte insieme a molti suoi seguaci. Il vuoto di potere venutosi a creare in seguito all’invasione francese in Spagna accelerò sicuramente il processo verso l’indipendenza dell’America Latina. Cacciato nel 1807 Ferdinando VII, l’autorità del nuovo re Giuseppe Bonaparte sulle colonie americane era praticamente nulla. Nelle grandi città delle colonie si formarono delle giunte che, nate dapprima con l’intento di resistere all’usurpazione napoleonica in Spagna, trasformarono in seguito il loro obiettivo nella lotta per l’indipendenza. La situazione di Cuba era però diversa rispetto alle altre colonie, infatti la classe più potente era rappresentata dai proprietari di piantagioni di canna da zucchero e di caffè poco propensi a mettere a rischio le loro redditizie attività commerciali per una rivoluzione che avrebbe anche potuto privarli dei loro schiavi .Forti del loro potere essi chiesero ed ottennero delle facilitazioni per commerciare con paesi stranieri ed in particolare con gli Stati Uniti, inoltre fu loro concesso di vendere e comprare terre senza nessun ostacolo legale. In questo modo sia il governo coloniale sia i cubani più ricchi salvaguardavano i propri interessi a spese dei più poveri stabilendo fra loro una sorta d’implicita alleanza. La necessità di produrre di più per far fronte alle crescenti richieste del mercato, rendeva necessario fare ancora ricorso alla tratta degli schiavi anche se, formalmente, nel 1820 la Spagna si era impegnata con l’Inghilterra ad abolire questo commercio. Anche se gli Inglesi controllavano le coste, navi negriere continuavano a trasportare a Cuba migliaia d’uomini. Il commercio clandestino di schiavi diventò fonte di corruzione e quindi di guadagno per uomini senza scrupoli. Ogni tentativo di ribellione veniva soffocato nel sangue dalle forze militari spagnole cui talvolta si affiancavano anche i proprietari terrieri. In questo stesso periodo si incominciano ad introdurre nell’isola delle innovazioni tecniche : nel 1836 circola il primo treno, nel 1856 entra in funzione il telegrafo mentre nuovi macchinari più moderni vengono applicati alla lavorazione dello zucchero. Per fare funzionare queste macchine era però necessaria una mano d’opera con qualche rudimento tecnico, perciò cominciarono ad arrivare a Cuba alcuni lavoratori stranieri specializzati nell’uso delle macchine. Così il lavoro degli schiavi diventava meno remunerativo rispetto alle spese che si dovevano sostenere per il loro trasporto e per il loro, seppur misero, mantenimento tuttavia solo una piccola parte dei ricchi proprietari dell’Avana cominciò a valutare la possibilità di abolire la schiavitù in favore del lavoro salariato cosa che già si verificava in altri paesi. Le istanze indipendentistiche continuavano a fermentare soprattutto nelle zone più decentrate rispetto ai grossi traffici e nel 1868, in molti si unirono a Manuel de Cespedes il quale nel Manifesto della Giunta Rivoluzionari dell’isola di Cuba, affermava: “ Cuba aspira ad essere una nazione grande e civilizzata per offrire un braccio amico e un cuore fraterno a tutti gli altri popoli”. Gli scontri con l’esercito coloniale spagnolo furono numerosi e durissimi, tanto che all’inizio del 1878, il governo di Madrid firmò con i dirigenti rivoluzionari il Patto di Zanijòn impegnandosi a concedere alcune riforme, mantenute solo in parte. La Rivoluzione del 1868 conseguì, comunque, un significativo risultato :il governo coloniale fu costretto a decretare l’abolizione della schiavitù entro sei anni avviando il più importante processo di trasformazione sociale verificatosi in quattro secoli di colonialismo. L’abolizione della schiavitù segnò l’inizio della formazione della classe operaia. Inoltre sul piano ideologico e politico si erano diversificate tre correnti: l’autonomismo, l’annessionismo e il separatismo. Gli autonomisti trovavano proseliti tra l’aristocrazia creola che non desiderando perdere i suoi privilegi, si limitava a chiedere riforme; la tendenza annessionista considerava conveniente un legame con gli USA ritenendo ormai vicino il tracollo della potenza coloniale spagnola; i separatisti, che appartenevano in maggioranza agli strati sociali intermedi, ambivano a liberarsi da ogni dipendenza straniera. Va ancora sottolineato che esisteva una notevole differenza tra la zona orientale dell’isola più provata dalla crisi che aveva colpito il settore zuccheriero e l’Avana la cui economia era ancora saldamente strutturata sul lavoro degli schiavi. Furono proprio gli aristocratici orientali che guidarono alla ribellione le masse rurali e gli schiavi dichiarati liberi. Il movimento indipendentista riprende vigore, dopo la Guerra dei Dieci Anni, grazie all’opera ed al pensiero di José Martì. Appena sedicenne Martì, ritenuto un cospiratore, viene condannato ai lavori forzati e conosce la durezza e la brutalità del sistema carcerario spagnolo. Nel 1871 viene esiliato in Spagna dove resterà fino al 75. Poi inizia la sua peregrinazione nei paesi dell’America latina. Alla fine del 1879 Martì ha il primo contatto con gli Stati Uniti. In questa prima fase egli è ancora permeato da una visione idealizzata di questo paese, visto come patria della libertà e della democrazia. Ma la successiva lunga permanenza negli USA gli farà cambiare la sua valutazione: nei suoi scritti egli esorterà gli annessionisti che avrebbero voluto legare Cuba al carro americano, a non fidarsi di una società che stava ponendo le basi per una politica imperialista. E’ convinto che solo con l’aiuto degli altri paesi latinoamericani Cuba e Portorico riusciranno ad ottenere l’indipendenza e che, per combattere il colonialismo, sia utile non la lotta di classe ma l’unione fra le classi. Nel 1892 fondò il Partito Rivoluzionario Cubano ed iniziò la pubblicazione del giornale ‘Patria’ che gli permise di diffondere più incisivamente il suo pensiero e di raccogliere un maggior numero di proseliti alla causa del Partito Rivoluzionario. Martì sosteneva inoltre che affidare il proprio sostentamento ad un solo prodotto, per un popolo, equivaleva ad un suicidio. Quando la rivolta scoppiò, si estese a macchia d’olio in tutta l’isola impegnando duramente le forze militari spagnole. Martì morì il 19 maggio del 1895, nel combattimento di Dos Rios, ma ancora oggi è considerato a Cuba come l’apostolo della libertà. Gli insorti continuarono a combattere pur se la loro dotazione d’armi era esigua e gli approvvigionamenti difficoltosi infatti il generale spagnolo Valeriano Weyler aveva minacciato di morte o di deportazione in accampamenti fortificati chiunque nelle campagne avesse appoggiato la rivolta. I suoi metodi ebbero come risultato la paralisi dell’economia dell’isola, ma non la vittoria sui ribelli. Il paese era ormai allo stremo quando gli Stati Uniti decisero di intervenire contro la Spagna anche perché a Cuba avevano già investito cinquanta milioni di dollari per la produzione dello zucchero. I giornali statunitensi denunciarono con violenza le atrocità commesse dagli Spagnoli, accendendo l’opinione pubblica nazionale che cominciò a solidarizzare con i ribelli. Quando il 15 febbraio 1898, una nave da guerra americana, la corazzata ‘Maine‘ saltò in aria nel porto dell’Avana, si disse per un’azione di sabotaggio della Spagna, fu la guerra. La fanteria da sbarco americana sconfisse le truppe spagnole mentre la flotta fu colata a picco nel porto di Santiago. Con la pace, firmata a Parigi, nel dicembre del 1898 a Cuba venne concessa formalmente l’indipendenza, venne proclamata la Repubblica ma gli USA si riservarono il diritto d’intervento nella politica estera ed interna del paese. GLI ANNI DEL CONTROLLO STATUNITENSE Nel 1903 Tomàs Estrada Palma, candidato sostenuto dagli Stati Uniti, diventa presidente della Repubblica cubana; l’anno successivo fu varato un trattato di ‘reciprocità commerciale’ grazie al quale molti prodotti nordamericani potevano entrare nel mercato di Cuba mentre pochi erano i prodotti dell’isola ad avere accesso al mercato statunitense. Le grandi imprese e le banche cominciarono a comprare terre, zuccherifici, fabbriche di tabacco, con investimenti che nel 1909 si calcola arrivassero a duecento milioni. Il ‘boom‘ dello zucchero, causato dallo scoppio della prima guerra mondiale e dal crollo della produzione europea della barbabietola, portò gli Stati Uniti a dirigere gli investimenti verso la mono coltura della canna da zucchero. Nel 1920, con lo zucchero venduto a 22 centesimi la libbra, Cuba aveva battuto il record mondiale delle esportazioni per abitante, ma nel dicembre dello stesso anno, il prezzo dello zucchero scese a quattro centesimi . Il 1921 fu l’anno della crisi. Molti zuccherifici fallirono e vennero comprati da nordamericani e mentre le banche cubane e spagnole subivano un forte tracollo, le succursali delle banche americane si salvarono. La gravissima crisi economica aumentò ancora di più il divario tra le classi sociali favorendo la creazione, da parte degli operai, di potenti associazioni come la Hermandad Feroviaria de Cuba ed anche la diffusione del pensiero marxista. Le nuove elezioni, indette nel ‘24, portarono al potere Gerardo Machado che si guadagnò l’appellativo di ‘macellaio’ per la violenza della sua azione repressiva contro i rivoluzionari. In seguito ad uno sciopero generale che coinvolse operai, piccoli commercianti e professionisti di altri settori della vita pubblica, nel ‘33 Machado lasciò il paese sotto la protezione dell’ambasciatore straordinario americano Welles. Portò con sé le casse dello Stato. Dopo Machado venne formato un governo provvisorio sotto la guida di Carlos Manuel de Cèspedes, uomo di idee conservatrici, che non rispose alle aspettative dei rivoluzionari. Il suo governo ebbe brevissima durata e il 10 settembre del ’33 fu eletto presidente Grau San Martìn. Gli anni che seguirono furono contrassegnati da fermenti popolari e da scioperi sempre repressi, con la forza, dall’esercito all’interno del quale stava acquistando sempre più importanza il colonnello Fulgencio Batista. Ufficialmente Cuba era governata dal presidente ma il vero detentore del potere era lui. Nel periodo in cui governò, dal 1940 al 44 e dal 1952 al 1959, il suo potere poggiò su dispotismo e corruzione mentre nel paese aumentava di giorno in giorno il numero dei disoccupati e l’industria e le attività economiche passavano quasi interamente in mani straniere . Dopo il colpo di stato del 1952, che aveva riportato Batista al potere, il clima di violenza e di sopraffazione era diventato insostenibile. Così, ritenuta impraticabile ogni forma di opposizione legale, si arrivò alla rivolta armata. LA RIVOLUZIONE DI FIDEL CASTRO Il 26 luglio 1953, un gruppo di insorti, capeggiato dal giovane avvocato progressista Fidel Castro prese d’assalto la caserma Mocada di Santiago di Cuba con l’intento di impadronirsi delle armi e di abbattere il regime dittatoriale. L’impresa fallì e Castro fu prima imprigionato nell’isola dei Pinos e, in seguito, riparò in Messico dove insieme al fratello Raul e all’argentino Ernesto Guevara, creò il nucleo rivoluzionario “Movimento 26 de Julio “ che aveva come finalità quella di riprendere la lotta armata. Il 2 dicembre del 1956, con un gruppo di ottanta uomini, Castro sbarcò clandestinamente sulle costa della provincia cubana di Oriente, dove stabilì una prima base guerrigliera sulla Sierra Maestra. Nonostante l’aiuto dei contadini e l’azione di propaganda, resa possibile dalla installazione della stazione radio, Radio Rebelde, la popolazione urbana non rispose alle sollecitazioni dei rivoluzionari. Perché avvenisse il collegamento tra le forze clandestine delle città e quelle del movimento, bisognerà attendere l’estate del ‘58’ quando fallì la massiccia offensiva di Battista nella Sierra Maestra. In poco più di un mese, i partigiani castristi occuparono molti centri urbani iniziando l’accerchiamento di Santiago e aprendosi la strada verso L’Avana. Il 1° gennaio del 1959 Batista fuggì lasciando la città nelle mani delle prime colonne dei guerriglieri. Il 5 gennaio dello stesso anno fu istituito un governo provvisorio guidato da Manuel Urrutia, in cui Castro ricoprì la carica di primo ministro. Cosa era rimasto, dopo quattro secoli di colonialismo di quell’isola che Colombo aveva descritto come il luogo più bello che avesse mai visto, piena di alberi e di gente mansueta? Cuba alle soglie degli anni sessanta era un territorio impoverito delle sue risorse ambientali, con risorse agricole mortificate dalla mono coltura della canna da zucchero, con le attività industriali prevalentemente in mano statunitense e con un numero altissimo di disoccupati. Il governo castrista si preoccupò, in prima istanza, di migliorare le condizioni di vita dei più poveri perciò abbassò i canoni di affitto e programmò un piano per l’edilizia abitativa, introdusse la previdenza sociale e l’assistenza sanitaria gratuita. Altro punto chiave del programma del governo socialista fu l’istruzione. A questo scopo furono aperte nuove scuole, soprattutto nelle aree rurali, furono introdotte le biblioteche ambulanti e tutte le scuole parrocchiali vennero nazionalizzate. I risultati sono stati sorprendenti: secondo l’Ufficio Internazionale per l’Istruzione dell’UNESCO, Cuba ha oggi la minor percentuale di analfabeti e la maggior percentuale di scolarizzazione, primaria e secondaria, dell’America Latina. Ma tutte queste misure non potevano bastare a trasformare l’economia del paese : era necessaria una Riforma agraria che ponesse fine al latifondo e proibisse il possesso di terre non coltivate. Si arrivò quindi, alla nazionalizzazione di tutte le proprietà superiori ai 400 ettari che vennero ridistribuite fra i contadini, inoltre si vietò ad imprese non cubane la gestione e lo sfruttamento delle piantagioni di canna da zucchero. Tutte queste misure colpivano duramente gli interessi degli Stati Uniti i quali appoggiarono i movimenti di opposizione che cominciavano ad aggregare tutti coloro che erano stati danneggiati dall’applicazione della Riforma. Seguì un periodo che potremmo definire di rappresaglie: alla soppressione dell’acquisto di zucchero cubano da parte degli Stati Uniti, il governo rivoluzionario rispose con la nazionalizzazione di alcune aziende e quando le compagnie petrolifere minacciarono di paralizzare il Paese lasciandolo senza combustibile, Cuba ricorse ancora una volta alla nazionalizzazione. Gli Stati Uniti risposero decretando l’embargo commerciale. In questa situazione, assai difficile per la sua economia, Cuba si appoggiò all’Unione Sovietica che inviò nell’isola squadre di tecnici per sostituire quelli che avevano scelto la via dell’esilio e stipulò molti contratti commerciali. Ad aumentare la tensione tra Cuba e gli Stati Uniti concorse l’esplosione, nel porto dell’Avana, della nave francese ‘Coubre‘ che trasportava un carico di armi. La paternità di questo atto venne attribuita ai fuoriusciti cubani appoggiati dalla CIA che era pronta ad organizzare una milizia controrivoluzionaria per abbattere il regime castrista. Nell’aprile del 1961 truppe controrivoluzionarie sbarcarono nella Bahia de Cochinos ma le loro navi vennero in parte affondate dall’aviazione cubana e in parte costrette a ritirarsi. L’azione si concluse con una disfatta di cui venne accusato il Presidente J.F.Kennedy per non aver concesso la copertura degli aerei americani allo sbarco sull’isola. Il mondo intero visse momenti di grande paura quando si trovarono di fronte USA e Unione Sovietica in una prova di forza che avrebbe potuto sfociare in una guerra nucleare. Nella primavera del 1962, Krusciev decise di fare installare a Cuba dei missili a lunga gittata; Kennedy ordinò di fermare in acque internazionali le navi sovietiche e di requisire i missili. Nelle febbrili negoziazioni che seguirono, i sovietici decisero di disattivare e di rimuovere le basi missilistiche mentre gli americani si impegnarono a non mettere in atto ritorsioni contro Cuba. E’ innegabile che, agli inizi della rivoluzione cubana, l’aiuto dell’Urss, abbia contribuito alla sua stessa sopravvivenza ed al miglioramento del tenore di vita degli strati popolari. Le conquiste economiche e sociali permisero al nuovo regime di resistere al blocco imposto dagli americani e di beneficiare di un notevole sostegno popolare. Ma, l’allineamento di Cuba ai paesi socialisti sotto la guida dell’Unione Sovietica, creò nuove dipendenze: non c’era giusta proporzione tra i prezzi a cui venivano venduti i prodotti cubani e quelli che venivano richiesti, ad esempio, per il petrolio sovietico. Lo stesso Ernesto ‘Che’ Guevara, nominato da Castro Presidente della Banca nazionale cubana e Ministro dell’Industria, metteva in guardia dai meccanismi di scambio ineguale, dallo scambio tra materie prime a prezzi decrescenti con prodotti manufatti sempre più costosi. Egli avrebbe voluto abbandonare la mono coltura, puntare sulla industrializzazione del paese, formare quadri dirigenti ed operai specializzati, definire i salari, ma la situazione politica interna non permetteva questo tipo di pianificazione. Nel 1965, Guevara lasciò l’attività di governo e Cuba per sostenere ed organizzare azioni di guerriglia in altri paesi dell’America latina. Dopo un anno vissuto in clandestinità, nel 1967, si unì, sulle montagne della Bolivia, alla rivolta dei contadini e dei minatori contro il governo militare di Barrientos. Catturato dall’esercito boliviano, fu ucciso il 9 ottobre del 1967. Intanto l’economia cubana non decolla: il raccolto di dieci milioni di tonnellate di canna da zucchero previsto per il 1970, non si ottiene e questo fallimento porta inevitabilmente a rientrare nel meccanismo dell’aiuto sovietico. Nel 1972, Cuba entra nel COMECON, tre anni dopo si tiene il primo congresso del Partito comunista cubano e nel ’76 viene promulgata una nuova Costituzione che prevede l’istituzione di un’Assemblea nazionale eletta con suffragio di secondo grado dalle Assemblee municipali del potere popolare. Nel dicembre dello stesso anno Castro viene nominato capo di stato e del governo. Nel quadro di una riforma dell’ordinamento politico- amministrativo, il numero delle province, in cui era diviso il territorio nazionale, venne portato da sei a quattordici con l’intento di ridurre le differenze di superficie e di popolazione e, di conseguenza, anche dello sviluppo economico. Si formulò inoltre un primo piano quinquennale ed un nuovo sistema di gestione che consentiva una certa autonomia alle aziende e poneva l’accento sulla produttività grazie anche ad incentivi materiali. Per quello che riguarda la politica agraria negli anni Settanta ed Ottanta il governo ha puntato più sulla modernizzazione tecnologica che sulla mobilitazione volontaristica delle masse che non aveva dato i risultati sperati. Tutti questi provvedimenti non hanno però dato stabilità all’economia cubana sempre soggetta alla fluttuazione del prezzo dello zucchero sui mercati mondiali, alla diffusione del mercato nero soprattutto per i prodotti agricoli, a fenomeni di corruzione di funzionari statali e all’arricchimento degli speculatori. Di conseguenza, nel 1987 vengono annunciate varie misure di austerità all’interno di un processo di rettifica che Castro presenta non solo come “ un dovere, ma come un’esigenza fondamentale “ Viene limitata l’importazione di latte in polvere, si riduce il consumo della carne, aumentano i prezzi dei trasporti pubblici, le mense aziendali non sono più gratuite, negli asili il pasto serale è sostituito da una merenda sostanziosa. Il volume di benzina riservato alle amministrazioni scendeva del 20%, i programmi televisivi si riducevano di cinque ore al giorno inoltre aumentavano le tariffe elettriche. Veniva anche regolamentato l’impiego e il numero delle macchine assegnate per motivi professionali e le spese destinate al personale amministrativo. Per incentivare l’occupazione nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia si rivalutavano i salari più bassi per dimostrare una certa volontà di equilibrio nella ripartizione dell’austerità, fra la popolazione e i burocrati. DAL CROLLO DELL’UNIONE SOVIETICA AD OGGI Il crollo dell’Unione Sovietica e il disgregamento del blocco orientale dei paesi socialisti, all’inizio degli anni Novanta, coinvolge anche Cuba. Il disavanzo della bilancia commerciale, le diminuite importazioni di petrolio e di carburante incidono pesantemente sulla produzione costringendo il governo a fare di nuovo ricorso al razionamento. Nel ‘93 l’Unione Europea concesse notevoli aiuti umanitari nella prospettiva di cambiamenti politici ed economici. In effetti alcuni passi sono stati fatti per quello che riguarda la legalizzazione del possesso di dollari e la concessione di una certa autonomia nella gestione di attività private. Inoltre rispetto al problema dell’emigrazione è stato tentato un compromesso : Cuba ha liberalizzato l’espatrio e gli Stati Uniti hanno cominciato a regolarlo definendo dei precisi parametri. Ma Cuba continua ad essere un problema per gli americani i quali non hanno tolto l’embargo anche se le Nazioni Unite lo hanno più volte condannato. Inoltre con la legge Helms-Burton si impedisce ai rappresentanti degli Stati Uniti, operanti nelle organizzazioni finanziarie internazionali, di approvare concessioni di prestiti a Cuba così come si perseguitano le compagnie straniere che intendano operare nelle proprietà americane confiscate nell’isola. Ancora oggi, dopo quarant’anni dalla rivoluzione socialista, è difficile dare valutazioni che non risentano di posizioni troppo ideologizzate o troppo critiche. In ambedue i casi il rischio che si corre è quello di perdere il contatto con la realtà del paese enfatizzando o sottovalutando conquiste sociali ed economiche o problemi ancora non risolti. In ogni caso, comunque lo si voglia giudicare, è indubbio che si sia trattato di un grande evento storico che ha incarnato i desideri, le tensioni, le legittime richieste di indipendenza, non solo del popolo cubano, ma per tutti coloro per i quali capitalismo equivaleva a sopraffazione a scapito delle classi più povere. Cuba ha conosciuto momenti difficili perché le basi economiche su cui poggiava non erano tanto forti da consentirle piena autonomia rispetto agli USA, prima, e all’Unione Sovietica in seguito, ma all’interno di questa problematica situazione si è prefissa l’obiettivo di aumentare il livello di vita della popolazione fornendole soprattutto i sussidi dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria che sono ancora oggi valutate come le più tangibili ed indiscutibili conquiste della Rivoluzione. Ovviamente questo non basta a sconfiggere la disoccupazione e la povertà, così come non è sufficiente imprigionare o costringere alla fuga gli oppositori del regime per risolvere i problemi. Più volte Castro, nei suoi discorsi, ha dovuto riconoscere il fallimento di alcuni obiettivi a causa di errori di valutazione o anche per un eccesso di burocratizzazione o di speculazioni messe in atto da funzionari o da contadini che alimentavano il mercato nero. Ogni volta i cubani hanno accettato “i periodi speciali“, il razionamento e le restrizioni. Detto questo non possiamo non considerare che esistono i privilegiati, coloro che riuscendo ad accumulare dollari, in modo più o meno legale, hanno la possibilità di acquistare prodotti che per altri sono inaccostabili o anche di impiegarli nelle poche attività private che oggi lo stato consente. Anche l’avvenuta apertura al turismo è per Cuba una fonte di guadagno, ma può allo stesso tempo, rappresentare un momento di confronto con una cultura del benessere in grado di causare disorientamento oltre che il legittimo desiderio di migliorare le proprie condizioni di vita. Secondo Janette Habel la nuova generazione, che è nata dopo la rivoluzione e non ha conosciuto quella miseria e la dittatura, è stanca di sentire parlare del passato, si preoccupa soprattutto delle difficoltà attuali, della propria promozione professionale. Il fatto che molti giovani possano oggi accedere agli studi universitari grazie a borse di studio, ha creato, giustamente, maggiori aspettative per un lavoro adeguato alle proprie conoscenze. Purtroppo la legge di mercato della domanda e dell’offerta non è equilibrata così, mentre il settore amministrativo è sovraffollato, mancano la manodopera ed i tecnici. La ricerca di un lavoro, relativamente più facile nelle grandi città, ha determinato il fenomeno dell’inurbamento con la conseguente congestione del problema degli alloggi. Da una inchiesta, realizzata all’Avana su duecentottanta giovani, è emerso che uno tra i motivi di maggiore preoccupazione è quello della mancanza di una casa propria e della necessità di vivere in coabitazione o in alloggi fatiscenti. Tuttavia solo il 24% della popolazione vive in campagna, dove peraltro, l’approvvigionamento dei generi alimentari è più facile e dove i programmi di alfabetizzazione e di capillare assistenza sanitaria hanno dato notevoli risultati. Va sottolineato che, in tutta l’isola, grazie alle misure di prevenzione, ai controlli sanitari ed alle vaccinazioni regolari, la mortalità neonatale si è ridotta a valori inferiori addirittura a quelli degli Stati Uniti. Alle madri che lavorano viene data la possibilità di godere di quattro mesi e mezzo di congedo per maternità, retribuiti al 100%. La Costituzione riconosce alle donne parità di diritti sia nel lavoro sia nella vita pubblica ma, come accade quasi sempre, e non solo a Cuba, il peso della famiglia ricade sulle loro spalle. Prendendo in esame i risultati positivi conseguiti dall’economia cubana non possiamo dimenticare la produzione del tabacco e in particolare dei sigari. La richiesta sul mercato del simbolo per eccellenza del capitalismo, ma anche dei rivoluzionari degli anni Sessanta, sta conoscendo un’espansione senza precedenti. Lo scorso anno ne sono stati prodotti, interamente a mano come vuole la tradizione, circa 103 milioni di pezzi; le proiezioni indicano che la produzione crescerà entro il Duemila fino a duecento milioni di pezzi minacciando il primato fino ad ora tenuto dalla Repubblica Dominicana. Si calcola che, nonostante l’embargo, proprio negli Stati Uniti entrino di contrabbando ben 52 milioni di sigari ogni anno. Ci piace, a conclusione del nostro discorso, riportare una riflessione sulla situazione di Cuba che non viene da un politico ma dallo scrittore Manuel Velasques Montalban il quale afferma: “ Cuba è un fastidio a molti livelli. Ci sono persone che criticano la realtà cubana perché è criticabile, perché non accettano certi aspetti della dittatura, per esempio la violazione d’alcuni diritti umani, che non sono rispettati: la libertà di riunione o d’espressione. Però si critica Cuba anche perché rappresenta la differenza, in altre parole, è ciò che manca per realizzare un discorso unico, il pensiero unico, l’esercito mondiale unico, il gendarme mondiale-unico; è insomma l’eccezione che dà fastidio. E’ quello che accade, secondo la teoria dell’informazione, in un canale comunicativo: la circolazione perfetta del messaggio va dal polo emittente al polo ricevente; quando in mezzo c’è qualcosa che attraversa il canale, si produce un rumore e Cuba è il rumore all’interno del messaggio dell’unificazione del mondo secondo i criteri del capitalismo.”
Aggiornato il: 25-03-2002 |
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