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LA COMUNICAZIONE TELEVISIVA A CUBA. 31 L’ESSERE UMANO AL CENTRO DEL DIBATTITO COMUNICATIVO L’uomo con le sue necessità sempre più crescenti è l’oggetto fondamentale della società cubana ed è il fulcro della comunicazione dei mass-media nazionali. Le investigazioni sociologiche si sono estese a tutte le sfere della vita della popolazione con lo scopo di ottenere informazioni che servano da base per l’elaborazione di una politica intenzionata a far diventare realtà i postulati socialisti. Durante il primo congresso del Partito Comunista Cubano furono gettate le basi sugli obiettivi e le strategie della comunicazione sociale dei mezzi di comunicazione. Si fondarono le prime scuole per “coltivare” specialisti in comunicazione radio e televisiva. Già negli anni ’40 apparirono i primi studi sulla radio seguendo le teorie investigative nord americane di Lazarsfield e di altre scuole di pensiero. Queste teorie furono reputate dal mondo culturale cubano disegnate, strutturate e dirette verso fini prettamente commerciali, crearono le basi tecnico organizzative e comunicative di ciò che fu la televisione durante gli anni ’50. Per questo la nascita del centro d’investigazione sociale non ha la finalità di analizzare numericamente i valori di audience e rating televisivo per commercializzare qualcosa all’interno di spazi televisivi graditi alla popolazione ma di capire le esigenze di ogni individuo, di soddisfarlo se il servizio offertogli non è reputato all’altezza o di educarlo se i risultati esprimessero valori non concordanti con ciò che deve essere un servizio televisivo all’interno di un Paese che impregna la sua esistenza nel diffondere valori etici, morali, storici, culturali e pedagogici. Durante il dibattito mondiale dei media negli anni ’80 sopra l’utilizzo di nuove tecnologie comunicative, ad esempio i satelliti, che avrebbero eliminato le distanze informative nel mondo, notevole fu la preoccupazione espressa dai paesi sottosviluppati. I leader di questi paesi non videro nell’utilizzo incontrollato di parabole, satelliti, ora Internet un abbattersi delle frontiere comunicative costruttivo per la crescita di un individuo ma uno stimolo ulteriore alle strategie di mercato, alla distorsione culturale, alla penetrazione del materialismo e solo un utilizzo intelligente e controllato avrebbe consentito l’avvicinarsi di più culture differenti tra loro. 32 FIDEL CASTRO E LA COMUNICAZIONE DEI MEDIA Le parole espresse da Fidel Castro nel corso di comizi, riunioni, interviste, partecipazioni televisive etc.. riguardo lo scopo dei mass-media sono significative per capire quale tipo di comunicazione di massa deve essere attuato all’interno del paese. Ad esempio nella dichiarazione finale del XXV anniversario dell’incontro “Parola agli intellettuali” del 1961 il lider maximo rivolgendosi ai dirigenti dell’I.C.R.T. consigliò la proiezione di soli films culturali e l’introduzione degli stessi con una spiegazione da parte di specialisti. Nel 1992 durante l’incontrò di chiusura della festa dei vent’anni del centro pedagogico “Manuel Ascunce Domenech” pronunciò “non dobbiamo dimenticare la società in cui viviamo, una società tecnologica, di mezzi di comunicazione di massa. Se uno si pone ad osservare la quantità di films che si editano nel mondo quotidianamente, si terrorizza, per i suoi contenuti alienanti, ci si domanda che cultura possa acquisire un uomo vedendo programmi televisivi e videocassette. E senza voler criticare alcuna televisione, questa è un’arma terribile, potrebbe servire per molte cose buone, per educare, per insegnare, al contrario chi produce nel mondo televisivo è ignorante, gente da una cultura superficiale visto l’uso commerciale che viene fatto dei mezzi di comunicazione di massa. Cosa succede in quasi tutto il mondo ? gli adolescenti passano quattro, cinque ore al giorno di fronte al televisore e non studiano……ditemi oggi chi cambierebbe la televisione per un libro ?”. Ed è per questo stesso motivo che a Cuba la televisione non proietta immagini violente, diseducative, pornografiche, la televisione cerca di sostituire quello che una volta era la lettura di un libro. Storicamente quello che accadde nella televisione cubana, dopo la vittoria della Rivoluzione, preoccupò non poco i media privati di tutto il sud America. Nazionalizzare studi e sale di proiezione, le stazioni radiofoniche, consolidare due soli canali televisivi a raggio nazionale in un sistema unico. Il canal 2 dedito a notizie ed educazione, il canal 6 a cultura ed intrattenimento e gli altri chiusi. La paura di un controllo governativo statale attuato in tutti i paesi del continente intimorì gli imprenditori privati. Negli anni la televisione cubana è diventata un’ideologia, il deterioramento dell’economia del Paese e l’embargo U.S.A. portarono Castro ad allinearsi con l’U.R.S.S. cosi che Cuba passò da un’indipendenza culturale ad una relativa autonomia. Castro inseguì una purezza ideologica e attaccò artisti ed intellettuali non allineati alle ideologie socialiste e Cuba rappresentò, per alcuni, i benefici sociali ed educativi di una riforma dei media da inseguire e realizzare nel proprio Paese. 33 UNA PROPRIA IDENTITA’ COMUNICATIVA Altro punto fondamentale della scelta comunicativa della televisione cubana condivisa da tutti i Paesi sottosviluppati del centro e sud America è il mantenere vivo, anzi alimentare, il diritto di una diversificazione culturale. La dignità di questi paesi è molto forte e tutta l’America Latina necessita e vuole proiettarsi sul mondo intero. È una politica orientata a diffondere e commercializzare prodotti audiovisivi latino americani per rinforzare un circuito comunicativo quasi inesistente, non si ricerca antagonismo con il mondo industrializzato ma si vuole alzare la propria voce, far sapere al mondo intero della propria esistenza, è, se si vuole definirla così, la volontà di essere un’alternativa di fronte al modello televisivo predominante che fino ad adesso ha cercato, non solo di monopolizzarsi all’interno dei suoi confini, ma di conquistare realtà sociali e culturali ben distanti dal loro modello. La televisione cubana degli anni ’50 è servita principalmente per accentuare nel popolo il non essere, la non identità e lo sviluppo del sottosviluppo, per questo ancora oggi, a quarant’anni dalla vittoria rivoluzionaria il messaggio comunicativo è orientato a promuovere la cultura e l’identità sociale del Paese, per far sapere al mondo intero che ogni realtà ha il diritto di farsi conoscere e che il mondo della comunicazione, della cultura, dell’intrattenimento stesso, non è solo “made in U.S.A” o delle super potenze economiche. Un gruppo d’imprese private e di grandi consorzi detiene la proprietà del mercato mondiale, decide i contenuti che sono orientati alla vendita di prodotti e la struttura del mercato stesso attraverso la pubblicità commerciale. La politica nazionale, quindi, vuole proteggere, difendere il diritto del popolo di utilizzare i mass media con la propria voce e contenuti che riflettano la propria cultura, realtà sociale in modo tale che il bombardamento del modello statunitense non intacchi come in passato la coscienza individuale e la democrazia comunicativa. Il mondo sottosviluppato o in via di sviluppo, nonostante la posizione svantaggiosa che occupa rispetto ai centri più tecnologici, cerca di attuare con fortissima volontà una politica in difesa dei propri interessi. È un progetto che non vuole chiudersi al resto del mondo, anzi si ricerca la cooperazione, l’interscambio culturale, i propri bagagli d’esperienza possono coesistere e far crescere l’uomo ma deve essere uno scambio democratico cosa che fino adesso non ha dimostrato di essere.
Aggiornato il: 25-03-2002 |
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