Caratteristica
delle porte d’ingresso: Particolarmente
interessante, riguardo la tecnica costruttiva, sono le varie
soluzioni delle strutture e dei profili delle porte d’ingresso
che, in genere, erano costruite basse.A tal proposito vi sono
varie interpretazioni: per una migliore difesa dal freddo e
dagli agenti atmosferici; per credenze pagane o religiose (
evitare alle “malumbre”, spiriti malefici, di entrare nel riparo;
o, molto più probabilmente, per non alterare (nel caso la porta
d’ingresso fosse più alta) la staticità dell’intera costruzione.
Le
varie soluzioni dei profili di tali porte, succedutesi nel tempo,
ci forniscono un utile elemento per seguire l’evoluzione delle
costruzioni in pietra a secco: dalla forma primitiva, con due
elementi verticali ed un architrave (poggiante orizzontalmente
su di esse), si passa all’architrave spezzata in due blocchi
monolitici che anticipano il sistema del triangolo di scarico
delle soluzioni più evolute.
Nei
profili più elaborati (e più recenti), si trova generalmente
la porta ad arco (a tutto sesto, a sesto ribassato o acuto)
sotteso da architrave.La porta poi, era costruita in legno d’ulivo,
le cui assi venivano fissate mediante chiodi di legno. Mentre
si innalzava la costruzione, da un lato venivano collocate due
pietre (poste una sull’altra): quella superiore bucata verticalmente
ed una inferiore scavata a mò di calotta sferica (a forma “de
cùlu de murtàru”), in cui veniva infilato lo stante di legno
(“stànturu”), a cui veniva fissata la porta (quando chiusa),
mediante una serratura a chiavistello, anch’essa in legno (“mascatùra”).
Origine
delle costruzioni trulliformi: L’origine
di queste costruzioni è certamente antichissima, probabilmente
megalitica, dato che restano a testimonianza di queste ipotesi
le spècchie che, secondo il De Giorgi, hanno relazione di somiglianza
nella struttura e nella forma e che furono, in origine, delle
costruzioni analoghe ai trulli, elevate dall’uomo sia per abitazione
che per difesa.
Pertanto
bisognerebbe riferirsi alla preistoria pugliese e più precisamente
entro un periodo di tempo che va dal 2000 a.C. alla fine dell’età
del Bronzo (VIII sec. a.C.) anche se in verità, da noi, la capanna
neolitica e le dimore dell’età del Bronzo e del Ferro, nulla
hanno a che vedere con le costruzioni
a tholos. Gli scavi archeologici, sino ad oggi infatti,
hanno soltanto restituito tracce di capanne in materiale vegetale
impostate su un basamento di pietrame informe oppure resti di
abitazioni a pianta quadrangolare coperte con tegole di argilla.
Secondo
altri studiosi il sistema costruttivo del “truddhu” è stato
introdotto in Puglia dall’esterno; tale opinione sarebbe avvalorata
dalla presenza di costruzioni analoghe in numerose zone del
Mediterraneo. C’è chi vede come centri originari la Mesopotamia,
l’Egitto, l’isola di Creta,
chi le coste dell’Africa settentrionale o i territori dell’Illiria
ma in realtà, per quanto concerne l’Illiria, come è stato dimostrato,
si è verificato il fenomeno inverso e cioè l’influenza della
Puglia su tali terre (e non solo per quanto riguarda il trullo).
Riguardo
all’uso di tali costruzioni,
possiamo dire che queste, in passato come ai giorni nostri,
sono servite come abitazioni e che, in determinate epoche, siano
servite come postazioni di guardia dalle quali osservare il
nemico. Inoltre
il non escludiamo che i “truddhi” abbiano un’origine più recente
(rispetto alle altre ipotesi formulate), origine che potrebbe
essere ricercata nelle numerose immigrazioni di epoca bizantina
e nelle correlate attività agricole che in quell’epoca, proprio
ad opera delle comunità
monastiche, determinarono una profonda trasformazione dell’habitat
rurale. Per concludere circa l’irrisolto dilemma,
una teoria che sembrerebbe attendibile è quella del Simoncini
che vede tra le cause dell’architettura del trullo: l’importanza
del dato geologico locale e l’organizzazione economica della
società. Ciò vuol dire che la costruzione a trullo poteva poteva
sorgere sempre e dovunque si realizzassero, come avvenne dalle
nostre parti, quelle particolari ed adeguate condizioni economiche
ed ambientali.
Le
liàme: Con
il termine liàma, indichiamo un riparo di campagna, con pianta
quadrangolare o rettangolare e volta a botte. I muri perimetrali
di tali costruzioni sono anch’essi, come nel caso dei ripari
trulliformi, in pietra a secco, mentre la volta a botte è costruita
grazie all’utilizzo di blocchi di pietra tufàcea (“pièzzi de
càrparu”). Queste costruzioni permettevano una terrazza
più spaziosa di quella del trullo, per i diversi usi, come essiccare
le “fiche”, per cui il termine liàma deriva dalla loro ampia
terrazza (in effetti nel dialetto salentino “liàma” = terrazza).
La scaletta che porta alla terrazza della liàma è ricavata esternamente
su uno dei due lati più lunghi. Prima che per la
copertura di tali costruzioni si usasse la volta a botte, per
tale scopo erano utilizzate tegole in terracotta (“ìmbrici”),
quasi sempre a due spioventi.