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La
chiesa bizantina di Santa Marina (secc. IX-XI).
La
tradizione nicoliana in Terra d'Otranto
Supera l'ampia curva
dell'attuale via Corsica che da Muro immette nel breve rettilineo
per Sanarica, ecco comparire la chiesetta di Santa Marina. Fa
colpo, isolata come è, a pochi passi da un menhir che la guarda
di spalla in direzione
dell'abside, e che intrattiene con essa un dialogo incessante,
sottovoce, quasi impercettibile. Essa fu costruita (sec. IX) appena
fuori le mura che tagliavano di traverso l'antica via Salentina
e s'infilavano in una località detta "li Ràuli". Il
titolo di Santa Marina si richiama ad una tradizione presente
su tutta la costa adriatica, dalla Terra d'Otranto fino a Venezia.
Santa Marina è elencata nei martirologi sia orientali che occidentali
come una giovane di Antiochia di Pisidia, martirizzata sotto Diocleziano.
Il suo culto è popolare nel Salento, oltre che antichissimo. È
probabile che la diffusa e ben nota caratteristica iconografica
con cui veniva effigiata la Santa, con colori tenui, quasi diafani,
abbia dato origine ad una espressione popolare, tuttora ripetuta
nel Salento: "Ha il colore di Santa Marina!", per indicare
una persona, specialmente donna, dal viso pallido. Architettonicalmente
S. Marina, è molto semplice. Così come oggi si presenta, in parte
modificata a più riprese rispetto all'impianto originario, la
chiesa è in un' unica navata rettangolare, di m. 15,40 di lunghezza
per m. 5,50 di larghezza da muro a muro. I conci per la costruzione
furono estratti da cave locali: calcare con caratteristiche di
particolare compattezza, tra il tufo e il càrparo, un po' diverso
dalla pietra di Cursi (la "pietra leccese"). Il nartèce
(vestibolo) è inserito nello stesso corpo dell'edificio. Coperta
da una volta a botte, la chiesetta è divisa da pesanti archi in
tre piccole campate sostenute da grossi pilastri. Addossati alle
pareti, vi sono dei sedili in pietra. E assente la cupola. 'edificio
ha subito almeno due trasformazioni: le manomissioni sono evidenti
nelle finestrelle della zona absidale e lungo le pareti. La singolare
importanza di questa chiesa bizantina è data dal fatto che essa
contiene il più antico ciclo di affreschi sulla vita di San Nicola
di Myra in tutto l'arco mediterraneo. Sono presenti due strati
di affreschi sono due.I temi dell'Annunciazione e dell'Ascensione
(sec. X), di cui restano tracce, sono quanto mai indicativi. Il
secondo strato, che qui interessa più da vicino, potrebbe risalire
all'XI secolo; esso sviluppa alcuni episodi della vita del Vescovo
di Myra. Tutto il brano pittorico potrebbe porsi, a giudizio della
prof. Marina Falla Casteifranchi, in epoca anteriore al 1087,
data del trasporto del Corpo di San Nicola da Myra (nella Licia.
Asia Minore, Turchia) a Bari. Secondo questa tesi, la committenza
dell'affresco murese andrebbe attribuita a Zoe, sposa dell'imperatore
Costantino IX Monomaco, quale ex-voto al Santo di Myra per la
sconfitta (e la morte. 1043) di Giorgio Maniace. Data la preminenza
del ciclo pittorico nicolaiano, la citata studiosa preferisce
chiamare la chiesa murese come chiesa di San Nicola piuttosto
che di Santa Marina, secondo il titolo originario. Ci sembra,
tuttavia, poco probabile che l'imperatrice Zoe abbia voluto scegliere
proprio Muro Leccese quale sede per porre in atto la sua volontà.
Pensiamo piuttosto che questo secondo strato di affreschi sia
da far risalire, ad iniziativa popolare e del clero locale, a
qualche decennio dopo la morte di Giorgìo Maniace (e indipendentemente
dalla volontà dell'imperatrice porfirogenita). Il trasporto (1087)
del Corpo trafugato di San Nicola da Myra a Bari fu un avvenimento
di eccezionale portata: un fatto che sconvolse e commosse, in
un irrefrenabile tripudio, l'opinione pubblica. La Puglia e Bari
assurse a meta di pellegrinaggi da ogni parte d' Europa, dai paesi
slavi, dalla pianura danubiana, dalla Russia. dalla Scandinavia,
dallo stesso mondo musulmano. Un tatto senza precedenti in Italia,
se si eccettua la più antica tradizione dei pellegrinaggi al santuario
dell'Arcangelo Michele, sul Gargano. Che, poi, in un menologio
nicolaiano abbia trovato spazio, contestualmente, anche la figura
di Zoe che rende grazie a S. Nicola per la sconfitta di Giorgio
Maniace, è un "espediente" pittorico che rientra nella
trama d' un racconto destinato ad una "lettura" popolare.
Il momento religioso coincise con quello politico e sociale. Nel
nome di San Nicola si conciliarono, almeno per poco, le fazioni
filonormanne con quelle filobizantine in Puglia; Ursone, arcivescovo
di Bari, ritornò all'obbedienza verso il papa Urbano II e poté
partecipare in qualità di conconsacrante alla solenne consacrazione
della normanna "nuova" cattedrale di Otranto (30 luglio-
1 agosto 1088), dedicata alla Theotòkos-Madre di Dio; inoltre.
a San Nicola il papa Urbano II volle che si intitolasse il cenobio
dei monaci italo-greci di Otranto, che i re normanni costruirono
nella punta più orientale d'Italia ed inaugurarono nel 1099. In
questo scenario nicolaiano, aperto verso l'Oriente in un clima
di chiare istanze ecumeniche, si può meglio spiegare la dovizia
iconografica bizantina attestata nel Salento, nella seconda metà
del sec. XI, in onore del Santo Vescovo di Myra, intorno al quale
fiorirono numerose leggende, tanto care al popolo e ai pittori
bizantini. Lo spostamento di data delle pitture muresi dalla prima
alla seconda metà del sec. XI nulla toglie al ruolo storico e
artistico che la chiesa di Santa Marina assume nel contesto della
pittura bizantina in Terra d'Otranto. Tutto l'impianto pittorico,
sia nei brani riguardanti alcuni episodi della vita di San Nicola,
sia in quelli raffiguranti l'imperatrice Zoe e le immagini di
santi e sante attestate nei due strati di affreschi (Santa Marina,
Santa Barbara, San Giorgio, San Macario, San Giovanni Battista,
San Basilio, San Giovanni Crisostorno, ed altri Padri orientali),
è di una valenza storica e artistica eccezionale. Per gli orientamenti
stilistici e le tecniche d'esecuzione, la chiesetta murese ha
molto da dire. I recenti restauri hanno posto in migliore evidenza
schemi, modellature e cromie confluenti da diverse zone dell'area
mediterranea, da quelle siriache e ioniche a quelle macedoni e
serbe, tramiti - queste ultime - di preferenze costantinopolitane
e tessalonicesi. Alcuni lacerti di icone e di decorazioni floreali
e paesistiche, che qua e là affiorano sulla volta e nelle pareti
degli archi tra una campata e l'altra, sono "spie" molto
sicure per un esame preciso delle varie fasi d'intervento in tutto
l'impianto di questo tempietto, che svolse sempre un ruolo di
luogo dedicato alla liturgia comunitaria di rito greco e costituì
sempre un titolo beneficiale privilegiato, paragonabile alle prelature
"nullìus" latine, come risulta dagli atti di alcune
visite pastorali degli arcivescovi di Otranto fino alla prima
metà del sec. XIX. Lasciando da parte gli strati affrescati nel
tardo Cinquecento e nei due secoli seguenti, evidenti nella zona
del nartèce e in quella dell'abside le due aree maggiormente manomesse
, si può dire, in linea di massima, che i pittori bizantini privilegiarono
la parte di destra del tempietto per le figure di sante o femminili
in genere (ad es.,l'imperatrice Zoe, ecc.); e quella di sinistra
sempre per chi guarda verso l'abside - per le figure di Santi
(vescovi, presbiteri, diaconi). Molta attenzione fu data da quei
maestri alle figure dei Santi eremiti e alle "leggende"
di alcune Sante (S. Barbara, S. Caterina d'Alessandria, ecc.)
nei sottarchi. Basterebbe la sola chiesetta di Santa Marina per
fare di Muro Leccese uno dei centri culturali di primaria importanza
nel Mezzogiorno d'Italia.
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