Il Peccato


Peccato

Peccato

La colpa

Il peccato interrompe dunque la comunione con Dio. E se il Dio è il Dio della vita, il peccato introduce nel mondo la morte. Ma il mondo contemporaneo difficilmente riconosce la gravità del peccato.

Il peccato segna il fallimento radicale dell'uomo, la ribellione a Dio che è la Vita, un "estinguere lo Spirito" e perciò la morte non ne è che l'esterna, più vistosa manifestazione".

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IL PECCATO

Il peccato è il massimo, l'unico vero male! E gli uomini sembrano non accorgersene; peccano e tacitamente ripetono con l'empio: Ho peccato, sì, e che male me ne è venuto in eterno; la morte del corpo e quella dell'anima.

Il peccato è abbandono di Dio. Per ben comprendere la malizia del peccato, bisognerebbe conoscere bene il Signore. Ma anche senza pretendere di spiegare i divini segreti, dovrebbe esserci una visione sufficiente attraverso ciò che abbiamo ereditato dal Cuore di Gesù: «Padre nostro che sei nei Cieli» Padre! Quindi colui da cui ci viene la vita e con la vita la luce dell'intelligenza e il calore del cuore, il sole e le stelle, i monti e il mare, tutto. E noi, suoi figli, non ci ricordiamo di nulla e diventiamo ribelli, a somiglianza dell'angelo della luce che divenne demonio. Sono secoli e secoli che il creato risponde docile e felice alla voce del Creatore. Ma già la prima pagina della storia dell'uomo è segnata dalla rivolta, dalla sfida al Sommo Bene!

Il peccato è il carnefice di Gesù. Se l'uomo non avesse peccato, Gesù non sarebbe morto! Contiamo gli strazi di cui fu intrecciata la vita di Gesù, nell'anima sua dolcissima, nel corpo suo santissimo, e conosceremo tutta la ferocia di questo carnefice. E sapremo quel che noi siamo, e non tarderemo a riconoscere sulle nostre mani le tracce del sangue di Cristo. Non c'è acqua che le possa lavare. Tentò di cancellarle Pilato nel giorno della condanna infame: ma le macchie rimasero. Non c'è che il sangue di Cristo per mondarci da ogni peccato: il sangue del nostro ostinato egoismo e del nostro cieco orgoglio può essere ripulito solo riconoscendo e accettando il sangue del Cuore amorevole di Chi è venuto a riscattare i peccati del mondo: «Il Padre ha mandato il suo Figlio come Salvatore del mondo» (1 Gv 4,14); "Egli è apparso per togliere i peccati. Chiunque rimane in Lui non pecca".
(1Gv 3,5).

PECCATO VENIALE

Il Signore è morto a causa del peccato. E ogni peccato, piccolo o grande, veniale o mortale, ha reso più pesante la sua croce. Ora, a considerare la leggerezza con cui certi cristiani si lasciano andare alle colpe, lievi che siano, si direbbe che essi pensino che Gesù sia stato vittima soltanto per i peccati mortali. Non è forse il peccato veniale offesa di Dio? Non è il massimo male dopo il peccato grave?

Oh, se fossimo abituati a fare della meditazione dei dolori di Cristo il nostro pane quotidiano, troveremmo certo nell'illimitata raffinatezza dei patimenti del Signore riscontro anche alle nostre colpe così dette leggere. Troveremmo, tra spine più lunghe, più dure, più sanguinose, altre piccole che penetrano anche esse nella fronte regale del Figlio di Dio e stillano sangue senza soluzione.

Il peccato veniale è stoltezza e crudeltà. È stolto disgustare chi ci vuole bene, chi è per noi la sorgente di ogni gioia vera; è stolto convincerci che il Signore non debba tenere conto delle nostre debolezze volontarie, e che Egli non ci possa punire per certe piccole soddisfazioni, tanto naturali; è stolto pensare che Gesù possa trattare con la stessa attenzione chi si fa una legge per ogni minimo suo desiderio e chi trascura le delicatezze della sua legge. Ma tutto questo è anche crudele! È come se dicessimo: "Dio è buono e io non posso credere che Egli voglia badare a queste piccolezze. No, non prenderò la lancia di Longino, per trapassargli il Cuore ma aggiungerò solo qualche spina alla sua corona".

L'anima rischia la sua salvezza. Ragionando così, è inevitabile che Dio, alla fine, lasci l'anima un po' a se stessa. E come ci si salva da noi? A forza di correre sull'orlo dell'abisso, si finirà col caderci dentro. E a chi grideremo allora? Come potrà ascoltarci Colui che disgustammo per non mortificare in tutto le nostre passioni, i nostri capricci, le nostre vanità? La salvezza è frutto di una battaglia risoluta contro le tentazioni, piccole e grandi, contro tutto ciò che può essere comunque offesa di Dio. Questo è il pensiero della pietà cristiana.

CASTIGHI

Dio conosce il peccato. Il suo spirito aleggia sul mondo delle anime e della materia, e nulla sfugge al suo occhio immenso. L'uomo vede la superficie delle cose, Dio penetra le menti e i cuori.
Meditava il salmista: «Dove fuggirò, o Signore, lontano da te? In cielo? Tu ci sei. Negli abissi della terra? Nel più profondo mi raggiungerà ancora la tua condanna. Lontano dove sorge l'aurora? anche li sarò nelle tue mani".
(Sal 138,7-9).

Non si sfugge a Dio. Chi ha un briciolo di fede sa che Dio esiste, che Dio vede, che Dio non può essere ingannato. Dio punisce il peccato. È creatore, e la creatura gli si ribella con ingratitudine immensa; è padre, e il figlio deride la sua autorità; è signore, e il suddito vuole essere stoltamente indipendente. Che cosa farà Dio nella sua giustizia? Deve ristabilire l'ordine, deve dare riparazione all'offesa; e l'ordine rifiorisce con la pena, e il dolore ripara l'offesa! Ricordate il pervertimento del genere umano prima del diluvio e il grido di Dio: "Distruggerò l'uomo che ho creato!" (Gn 6,7). Ricordate il peccato di Davide: "La spada non si allontanerà in eterno dalla tua casa ..."
(2 Sam 12,10).

Dio ha punito il nostro peccato nel Figlio suo. La vita dolorosa di Cristo è la punizione tragica delle nostre colpe: "Egli ha preso su di sé i nostri peccati, e li ha portati con sé sulla croce» (1Pt, 2,24). Ma guai a quell'uomo che, dopo la redenzione, chiude il cuore alla croce sanguinante di Cristo e crede di sfuggire alla giustizia di Dio, perché Dio è paziente, è buono, infinitamente buono, ma non può dimenticare di essere giusto, infinitamente giusto!

MORTE

La vita è una veglia. Gesù è la luce di questa veglia. In ogni veglia brilla sempre una piccola luce; ma, nella veglia della vita, Gesù splende come il sole che non tramonta.
La vita è sempre breve, anche quando sembra tanto lunga; come è breve ogni veglia, anche se passa la mezzanotte, anche se si sente cantare il gallo... Non si sta a veglia se il lume non è acceso, se non c'è almeno una povera stella lontana: come si fa a vivere se Gesù, che è la luce del mondo, non illumina la vita? Una volta eravamo tenebre, ora, per Lui, siamo luce. Viviamo dunque nella luce, illuminiamo di splendore in Lui anche la morte!

La morte è buona. È buona dopo che Gesù l'ha vinta, morendo. Una volta la morte era un castigo, tremendo castigo, dal quale nessun uomo creato poteva scampare. Per il dolore e l'amore del Figlio di Dio, il castigo diventa redenzione, purificazione, aspirazione, salvezza! E saranno beate quelle anime che, deste al bene, staranno deste nell'attesa di Lui che ritorna. Ritorna appunto per quella via buia e nascosta che si chiama morte, la buona "sorella morte" la quale riporta le anime al centro infuocato della loro vita, a Dio, vita eternamente viva. Che sarebbe questa vita senza la morte?

La morte è il principio. Il cristiano risponde così a un mondo che nella morte vede la fine di tutto e che vive come se il suo tramonto non avesse aurora. Per noi no! La morte è principio di verità, di luce, di amore, di vita. E perciò la Chiesa nel suo martirologio chiama natale il giorno della morte dei Santi. La tomba è la culla della nuova vita, ma soltanto per quanti hanno voluto Dio, in attività amante e dolorante di bene, e sono morti nella sua grazia.