MITO respirazione

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LA  FUNZIONALITÀ  RESPIRATORIA  NELLE  MALATTIE  MUSCOLARI,  ASPETTI  FISIOPATOLOGICI  E CLINICI.

 

SAVERIO DESIDERIO

Medicina interna I - servizio di pneumologia “Infermi” Rimini

 

È utile ricordare che lo scopo della respirazione è quello di portare ossigeno ai tessuti e liberare all’esterno anidride carbonica. L’interessamento dei muscoli respiratori che si verificano in alcune malattie muscolari può portare all’insufficienza respiratoria. Per questo motivo il pneumologo deve saper riconoscere e trattare questo tipo di malattia.

È necessario soffermarci su alcuni aspetti anatomici, fisiologici e funzionali della respirazione.

1- I centri respiratori localizzati nel SNC

2- I rami nervosi che collegano il centro respiratorio ai muscoli della respirazione.

3- I muscoli della respirazione.

4- I ricettori periferici che forniscono informazioni al centro respiratorio come la concentrazione di ossigeno e di CO2.

 

I muscoli respiratori sono numerosi. Il più grande e il più importante muscolo inspiratorio è il diaframma. Altri muscolo inspiratori comprendono gli intercostali esterni, il muscolo scaleno ed il muscolo sternocleidomastoideo.

I muscoli respiratori sono rappresentati dai muscoli intercostali interni, e dai muscoli della parete addominale, compreso il muscolo retto addominale, il muscolo obliquo interno ed obliquo esterno ed il muscolo traverso dell’addome.

I muscoli respiratori fungono da “pompa dell’aria” del corpo umano ed il carico sul quale la pompa stessa deve operare è il risultato delle componenti resistite ed elastiche dei polmoni e della parete toracica.

Infatti durante l’inspirazione viene compiuto un lavoro dai muscoli respiratori per distendere i tessuti elastico e collagene del polmone e della gabbia toracica. L’energia fornita a questo scopo viene immagazzinata nelle strutture che sono state distese, consentendo a queste ultime di esercitare una forza retrattile chiamata ritorno elastico del tessuto polmonare. Questa energia viene impiegata durante l’espirazione per portare i polmoni al loro volume iniziale. Il “successo” o “insufficienza” respiratoria dipendono dall’equilibrio di questi due fattori. Quando il carico eccede la capacità di pompa si avrà come risultato l’insufficienza respiratoria. Il volume dell’aria all’interno dei polmoni varia in rapporto agli atti del respiro. La registrazione dei volumi polmonari ci permette di valutare il sistema respiratorio nel suo complesso con un esame non invasivo e facilmente ripetibile. La strumentazione necessaria può limitarsi ad uno pirometro, per gli esami più complessi sono necessari un pneumotacografo, trasduttore di pressione, analizzatore di gas, pletismografo corporeo, ecc.

Usualmente prima si studiano i volumi polmonari statici in cui il soggetto in esame esegue delle manovre respiratorie molto lentamente, poi i volumi polmonari dinamici in cui il soggetto deve eseguire degli atti ventilatori alla massima velocità possibile. Il massimo volume d’aria che può essere contenuto nel polmone è chiamato Capacità Polmonare Totale (CPT), la quale può essere ripartita in varie suddivisioni. La quantità di aria che rimane nei polmoni al termine di una normale espirazione è chiamata Capacità Residua Funzionale (CRF), essa comprende:

- il Volume di Riserva Espiratoria (VRE), che rappresenta il massimo volume d’aria che può essere espirato partendo da CRF.

- il volume residuo (VR) che rappresenta il volumr d’aria che rimane all’interno dei polmoni al termine di una massima espirazione.

La Capacità Inspiratoria (CI) rappresenta il massimo volume d’aria che può essere inspirato partendo dall CRF, esso può essere suddiviso:

- nel Volume Corrente (VC), cioè la quantità d’aria che viene mobilizzata durante una inspirazione normale e tranquilla-

- Nel Volume di Riserva Inspiratoria (VRI) che rappresenta il massimo volume d’aria che è possibile inspirare al termine di una normale inspirazione.

La Capacità Vitale (CV) rappresenta il volume d’aria massimo che un soggetto è in grado di espirare dopo una inspirazione massima. Quando la malattia coinvolge i muscoli respiratori essi non sono in grado di generare una pressione pleurica tale da poter espirare totalmente il parenchima polmonare per cui la CV risulterà diminuita.

Tale diminuizione della CV è strettamente correlata al grado di indebolimento dei muscoli stessi.

Tra i volumi polmonari dinamici il VEMS (volume espiratorio massimo in 1 secondo) e il MVV (massimo volume d’aria espirato volontariamente in 15-30 secondi) sono gli esami più utilizzati nello studio della ventilazione.

Nelle miopatie il VEMS è ridotto proporzionalmente al decremento del volume polmonare e all’Indice di Tiffeneau (IT), che è il rapporto tra VEMS e CV, risulta quindi normale o aumentato, espressione di una Sindrome ventilatoria restrittiva pura. La velocità del flusso d’aria, misurata durante un espirazione forzata, è correlata al volume polmonare in cui questa è misurata. Questa correlazione viene registrata come una curva chiamata Flusso-volume. Nelle miopatie tale curva ha forma normale e valuri ridotti. Infatti nell’incapacità ventilatoria di tipo restrittivo la diminuzione dei volumi polmonari sarà accompagnata da flussi proporzionalmente ridotti. Per quanto riguarda le proprietà elastiche del polmone e della parete toracica possono essere valutati con misurazione della compliance che altro non è che il cambiamento di volume per variazione di pressione pleurica che si verifica durante gli atti respiratori.

I pazienti con miopatie presentano una bassa compliance espressione di difficile distendibilitò polmonare-gabbia toracica. La diminuzione della compliance della parete toracica nell’adulto miopatico sembra essere una caratteristica acquisita dopo anni di respiro a basso volume corrente che ha portato a contrattura delle articolazioni e ad indurimento dei tessuti molli della parete toracica.

 

I muscoli respiratori possono essere studiati da vari punti di vista. È possibile studiare il diaframma mediante una radiografia del torace e verificarne la mobilità ed il livello. È possibile studiare l’attività elettromiografica del diaframme e dei muscoli intercostali sia mediante elettrodi di superficie che mediante aghi o sonda esofagea.

La forza dei muscoli respiratori può essere studiata nel loro complesso anche registrando pressioni che sono in grado di generare nello spazio intrapleurico. La pressione intrapleurica, o la la pressione esofagea ad essa correlata, riflette l’insufficienza della contrazione dei muscoli respiratori. Un metodo meno invasivo per determinare l’insufficienza respiratoria è quello di misurare la pressione massima che possono generare durante un massimo sforzo inspiratorio o espiratorio occludendo la via aerea: la PI max e la PE max.

- La PI max studia la forza dei muscoli inspiratori e nelle miopatie è sempre ridotta.

_ La PE max studia la forza dei muscoli espiratori ed anch’essa è ridotta.

 

Un deficit di efficienza dei muscoli respiratori può verificarsi quando viene meno l’integrità neuro-muscolare, sia quando il muscolo sia affaticato. Non è possibile differenziare tra loro queste due forme diverse di incapacità contrattile del muscolo. Dal punto di vista clinico il paziente è asintomatico quando la compromissione muscolare respiratoria è ancora assente o minima. L’interessamento significativo dei muscoli inspiratori porta a dispnea da sforzo, tachipnea e oligopnea. La compromissione dei muscoli espiratori rende inneficace la tosse per cui si formano tappi di nuco endobronchiali responsabili di micro atelettasie ed infezioni ripetute.

 

In conclusione la funzione di pompa può essere studiata valutando la PI max e la PE max ed il movimento della parte toracica, il carico mediante la compliance del polmone e della gabbia toracica.

L’alterazione delle funzione respiratoria nel miopatico si manifesta schematicamente attraverso tre fasi:

1 - Fase dell’insufficienza ventilatoria

2 - Fase dell’insufficienza respiratoria

3 - Fase dell’insufficienza cardio-respiratoria

La fase dell’insufficienza ventilatoria è detta fase del compenso l’alterazione muscolare è ancora modesta, la riduzione della CV è minima e completamente compensata. I sintomi sono praticamente assenti e la Emogasanalisi evidenzia ipercapnia associata ad ipossiemia. Essa è secondaria a progressione del deficit muscolare e/o esaurimento muscolare spesso associato a comparsa e/o progressione della scoliosi, obesità o iponutrizione.

Secondo lo schema proposto da Rousson e Macklem nel 1981 l’insufficienza respiratoria può insorgere secondo due modalità principali:

- Insufficienza di polmone.

- Insufficienza di pompa respiratoria.

 

L’insufficienza di polmone comporta una insufficienza nello scambio dei gas, che si manifesta primariamente con l’ipossiemia; solo nelle fasi più gravi e più avanzate si ha ipercapnia. Cioè si verifica più frequentemente nel contesto di una polmonite acuta. Quando il difetto interessa la pompa, il risultato è una ipoventilazione alveolare con conseguente ipecapnia. In questo caso, benché coesista anche l’ipossiemia, il segno caratteristico e distintivo è rappresentato dall’aumento della PaCO2. chiaramente entrambi i tipi di I.R. descritti possono coesistere nello stesso paziente: il primitivo e principale difetto di pompa può determinare anche un difetto intrinseca del polmone attraverso il ristagno delle secrezioni, focolai broncopneumonici, microatelettasie diffuse. Le alterazioni combinate dei due sistemi rappresenta in generale la causa di insorgenza acuta della I.R. nei pazienti miopatici.

 

L’insufficienza respiratoria si sviluppa in fasi progressive così schematicamente descritte:

Nella fase 1 si verifica ipercapnia durante il sonno REM per una ridotta attivazione dei muscoli intercostali per cui si ha un improvviso sovraccarico del diaframma e dei muscoli respiratori che non riescono da soli a compensare il sovraccarico respiratorio.

Nella fase 2 l’ipercapnia e l’ipossemia si verificano durante gran parte del sonno sia REM che non REM. Questi soggetti dormono male, si svegliano frequentemente e durante il giorno si lamentano di cefalea.

Nella fase 3 ipercapnia ed ipossemia non sono durante il sonno ma anche durante lo stato di veglia diurno. Il soggetto è dispnoico, polipnoico, cianotico e tende ad addormentarsi con facilità durante la giornata.

 

- Perché l’insufficienza respiratoria si verifica inizialmente durante il sonno?

Durante il sonno si realizza una maggior fatica muscolare respiratoria per una ridotta contrattilità dei muscoli respiratori e per un aumento carico di lavoro. Possiamo quindi concludere che:

1 - La sintomatologia soggettiva, la gasanalisi diurna e la CV non correlano con l’evoluzione verso l’insufficienza respiratoria;

2 - L’alterazione gasanalisi durante il sonno precede spesso per lungo  tempo sia una conclamata sintomatologia che alterazione gasanalitiche diurne;

3 - Lo studio poligrafico del sonno (con monitoraggio dei gas) rappresenta quindi la metodica più affidabile per sorprendere i primi segni dal passaggio dalla insufficienza ventilatoria verso l’insufficienza respiratoria.

Quindi risulta fondamentale effettuare lo studio del sonno.

 

-Quando deve essere eseguito?

Secondo AA. va fatto quando inizia la deflessione della CV; secondo altri AA. appena compaiono i primi sintomi da ipercapnia notturna.

 

- Come si esegue lo studio del sonno?

L’indagine ideale è la polisonnografia completa ma a causa della complessità tecnica e degli alti costi generalmente si preferisce eseguire una polisonnografia parziale o un semplice monitoraggio transcutaneo della Sp O2 e tc CO2.

La finalità dello studio del sonno è quella  di giungere ad una diagnosi precoce di insufficienza respiratoria al fine di trattare rapidamente il paziente con protesi ventilatoria.

La ventilazione notturna può essere preventiva, secondo Rideau o precoce secondo la maggior parte degli studiosi.

È stato dimostrato da vari autori che la ventilazione meccanica notturna rallenta la perdita della CV, mette a riposo i muscoli respiratori, migliora la ventilazione nel sonno, migliora le condizioni diurna, previene le microatelettasie, previene le retrazioni della parete toracica, mantiene o riporta alla norma la concentrazione dei gas ematici, previene gli episodi di ipertensione arteriosa polmonare.

 

 

 

 

VENTILAZIONE  MECCANICA  NELLE  MALATTIE  MUSCOLARI:

ORGANIZZAZIONE  ED  ETICA

 

AMEDEO CORSI

Servizi di Anestesia Rianimazione e Terapia Antalgica, Azienda USL Rimini

 

La sostituzione artificiale di una funzione vitale pone costantemente l’interrogativo se tale sostituzione ha il significato di un supporto essenziale alla guarigione, di un prolungamento del processo di morte, o infine, di un trattamento palliativo. Se non vi è dubbio che la sostituzione si impone nel caso di supporte essenziale alla vita e che è da evitare ogni accanimento terapeutico, quale sarebbe il prolungamento del processo di morte, la decisione di intervenire in termini palliativi deve essere presa valutando attentamente tre aspetti dell’atto sanitario:

1 - compatibilità sociale,

2 - effetto sul prolungamento della vita,

3 - miglioramento della qualità della vita.

 

Nel caso di malattie muscolari, in particolare nelle distrofia Muscolari, l’insufficienza respiratoria è spesso un evento terminale che può essere sostenuto da diversi fattori.

1 - Ingombro tracheobronchiale.

2 - Atelectasie.

3 - Infezioni broncopolmonari.

4 - Eusarimento muscolare progressivo.

Fino agli anni ’70 i portatori di malattie muscolari, che interessavano la muscolatura respiratoria andavano incontro a una evoluzione assolutamente naturale; la successiva disponibilità di sistemi di ventilazione scarsamente impegnativi dal punto di vista tecnologico ha portato nuove possibilità di trattamento.

Ne consegue la necessità di affrontare il problema del Processo Decisionale relativo alla assistenza di un paziente con malattia ad evoluzione verso una insufficienza respiratoria cronica terminale. I fattori che intervengono nel processo decisionale sono molteplici (tab. 1) e trettamente correlati tra loro.

 

Tab.1

FATTORE

PROBLEMA

SOGGETTI COINVOLTI

MEDICO

Indicazioni Controindicazioni

Curante - Paziente - (Famiglia)

ETICO

Qualità della vita

Curante - Paziente - Famiglia

PSICOLOGICO

Reazionedel nuovo status

Paziente - Famiglia

SOCIALE

Costo

“Terzo pagante”- Paziente - Famiglia

 

Se si eccettua il terzo pagante - la società - che si deve comunque far  carico di alcuni aspetti di questa necessità terapeutica, il processo decisionale coinvolge sempre, e quasi esclusivamente, il curante, il paziente e la famiglia di questi. A chi, tra questi, deve essere lasciata la responsabilità di una decisione che seppur apparentemente normale, in realtà tanto normale non è? La decisionalità del medico è oggi sempre più messa in secondo piano rispetto ai desideri e alla volontà dei pazienti, ancora più in caso di malattie ingravescenti e limitanti l’autonomia del singolo: proprio per questo il paziente ha diritto di essere pienamente informato sulla evoluzione della malattia qualora non trattata, e le possibilità di vita una volta sottoposto ad un certo tipo di trattamento.

Esistono ampie dimostrazioni che nelle malattie muscolari l’applicazione, corretta, tempestiva e con sistemi idonei, della ventilazione meccanica, prolunga la vita dei pazienti. Il punto cruciale è, dunque, la qualità della vita dei soggetti in respirazione artificiale prolungata. Se facciamo riferimento alla letteratura scientifica, si possono trovare 75 differenti metodi di rivelazione della qualità della vita. In realtà cercare di ridurre il concetto di qualità di vita ad un numero o ad uno schema è assolutamente pretenzioso: verosimilmente la qualità di vita di un ammalato può essere percepita solo dal malato stesso in quanto è l’unico in grado di valutare soggettivamente il proprio stato di salute e gli altri aspetti non medici della propria vita. Questi ultimi sono, probabilmente, sono il vero punto cruciale, perché il medico può prevedere semplicemente quali aspetti sanitari della qualità di vita di un paziente possono essere migliorati dalla assistenza respiratoria. È quindi evidente che il processo decisionale non può che essere dato al paziente, e per far questo è importante che di fronte a certe patologie i curanti - siano essi neurologi o riabilitatori o pneumologo - comunicano precocemente colloqui approfonditi con i loro pazienti anche giovanissimi, per poter con chiarezza prospettare l’evoluzione della malattia e tutte le conseguenze della stessa.

Solo in questo modo anche un minore sarà in grado non solo di decidere, ma anche, probabilmente, di aiutare la propria famiglia a prendere con serenità una decisione comune.

 

QUANDO INIZIARE IL TRATTAMENTO VENTILATORIO

I possibili criteri di inizio della insufficienza respiratoria sono sostanzialmente tre:

1 - Ventilazione d’urgenza;

2 - Ventilazione preventiva

3 - Ventilazione di necessità.

Il dover arrivare ad una ventilazione meccanica d’urgenza in un paziente con malattia muscolare è un evento drammatico, che non dovrebbe mai presentarsi: non può certo chiedersi il consenso in condizioni di emergenza; la famiglia, colta da ansia e dal terrore di una imminente evoluzione negativa della malattia non può e non deve sostituirsi al malato; il medico rianimatore sa di dover decidere della vita futura di una persona senza conoscere i desideri e le aspettative di questa. Per ventilazione preventiva deve intendersi quella iniziata in modo non invasivo quando, dopo una fase di stabilizzazione della Capacità Vitale, questa cominci a declinare progressivamente. Non esiste pieno accordo sulla correttezza di questa indicazione: una ricerca policentrica francese ha riscontrato addirittura un possibile effetto controproducente sulla evoluzione della insufficienza respiratoria.

Certamente si deve intervenire con una ventilazione di necessità in presenza di segni di insufficienza respiratoria quali l’accumulo di secrezioni con miscroatelectasie polmonari da devicit della tosse, ipoventilazione notturna con aumento della PaCO2 ed ipossia diurna.

 

 

IL RESPIRATORE DA UTILIZZARE (TAB.2)

I respiratori a pressione negativa hanno avuto un ruolo molto importante in passato, ma hanno oggi un significato marginale. Il polmone d’acciaio non deve neanche essere preso in considerazione se ci poniamo il problema della qualità della vita, essendo una attrezzatura che impone l’ospedalizzazione.

Pneumowrap e corazza sono utilizzati con liti tecnico/assistenziale legati da un lato alla possibile induzione di ostruzioni notturne delle vie aeree, e dall’altro, ai problemi legati alle frequenti alterazioni della gabbia toracica di questi pazienti che possono rendere inutilizzabili questi sistemi. Sono dunque i respiratori a pressione positiva quelli che oggi vengono utilizzati maggiormente.

 

                      Tab.2

RESPIRATORI A PRESSIONE NEGATIVA

- Polmone d’acciaio

- Pneumowrap (poncho, raincoat o wrap)

- Corazza

RESPIRATORI A PRESSIONE POSITIVA

 

 

 

L’INTERFACCIA MACCHINA PAZIENTE

Il grande vantaggio dei ventilatori a pressione positiva sta anche nella possibilità di scegliere diverse interfaccia di respiratore/paziente. Le protesi buccali sono state tra i primi sistemi utilizzati: il soggetto respirava attraverso un boccaglio durante la ventilazione artificiale; l’applicazione in fase di sviluppo non completato creava però grasse difficoltà per alterazioni anatomiche causate da questo sistema. La maschera facciale è stato un grande passo avanti seppur con limitazioni pratiche per il senso di claustrofobia, la impossibilità alla verbalizzazione, ed il rischio di inalazione durante l’assistenza respiratoria. Risolutiva è stata l’introduzione della maschera nasale, perché ha permesso con l’applicazione precoce diverse tecniche di ventilazione - bilevel; volumetrica; a pressione di supporto - e per periodi anche molto prolungati, grazie all’ottima tollerabilità.

Infine, la tracheotomia: ancora oggi è discusso il “timing” più opportuni, con variabilità di indicazioni. Certamente la tracheotomia non può essere messa in discussione laddove l’insufficienza respiratoria sia tale da mantenere in maniera estremamente prolungata il paziente asservito al respiratore meccanico, aldilà della ricerca di indicatori quali Capacità Vitale, la pressione inspiratoria massima(PIax) o il flusso di picco espiratorio (PEF). Ancora la tracheotomia è fondamentale laddove insorgano problemi di deglutizione.

Certo, con l’intervento chirurgico si pongono grandi limiti alle capacità di relazione per il venir meno della parola, anche se oggi esistono alcuni presidi (cannule, valvole espiratorie) che possono permettere la verbalizzazione.

 

 

LA DURATA DELL’ASISTENZA RESPIRATORIA

L’indicazione alla ventilazione notturna in fase iniziale permette la messa a riposo dei muscoli respiratori e la prevenzione delle apnee, con una conseguente buona autonomia diurna, anche grazie ad una riduzione delle microatelectasi polmonari. È evidente che con l’evolvere della insufficienza respiratoria il tempo di assistenza va allungato fino  a coprire, se necessario, tutto l’intero giorno.

 

LA DOMICILIAZIONE E LA PIANIFICAZIONE ASSISTENZIALE

Esistono alcune strutture protette dove i pazienti con insufficienza respiratoria avanzata possono essere a lungo assistiti; ma l’istituzione sanitaria deve riuscire a mettere a disposizione di questi pazienti una organizzazione che permetta di liberarsi dai vincoli della struttura sanitaria vera e propria: il soggetto con malattie croniche evolutive deve poter essere trattato a domicilio. Certamente è necessario giungere alla domiciliazione attraverso una serie di passaggi ed una selezione non solo del paziente ma anche della famiglia. I punti cardine della selezione sono la motivazione, la disponibilità del paziente e dei suoi familiari ad assumersi i carico derivante da questo tipo di decisione, la capacità di apprendimento e l’abilità rispetto alla nuova situazione, ed infine la situazione abitativa. L’aspetto formativo deve riguardare sia l’aspetto psicologico che quello tecnico. Il paziente e la famiglia devono imparare a convivere con la macchina, a gestire presidi sconosciuti e ritenuti fino a quel momento di esclusivo uso sanitario: questo può avvenire all’interno di una struttura ospedaliera affidando progressivamente, col supporto del personale specializzato, la gestione del soggetto al soggetto stesso e/o alla famiglia. Fondamentale è creare la sicurezza che il trattamento domiciliare, quando correttamente impostato, ha le stesse caratteristiche di sicurezza di quello ospedaliero, prevenendo eventuali sensi di colpa che potrebbero manifestarsi laddove si presentassero incidenti o evoluzioni sfavorevole della malattia. Dal punto di vista tecnico, paziente e/o familiari devono essere messi in grado di gestire e mantenere una serie di apparecchiature e di governare varie situazioni di emergenza che potrebbero verificarsi (Tab.3)

 

       Tab.3

GESTIONE

- Maschera

- Canula

- Aspirazione vie aeree

- Assistenza alla tosse

- Collegamento al ventilatore

MANTENIMENTO

- Ventilatore

- Umidificatore

- Aspiratore

RISPOSTA EMERGENZA

- Assistenza respiratoria manuale

- Rilievo segni clinici

- Riferimento sanitario

 

Per quanto riguarda la pianificazione assistenziale, questa deve assolutamente essere basata sil coordinamento e la collaborazione tra le diverse figure e strutture organizzative (Tab.4), che hanno tra loro funzioni complementari.

 

                      Ta.4

SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

AZIENDA U.S.L.

SERVIZIO FARMACEUTICO

MEDICI MEDICINA GENERALE

MEDICI SPECIALISTICI OSPEDALIERI

SERVIZIO ASSISTENZA DOMICILIARE

ASSOCIAZIONI VOLONTARIATO

FAMIGLIA

 

È da sottolineare l’importanza che il Medico di Medicina generale dovrebbe continuare ad avere come il primo curante del paziente, mentre gli specialisti ospedalieri devono aver funzioni di controllo e valutazione dell’andamento della malattia specifica. L’assistenza Domiciliare, purtroppo veramente inconsistente in troppe Aziende Sanitarie, deve fungere da ponte tra queste due figure e da collegamento con i Servizi Sociali. Infine, il Volontariato e la Famiglia, vero fulcro del trattamento di questi pazienti, che le istituzioni non sono ancora in grado di sopportare pienamente non solo in termini assistenziali ma anche in termini economici.

 

 

CONCLUSIONI

Il trattamento ventilatorio certamente ha effetti positivi sulla sopravvivenza dei pazienti con miopatie evolutive a coinvolgimento dei muscoli respiratori. Le complicazioni polmonari così frequenti in queste affezioni, in assenza di supporto respiratorio, sono ridotte, così come è ridotto il ricorso alla ospedalizzazione.

La valutazione della qualità della vita non può competere al curante, che è più portato ad identificare la qualità della vita con lo stato di salute del paziente, piuttosto che con il modo con cui lo stesso percepisce gli aspetti medici, ma principalmente psicologici e di socializzazione della propria vita. È necessario un impegno sempre crescente delle istituzioni atto a ridurre il peso economico ed assistenziale che oggi grava sui pazienti e sulle loro famiglie.

 

 

 Articolo tratto da Atti del convegno "Aggiornamento sulle malattie muscolari" UILDM di Rimini, (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) http://www.uildm.org

Ventilazione meccanica altre informazioni della UILDM

 

 

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Ultimo aggiornamento: 13-06-06