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La legge

Umberto Veronesi

L'astensionismo è incivile

Vogliono imporre la morale cattolica a tutti

L’embrione è vita?

Non si emargini la ragione

Relazione della commissione di studio sull'utilizzo di cellule staminali per finalita' terapeutiche - 28 Dicembre 2000

 


La tribù senza fuoco
ALESSANDRO ROBECCHI ( www.ilmanifesto.it )
Non so come abbia votato Giovanardi (o Casini, o la Santanché) al referendum sul fuoco. Probabilmente era per l'astensione: che diritto abbiamo di modificare il volere di dio? Se dio voleva darci il fuoco, mica lo metteva nei vulcani. Grandi parole di etica che rimbombarono nel pleistocene, un milione e mezzo di anni fa, e anche allora se accendevi Raiuno, in onda c'erano quasi solo preti. Gli scienziati che facevano ricerca sul fuoco andarono a lavorare in America, in Francia, in Svizzera. La tribù di Giovanardi se ne restò al freddo e al buio, mangiando cervi crudi per ancora qualche centinaio di anni, chiacchierando di filosofia con Pera e Buttiglione. Poi, visto l'avanzare delle glaciazioni e la noiosa conversazione, tolse il disturbo battendo i denti. Il problema di come fermare la ricerca scientifica si è posto spesso, in tutte le epoche. Probabilmente quelli che chiedevano l'abiura a Galileo non erano né meglio né peggio del direttore del Foglio. Oltre alla Storia, ci sono le storie. Fu la pressione di Nancy Reagan a far cambiare idea ai repubblicani americani sulla ricerca con le staminali: bisognava trovare cure per l'Alzheimer che uccideva Ronnie.

Tutti i malati poveri dovettero ringraziare per l'esistenza di un malato illustre. Il fatto è che se non si fa qui, perché Giovanardi e i preti non vogliono; si fa a 200 chilometri di distanza. Meno di un'ora di volo e oplà, c'è il fuoco, la terra è rotonda, alcune malattie si curano con la ricerca sulle staminali adulte e presto si saprà se le cellule embrionali sanno fare ancora meglio. Da qualunque parte la si guardi la battaglia astensionista e le sue truppe di supporto teorico sembrano davvero gli ultimi giapponesi nella giungla. Non si è mai ricordato, infatti, che si impedisse alla scienza di fare qualcosa che tecnicamente era possibile fare. Alcune lobby religiose, alcuni poteri forti, hanno frenato, rallentato, messo i bastoni tra le ruote. Ma poi, all'apparir del vero, non c'è niente da fare: la terra ruota intorno al sole, uno può anche aspettare 350 anni parlando d'altro, ma poi è costretto a chiedere scusa. Il proibizionismo, insomma, non paga mai, ma può fare tanti danni. Per esempio, nel caso nostro, creare l'embrione di classe, cioè impedire o rendere molto difficile a tutti una cosa che invece gli alti redditi potranno permettersi. Non solo la procreazione assistita, accessibile solo a chi può spendere e viaggiare, ma anche la cura di alcune malattie, che saranno curabili dove si è fatta ricerca e resteranno incurabili dove la ricerca non si è fatta. I teorici astensionisti di matrice ex-laica dicono dunque che noi odiamo i malati, che non li vogliamo nemmeno mettere al mondo. Non ci spiegano però come mai la sterilità sia in così netto e spaventoso aumento e quando gli parli di inquinamento e declino delle condizioni del pianeta, ti dicono che sono tutte balle.

La malafede è palese, a volte in modo anche divertente. Certe signore rifatte col bisturi dalla testa ai piedi evocano lo spettro Frankenstein. Certi pluridivorziati si sbracciano per l'unità della famiglia cattolica. Cosa li spinge, sapendo che i loro tabù pseudoreligiosi verranno spazzati via nel giro di uno, due decenni di ricerca? La risposta è molto semplice: il potere. Il giochetto ardito del cavalcare una tigre oscurantista per resistere ancora un po' agganciati al carretto di quelli che contano. Il riposizionarsi con il vento che tira, l'iscriversi alla parrocchietta neo-con. Con l'assicurazione che i diritti dei ricchi non si toccano. Comunque vada oggi e domani (e speriamo che vada), qualcuno dovrà poi passare a raccattare i cocci, le macerie umane e morali lasciate in giro dai mullah dell'astensione.


 

 

Legge 19 febbraio 2004, n. 40

"Norme in materia di procreazione medicalmente assistita"

 

 

RICERCA SCIENTIFICA

Volete voi che sia abrogata la legge 19 febbraio 2004, n. 40, avente ad oggetto "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita", limitatamente alle seguenti parti:

Articolo 12, comma 7, limitatamente alle parole: "discendente da un'unica cellula di partenza, eventualmente";

Articolo 13, comma 2, limitatamente alle parole: "ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative";

Articolo 13, comma 3, lettera c), limitatamente alle parole: "di clonazione mediante trasferimento di nucleo o";

Articolo 14, comma 1, limitatamente alle parole: "la crioconservazione e"?

 

SALUTE DELLA DONNA

Volete voi che sia abrogata la legge 19 febbraio 2004, avente ad oggetto "Norme in materia di procreazione medicamente assistita", limitatamente alle seguenti parti: Articolo 1, comma 1, limitatamente alle parole: "Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana";

Articolo 1, comma 2: "Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità.";

Articolo 4, comma 1: "Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico.";

Articolo 4, comma 2, lettera a), limitatamente alle parole: "gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della";

Articolo 5, comma 1, limitatamente alle parole: "Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1,";

Articolo 6, comma 3, limitatamente alle parole: "fino al momento della fecondazione dell'ovulo";

Articolo 13, comma 3, lettera b), limitatamente alle parole: ", di cui al comma 2 del presente articolo";

Articolo 14, comma 2, limitatamente alle parole: "ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre";

Articolo 14, comma 3, limitatamente alle parole: "per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione", nonché alle parole: "fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile"?

 

AUTODETERMINAZIONE E SALUTE DELLA DONNA

Volete voi che sia abrogata la legge 19 febbraio 2004, avente ad oggetto "Norme in materia di procreazione medicamente assistita", limitatamente alle seguenti parti:

Articolo 1, comma 1: "Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.";

Articolo 1, comma 2: "Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità.";

Articolo 4, comma 1: "Il ricorso alla tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegati documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata o certificata da atto medico.";

Articolo 4 comma 2, lettera a) limitatamente alle parole: "gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico o psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della";

Articolo 5 comma 1, limitatamente alla parole: " Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1".;

Articolo 6 comma 3, limitatamente alla parole: "Fino al momento della fecondazione dell'ovulo";

Articolo 13, comma 3, lettera b), limitatamente alle parole: "e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo";

Articolo 14, comma 2, limitatamente alle parole: "ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre";

Articolo 14, comma 3 limitatamente alle parole: "per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione"; nonoché alle parole: "fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile"?

 

FECONDAZIONE ETEROLOGA

Volete voi che sia abrogata la legge 19 febbraio 2004, n. 40, avente ad oggetto "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita", limitatamente alle seguenti parti:

Articolo 4, comma 3: "È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.";

Articolo 9, comma 1, limitatamente alle parole: "in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3";

Articolo 9, comma 3, limitatamente alle parole: "in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3";

Articolo 12, comma 1: "Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro.";

Articolo 12, comma 8, limitatamente alla parola: "1,"?

 


 

CAPO I
PRINCÌPI GENERALI

ART. 1
(Finalità)

1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.

2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità

ART. 2
(Interventi contro la sterilità e la infertilità)

1. Il Ministro della salute, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, può promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e della infertilità e favorire gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l'incidenza, può incentivare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti e può altresí promuovere campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità.

2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata la spesa massima di 2 milioni di euro a decorrere dal 2004.

3. All'onere derivante dall'attuazione del comma 2 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

ART. 3
(Modifica alla legge 29 luglio 1975, n. 405)

1. Al primo comma dell'articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:
"d-bis) l'informazione e l'assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità umana, nonché alle tecniche di procreazione medicalmente assistita; d-ter) l'informazione sulle procedure per l'adozione e l'affidamento familiare".

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

CAPO II
ACCESSO ALLE TECNICHE

ART. 4
(Accesso alle tecniche)

1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico.

2. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti princípi:

a) gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività;
b) consenso informato, da realizzare ai sensi dell'articolo 6.

3. È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

ART. 5
(Requisiti soggettivi)

1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.

ART. 6
(Consenso informato)

1. Per le finalità indicate dal comma 3, prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all'articolo 5 sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all'applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro. Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita. Le informazioni di cui al presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna e dell'uomo devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa.

2. Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell'intera procedura qualora si tratti di strutture private autorizzate.

3. La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura, secondo modalità definite con decreto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l'applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell'ovulo.

4. Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione.

5. Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscrizione le conseguenze giuridiche di cui all'articolo 8 e all'articolo 9 della presente legge.

ART. 7
(Linee guida)

1. Il Ministro della salute, avvalendosi dell'Istituto superiore di sanità, e previo parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida contenenti l'indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.

2. Le linee guida di cui al comma 1 sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate.

3. Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni, in rapporto all'evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime procedure di cui al comma 1.

CAPO III
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA TUTELA DEL NASCITURO

ART. 8
(Stato giuridico del nato)

1. I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'articolo 6.

ART. 9
(Divieto del disconoscimento della paternità e dell'anonimato della madre)

1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l'azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall'articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l'impugnazione di cui all'articolo 263 dello stesso codice.

2. La madre del nato a seguito dell'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

3. In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi.

CAPO IV
REGOLAMENTAZIONE DELLE STRUTTURE AUTORIZZATE ALL'APPLICAZIONE DELLE
TECNICHE DI PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

ART. 10
(Strutture autorizzate)

1. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati nelle strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte al registro di cui all'articolo 11.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono con proprio atto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture;
b) le caratteristiche del personale delle strutture;
c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse; 
d) i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni della presente legge e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture.

ART. 11
(Registro)

1. È istituito, con decreto del Ministro della salute, presso l'Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell'applicazione delle tecniche medesime.

2. L'iscrizione al registro di cui al comma 1 è obbligatoria.

3. L'Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti.

4. L'Istituto superiore di sanità raccoglie le istanze, le informazioni, i suggerimenti, le proposte delle società scientifiche e degli utenti riguardanti la procreazione medicalmente assistita.

5. Le strutture di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali e all'Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate dall'articolo 15 nonché ogni altra informazione necessaria allo svolgimento delle funzioni di controllo e di ispezione da parte delle autorità competenti.

6. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato nella misura massima di 154.937 euro a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

CAPO V
DIVIETI E SANZIONI

ART. 12
(Divieti generali e sanzioni)

1. Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro.

2. Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell'articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.

3. Per l'accertamento dei requisiti di cui al comma 2 il medico si avvale di una dichiarazione sottoscritta dai soggetti richiedenti. In caso di dichiarazioni mendaci si applica l'articolo 76, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

4. Chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita senza avere raccolto il consenso secondo le modalità di cui all'articolo 6 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

5. Chiunque a qualsiasi titolo applica tecniche di procreazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle di cui all'articolo 10 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 300.000 euro.

6. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

7. Chiunque realizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un'unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto, è punito con la reclusione da dieci a venti anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Il medico è punito, altresí, con l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione.

8. Non sono punibili l'uomo o la donna ai quali sono applicate le tecniche nei casi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5.

9. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 7.

10. L'autorizzazione concessa ai sensi dell'articolo 10 alla struttura al cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo è sospesa per un anno. Nell'ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di recidiva l'autorizzazione può essere revocata.

CAPO VI
MISURE DI TUTELA DELL'EMBRIONE

ART. 13
(Sperimentazione sugli embrioni umani)

1. È vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano.

2. La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative

3. Sono, comunque, vietati:
a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge;
b) ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo;
c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione precoce dell'embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca;
d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere.

4. La violazione dei divieti di cui al comma 1 è punita con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro. In caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 3 la pena è aumentata. Le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste dal comma 3 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste.

5. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo.

ART. 14
(Limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni)

1. È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.

2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall'articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre.

3. Qualora il trasferimento nell'utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile.

4. Ai fini della presente legge sulla procreazione medicalmente assistita è vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.

5. I soggetti di cui all'articolo 5 sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell'utero.

6. La violazione di uno dei divieti e degli obblighi di cui ai commi precedenti è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro.

7. È disposta la sospensione fino ad un anno dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno dei reati di cui al presente articolo.

8. È consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo consenso informato e scritto.

9. La violazione delle disposizioni di cui al comma 8 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE

ART. 15
(Relazione al Parlamento).

1. L'Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio di ciascun anno, una relazione annuale per il Ministro della salute in base ai dati raccolti ai sensi dell'articolo 11, comma 5, sull'attività delle strutture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati.

2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati indicati al comma 1, presenta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sull'attuazione della presente legge.

ART. 16
(Obiezione di coscienza)

1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge al direttore dell'azienda unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente, al direttore sanitario, nel caso di personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate.

2. L'obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1.

3. L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l'intervento di procreazione medicalmente assistita e non dall'assistenza antecedente e conseguente l'intervento.

ART. 17
(Disposizioni transitorie)

1. Le strutture e i centri iscritti nell'elenco predisposto presso l'Istituto superiore di sanità ai sensi dell'ordinanza del Ministro della sanità del 5 marzo 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 1997, sono autorizzati ad applicare le tecniche di procreazione medicalmente assistita, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, fino al nono mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strutture e i centri di cui al comma 1 trasmettono al Ministero della salute un elenco contenente l'indicazione numerica degli embrioni prodotti a seguito dell'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita nel periodo precedente la data di entrata in vigore della presente legge, nonché, nel rispetto delle vigenti disposizioni sulla tutela della riservatezza dei dati personali, l'indicazione nominativa di coloro che hanno fatto ricorso alle tecniche medesime a seguito delle quali sono stati formati gli embrioni. La violazione della disposizione del presente comma è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 50.000 euro.

3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della salute, avvalendosi dell'Istituto superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, le modalità e i termini di conservazione degli embrioni di cui al comma 2.

ART. 18
(Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita)

1. Al fine di favorire l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita da parte dei soggetti di cui all'articolo 5, presso il Ministero della salute è istituito il Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro della salute, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

2. Per la dotazione del Fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 6,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004.

3. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio

 

 

 


 

 

Intervista a Umberto Veronesi: «Una legge ingiusta e disumana»
di Luca Landò

È una legge devastante, come quei proiettili che si spezzano e si dividono, distruggendo tanti organi in un colpo solo. Una legge che con la scusa di combattere il Far West si infila nel corpo della società rimbalzando pericolosamente tra etica, scienza e diritti. Umberto Veronesi non ha dubbi: quella sulla procreazione assistita è una legge medievale (la definizione è del New York Times) «perché impone obblighi antichi». E il 12 giugno voterà sì, anzi quattro volte sì. Proprio per questo l'ex ministro della Salute ha accettato di diventare testimonial della campagna promossa dai Ds e dal Comitato per il referendum. «Bisogna spiegare a chiunque, a tutti quelli che incontriamo, ci ascoltano, ci leggono, che bisogna votare e far votare contro questa legge sbagliata. E piena di contraddizioni».

Ad esempio?
«Prendiamo l'articolo che vieta il congelamento degli embrioni e impone che tutte le cellule fecondate, fino a un massimo di tre, siano impiantate nell'utero. È un controsenso. Perché se tutti gli embrioni impiantati attecchiscono, si ha una gravidanza trigemellare creando un problema per la donna e mettendo a repentaglio la salute dei futuri feti i quali, per banali motivi geometrici, di spazio, rischieranno di non vedere mai la luce. Se invece, come auspicabile, ne attecchisce una solo significa che gli altri due muoiono, che è proprio quello che la legge non vuole. Perché è una legge che va contro se stessa: dice di voler proteggere l'ovulo fecondato ma, imponendo di impiantarli tutti e tre (perché non ammette il loro congelamento) finisce per condannarne a morte uno o due. E dire che basterebbe applicare la norma dettata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità la quale dice di inserire nell'utero un solo ovulo fecondato per volta, mentre gli altri devono essere messi da parte in modo da venir utilizzati se il primo non attecchisce».

La seconda contraddizione?
«Riguarda la diagnosi preimpianto la quale, dal punto di vista medico - ma anche logico o del semplice buon senso - non è altro che l'anticipazione di quella diagnosi prenatale che viene effettuata frequentemente in gravidanza. Bene, in Italia oggi ci troviamo nella situazione, davvero singolare, che è possibile verificare la salute del feto all'interno della madre, ma non quella dell'embrione nella provetta. E non è finita. La legge 194 dice che, in presenza di malattie genetiche è possibile interrompere la gravidanza ricorrendo all'aborto. Che è poi quello che avviene da anni nei Paesi europei. Una recente indagine dice che in Europa l'89% delle donne preferisce ricorrere all'aborto se l'esito dell'amniocentesi rivela che il feto è affetto da sindrome di Down. Ora, visto che stiamo parlando di fecondazione assistita e che esistono le tecniche di diagnosi embrionale, perché dover aspettare la formazione del feto? Perché ricorrere a un aborto quando basta decidere di non impiantare l'embrione che presenta un danno genetico?».

A questo proposito c'è un aspetto ancora più singolare. La legge dice espressamente che possono ricorrere alla fecondazione assistita solo le coppie con problemi di sterilità escludendo in tal modo quelle, fertili, dove esiste alta probabilità di trasmettere ai propri figli una malattia genetica.
«È una scelta ingiusta. In Italia ogni anno nascono 30mila bambini affetti da malattie dovute a difetti genetici, molte delle quali gravi. La fecondazione assistita e la diagnosi preimpianto potrebbero ridurre di molto quel numero».

E la terza contraddizione?
«Riguarda i 31mila embrioni attualmente congelati e conservati nei vari laboratori italiani, frutto dell'attività degli anni passati. La nuova legge non dice nulla in proposito: sai solo che non li puoi sopprimere e non li puoi utilizzare per scopi di ricerca. Il risultato è che vengono lasciati rinchiusi nei freezer dove comunque sono destinati, prima o poi, a morire. Anche qui il buon senso dice che piuttosto che dimenticarli e lasciarli finire nel nulla sia meglio destinarli alla ricerca».

Che è poi quello che ha sostenuto venerdì l'Accademia dei Lincei con un documento che non lascia dubbi.
«Teniamo presente che uno dei settori più promettenti della ricerca biologica e medica riguarda le staminali di origine embrionale, cellule molto versatili, si chiamano totipotenti, con la caratteristica davvero unica di potersi trasformare in qualunque altro tipo di cellula: in questo modo potrebbero rappresentare la soluzione ideale per quelle malattie degenerative come il morbo di Parkinson o l'Alzheimer andando a rimpiazzare le cellule danneggiate. È un filone di ricerca fondamentale: perché ignorarlo con tanta determinazione?».

Esiste una possibile applicazione anche in campo oncologico?
«Non direttamente, anche se le staminali potrebbero rappresentare la via per ricostituire le cellule del midollo danneggiate dopo una chemioterapia o una radioterapia. Il modo in cui la legge 40 influenza l'oncologia è tuttavia un altro: non potere congelare l'embrione rappresenta un problema per le donne giovani affette da tumore, soprattutto adesso che le donne tendono a sposarsi sempre più tardi. Due generazioni fa era quasi normale avere figli tra i 18 e i 20 anni, una età dove il rischio di contrarre un tumore è molto basso, oggi il primo figlio arriva dai 25 ai 35 anni, spesso anche dopo, entrando in una età dove la comparsa tumorale è invece più frequente. Questo pone un problema nuovo, perché con la chemioterapia o la radioterapia si ha il rischio di indurre sterilità. Ebbene, prima della legge 40 questo problema veniva aggirato in maniera tutto sommato semplice: si prendevano gli ovuli della donna, li si fecondavano con il seme del marito e li si congelavano in attesa di poterli introdurre nell'utero nel caso le cure avessero danneggiato le ovaie. Con questa legge non è più possibile: la donna che ha avuto la sfortuna di ammalarsi e non è ancora diventata mamma potrebbe rinunciare per sempre a quello che io chiamo il suo progetto procreativo. Non importa che la scienza abbia trovato il modo di risolvere il problema: la legge, questa legge, non lo permette


 

Edoardo Sanguineti: "L'astensionismo è incivile"
di Roberto Carnero
 


Anche Edoardo Sanguineti, ai referendum del 12 e 13 giugno, voterà quattro Sì. Lo scrittore, poeta (ricordiamo la sua raccolta Mikrokosmos, Feltrinelli) e professore genovese ha dato la sua adesione ai comitati per il Sì, a testimonianza di un impegno militante che sente come urgente e necessario. «Il secondo quesito, quello riguardante la fecondazione eterologa, - ci dice - è il più delicato. Ma anche in questo caso credo che debba prevalere il principio della libera scelta. Paradossalmente può darsi che in Italia nessuno, una volta garantita per legge, compirà questa opzione, ma è importante che ce ne sia la possibilità. Qualcuno invita le coppie sterili a effettuare un'adozione. Tuttavia sappiamo bene che c'è chi non se la sente di indirizzarsi verso questa alternativa e dunque è giusto che ci sia una strada diversa».


Professor Sanguineti, come vede invece la questione della ricerca sugli embrioni?
«Premetto che non sono un esperto di tali argomenti da un punto di vista tecnico, ma d'altra parte la discussione ha preso spesso, in queste ultime settimane, una piega più filosofica che scientifica. Ci si chiede quando comunica la vita. Dirò subito che non penso che appena l'ovulo è fecondato ci sia una vita, o meglio che ci sia una vita umana. È lo stesso problema dell'aborto. L'uomo è il prodotto di un'educazione. Esiste una differenza sostanziale, per così dire, tra la vita umana in potenza e la vita umana in atto. Se aboliamo questa differenza, allora possiamo attribuire dignità di persona anche all'embrione, come fa l'attuale legge. Certo, chi parla dell'anima ha un'altra posizione. Io invece penso che siamo noi a umanizzare quell'essere che viene alla vita e che sarà un uomo o una donna».

Vuole spiegare meglio questo punto?
«Penso sia importante evitare di mitizzare tutto ciò che è vita ma a un livello puramente biologico, perché ciò da un punto di vista filosofico non ha senso. Quando parla di 'sacralità della vita', qualcuno sembra appunto enfatizzare questo aspetto biologico, e magari poi si dimentica dei morti nelle guerre, degli incidenti sul lavoro, delle varie forme di sfruttamento e di schiavitù sparse sul globo. Va rispettata non la vita in astratto, ma la vita dell'uomo. Altrimenti si arriva a sostenere posizioni paradossali e assurde. Ritengo quindi che vadano incoraggiate le possibilità di sperimentazione e di ricerca a vantaggio degli uomini e delle donne. Certamente c'è una componente di responsabilità del ricercatore, che è quella che pertiene alla professione medica, a qualsiasi livello venga esercitata. Tenendo conto dei vantaggi che si possono ottenere, bisogna auspicare che la ricerca sugli embrioni venga praticata».

Lei sottolineava l'importanza del senso morale dello scienziato. Questo è un punto importante...
«Decisamente. Ma non è che per i rischi di un cattivo utilizzo dei risultati della ricerca scientifica si possa limitare il progresso della scienza. Tutto il mondo, volendo, è un'arma impropria: dai coltelli al nucleare. Eppure queste ultime sono invenzioni utili, che possono essere usate bene, come il più delle volte accade. Lo stesso dicasi della ricerca medica».

Come valuta i vari inviti all'astensione?
«Se sono convinto delle mie idee, le devo esprimere. Se voglio, posso votare no. Ma quando la Chiesa cattolica invita la gente a disertare le urne compie un gesto incivile. Che la Chiesa oggi sia particolarmente forte dal punto di vista mediatico lo abbiamo visto da tutto quello che c'è stato in occasione della morte di Giovanni Paolo II e dell'elezione del nuovo Papa. La tentazione di abusare di tale potere evidentemente esiste. La Chiesa sembra volersi costituire in una sorta di 'civitas' cristiana, pare cioè voler informare di sé l'intera società, compresi i non credenti. Basti pensare all'insistenza che hanno posto questi ultimi due Papi (Wojtyla da pontefice e Ratzinger da cardinale) sulle radici cristiane dell'Europa. Per loro si trattava di una questione centrale, decisiva. Va difesa la possibilità di esercitare la propria fede, ma anche il carattere laico dello stato. Oggi invece spesso questo non accade. Tanto che a momenti sembra quasi urgente parlare, anziché di 'libera Chiesa in libero Stato', di 'libero Stato in libera Chiesa'».

Secondo lei, il referendum rischia di fallire per l'astensionismo?
«Non credo, ma certo è che bisognerebbe togliere il quorum dal referendum. Si dovrebbe far bastare una maggioranza semplice per renderlo valido. Constata la depoliticizzazione della società, la consultazione dovrebbe essere resa più semplice. In futuro potrebbe essere così»..
 


Margherita Hack

Vogliono imporre la morale cattolica a tutti

Con la passione di sempre, Margherita Hack affronta la questione referendum. E si indigna: «È una vergogna che la Chiesa interferisca così nelle questioni dello Stato. Mi sembra che sia anche una violazione del Concordato. Paradossalmente, c'erano meno interferenze quando in Italia dominava la Dc». Ma l'indignazione della scienziata non finisce qui: «Ancora più vergognoso del discorso del Papa è il fatto che il presidente del Senato inviti all'astensione: è gravissimo che la seconda carica dello Stato chieda ai cittadini di non servirsi dei diritti di cui dispongono».
Cosa voterà il 12 giugno?
Voterò 4 sì perché penso che questa sia una legge retrograda, medievale, antiscientifica e liberticida. E una legge antiscientifica perché impedisce la ricerca sulle cellule staminali embrionali che sono le più duttili e quindi quelle su cui puntare per cercare una possibile cura per malattie gravi come il Parkinson e l'Alzheimer. È liberticida perché impone molti divieti alla libertà di coppie sterili o portatrici di malattie genetiche che potrebbero usufruire di ciò che la scienza offre loro. Sento discorsi da Inquisizione. Si parla di diavolo, di pericoli insiti nella scienza. Invece è una cosa esaltante vedere come si comincia a capire il mistero della vita. E poi ci sono aspetti della legge davvero retrogradi e assurdi. Il fatto che se la donna non vuole più impiantare gli ovuli fecondati, lo deve fare lo stesso. Come si fa? La si lega? La si imbavaglia? Oppure il divieto della fecondazione eterologa. Sembra quasi che si paragoni la fecondazione eterologa all'adulterio. Quarant'anni fa la donna adultera finiva in galera, come successe alla Dama bianca di Coppi.
L'uomo invece commetteva reato solo in caso di concubinaggio evidente, se lo faceva di nascosto andava tutto bene. Ecco, sento lo stesso clima. Senza contare che, condannando l'eterologa, si arriva all'assurda conseguenza che i genitori dei figli adottivi sono da considerare meno genitori di quelli naturali.
Questa legge è figlia di un clima antiscientifico?
C'è una tendenza a demonizzare quello che fa la scienza. E anche una diminuzione di interesse per i suoi risultati. Un atteggiamento che è frutto anche di una grande ignoranza. Un'ignoranza che viene coltivata, per la verità. Con la riforma della scuola, ad esempio, si riducono le ore dedicate alle materie scientifiche e si va addirittura verso l'abolizione dell'insegnamento della chimica. Un paradosso, perché la chimica ha un posto centrale nella tanto vantata innovazione.
Da cos'altro è nata questa legge?
Da un atteggiamento violento della Chiesa che vuole imporre la morale cattolica a tutti, anche ai non credenti. E da una pratica di arroganza di questo governo che si è rifiutato di discutere gli emendamenti alla legge e non ha ascoltato gli scienziati.
C'è chi dice che siccome il tema del referendum è complicato e non si capisce niente è meglio astenersi.
Le cose che dice la legge sono talmente assurde che sono comprensibili a tutti. Impiantare un embrione malato anche senza la volontà della madre, equiparare i diritti di un embrione a quelli di una persona adulta sono assurdità tali che anche un bambino lo capisce.
Se questa legge passerà così com'è ci saranno conseguenze anche per la legge sull'aborto?
Certamente si crea una contraddizione perché mentre con questa legge si protegge l'embrione, impedendo anche di vedere se è malato per evitare che non venga impiantato, con la legge 194 si permette l'aborto di un feto di 12 settimane. Con l'assurda conseguenza che un feto avrebbe meno anima di un embrione. Io credo che in realtà questo preluda a mettere in discussione la 194 che ha avuto il merito di ridurre il numero di aborti e di morti per aborto.
Si è tornati a parlare di limiti alla scienza. Cosa ne pensa?
Il limite della scienza è che deve agire per il bene degli esseri umani e non per la loro distruzione. Vale anche per gli scienziati il principio generale «non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te».
Ma porre dei divieti alla ricerca non è possibile. Ma la scienza va avanti malgrado tutto. Giordano Bruno è morto sul rogo e Galilei è stato costretto ad abiurare, ma oggi tutti sono convinti che il sole stia fermo e sia la Terra a girare. Così anche questi assurdi divieti alla scienza medica dovranno essere rimossi. Ma, del resto, negli altri paesi la ricerca sulle staminali embrionali già si fa. Vorrà dire che resta indietro l'Italia.
È eticamente accettabile la creazione di possibili organi di ricambio ottenuti clonando cellule di malati?
Se si può guarire qualcuno, perché non farlo? Altrimenti, dovremmo accettare passivamente tutto ciò che ci viene dalla vita e dovremmo lasciare che il malato soffra la sua pena. Se avessimo ragionato così saremmo ancora all'età della pietra.
Perché bisogna andare a votare?
Perché non possiamo fare come Ponzio Pilato.


 

Alcune riflessioni da sviluppare nei dibattiti

L'embrione è vita?

Sì. L’embrione derivante dalla fusione di due gameti umani è vita umana, così come sono vita umana lo spermatozoo e l’ovocita e l’embrione derivante dalla fusione di uno spermatozoo di toro e di un ovocita di mucca è vita vaccina. E allora?
La soluzione al problema se l’embrione è una persona oppure no implica un dibattito filosofico, di fronte al quale non è facile dare una risposta univoca. E’ tuttavia possibile spostare il ragionamento sul terreno scientifico, sociale e giuridico. Occorre distinguere tra un embrione NON ancora impiantato ed uno già impiantato nella mucosa uterina, così come tra un embrione impiantato alla 8a settimana ed un feto al 7° mese. E’ necessario ristabilire un equilibrio nella scala dei valori etici, collocando su differenti piani uno zigote ed un giovane immobilizzato su una sedia a rotelle. Riflettiamo su queste tre considerazioni:
1a considerazione: La probabilità che dopo la fusione dei due pronuclei si abbia un impianto varia, in natura, tra il 20% ed 35% se non si adottano metodi intercettivi (si chiamano intercettivi quei metodi capaci di impedire l’impianto nella mucosa uterina, dopo che sia già avvenuta la fecondazione). La volontà della donna di evitare una gravidanza non desiderata (ad esempio mediante l’uso della spirale) fa crollare tale percentuale allo 0,2%. Ciò significa che spontaneamente tra il 65% e l’80% di ciò che la scienza chiama embrioni allo stadio precoce non diventerà mai una persona (pur essendo una vita umana). Ed anche la percentuale residua (fino dunque al 99,8% di tutti gli ovociti fecondati) non lo potrà mai diventare CONTRO la volontà della donna che non voglia accoglierli in utero.
2 a considerazione: l’accettazione di un sistema intercettivo come la spirale non provoca nella donna lo stesso trauma psico-emotivo che produce al contrario un aborto volontario. Esiste evidentemente una percezione diversa dell’embrione (= vita umana) a seconda del suo stadio di sviluppo anche tra i laici e persino tra quei cattolici non integralisti che usano tali sistemi (1% circa della popolazione italiana).
3 a considerazione: se il nostro ordinamento giuridico consente l’uso di una spirale, o della cosiddetta “pillola del giorno dopo” per evitare l’impianto di un embrione nelle fasi precoci del suo sviluppo (quando la fecondazione avviene per vie naturali), perché obbligare la donna all’impianto, se l’embrione viene ottenuto con una fecondazione artificiale? C’è dunque una differenza sostanziale tra una fecondazione naturale ed una ottenuta con l’ausilio della tecnologia?
Il professor D’Agostino, tra gli altri, ha spesso sostenuto che la legge 40/2004 è una legge etica. Ma ispirata a quale etica? Certamente non quella – assai diffusa – di chi percepisce le tre riflessioni appena ricordate.
Non è superfluo ricordare, poi, che in uno Stato liberale non può essere imposta una certa visione morale; il criterio che sta alla base della coercizione legale deve essere il principio del danno e non la valutazione che una pratica sia immorale (mancare alla parola data è immorale, ma non vorremmo che fosse impedito da una legge di Stato).
Riconoscere lo stato giuridico di un embrione NON ancora impiantato è una responsabilità assai grave, che richiederebbe tra l’altro – come conseguenza logica – l’impiego di una normativa proibizionista sui metodi intercettivi e la condanna dei medici e delle donne che utilizzino tali sistemi.

Non esiste il diritto di avere un figlio sano a tutti i costi

Nel 1994 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce Il termine di salute riproduttiva: questo implica il fatto che le persone abbiano una vita sessuale responsabile, soddisfacente e sicura e che abbiano la possibilità di riprodursi e la libertà di decidere se, quando e con quale frequenza farlo. Implicito, in ciò, è il diritto dell’uomo e della donna di essere informati e di ottenere i metodi di regolazione della fertilità di propria scelta che siano sicuri, efficaci, economicamente accessibili e graditi; inoltre di avere accesso ai servizi sanitari appropriati che consentano alle donne di affrontare in sicurezza la gravidanza ed il parto, ed offrano alle coppie la più ampia opportunità di avere un figlio sano. E’ quantomeno singolare che il divieto di diagnosi genetica preimpianto al fine di evitare gravidanze patologiche venga assimilato alle pratiche eugenetiche dei nazisti, quando la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità auspica che vengano offerte alle coppie le più ampie opportunità di avere un figlio sano.
Esiste una differenza cruciale tra l’ideologia eugenetica che condanniamo e le possibilità offerte dalla diagnosi di preimpianto (e dalla manipolazione genetica in generale): mentre la prima sacrifica le persone in nome di un fine autoritario e ideologica di miglioramente della razza, la seconda offre la possibilità (e solo la possibilità, che non è mai imposizione) di scegliere; e offre la possibilità di non impiantare un embrione affetto da una grave malattia evitando in tal modo di effettuare un aborto terapeutico.
Affermazione falsa, considerando che già prima della entrata in vigore della legge 40/2004 esisteva il codice deontologico dei medici, che regolava in modo assai preciso le pratiche di fecondazione assistita, e che episodi anomali come quelli relativi a gravidanze indotte in “mamme-nonne” sono avvenuti in Italia prima dell’entrata in vigore del codice deontologico deliberato dal Consiglio Nazionale della F.N.O.M.C.e O. il 3 Ottobre 1998:

“Art. 42- Fecondazione assistita -
Le tecniche di procreazione umana medicalmente assistita hanno lo scopo di ovviare alla sterilità.
E' fatto divieto al medico, anche nell'interesse del bene del nascituro, di attuare:
a) forme di maternità surrogata;
b) forme di fecondazione assistita al di fuori di coppie eterosessuali stabili;
c) pratiche di fecondazione assistita in donne in menopausa non precoce;
d) forme di fecondazione assistita dopo la morte del partner.
E' proscritta ogni pratica di fecondazione assistita ispirata a pregiudizi razziali; non è consentita alcuna selezione dei gameti ed è bandito ogni sfruttamento commerciale, pubblicitario, industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o fetali, nonché la produzione di embrioni ai soli fini di ricerca.
Sono vietate pratiche di fecondazione assistita in studi, ambulatori o strutture sanitarie privi di idonei requisiti.
CAP. VIII
Sperimentazione
Art. 43- Interventi sul genoma e sull'embrione umano -

Ogni intervento sul genoma umano non può che tendere alla prevenzione e alla correzione di condizioni patologiche.
Sono vietate manipolazioni genetiche sull'embrione che non abbiano finalità di prevenzione e correzione di condizioni patologiche.
Art. 44- Test genetici predittivi -
Non sono ammessi test genetici se non diretti in modo esclusivo a rilevare o predire malformazioni o malattie ereditarie e se non espressamente richiesti, per iscritto, dalla persona interessata o dalla madre del concepito, che hanno diritto alle preliminari informazioni e alla più ampia e oggettiva illustrazione sul loro significato, sul loro risultato, sui rischi della gravidanza, sulle prevedibili conseguenze sulla salute e sulla qualità della vita, nonché sui possibili interventi di prevenzione e di terapia.
Il medico non deve, in particolare, eseguire test genetici predittivi a fini assicurativi od occupazionali se non a seguito di espressa e consapevole manifestazione di volontà da parte del cittadino interessato.”

Senza la legge si tornerebbe al Far-West riproduttivo

Affermazione falsa, considerando che già prima della entrata in vigore della legge 40/2004 esisteva il codice deontologico dei medici, che regolava in modo assai preciso le pratiche di fecondazione assistita, e che episodi anomali come quelli relativi a gravidanze indotte in “mamme-nonne” sono avvenuti in Italia prima dell’entrata in vigore del codice deontologico deliberato dal Consiglio Nazionale della F.N.O.M.C.e O. il 3 Ottobre 1998:

Art. 42- Fecondazione assistita -
Le tecniche di procreazione umana medicalmente assistita hanno lo scopo di ovviare alla sterilità.
E' fatto divieto al medico, anche nell'interesse del bene del nascituro, di attuare:
a) forme di maternità surrogata;
b) forme di fecondazione assistita al di fuori di coppie eterosessuali stabili;
c) pratiche di fecondazione assistita in donne in menopausa non precoce;
d) forme di fecondazione assistita dopo la morte del partner.
E' proscritta ogni pratica di fecondazione assistita ispirata a pregiudizi razziali; non è consentita alcuna selezione dei gameti ed è bandito ogni sfruttamento commerciale, pubblicitario, industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o fetali, nonché la produzione di embrioni ai soli fini di ricerca.
Sono vietate pratiche di fecondazione assistita in studi, ambulatori o strutture sanitarie privi di idonei requisiti.
CAP. VIII
Sperimentazione
Art. 43- Interventi sul genoma e sull'embrione umano -

Ogni intervento sul genoma umano non può che tendere alla prevenzione e alla correzione di condizioni patologiche.
Sono vietate manipolazioni genetiche sull'embrione che non abbiano finalità di prevenzione e correzione di condizioni patologiche.
Art. 44- Test genetici predittivi -
Non sono ammessi test genetici se non diretti in modo esclusivo a rilevare o predire malformazioni o malattie ereditarie e se non espressamente richiesti, per iscritto, dalla persona interessata o dalla madre del concepito, che hanno diritto alle preliminari informazioni e alla più ampia e oggettiva illustrazione sul loro significato, sul loro risultato, sui rischi della gravidanza, sulle prevedibili conseguenze sulla salute e sulla qualità della vita, nonché sui possibili interventi di prevenzione e di terapia.
Il medico non deve, in particolare, eseguire test genetici predittivi a fini assicurativi od occupazionali se non a seguito di espressa e consapevole manifestazione di volontà da parte del cittadino interessato.”

L’embrione non è muffa; non è un “grumo di cellule” né un “ricciolo di materia”

Il materiale biologico che viene comunemente chiamato embrione non ha – prima dell’impianto e per molto tempo ancora dopo di esso – alcuna caratteristica visibile ai più che lo renda distinguibile da un embrione di topo o di una mucca, mentre tutti siamo capaci di distinguere un vitello da un topolino o da un neonato. Esigenze didascaliche hanno indotto alcuni ad usare le espressioni “grumo di cellule” o “ricciolo di materia”, per semplificare il concetto di una fase “embrionale” appunto, ben lontana da quella più antropomorfa di un embrione in utero alla 8 a -9 a settimana di gestazione. Per evitare di attribuire un senso dispregiativo al concetto di embrione nelle prime fasi dello sviluppo (definendolo appunto “grumo” o “materia”) si potrebbe utilizzare il termine “embrione pre-impianto” o “citoembrione” intendendo con esso la fase di sviluppo embrionaria in cui sono ben distinguibili i singoli elementi cellulari che lo compongono, già “strutturati” ma non ancora differenziati in organi e tessuti (cito- : Primo elemento di composti della terminologia scientifica, col sign. di 'cellula'. [Dal greco Kytos = cavità])

Utilizzare le cellule staminali embrionali ai fini della ricerca equivale ad uccidere delle vite umane. Perché non investire sulle staminali adulte?

1a considerazione: il termine “vita umana” è fuorviante, alla luce di quanto già detto nella discussione sull’embrione = vita. Anche una cellula della cute è vita umana (è vita in quanto possiede attività vitali, ed umana in quanto corredata di sequenze genetiche della specie umana): ustionarsi accidentalmente con una candela significa dunque uccidere molte “vite umane” (le cellule cutanee), ma a chi verrebbe mai in mente di esprimere tale concetto con questi termini?
Fuori di ogni sofisma rimane il concetto di base: staminali adulte o embrionali?
Nessuno – tra i favorevoli all’abrogazione della legge – ha mai voluto contrapporre le due linee di ricerca: si studi su entrambe e si lasci ai risultati (validati con criteri scientifici, e non ideologici, religiosi o emotivi) l’ultima parola.

Le staminali adulte sono già in grado di curare molte malattie; finora nessuno ha curato nulla con l’uso delle staminali embrionali

L’uso di staminali derivate dal cordone è in grado di trattare patologie importanti come la leucemia. Nessuno è mai finora riuscito a guarire il Parkinson o la SLA o l’Alzheimer utilizzando staminali adulte, esattamente come con le staminali embrionali. Esistono risultati incoraggianti nella ricerca animale: si chiede di non precludere la stessa ricerca nel campo umano.
D’altronde non esistono impedimenti scientifici a tale progetto: l’unico ostacolo alla sperimentazione sui “citoembrioni” è etico e deriva dalla convinzione che un embrione in fase di blastocisti, mai impiantato in utero, sia già “uno di noi”.
E’ utile, a questo punto, ricordare una differenza sostanziale tra i mammiferi e tutti gli altri esseri viventi: solo i primi hanno – come tappa obbligata per la prosecuzione della specie – la necessità di essere impiantati in utero dopo la fusione dei gameti. Se osservassimo, ad esempio, un embrione di squalo, non avremmo alcun dubbio sul fatto che interromperne lo sviluppo significa impedirne la nascita. Esso si trova al di fuori del corpo materno, e la possibilità di vincere la scommessa di venire al mondo dipende da fattori esterni, ambientali, dalla presenza di eventuali predatori, etc…
Nel caso dei mammiferi (e dunque anche dell’uomo) un embrione al di fuori dell’utero materno ha una probabilità di venire al mondo uguale allo 0%, cioè nulla. Parlare di embrione come “uno di noi” in una fase in cui non esiste gravidanza (se l’embrione si trova in provetta, non c’è nessuna donna gravida, né la futura madre eventuale può dirsi “incinta”) è un errore concettuale, che origina dalla scarsa conoscenza scientifica posseduta dai cittadini nella nostra società. Alla rapidità delle acquisizioni scientifiche non segue una altrettanto rapida modifica del pensiero laico.
Il “citoembrione” prima dell’impianto è preziosissimo materiale biologico che potrà – se introdotto in utero e dopo una serie di ulteriori circostanze favorevoli, diventare un feto prima ed un neonato poi; oppure – rimanendo in laboratorio – essere destinato alla distruzione o utilizzato ai fini della ricerca scientifica. Tutto dipende dalla volontà della donna: è molto semplice. Negare l’autonomia decisionale alla futura madre significa rifiutare quanto faticosamente conquistato nel nostro paese dai cittadini grazie ai movimenti femminili, al diffondersi di una cultura laica e liberale, alle battaglie per l’affermazione dei diritti civili durante gli ultimi 30 anni.

La diagnosi preimpianto equivale alla eliminazione di esseri deboli ed indifesi, ed apre le porte ad una deriva eugenetica

Anche questa affermazione è viziata da un preconcetto: il “citoembrione” è un bambino in potenza. Senza ripetere le considerazioni già espresse sulla inconsistenza di tale affermazione (si tratta di materiale biologico non ancora impiantato), ammettiamo – senza concederlo – che non vi siano differenze tra l’embrione in provetta ed il feto in utero. Consideriamo allora la richiesta di una diagnosi prenatale. Chi si sottopone ad amniocentesi nel corso della gravidanza lo fa per conoscere prima della nascita se il feto è affetto da patologie altamente invalidanti. In caso di risposta infausta (ad esempio se il feto è talassemico) la madre può decidere di proseguire la gravidanza oppure, se le viene diagnosticata la comparsa di una grave patologia psichica in grado di peggiorare con la nascita del figlio malato, può scegliere di abortire secondo quanto previsto dalle leggi vigenti. Si tratta di eugenetica ? (eugenetica (eu-ge-nè-ti-ca) s.f. ~ Parte della genetica che studia il patrimonio ereditario umano e i modi per migliorare la razza umana. [Comp. di eu- e genetica].) C’è forse l’intervento di uno stato autoritario che obbliga la madre a non partorire cittadini malati, o piuttosto ci troviamo di fronte ad un legittimo desiderio materno di avere un figlio sano che induce la gravida a chiedere l’aborto, assumendosene poi ogni responsabilità? “…Perché l’eugenica, per definizione e uso contestuale del termine, ha sempre significato controllo sociale o coercitivo della riproduzione per migliorare la qualità biologica della razza. E una coppia che in una democrazia liberale si serve della diagnosi preimpianto per far nascere un figlio senza una grave malattia genetica, o con un profilo immunogenetico che consente di salvare un altro bambino, non lo fa sotto costrizione; né tantomeno con lo scopo di migliorare la qualità biologica della “nazione”. Lo fa agendo liberamente e consapevolmente, e usando una serie di tecnologie biomediche, non diverse da tante al tre che interferiscono con il corso della natura (vaccinazioni, anestesia, antibiotici, trapianti, eccetera), che consentono di prevenire e curare malattie ereditarie. Cioè di vivere meglio e far vivere senza gravi sofferenze i bambini che vengono al mondo.” “La presenza o meno della coercizione è discriminante per la validità dell’analogia nazista. La selezione eugenica dei nazisti era imposta dallo stato, secondo dei criteri di superiorità arbitrari, discriminanti e biologicamente insensati. Leggi eugeniche che prevedevano per esempio la sterilizzazione obbligatoria non esistevano solo in Germania. Ma anche in diversi stati Usa e scandinavi. L’eugenica nella realtà storica è stato un movimento complesso e chi ne parla per scopi di propaganda o in una legge dello stato dovrebbe meglio documentarsi. Perché operativamente, è la legge sulla fecondazione assistita a essere illiberale, e a implicare una limitazione della libertà riproduttiva. Proprio come le leggi eugeniche! Volendo ragionare con la logica di chi l’ha voluta, si potrebbe dire che in questo caso abbiamo però una legge “disgenica” (Gilberto Corbellini, Docente di Storia della Medicina, Bioetica ed Epistemologia Medica su “Il Sole 24 ore”)
Anche in questo caso si può decidere di negare questa autonomia decisionale alla madre, ma occorre allora vietare per legge l’amniocentesi e – soprattutto – l’aborto volontario. Vietare la diagnosi genetica preimpianto consentendo poi l’interruzione di gravidanza in una fase più avanzata (ripeto: si tratta di specie giuridiche completamente differenti) è crudele soprattutto da parte di chi ritiene lo sviluppo umano un continuum dalla fecondazione al parto.

Già prima di nascere l’embrione possiede già in potenza tutte le caratteristiche dell’adulto: Pannella era già un “Pannellino”

Questa affermazione individua nel momento della formazione di una identità genetica (embrione nella fase post-singamica) la realizzazione di un individuo titolare di diritti, anche se infinitamente piccolo. Si tratta – ovviamente – di una convenzione su cui è possibile concordare o dissentire.Quando si afferma che il raggiungimento della maggiore età avviene al compimento del 18° anno introduciamo un concetto che non trova corrispondenza dal punto di vista biologico: a 18 anni non succede nulla di differente rispetto a quanto può manifestarsi a 17 anni e sei mesi o a diciotto anni e mezzo, ma tant’è: si tratta di una convenzione, largamente accettata e tuttavia suscettibile di modifiche nel caso che le condizioni sociali e culturali si modifichino in modo sostanziale. Gli stessi criteri si possono estendere al concetto di morte cerebrale: il cuore continua a battere, il sangue a circolare, i polmoni si espandono ma, poiché si è stabilito che in assenza di attività elettrica cerebrale il soggetto diventa un cadavere, possiamo espiantargli un cuore pulsante per tentare di salvare un’altra vita umana. Questo perché alla luce delle nostre attuali conoscenze scientifiche la probabilità che il soggetto possa riprendere una attività cerebrale dopo la morte di un numero enorme di neuroni è equivalente allo 0%. La stessa percentuale ( = 0%) è quella che un “citoembrione” fuori dall’utero possa svilupparsi e costituire un essere della nostra specie.Si può obiettare: nel caso della morte cerebrale la ripresa è impossibile nonostante la volontà salvifica, mentre nel caso dell’embrione ottenuto in vitro se la donna volesse, si potrebbe impiantare e, in una certa percentuale, terminare il proprio sviluppo.Ed è proprio questo il punto: se la donna lo vuole: noi riteniamo che in questa fase di sviluppo della vita umana la volontà della donna non possa essere alienata. Se lo facessimo dovremmo ridiscutere la facoltà di utilizzare metodi intercettivi (spirale, pillola del giorno dopo…) perchè un “citoembrione”, per il fatto stesso di essersi prodotto, ha il diritto giuridicamente tutelato di impiantarsi.Quale strano ragionamento induce la nostra società a ritenere che la autonomia decisionale della donna si possa esprimere quando l’embrione è impiantato in utero (almeno fino al 90° giorno e con particolari modalità), e non possa farsi valere in una fase precedente all’impianto? Quale pericolosa deriva si intravede nel consentire ad una donna che desidera legittimamente un figlio sano scelga di non farsi impiantare un “citoembrione” segnato dalla talassemia?Mi sembrerebbe più accettabile l’idea (= la convenzione) di un “Pannellino” inteso come un uomo in potenza solo dal momento dell’impianto. D’altronde se i suoi o i nostri genitori avessero potuto e voluto utilizzare dei metodi contraccettivi nessuno di noi sarebbe qui e ciò, al di là di facili battute, non avrebbe mai sconvolto nessuno, perché ci sarebbero stati altri individui al nostro posto.

Il divieto di creare più di tre embrioni non ha modificato i risultati dei centri di PMA

L’affermazione non corrisponde a realtà, se si considerano i risultati dell’unico studio attualmente disponibile, svolto dalla SIR (Società Italiana della Riproduzione) al quale hanno partecipato i seguenti centri (nelle colonne i numeri dei cicli prima e dopo l’entrata in vigore della legge, nello stesso periodo dell’anno e su coppie con caratteristiche sovrapponibili):

Centro Pre-legge Post-legge Totale (%)

Bari 83 93 176 (9,5)
Bologna 179 156 335 (18.0)
Genova 61 60 121 (6,5)
Milano 241 242 483 (26.0)
Palermo I 113 110 223 (12.0)
Palermo II 44 49 93 (5.0)
Roma 240 190 430 (23.0)
Totale 961 900 1861 (100.0)

I risultati ottenuti confermano la diminuzione prevista in termine di gravidanze cliniche (dove PR equivale a Pregnancy Rate, cioè tasso di gravidanza): E’ noto che il numero di embrioni da impiantare, per ottenere il miglior risultato possibile, varia in relazione alle caratteristiche della donna, ed in particolare alla sua età. Stabilire un numero massimo di embrioni da trasferire, unico per tutte le donne senza tener conto delle peculiarità soggettive contrasta con le attuali conoscenze scientifiche e conduce ad una riduzione significativa delle nascite.A ciò si aggiunga il rischio (già in atto) di una fuga all’estero di coppie infertili, nella speranza di ottenere altrove quanto loro precluso in Italia.

Con la fecondazione eterologa si corre il rischio di un ripensamento, e dunque si apre la strada al disconoscimento della paternità

Anche questa obiezione non ha più alcun senso, alla luce di quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con la sentenza in tema di Filiazione - Azione di disconoscimento della paternità in cui esplicitamente si afferma: “Il marito che abbia validamente concordato o comunque manifestato il proprio preventivo consenso alla fecondazione eterologa non ha azione per il disconoscimento della paternità del bambino nato in seguito a tale fecondazione.” (Corte di cassazione - Sezione I civile , 16 marzo 1999 n. 2315) e recepito persino dalla stessa legge 40/2004 che prevede tale divieto di disconoscimento della paternità anche nel caso in cui vengano violate le norme che proibiscono la fecondazione eterologa. (Art. 9.(Divieto del disconoscimento della paternità e dell’anonimato della madre)1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l’azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall’articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, nè l’impugnazione di cui all’articolo 263 dello stesso codice.2. La madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.3. In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto nè essere titolare di obblighi.)

La mancata conoscenza del proprio genitore biologico è in grado di provocare turbe psichiche irreparabili nel figlio nato da eterologa.

A parte la considerazione che nessuno potrà impedire alla coppia italiana, che disponga dei mezzi necessari e desideri effettuare un trattamento di fecondazione assistita di tipo eterologo, di rivolgersi all'estero, e che quindi ciò “..determinerebbe…(come ricordava il senatore Del Pennino nel suo intervento parlamentare dell’ottobre 2003) …proprio il rischio che si vorrebbe scongiurare vietando l'eterologa in Italia; anzi, è destinato ad aumentarlo. Infatti, nel caso in cui la coppia si rivolga all'estero, qualora insorga poi la necessità di conoscere i dati sanitari del donatore, e a patto che la legislazione di quello Stato lo consenta - anche questa è infatti un'incognita che dobbiamo tenere presente - si dovrà ricorrere al giudice straniero per conoscere questi dati con una prevedibile maggiore spesa, con certe maggiori difficoltà ed esigenze di tempi assai più lunghi che potrebbero essere tali da compromettere l'intervento sanitario che si rendesse necessario.”, nulla vieta di abolire l’anonimato e rendere disponibile – al figlio che lo volesse – l’identità del proprio genitore biologico.

L’utilizzo della tecnica in un processo sacro come la riproduzione disumanizza

Non dimentichiamo che le tecniche sono già massicciamente presenti nel processo sacro della riproduzione umana: le ecografie, l’amniocentesi, le incubatrici sono accettate e non vengono vissute come una violazione della preocreazione. Cosa ha di diverso la PMA? Niente, offrono una possibilità a chi è affetto da sterilità di raggiungere lo stesso desiderio che riteniamo moralmente ammissibile se espresso da chi non è sterile: avere un figlio.

Se si desidera tanto un figlio, lo si può adottare invece di ricorrere alla PMA.

Adottare un figlio e intraprendere la strada della PMA sono scelte profondamente diverse e che non possono essere paragonate. Non si può proporre a chi domanda una casa di comprarsi una tenda oppure di prenotare una vacanza ai tropici. È offensivo e fuori luogo che nella legge 40 compaia l’obbligo di prospettare la possibilità di ricorrere all’adozione o all’affidamento (Art. 6): perché non prospettare anche la possibilità di rinunciare a un figlio o di andare in vacanza? L’istituto dell’adozione nasce per offrire una famiglia ad un figlio che ne è privo: la fecondazione assistita offre l’opportunità di avere un figlio ad una coppia che ne sarebbe priva.

Il figlio della provetta sarà infelice perché è figlio dell’artificialità.

È necessario spezzare una volta per tutte l’identificazione artificiale-cattivo (di contro a naturale-buono). L’artificiale non è di per sé moralmente riprovevole: la medicina è profondamente artificiale, ma siamo tutti d’accordo nel considerare buona la medicina e cattiva la polmonite (sebbene sia quest’ultima ad essere naturale). Se condanniamo la provetta in quanto è artificiale, dobbiamo condannare (e magari vietare per legge) anche le medicine.

Esiste un diritto ad avere una famiglia tradizionale (= madre, padre e figlio\i).

Chi è che stabilisce il tipo di famiglia giusto? Perché mai dovrebbe essere il modello tradizionale (e dovremmo aggiungere, occidentale e attuale) la tipologia di famiglia preferibile? Ma soprattutto, anche fosse possibile dimostrarlo, il passaggio dalla preferibilità all’imposizione di un modello familiare è assolutamente illegittimo. Lo Stato non deve obbligare le persone a conformarsi a standard discutibili, pena la violazione di quello spazio inviolabile che è la LIBERTÀ INDIVIDUALE. La scelta di quale famiglia avere è privata e intima, così come la scelta del se, come e quando avere dei figli. Queste decisioni rientrano nella sfera della libera scelta fino a quando non si prospetta un possibile danno per qualcuno.

Dal momento che non siamo sicuri degli effetti di nascere con la PMA è meglio vietare, è meglio essere prudenti.

Il richiamo alla precauzione sta diventando una vera e propria ossessione; ma curiosamente è esclusiva prerogativa delle discussioni sulle biotecnologie. Sugli OGM, ad esempio; o sul ricorso alla PMA, appunto.
I difetti di ricorrere alla precauzione sono fondamentalmente due:

 

1. La valutazione del rischio deve sempre essere contestuale: ogni azione implica un rischio (camminare, mangiare, guidare, etc), e la decisione di compiere o non compiere un atto avviene in base alla valutazione delle conseguenze dell’azione e dell’omissione – va da sé che il rispetto della precauzione porterebbe alla totale inattività (che, però, ha sgradevoli e rischiose conseguenze). Non bisogna illudersi che l’astensione non abbia conseguenze, spesso ben più gravi dell’azione che si vuole scoraggiare o vietare in nome della prudenza.
2. La pretesa di arrivare al rischio ‘zero’ per procedere è ingenua e spesso frutto di mala fede

 


 

 

Embrione, anima e fede.  Non si emargini la ragione

 

Il no alla definizione religiosa dell’uomo e all'affermazione secondo cui l’embrione ha un’anima. Il motivo? San Tommaso e una dottrina millenaria che stabilisce il confine dell’eresia

di GIOVANNI SARTORI*

 

 

Forse eccitato da tanta autorevole fonte, il professor Francesco D’Agostino, membro dell’Accademia pontificia Pro vita e presidente dei giuristi cattolici, si è spericolato nell’asserire che la diagnosi preimpianto non si poteva fare perché violava la privacy dell’embrione. Così prendendo in contropiede lo stesso Rodotà, il garante della materia, che ha dovuto precisare che «nessuno mai in Europa ha parlato di privacy dell’embrione». In consimile slancio il primate della Chiesa cattolica inglese, cardinale Cormac Murphy- O’Connor, ha accostato l’interruzione della gravidanza agli «esperimenti di genetica dei nazisti». E se queste non sono esagerazioni, sono peggio. Riprendiamo il discorso dall’inizio: quale è la differenza tra vita in generale (anche di una rosa, anche di un moscerino) e vita umana. Io ho già risposto su queste colonne che l’uomo è caratterizzato da autocoscienza, dal sapere di sé. Questa risposta laica (o filosofica) ha molte varianti, sulle quali non mi voglio dilungare. Debbo però ribattere alla obiezione che in tal caso un ritardato mentale o anche un neonato non sarebbero mai, o ancora, un essere umano.

Obiezione pretestuosa, perché le definizioni precisano categorie e sono contenitori concettuali. Non sono strumenti contabili e non occorre che acchiappino tutto e tutti; basta che identifichino e, appunto, caratterizzino. In ogni caso, la definizione religiosa è e deve essere diversa: è che l’uomo è tale perché caratterizzato dalla presenza dell’anima. Questa è una definizione che io rispetto. Emi fa specie che sia io a doverla ricordare e difendere mentre la Chiesa di papa Wojtyla— scrivevo — dà mostra di essersene dimenticata. Questa asserzione ha suscitato l’ira di molti lettori che ribattono: lei è proprio un ignorantone (o peggio), è ovvio che l’anima arriva con l’embrione. Ovvio? Ovvio proprio no. Questa non è mai stata la dottrina della Chiesa (né preciserò, di nessuna Chiesa). Sul punto ho già citato San Tommaso. Ma l’ha fatto ancor meglio e più estesamente di me Umberto Eco (su «L’Espresso» del 17 marzo) che è un profondo conoscitore dell’Aquinate, che ne cita ben sei passi, e che riassumecosì: Dio introduce l’anima razionale solo quando il feto è un corpo già formato; dal che consegue che dopo il Giudizio Universale, quando i corpi dei morti risorgeranno, «a quella resurrezione gli embrioni non partecipano: in loro non era stata ancora infusa l’anima razionale e pertanto non sono essere umani».

Ignorantoni a parte, un filosofo cattolico che invece sa di queste cose mi risponde che San Tommaso «è vecchio » e che «non è necessario tornare indietro di sette secoli». Se così, povera Chiesa. Se San Tommaso è vecchio, lo sono ancora più Sant’Agostino e la Patristica. E altrettanto vecchi sono gli straordinari dibattiti che hanno stabilito quale sia la vera fede e quale l’eresia. La Chiesa cattolica dura da duemila anni poggiando su questo imponente bagaglio teologico. Se lo si dichiara vecchio e lo si ritiene sorpassato, allora cosa le resta? Passo a precisare, come promesso, che la tesi dell’«embrione eguale persona » non è sottoscritta, che io sappia, da nessuna altra religione. Non è condivisa dalla Chiesa Anglicana e dalla maggior parte delle Chiese protestanti. Ancor più significativo, non è condivisa dalle altre religioni monoteistiche. In riferimento al Talmud, il libro sacro dell’ebraismo, la dottrina è che l’embrione diventa gradualmente persona nel secondo mese di gravidanza, e cioè quando il feto dà inizio alla formazione degli organi. Analogamente nella religione islamica l’anima entra nel corpo quaranta giorni dopo la procreazione, dal che discende che oggi viene ammessa senza problemi la sperimentazione sull’embrione. La crociata del cardinal Ruini è dunque una crociata solitaria. Può benissimo darsi che in Italia la vinca. Ma sarebbe una vittoria di Pirro votata, altrove e alla lunga, a una pesante sconfitta. Tanto più che se la vince dovrà poi ripartire in crociata contro l’aborto. Altrimenti avremmo un embrione (che fino a 18 giorni dall’ovulazione ha ancora una dimensione inferiore al millimetro e non contiene organi o tessuti differenziati) tutelato, e un feto non tutelato, comunque meno tutelato. Un evidente assurdo.

A prescindere da questo assurdo, il fatto è che oramai la società cristiana dell’Occidente tiene alla vita, non accetta di morire soffrendo inutilmente, e quindi si affida alla medicina per le malattie che ci fanno soffrire e morire. La legge 40, scrive Veronesi, «è inumana e ingiusta». In Italia 30 mila bambini nascono ogni anno con gravi malformazioni. È giusto, è umano, farli nascere così? La gente teme di morire afflitta dal morbo di Parkinson o dall’Alzheimer, e la sperimentazione sull’embrione promette (forse a torto, ma questo non lo sa neanche la Chiesa) di curare malattie che ci terrorizzano. Il cardinal Ruini crede davvero che su queste questioni, su queste angosce, la gente voterà contro la medicina? Fermo restando — anch’io ho fermissime convinzioni bioetiche — che l’eugenetica deve essere soltanto curativa e che non deve mai imboccare la pericolosissima china di una umanità geneticamente manipolata. Allora, quando è che la vita diventa propriamente umana? La risposta che non crea problemi è la risposta ovvia, e cioè che la persona umana, l’individuo- persona, è tale quando esce dall’utero della madre, quando comincia a esistere in indipendenza, da solo. Questa era l’ottica del diritto (fino alla legge 40) che stabiliva al momento della nascita l’acquisto della capacità giuridica. E questa potrebbe essere l’unica discontinuità riconosciuta dalla biologia, che deve altrimenti essere «continuista».

Ma, attenzione, non è che la biologia possa sostenere la tesi dell’embrione- persona. Anzi, la biologia ci mette di fronte al fatto (evoluzionista?) che la specie umana condivide con i primati, con gli animali superiori, più del 95 per cento del patrimonio genico; che il cuore (il primo organo che diventa funzionalmente attivo nella organogenesi) comincia a battere solo nella quarta settimana dopo la fecondazione; e che un altissimo numero di embrioni si perdono, e cioè che il più delle volte l’embrione non diventa un bambino. Oggi la Chiesa chiede ai giuristi cattolici e ai biologi cattolici di sottoscrivere la tesi che l’embrione è già un essere umano. Ma chi la sottoscrive lo fa come credente, non certo come giurista o uomo di scienza. Questa tesi è razionalmente insostenibile. E comunque non ci siamo lo stesso. La religione non esiste per far nascere quante più persone possibili (soffriamo già, globalmente, di sovrappopolazione), e ancor meno per prolungare artificialmente la vita (per decenni) di una vita puramente vegetale. La religione esiste per sconfiggere la morte, per promettere all’uomo la immortalità. E a questo fine occorre l’anima. Senza l’anima non c’è resurrezione dei corpi né vita eterna. E dunque la Chiesa ci deve saper dire quando arriva. Sennò rischia di non arrivare mai. La Chiesa di papa Wojtyla non ha osato smentire tutta la sua teologia (che ha sempre escluso che l’«anima razionale» arrivi all’istante del concepimento) e quindi tace, o comunque sorvola, su quando l’anima cominci ad «animare l’uomo».

Ne sta risultando una religione che si appiattisce su una concezione biologica della vita, che accusa di omicidio chi lascia morire una «vita vegetativa» che mentalmente è già morta, e che fa prevalere la potenzialità di vita di un embrione sulla «vita spirituale» (autocosciente) di chi è attualmente in vita e chiede ai progressi della medicina di essere curato. Il lascito di San Tommaso è di una ratio confortata fide. Ma oggi mi imbatto sempre più in una fede fanatizzata che emargina la ragione e la ragionevolezza. Sbaglierò, ma in tutto questo c’è qualcosa di profondamente sbagliato.

 

*professore emerito alle università di New York e Firenze

31 maggio 2005

(Corriere della sera)

 


 

 

 

Relazione della commissione di studio sull'utilizzo di cellule staminali per finalita' terapeutiche -

28 Dicembre 2000


Questa relazione è il risultato dei lavori della Commissione ministeriale sull’utilizzazione delle cellule staminali, al fine di esaminare le problematiche relative all’uso di cellule staminali a scopi terapeutici e di chiarire il reale potenziale di sviluppo e di applicabilità di questo settore della ricerca in Italia.

La Commissione si è insediata il 20 settembre 2000, alla presenza del Ministro, professor Umberto Veronesi, come da Decreto Ministeriale del 6 settembre 2000. La Commissione si è successivamente riunita nelle date del 13 ottobre e del 14 e 19 dicembre, sotto la direzione del Presidente, professor Renato Dulbecco, per rispondere in modo articolato alle domande presentate sul tema dal Ministro della Sanità. L’atto conclusivo dei lavori della Commissione avrà luogo il 28 dicembre 2000 con la presentazione del documento finale in un incontro tra la Commissione riunita ed il Ministro.

 Il presente documento è diviso in tre parti che rispecchiano il lavoro svolto dalla commissione stessa:

 

Cap. 1 - Relazione della sottocommissione tecnica, che ha affrontato gli aspetti scientifici del tema

1a - Prefazione

 1b - Definizioni ed elementi tecnici

 1c - Diversi tipi di cellule staminali

 1d - Trasferimento nucleare per produrre cellule staminali autologhe (TNSA)

 1e - Applicazioni terapeutiche attuali delle cellule staminali

 1f - Prospettive terapeutiche potenziali

 1g - Conclusioni sugli aspetti scientifici

 Cap. 2 – I quesiti etici emersi dal lavoro della sottocommissione tecnica

 Cap. 3 – Dibattito sugli aspetti etici

 Cap. 4 – Raccomandazioni

 Nel suo insieme la relazione è organizzata per dare risposte concrete alle domande poste dal Ministro della Sanità sul tema. Va sottolineato che tutte le tematiche hanno avuto un’ampia discussione collettiva e che il lavoro delle sottocommissioni è stato sistematicamente rivisto dalla Commissione nel suo insieme.

 

 

Capitolo 1

RELAZIONE DELLA SOTTOCOMMISSIONE TECNICA

 Questa relazione viene stilata su richiesta del Ministro della Sanità, professor Umberto Veronesi, al fine di esaminare le problematiche relative all’utilizzo di cellule staminali ai fini terapeutici e di chiarire il reale potenziale di sviluppo e di applicabilità di questo settore della ricerca in Italia.

 1A PREFAZIONE

 La distruzione dell’architettura tissutale di un organo, legata alla morte delle cellule che lo costituiscono, è alla base della maggioranza delle patologie che affliggono la popolazione dei paesi industrializzati. Un approccio terapeutico risolutivo mira alla ricostruzione del tessuto alterato tramite trapianto di nuove cellule che possano sostituire quelle distrutte o alterate dalla malattia. A livello clinico questa strategia terapeutica si fonda nella maggior parte dei casi sul trapianto di organi da donatore cadaverico, o più raramente da donatore vivente. Purtroppo, questa tecnologia salvavita ha due limiti fondamentali che ne precludono l’estensione alla maggior parte dei pazienti che potrebbero beneficiarne. Questi limiti sono rappresentati dalla scarsità di organi da trapiantare e dalla necessità di immunosoppressione cronica per prevenire il rigetto dell’organo.

Le cellule staminali, siano esse embrionali, fetali, da cordone ombelicale o adulte rappresentano un’importante prospettiva per la rigenerazione di organi danneggiati. Infatti, la possibilità di espandere in vitro queste cellule fino a quantità elevatissime, se non proprio illimitate, risolverebbe il problema legato alla disponibilità di materiale biologico da utilizzare in fase di trapianto. Quanto al problema della compatibilità con il sistema immune del ricevente, soltanto cellule staminali derivate dal paziente stesso risolverebbero completamente anche questo problema.

Mentre questo é possibile nel caso degli epiteli, in altri casi l’organo affetto potrebbe contenere cellule staminali già compromesse dalla patologia in atto o addirittura non possedere alcuna cellula staminale (ad esempio, non esistono, al momento, solide evidenze che il tessuto cardiaco e quello pancreatico contengano cellule staminali).

In questi casi si rende necessario esplorare tutte le possibili alternative sperimentali teoricamente e praticamente perseguibili quali la trans-determinazione di cellule staminali di diversi tessuti - grazie alla quale cellule di un tessuto possono venire "riconvertite" in cellule di un altro tessuto, anche di diversa origine embriologica - o l’uso di cellule totipotenti staminali embrionali, a partire dal nucleo di cellule somatiche del paziente trasferite in una cellula uovo enucleata.

La notizia riguardante la liberalizzazione dell’utilizzo di cellule staminali embrionali umane per finalità sperimentali e terapeutiche da parte dei governi inglese ed americano ha attratto l’attenzione dei media e ha generato numerose discussioni e polemiche che hanno portato a confondere il concetto di clonazione, anche terapeutica, con quello di cellula staminale in generale. Questi concetti sono quindi chiariti in modo sintetico qui di seguito.

 

1B DEFINIZIONI ED ELEMENTI TECNICI

 Al fine di chiarire la sostanziale differenza tra clonazione, clonazione terapeutica e cellule staminali é necessario introdurre alcun concetti fondamentali. 

 

  • Clone (cellulare): una popolazione di cellule che derivano da una singola cellula per duplicazione cellulare.

  • Clonazione cellulare: é la produzione di un clone cellulare.

  • Clonazione di un organismo: produzione di un nuovo organismo, geneticamente identico all’organismo donatore della cellula impiegata per la clonazione, in assenza della fusione dei gameti. Nel caso delle piante questo avviene spesso spontaneamente. Negli organismi superiori che utilizzano la riproduzione sessuale (come nei mammiferi) questo avviene spontaneamente solo nel caso di una divisione embrionale spontanea, che porta alla formazione di gemelli monozigoti (geneticamente identici).

  • Clonazione sperimentale di un organismo superiore: la clonazione di un organismo superiore si può ottenere separando l’una dall’altra singole cellule derivate da un embrione a stadi di sviluppo precoci (e cioé fino a 8 cellule) le quali, da sole, sono poi in grado di formare un intero nuovo organismo. Da notare che non è necessario "avviare una vita e poi terminarla" per perseguire questo approccio, dal momento che tali cellule potrebbero, in principio, essere prelevate dall’embrione senza, di fatto, danneggiarlo.

  • La tecnica attualmente più in uso per la clonazione di mammiferi si basa sul trasferimento del nucleo da cellule somatiche in un oocita enucleato. Questa tecnica può essere applicata sia per scopi riproduttivi (generazione di un organismo adulto clonato), sia per ottenere cellule staminali embrionali autologhe attraverso la generazione di un organismo clonato allo stadio embrionale. E’ però anche possibile ottenere, con un approccio simile, cellule totipotenti senza passare attraverso lo stadio embrionale. Nonostante l’impropria definizione di "clonazione terapeutica" utilizzata in questo contesto nel rapporto Donaldson, questo procedimento ha come fine la produzione di

  • cellule e tessuti somatici con un genoma nucleare identico a quello del donatore, ma non corrisponde automaticamente alla formazione dell’embrione, potendosi interrompere molto prima, per la sola riderivazione di linee cellulari. Per una trattazione più dettagliata si veda il paragrafo 1D: "Trasferimento nucleare per la produzione di cellule staminali autologhe (TNSA)".

  • Cellula staminale: le cellule staminali sono cellule non specializzate in grado di dividersi dando origine contemporaneamente ad una cellula staminale (uguale alla cellula madre) ed una cellula precursore di una progenie cellulare che alla fine darà a sua volta origine a cellule terminalmente differenziate (mature). Si definiscono totipotenti le

          cellule staminali che possono dar luogo a tutti i tessuti, multi (o pluri) potenti quelle che possono dar luogo ad alcuni tipi cellulari o tessuti ed unipotenti, quelle che  

          possono dar luogo soltanto ad un tipo cellulare.

 

1C DIVERSI TIPI DI CELLULE STAMINALI 

 

  • Cellule staminali fetali

Le cellule staminali fetali sono derivate da aborti. Si tratta pertanto di materiale cadaverico ed il suo utilizzo equivale all’utilizzo di organi da cadaveri. Dal punto di vista biologico, le cellule staminali fetali possiedono caratteristiche intermedie tra quelle embrionali e quelle adulte. Sono generalmente pluripotenti e deputate all’accrescimento peri-natale dei tessuti. I pochi studi finora disponibili non permettono di trarre conclusioni definitive sulle loro capacità di crescita, differenziamento ed integrazione funzionale nei vari tessuti. Si rendono pertanto necessari studi addizionali finalizzati a chiarire le potenzialità proliferative e differenziative di queste cellule.

 

  • Cellule staminali embrionali eterologhe

Le cellule staminali embrionali (ES) derivano dalla regione interna dell'embrione (embrioblasto o inner cell mass) prima del suo impianto nella parete dell'utero. Dotate di elevata capacità proliferativa, le cellule ES sono in grado di dare origine a tutti i tipi cellulari presenti nell’organismo e per questo potenzialmente utili per la terapia delle patologie umane. Queste cellule possono essere isolate da blastocisti e cresciute in vitro con particolari e costose metodiche che ne mantengono inalterate le proprietà di plasticità e totipotenza per periodi di alcuni anni (Evans e Kaufman, Nature 292: 154-6, 1981).

Ciò consente, a partire da poche decine di cellule, di ottenerne centinaia di milioni con le stesse caratteristiche e potenzialità iniziali. Quando aggregate con un embrione precoce possono integrarsi nell’embrione e successivamente crescere e differenziarsi in tutti i tipi cellulari del nuovo organismo senza causare nessun disturbo alla crescita e sviluppo di quest’ultimo. In più, sono stati messi a punto particolari metodiche "in vitro" che guidano il differenziamento delle cellule ES in specifici tipi cellulari per generare, ad esempio, una grande quantità di neuroni (Okabe et al., Mech Dev 59:1 89-102, 1996), cellule della glia (Brustle et al., Science 285: 754-756, 1999), cardiomiciti e progenitori ematopoietici (Keller e Snodgrass, Nat Med 2 151-2, 1999 ).

Recentemente, sono state isolate cellule staminali umane a partire da precocissimi embrioni (non più necessari per gli scopi terapeutici prefissati) ottenuti con tecniche di IVF e donati da individui informati e consenzienti (Thomson et al., Science 282 1145-7, 1998). Dai primi risultati pubblicati nella letteratura scientifica internazionale, possiamo arguire che queste cellule embrionali staminali (ES) umane dovrebbero comportarsi "in vitro e in vivo" come quelle murine, possedendo una elevatissima plasticità e flessibilità nel generare qualsiasi tipo di cellula matura (Schuldiner et al., Pnas 97, 11307-11312, 2000).

Cellule staminali embrionali possono quindi essere prodotte con questa finalità da embrioni congelati, prodotti in eccesso rispetto alle necessità della fecondazione in vitro. In Gran Bretagna il loro numero è di varie decine di migliaia. In Italia non esiste un registro di questi embrioni e di conseguenza se ne ignora il numero esatto ma è plausibile che il numero sia comunque elevato. In pratica esiste una enorme sproporzione tra l’abbondanza di embrioni prodotti e l’assenza di soggetti interessati ad impiantarli nel proprio utero.

Esiste poi un problema biologico importantissimo e totalmente inesplorato: la durata di vitalità di questi embrioni. Nei roditori il congelamento di cellule e di embrioni ne riduce, col tempo la vitalità. Il che significa che dopo un certo numero d’anni, solo una piccola percentuale di embrioni congelati riprende lo sviluppo embrionale con un rischio elevato di aborti e malformazioni. Nell’uomo queste informazioni mancano ma è presumibile che il fenomeno sia generale per i mammiferi.

In ogni caso, cellule ES, così ottenibili in grande numero potrebbero essere particolarmente utili per poter studiare i meccanismi che ne regolano proliferazione e differenziamento in vari tessuti, permettendo quindi di ottenere una conoscenza preziosa. Infine, va considerato un loro diretto impiego terapeutico in quelle forme di terapia in utero o peri-natale dove il sistema immunitario del paziente "imparerebbe" a riconoscere come proprie le cellule trapiantate (tolleranza).

In alternativa all’utilizzo di embrioni sovrannumerari, esiste la possibilità eventuale di isolare cellule embrionali in modo da non provocare la soppressione dell'embrione. Questo sarebbe ottenibile mediante un prelievo selettivo di un numero limitato di cellule ES a stadi precoci di sviluppo quali quello di morula e di blastocisti che, quindi, non implicherebbe la distruzione dell’embrione medesimo. Sebbene ciò sia tecnicamente fattibile, grazie a metodiche di prelievo standardizzate, mutuate dalla diagnostica preimpianto in tecniche IVF, alcune considerzioni di natura tecnica sono d’obbligo. Mentre non si può escludere che in un numero limitato di casi la morula-blastocisti potrebbe non mantenere intatto il proprio potenziale di sviluppo post-prelievo, il problema saliente é rappresentato dalla difficoltà di espandere in coltura il numero limitato di cellule ottenibili dal prelievo, in modo da ottenere la quantità di cellule necessaria per applicazioni terapeutiche. Questa difficoltà sembrerebbe attualmente superata dai risultati ottenuti da Michael Amit e coll. (Dev.Biol. 327, 271-278) che hanno recentemente dimostrato la stabilità fenotipica e genotipica di cellule ES umane clonate in vitro per un periodo di otto mesi di coltura. Queste linee ottenute da singole cellule mantengono la capacità replicativa e la pluripotenza a lungo termine, senza modificazioni del cariotipo e dei telomeri.

Quest’ultimo é un punto critico poiché, mentre la stabilità funzionale e fenotipica é prerogativa assoluta della cellula staminale "bona fide" (Potten and Loeffler, Development 1990, 110, pp 1001-1020.), non é altrettanto certo che il prelievo permetta di isolare "vere" cellule ES ad ogni tentativo. Infatti, l’organismo nel suo complesso deriva da sole 3-4 delle circa 100 cellule che compongono la blastocisti (vedi: "Clonal expression in allophenic mice". Symp. Int. Soc. Cell Biol. 9:15, 1970 e C.L. Markert e R.M Petters Science, 1978, 202:56,) e non é chiaro se questa minoranza di cellule è pre-costituita o se tutte le cellule della blastocisti posseggono un uguale potenziale.

Infine, va ricordato che linee stabili di cellule ES si sviluppano solo dall’epiblasto delle blastocisti (F.A. Brook e R.L. Gardner, Pnas, 94:5709-5712, 1997) e che il corredo cromosomico delle cellule prelevate non è necessariamente sempre identico a quello della rimanente morula-blastocisti. Va sottolineato che le colture di cellule ES umane finora prodotte sono state ottenute a partire da cellule isolate mediante immunomicrochirurgia dalla massa cellulare interna della blastocisti umana (rappresentante lo stadio dell’embrione umano corrispondente a circa il 5° giorno di sviluppo): tale tecnica di prelievo ha finora comportato la distruzione della blastocisti (Reubinoff et al, Nature Biotechnology 18:399-404, 2000). Risulta quindi evidente come questo approccio rappresenti una linea di ricerca che lascia impregiudicato l’aspetto etico relativo all’impiego di morule-blastocisti criopreservate.

Esiste infine, un tipo particolare di cellule staminali embrionali, le cellule germinali primordiali, ottenute dalle gonadi di feti abortivi, e fatte trasformare "in vitro" in cellule EG (Shamblott et al, Proc Natl Acad Sci USA .95:13726-31, 1998). Al momento le cellule EG sembrano essere meno adatte delle cellule ES per un uso clinico, per problemi di imprinting genetico (Tada et al, Dev Genes Evol 207: 551-61, 1998). Va tenuto presente, su questo punto specifico, che le cellule ES, nel loro stato indifferenziato, se iniettate per sé o come contaminante di cellule preventivamente sottoposte a procedure di differenziamento, possono dare origine a teratocarcinomi in vivo. Si rende quindi necessario uno studio approfondito degli elementi di sicurezza associati alla procedura di trapianto di cellule staminali differenziate in vitro ed all’identificazione di una, anche minima, residua presenza di cellule ES indifferenziate.

 

  • Cellule staminali da cordone ombelicale

Le cellule staminali del cordone ombelicale hanno suscitato grande interesse, soprattutto negli USA, data la possibilità di creare una banca di cellule autologhe per ogni neonato all’atto della nascita (Fasouliotis & Schenker Eur J Obstet Gynecol Reprod Biol. 2000, 90:13-25, 2000). Queste cellule potrebbero in seguito essere utilizzate, anche dopo decenni, per curare patologie insorte nella vita adulta. Si tratta al momento di un’applicazione meramente commerciale, dato il grande sforzo organizzativo ed economico che tale iniziativa comporterebbe, a fronte di ricadute modeste sulla popolazione nel suo complesso.

Sebbene cellule di varia natura, ma tutte derivate da cordone ombelicale, possano venire impiegate per il trattamento di numerose patologie umane, ad oggi le cellule staminali ombelicali "bona fide" sono state considerate capaci di dare origine soltanto a cellule del sangue. Questo ne fa un importante elemento di trattamento di patologie ematologiche nel contesto del trapianto allogenico. La loro potenziale capacità di dare origine ad altri tessuti è fino ad oggi, in gran parte, inesplorata.

 

  • Cellule staminali adulte

Le cellule staminali adulte provvedono al mantenimento dei tessuti in condizioni fisiologiche ed alla loro riparazione in seguito a un danno; questa capacità riparativa non è illimitata a giudicare dalle patologie che compromettono la funzione degli organi, nonostante il tentativo di rigenerazione. Tali cellule erano fino a pochi anni fa considerate tessuto-specifiche poiché si riteneva che fossero specializzate nel generare cellule mature tipiche del tessuto in cui risiedono. In realtà studi recenti hanno mostrato un’inattesa plasticità di delle cellule staminali adulte. Il caso più emblematico è rappresentato dal transdifferenziamentto di cellule staminali neurali adulte in cellule mesodermiche ematopoietiche (Bjornson CR et al, Science 283:534-7, 1999). Tale "salto" differenziativo tra cellule di foglietti embrionali diversi si osserva con cellule staminali di adulto sia inserite in tessuti embrionali, sia in tessuti adulti (Taylor G et al, Cell 102:451-61, 2000, Clarke DL et al, Science 288:1660-3, 2000, Galli et al., Nat. Neurosci, 3, 986-91, 2000) e riguarda anche le cellule del midollo osseo che possono dare origine a muscolo (Ferrari et al., Science, 1998) ed a cellule epatiche (Petersen et al., 1999, 2000), e cellule muscolari che possono colonizzare il sistema ematopoietico (Gussoni et al., Nature 1999). Sulla base di quanto appena descritto, si possono trarre alcune considerazioni essenziali sul possibile utilizzo di cellule staminali adulte tessuto specifiche nell’ ambito terapeutico.

Primo, tali cellule esistono anche in organismi adulti, ma il loro isolamento e la loro coltivazione estensiva, eccezion fatta per le cellule staminali cutanee e mesenchimali, sono al momento limitati ai roditori. Si rendono quindi necessari forti investimenti nel campo delle cellule umane ematopoietiche, neurali, muscolari, e mesodermiche in generale.

Secondo, il problema dell’utilizzo clinico di tali cellule è strettamente legato alla possibilità pratica di espanderle "in vitro" in modo efficiente. Ad oggi questo e’ estremamente difficile ed, in concomitanza con possibili fenomeni di senescenza ipotizzabili in queste cellule, potrebbe rappresentare un limite all’effettiva fattibilità di questo approccio. Infatti, tentativi terapeutici con cellule staminali adulte hanno in alcuni casi (es: trapianto di midollo osseo in topi affetti da distrofia muscolare) ottenuto risultati modesti dal punto di vista dell’efficacia clinica (Gussoni et al., Nature 1999).

Terzo, ma non ultimo, è possibile che la specificità delle cellule staminali adulte per il proprio tessuto di appartenenza non sia così stringente, ma che sia immaginabile un approccio terapeutico tramite il quale cellule di un tessuto, per esempio la cute, possano venire coltivate ed istruite a produrre cellule di un altro organo, per esempio il cervello, al fine di rendere possibile la ricostruzione tissutale cellulo-mediata di tipo autologo.

 

1D TRASFERIMENTO NUCLEARE (TNSA)

In questo caso le cellule ES sono isolate da cellule dell’embrioblasto derivato dal trasferimento del nucleo di una cellula somatica adulta del paziente in una cellula uovo enucleata. Queste cellule ES posseggono quindi lo stesso genoma nucleare dell’individuo donatore della cellula somatica il quale, quindi, non le rigetterebbe qualora queste cellule ES clonate venissero trapiantate, dopo differenziamento, in un suo organo. Da queste considerazioni emerge come questo procedimento avrebbe l’enorme vantaggio di stabilire cellule ES immunologicamente compatibili per autotrapianto. Nel caso di malattie genetiche, queste cellule potrebbero essere geneticamente ‘curate’ in vitro prima del trapianto. Nell’esaminare le tecniche di derivazione di cellule ES autologhe assumiamo quale scopo finale esclusivo quello di sviluppare metodologie per l’ottenimento di cellule per il trattamento di pazienti. In breve, si tratta di riprogrammare il nucleo di cellule somatiche prelevate dal paziente, tramite il contatto con il citoplasma di un oocita.

Nella pubblicistica contemporanea questa procedura è stata chiamata clonazione terapeutica, un termine, di fatto, chiaramente opinabile. Infatti, un oocita ricostituito con il nucleo di una cellula somatica adulta non può considerarsi uno zigote in senso classico, in quanto non deriva dall’unione di due gameti. A riprova di ciò sta il fatto che l’oocita così ricostituito non dà spontaneamente luogo allo sviluppo embrionale, poiché ciò può avvenire solo grazie a stimolazioni artificiali che lo forzano a svilupparsi in blastocisti. Solo poche tra queste blastocisti hanno l’effettiva capacità di formare un embrione e quindi un feto se trasferite in utero.

Si noti, che l’oocita ricostituito può, invece, essere indotto a proliferare ed incanalarsi verso la formazione delle sfere embrioidi (non di blastocisti) la cui differenziazione può essere indirizzata verso specifici stipiti cellulari.

Quindi, in ultima analisi, l’oocita ricostituito con il nucleo di una cellula somatica del paziente è assai più simile ad una potenziale forma di espansione cellulare (per via asessuata) del paziente stesso, analoga a quella già oggi praticata quando prelievi bioptici di derma vengono amplificati per la produzione di ‘cute artificiale’, tecnica preziosa nella terapia dei grandi ustionati.

Infatti, il processo per cui il nucleo di una cellula somatica, trovandosi nel citoplasma dell’oocita, riacquista le capacità di cellula staminale non è molto dissimile da quelli che si attuano quando cellule normalmente quiescienti prelevate dal corpo di un paziente adulto vengono indotte a proliferare "in vitro" stimolandole con ‘fattori di crescita’.

E’ perciò prevedibile ed auspicabile che la attuale dipendenza dagli oociti di donna possa venire rimpiazzata da tecniche che prevedono l’impiego di estratti citoplasmatici di altre specie animali, o citoplasti prodotti artificialmente, così da poter effettuare in provetta la riprogrammazione genetica dei nuclei delle cellule somatiche. Prevenendo possibili pressioni sulla salute della donna (come ricordato dal recente documento europeo Ethical aspects of human stem cell research and use), tale approccio risulta particolarmente interessante. 

 

1E APPLICAZIONI ATTUALI DELLE CELLULE STAMINALI

Una analisi critica della letteratura scientifica internazionale sulle cellule staminali porta a definire alcuni criteri utili alla nostra riflessione da cui emerge la grande potenzialità di sviluppo di terapie utili al trattamento di tutto un ampio ventaglio di patologie. 

 

  1. Trapianto di cellule ematopoietiche (trapianto di midollo)

  2.  

  • Applicazioni terapeutiche del trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche.

Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche consente la ripresa dell’emopoiesi dopo la somministrazione di dosi mieloablative di chemioterapia e radioterapia. Di seguito si riportano, in tabella, le indicazioni cliniche tra i tumori solidi e le neoplasie ematologiche per le quali è riconosciuta un’indicazione a chemioterapia ad alte dosi con autotrapianto di cellule staminali ematopoietiche, accanto ad una proiezione dell’attività prevista per l’anno 2001 in Italia.

 

 

Tabella 1

Carcinoma mammario

130

Neuroblastoma

20

Tumori germinali

15

Sarcoma di Ewing

10

Microcitoma

10

Carcinoma ovarico

10

Altri tumori solidi

20

Linfoma di Hodgkin

190

Leucemia linfatica cronica

30

Leucemia linfatica acuta

70

Leucemia mieloide cronica

40

Leucemia mieloide acuta

300

Sindromi mielodisplastiche

20

Mieloma multiplo

500

Linfoma non Hodgkin

650

 

 

La somministrazione di alte dosi di chemioterapia ad azione immunosoppressiva con successivo trapianto autologo di cellule staminali, è stata di recente valutata in pazienti affetti da malattie autoimmuni severe, con risultati favorevoli in malattie non responsive ai trattamenti con dosi convenzionali di farmaci immunosoppressori. In un recente Consensus Meeting Europeo (Basel, ottobre 2000), sulla base delle risposte favorevoli ottenute negli studi di fase I-II in più di 250 pazienti, sono stati definiti criteri clinici di arruolamento a protocolli internazionali randomizzati di fase III per pazienti con lupus eritematoso sistemico, sclerosi sistemica, sclerosi multipla, artrite reumatoide, vasculiti sistemiche, citopenia autoimmuni; in tali studi verrà confrontato l’impatto curativo di una profonda immunosoppressione rispetto a trattamenti convenzionali in queste malattie a rilevante incidenza nella popolazione giovane.

 

  • Applicazioni terapeutiche del trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche

In aggiunta all’azione antitumorale della chemioterapia e radioterapia somministrate nel regime di condizionamento al trapianto, l’infusione di cellule staminali allogeniche offre il potenziale curativo dell’effetto immuno-mediato del sistema immunitario del donatore nei confronti della neoplasia del paziente (effetto del trapianto verso la leucemia, Graft versus Leukemia effect). Numerose osservazioni cliniche e sperimentali hanno consentito di attribuire il potenziale curativo del trapianto di cellule staminali allogeniche proprio all’azione antitumorale del sistema immune del donatore trapiantato nel paziente. Il riconoscimento del ruolo centrale esercitato dalla componente immunologica nel contesto del trapianto allogenico, ha di recente consentito lo sviluppo di protocolli di radiochemioterapia a bassa intensità di dose, al fine di estendere a pazienti anziani, a pazienti con malattia avanzata e con tumori solidi, una procedura con un potenziale di cura significativamente superiore a terapie standard.

Di seguito, in tabella, si riportano le indicazioni cliniche tra le neoplasie ematologiche e i tumori solidi per le quali è riconosciuta un’indicazione a chemioterapia ad alte dosi con trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche, accanto ad una proiezione dell’attività prevista per l’anno 2001 in Italia.

 

 

Tabella 2

Carcinoma renale

25

Carcinoma mammario

20

Altri tumori solidi

30

Linfoma di Hodgkin

10

Leucemia linfatica cronica

10

Leucemia linfatica acuta

200

Leucemia mieloide cronica

150

Leucemia mieloide acuta

400

Sindromi mielodisplastiche

50

Mieloma multiplo

50

Anemia aplastica

20

Talassemie

110

Linfoma non Hodgkin

70

Altre neoplasie ematologiche

30

  

 

  • Applicazioni terapeutiche del trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche prelevate da sangue di cordone ombelicale.

In alternativa al midollo osseo e alle cellule staminali da sangue periferico, il sangue da cordone ombelicale prelevato alla nascita è attualmente utilizzato quale sorgente allogenica di cellule staminali ematopoietiche. Le cellule da cordone ombelicale offrono alcuni vantaggi teorici rispetto alle cellule da sangue midollare e periferico di adulto, in ragione della loro immaturità immunologica e dell’elevato potenziale di ripopolamento midollare e immunologico. Principale limitazione è la quantità limitata di cellule staminali presenti in un’unità di cordone, che condiziona l’estensione ad una popolazione adulta di alto peso corporeo. Il trapianto allogenico di cellule da cordone ombelicale ha conosciuto notevole espansione nel corso degli ultimi anni, raggiungendo una quota complessiva di circa 2.000 trapianti nel mondo. Le indicazioni cliniche sono sovrapponibili a quelle previste per il trapianto di cellule staminali da altre sorgenti.

 

2 . Trapianto di cellule staminali cutanee (trapianto di epidermide)

Cellule staminali di epitelio autologo possono essere coltivate ed espanse "in vitro" (Jones and Watt, Cell, 73: 713-724) ed utilizzate per coprire permanentemente lesioni estese della cute e della mucosa (Pellegrini et al., Transplantation, 68: 868-79, 1999). Sebbene tale approccio venga oggi applicato a lesioni da bruciatura, da fistole diabetiche, o da epidermolisi bollosa (Dellambra et al., Hum. Gen. Ther. 9, 1359-70, 1998), l’utilizzo di questa tecnica è prevedibile in altri tipi di patologie cutanee quali terapia genica nelle neoplasie ed infezioni cutanee (Garlick and Fenjves, Crit. Rev. Oral. Biol. Med. 7, 204-21, 1996) ed in mosaicismi somatici e funzionali.

Infatti, questa strategia terapeutica potrà essere utilizzata per trattare pazienti affetti da nevo epidermico con quadro istologico di ipercheratosi epidermolitica (OMIM 600648), che rappresenta la variante a mosaico dell'eritrodermia ittiosiforme congenita bollosa. Analogamente lo stesso protocollo si potrà applicare a pazienti affetti da piebaldismo (OMIM 172800), una malattia autosomica dominante che si manifesta con lesioni acromiche localizzate e presenti alla nascita, in cui non sono presenti melanociti.

 

 1F PROSPETTIVE TERAPEUTICHE POTENZIALI

Oltre a questi tipi di trapianto, esistono numerose patologie che potranno venire curate utilizzando cellule staminali ES e/o tessuto specifiche. Alcuni esempi vengono discussi di seguito. 

 

A - Rigenerazione di cellule e tessuti.

Come già discusso, la maggiore applicazione delle cellule staminali è quella di sostituire cellule o tessuti danneggiati o non funzionanti e quindi di essere potenzialmente efficaci in un contesto di terapia cellulare/tissutale sostituendo cosi’ il trapianto di organo da cadavere.

 

B - Terapia cellulare per:

  • la ricostruzione del midollo spinale danneggiato da traumi fisici mirato a dare quindi una speranza ai tanti paraplegici. Per esempio, questa possibilità è già sperimentata nel ratto, dove è stata sfruttata la trasformazione dei precursori degli oligodendrociti in cellule che producono mielina nel midollo spinale);

  • malattie degenerative del sistema nervoso (Alzheimer, morbo di Parkinson, malattia di Huntington, sclerosi laterale amiotrofica, malattie ecotossicologiche, post-traumatiche, da abuso farmacologico, da danno ischemico, ecc.);

  • malattie muscolo-scheletriche (displasia ossea, malattie progressive delle giunzioni ossee, osteogenesis imperfecta, miopatie primitive);

  • malattie infiammatorie di natura sistemica (sindrome di Sjögren), attraverso la sostituzione delle cellule delle ghiandole salivari atrofiche dei malati;

  • malattie degenerative della retina, della cornea e dell’apparato uditivo, i cui tessuti sono stati danneggiati per cause genetiche o traumatiche:

  • ricostituzione del tessuto cardiaco dopo un infarto acuto del miocardio e riparazione dei vasi sanguigni da processi patologici progressivi come l’arteriosclerosi e l’ipertensione;

  • malattie metaboliche tipo lisosomiali, causate dal blocco di specifici sistemi catabolici e dal conseguente accumulo nei lisosomi delle sostanze non degradate.

 

 

C - Terapia genica

Le cellule staminali sono in grado di accettare e tollerare, molto meglio di cellule mature, geni introdotti dall’esterno con tecniche d'ingegneria genetica, mirate a correggere l’effetto patologico di geni difettosi o mutati mediante trasferimento genico; proprio per la loro capacità di trattenere stabilmente tali geni esogeni nel tempo, costituirebbero il substrato ideale per fungere da vettori cellulari per la terapia genica, consentendo quindi il superamento di alcune difficoltà tecniche, attualmente insormontabili, dovute alla perdita progressiva di espressione di geni esogeni inseriti a scopo terapeutico in tessuti di cellule adulte mature.

Un singolo trasferimento di gene in una cellula staminale renderebbe infatti disponibili cellule del sangue, della pelle, del fegato, e perfino del cervello "corrette". Quindi, le cellule staminali, embrionali o adulte, potrebbero rappresentare la soluzione ottimale in terapia genica proprio perché in grado di generare le cellule necessarie in quantità molto rilevanti.

 

 

1 G CONCLUSIONI SUGLI ASPETTI SCIENTIFICI 

  • L’impatto

E’ possibile stimare, sebbene in via del tutto preliminare che, su un numero totale di soggetti affetti da patologie croniche di circa 30 milioni nel nostro Paese, l’utilizzo delle cellule staminali di varia origine possa portare a sviluppare metodiche cliniche per il trattamento di un numero di pazienti che, comprendendo le patologie di origine cardiovascolare, si avvicina ai 10 milioni di individui.

Le problematiche relative all’uso dei diversi tipi di cellule staminali (e le possibili differenze nella loro efficacia terapeutica), le ovvie conseguenze sulla qualità della vita sono talmente forti da influenzare pesantemente le attuali scelte strategiche di finanziamento pubblico della ricerca nella maggior parte dei paesi industrializzati. E’ chiaro che queste scelte potrebbero modificare sensibilmente la politica sanitaria dei prossimi decenni, ed è pertanto auspicabile un cospicuo investimento di risorse sia economiche che umane nel settore della biologia delle cellule staminali.

La possibilità di operare scelte strategiche in questo campo, anche in considerazione della preminenza culturale che la ricerca italiana ha fin qui occupato, ma che potrebbe scemare in assenza di iniziative istituzionali di ampio respiro strategico, porterebbe il nostro Paese in una posizione di avanguardia nel settore biomedico.

 

  • I quesiti scientifici

La grande quantità di dati disponibili sulle cellule staminali ha finora prodotto molte risposte a quesiti importanti ed ha aperto nuove prospettive terapeutiche inimmaginabili fino a pochi anni orsono. In realtà, questo ha generato molte più domande che risposte, indicando l’opportunità, se non la necessità, di ampliare i programmi di lavoro sull’argomento, considerando anche i risvolti scientifici di potenziale applicabilità nel contesto sanitario. Come discusso esaustivamente, l’utilizzo delle cellule staminali apre orizzonti terapeutici di notevole portata, per esempio malattie neurodegenerative su base genetica, traumatica, ischemica, o conseguente all’esposizione a farmaci o sostanze tossiche, oltre all’utilizzo delle medesime come vettori cellulari per terapia genica di malattie metaboliche e di tumori.

Allo stato attuale delle conoscenze, non ci sono evidenze conclusive che definiscano quale dei due tipi di cellule staminali considerati in questa relazione – cellule ES e cellule staminali tessuto specifiche – possa essere considerato il più adatto per utilizzi sia sperimentali che clinici (Snyder EY, Vescovi AL, Nat. Biotech., 18: 827-8, 2000). Da quanto emerge da questa relazione, il bivio che si presenta al ricercatore come al legislatore, riguardo all’utilizzo di cellule staminali ES invece di staminali adulte tessuto specifiche non riflette i termini reali del problema.

E’ di fatto necessario effettuare ricerche per conoscere se solo una delle due sorgenti, o, come è più probabile, entrambe, possano dare risposta alle esigenze di terapia per le svariate patologie umane di origine e natura spesso incredibilmente diversa, fermo restando il quesito etico che esiste per alcune delle modalità di ottenimento delle cellule staminali embrionali umane.

E’ auspicabile che tali problematiche possano venire superate con il progredire delle scoperte e con la messa a punto di tecnologie avanzatissime in questo settore di ricerca, che vede impegnato un numero consistente di gruppi italiani di elevatissima qualità, in grado di contribuire in modo significativo all’avanzamento delle conoscenze nel settore. Esistono inoltre in Italia numerosi gruppi, finora non direttamente coinvolti nel campo specifico, forniti di competenze in grado di dare ulteriori contributi alla ricerca.

E’ pertanto fortemente auspicabile la costituzione di un programma nazionale finalizzato alla ricerca sulle cellule staminali. Le aree di ricerca su cui basare, almeno inizialmente, il programma in oggetto dovrebbero essere selezionate basandosi sia su una solida evidenza scientifica sia su un consenso unanime da parte della comunità scientifica riguardo l’opportunità/utilità/fattività del lavoro in quel determinato campo.

 

  • Le scelte della ricerca

Sulla base di questi presupposti, sarebbe possibile individuare tre ambiti privilegiati su cui concentrare, almeno inizialmente, il lavoro:

  • cellule staminali somatiche tessuto-specifiche adulte, fetali abortive ed embrionali (ES) di origine umana ed animale;

  • riprogrammazione genetica del nucleo di cellule somatiche per trasferimento nucleare in citoplasti artificiali di origine animale ed umani;

  • modelli animali, anche transgenici, di patologie umane per lo studio in vitro e in vivo delle cellule staminali di varia natura.

Vale la pena di sottolineare che ci troviamo di fronte a scelte critiche che, di fatto, decideranno il futuro non solo della ricerca italiana ma anche della medicina d’avanguardia nel nostro Paese. E’ auspicabile che si trovino finalmente le risorse per investire in maniera decisiva in questo settore, sfuttando quelle che sono in questo momento competenze esclusive del nostro Paese che, ad oggi, sono emerse grazie alla creatività ed impegno, spesso non finanziato, dei nostri ricercatori. Il rischio che l’Italia oggi all’avanguardia nel settore delle cellule staminali, ne resti di fatto esclusa è, purtroppo, concreto.

 

 

 

Capitolo 2

 QUESITI ETICI EMERSI DAGLI ASPETTI TECNICI 

 

2.1 – La Commissione ha riconosciuto esenti da problemi etici irrisolvibili: 

  • l’uso delle cellule staminali adulte e da cordone ombelicale, fatto salvo che sia stato ottenuto il consenso informato del donatore e che la sua salute non ne venga compromessa.

  • l’uso di cellule staminali da materiale abortivo.

  • l’uso di cellule staminali da trasferimento nucleare. Queste cellule staminali vengono ottenute mediante riprogrammazione genetica per trasferimento di nuclei di cellule somatiche in citoplasti artificiali umani e/o animali, purchè non comporti lo sviluppo di embrioni umani (TNSA). Nel caso di citoplasti umani, viene previsto esclusivamente lo sviluppo di stipiti cellulari tessuto specifici.

2.2 – La Commissione ha lasciato aperto al dibattito etico i seguenti punti: 

  • L’uso di materiale da embrioni sovrannumerari. Andrà considerato il problema degli embrioni congelati, di quelli non congelati ma che eccedono il numero impiantabile, di quelli che non vengono valutati "idonei per l’impianto" per motivi morfologi o di integrità.

  • L’uso di singole cellule ottenute dalla blastocisti, durante la fase diagnostica preimpianto della fecondazione assistita, senza alterarne il potenziale di sviluppo embriogenetico.

  • L’uso di embrioni prodotti specificamente per scopi terapeutici.

 

Capitolo 3

 DIBATTITO SUGLI ASPETTI ETICI

 

 Questa parte della relazione della Commissione è organizzata per rispondere in modo puntuale ai quesiti posti dal Ministro, professor Umberto Veronesi, alla Commissione. Sono così emersi undici punti di riflessione.

1 - Efficacia scientifica

Dalla parte scientifica di questo documento emerge la conferma di un dato già affermato in precedenti documenti di altre istituzioni nazionali e internazionali: il potenziale di applicazione terapeutica della ricerca sulle cellule staminali è effettivamente di notevole interesse e potrebbe condurre a una vera e propria rivoluzione in medicina, superiore persino, nei suoi effetti sulla salute della gente, a quella rappresentata dalla scoperta degli antibiotici.

La risposta alla prima parte della prima domanda rivolta a questa Commissione dal Ministro della Sanità è dunque positiva: c'è ormai una sufficiente mole di dati (e altri se ne stanno accumulando) per sostenere che, grazie a tali ricerche, i sistemi sanitari potranno offrire ai cittadini nuovi ed efficaci trattamenti per una notevole serie di patologie degenerative, che in molti casi potranno restaurare la salute, in altri migliorare sensibilmente la qualità della vita.

A fronte del carattere "fondamentale" che il diritto alla salute riveste nel nostro ordinamento costituzionale, favorire le ricerche dirette a realizzare tali trattamenti, diventa un obbligo morale. 

 

2 – Cautela

Quanto alla seconda parte della domanda (sui tempi e le probabilità), la Commissione non è in grado di fare una previsione sufficientemente certa, anche perché il tempo in cui questi trattamenti potranno essere disponibili per l'uso clinico dipende anche dalle decisioni che oggi vengono assunte circa l'ammontare di risorse intellettuali e finanziarie che verranno destinate allo scopo.

Nei documenti nazionali e internazionali in materia ci si attiene comunque al criterio della massima cautela nel fare previsioni circa il tempo in cui questi trattamenti potranno entrare a far parte della pratica clinica. La Commissione fa suo questo criterio e ne sottolinea la rilevanza al fine di non suscitare attese o speranze ancora non realistiche.  

 

3 – Il problema trapianti

Se l'utilizzazione terapeutica per scopi di trapianto sarà la conseguenza più diretta della ricerca sulle cellule staminali, conviene anche sottolineare che tale ricerca può comportare altri benefici per la salute della gente, benefici conseguenti a:

  • la possibilità di utilizzare linee cellulari per testare l'efficacia e la tossicità dei farmaci;

  • la possibilità di studiare i meccanismi biologici di base che presiedono allo sviluppo di certe patologie;

  • la possibilità di utilizzare le cellule staminali per risolvere alcuni dei problemi che oggi rendono ancora non adeguatamente diffusa l'applicazione della terapia genica.

Resta comunque fermo che - dopo la necessaria sperimentazione sull’animale - l’utilizzazione più diretta e importante è quella per scopi di trapianto. In questo senso, all'inizio della parte scientifica del documento, si afferma che le cellule staminali, di qualunque origine, potranno risolvere i due limiti fondamentali dell'attuale tecnologia dei trapianti: la scarsità di organi e la necessità dell'immunosoppressione cronica. Da ciò derivano due importanti condizioni per l'uso clinico routinario delle cellule staminali: la quantità e la compatibilità col ricevente.  

 

4 – I dati scientifici

La seconda domanda rivolta dal Ministro Veronesi a questa Commissione riguarda quale tra le cinque sorgenti classiche di cellule staminali può avere più possibilità di successo in termini di ricerca terapeutica. Il quadro dello "stato dell'arte" elaborato nella parte scientifica non offre una risposta univoca a questa domanda.

Si tratta del resto di un quadro in rapidissima evoluzione, sia nel settore delle cellule staminali di origine embrionale e germinale, sia nel settore delle cellule staminali di origine adulta.

Rispetto ai dati scientifici attualmente disponibili, tuttavia, si può sostenere che la prima condizione (la quantità) è certamente soddisfatta dalle linee cellulari di provenienza embrionale, di cui si è ormai dimostrata, nei modelli animali già a partire dal 1981 e recentemente anche nell'uomo, la pressoché illimitata capacità di autorigenerazione, tanto che qualcuno ha avanzato l'ipotesi che le poche linee cellulari già derivate potrebbero in teoria costituire una fonte inesauribile di nuove linee cellulari. Questo stesso tipo di linee cellulari soddisferebbe la seconda condizione (la compatibilità) a patto di utilizzare per la loro produzione la tecnica del trapianto nucleare da cellula somatica del ricevente, come precisato nella parte scientifica. 

 

5 – Il sostegno alla ricerca

Sempre restando ai dati oggi disponibili, le cellule staminali di origine adulta non soddisfano la prima condizione, non, almeno, nella misura in cui già la soddisfano le cellule embrionali. Soddisfano invece la seconda condizione, ovviamente qualora le cellule da coltivare vengano isolate dal paziente stesso che riceverà il trapianto.

C'è tuttavia da aggiungere che, in relazione a certe patologie degenerative a rapido decorso e, soprattutto, alla localizzazione di certi organi, la procedura di isolamento e trattamento ai fini della transdifferenziazione (che è cosa ben diversa dalla semplice utilizzazione, che, ad esempio, già avviene con la procedura di autotrasfusione di cellule staminali ematopoietiche) delle cellule staminali adulte presenta problemi di tempo che la rendono una procedura difficilmente perseguibile sul piano clinico per tutte le patologie.

E' sperabile che il proseguimento della ricerca possa permettere di superare tali problemi, come pure possa permettere, in una prospettiva più lontana, di determinare i meccanismi biologici che presiedono alla riprogrammazione del nucleo delle cellule adulte già differenziate. Per l'uso clinico, infatti, non è sufficiente sapere che tale riprogrammazione di fatto avviene (come è ormai dimostrato dagli esperimenti di clonazione animale); è necessario sapere come avviene, al fine di padroneggiare in modo riproducibile i meccanismi biologici di riprogrammazione. Attualmente, l'unico modo per studiare tali meccanismi è la tecnica del trasferimento nucleare somatico.

Emerge quindi, come è ben chiarito anche alla fine della parte scientifica del documento, la necessità - che trova un vasto (anche se non unanime) riscontro nella comunità scientifica internazionale - di non escludere pregiudizialmente nessun settore di ricerca.

La stessa possibilità di operare scientificamente un confronto, in termini di futura efficacia terapeutica, tra le varie fonti di linee cellulari, richiede che la ricerca venga portata avanti senza pregiudiziali esclusioni, né dirette, né indirette (ad es., attraverso la politica dei finanziamenti). Questa richiesta, che nella parte scientifica del documento emerge come dato di fatto, deve essere tuttavia valutata - sempre per seguire la traccia delle domande formulate dal Ministro - nei suoi aspetti etici.  

 

6 – Le finalità terapeutiche

Nel sottoporre a valutazione etica la ricerca sulle cellule staminali, questa Commissione desidera sottolineare che ciò non può in nessun modo essere interpretato come un mettere in discussione il principio generale della libertà della ricerca scientifica, che in Italia è un principio costituzionalmente protetto. La valutazione etica che si intende intraprendere riguarda le finalità e le metodologie di un tipo specifico di ricerca, in ragione del fatto che tale ricerca avviene in un contesto su cui grava un serio disaccordo morale.

Nel nostro caso, tale disaccordo non riguarda, in verità, la finalità, poiché, come s'è già osservato, c'è un vasto consenso sul carattere benefico degli scopi della ricerca sulle cellule staminali, scopi che coincidono con uno dei fini fondamentali della medicina: guarire gli esseri umani nel modo più efficace possibile. Il disaccordo riguarda la provenzienza embrionale di alcune linee cellulari e certi aspetti delle metodologie di derivazione, ma il tema della finalità di questo tipo di ricerca andava ricordato perché la consapevolezza della notevole importanza dei benefici attesi può costituire il terreno più idoneo per ridurre l'ampiezza del disaccordo morale. 

 

7 – Liceità della sperimentazione

La ricerca sulle cellule staminali prelevate da tessuti adulti o dal cordone ombelicale o da feti abortiti in modo spontaneo o volontario (in quest'ultimo caso, sulla base di una regolamentazione atta ad escludere ogni rapporto di causalità tra prelievo di cellule o tessuti e aborto) non solleva problemi morali insormontabili.

Su questo punto c'è un consenso unanime all'interno della Commissione. Il punto cruciale del disaccordo che grava sulla ricerca sulle cellule staminali ruota attorno alla liceità della sperimentazione sugli embrioni umani. Ancor prima che in relazione alle future applicazioni terapeutiche, il punto emerge già in relazione alla richiesta, sopra ricordata e ben delineata nelle sue ragioni scientifiche, di sostenere attivamente la ricerca sulle cellule staminali sia di origine embrionale, sia di origine adulta.

E' bene, infatti, precisare che qui si sta parlando della fase preliminare della ricerca, quella diretta a studiare le proprietà delle cellule staminali e a dimostrare la possibilità di indirizzarle verso la produzione delle varie linee cellulari o tessuti utilizzabili per trapianti. Molti sperano che quando si arriverà alla fase della vera e propria sperimentazione clinica, non sarà più necessario ricorrere alla derivazione di cellule dalla blastocisti dell'embrione umano. Anche se non è facile prevedere se e quando questa speranza si tradurrà in realtà, resta comunque fermo che oggi un programma di ricerca che contempli la sperimentazione sulle cellule staminali derivate da embrioni umani appare a molti necessario.  



 

8 – Le diverse interpretazioni
E' noto che sulla liceita’ morale della sperimentazione sugli embrioni umani esiste una radicale controversia, che trova il suo fondamento in differenti concezioni etiche, filosoficamente e/o religiosamente fondate, ad ognuna delle quali questa Commissione riconosce piena legittimita’. Qui non e’ neppure possibile tentare di sintetizzare la sostanza del dibattito in materia.
Ma, almeno per chiarirne i termini, conviene rilevare che la controversia non e’ riducibile nei termini di una contrapposizione tra pensiero secolare e pensiero religioso. E' probabile che gli argomenti utilizzati siano differenti, ma i favorevoli e i contrari sono presenti in ambedue questi schieramenti.
Ad esempio, le testimonianze rese presso la National Bioethics Advisory Commission da rappresentanti delle religioni piu’ diffuse negli Stati Uniti hanno evidenziato un vasto ventaglio di posizioni. Si va dalla posizione contraria espressa dalla chiesa cattolica e dalla chiesa ortodossa (il cui rappresentante si e’ tuttavia dichiarato favorevole alla sperimentazione sugli embrioni "soprannumerari") alla posizione favorevole espressa, con alcuni distinguo, da rappresentanti delle confessioni protestanti, delle due principali tradizioni islamiche e dell'ebraismo, i cui rappresentanti hanno anzi sottolineato il carattere "doveroso" della ricerca sulle cellule embrionali a fronte del beneficio terapeutico atteso. E' possibile che questo stesso ventaglio di posizioni si evidenzierebbe esaminando le etiche secolari.

9 – Il rispetto della vita umana
La soluzione della controversia sulla sperimentazione degli embrioni umani varia a seconda della posizione assunta sulla questione dell’embrione. Alcuni, infatti, affermano che l’embrione umano e’ un essere umano a partire dal momento della fecondazione; altri osservano, invece, che negativa e’ la risposta al problema centrale se nelle prime fasi del suo sviluppo l’embrione sia o no persona; altri ancora, infine, che non e’ possibile decidere la controversia in materia ma ritengono che l’embrione umano non sia una mera "cosa" utilizzabile a piacimento e che meriti una tutela crescente proporzionale al suo sviluppo. Di fronte all'ampiezza e alla radicalita’ di tale controversia, e’ chiaro che questa Commissione (o qualunque altra Commissione) non puo’ certo assumersi il compito di dirimere un disaccordo che ha la sua radice in convinzioni antropologiche filosoficamente e/o religiosamente fondate. Ciascuna posizione raccoglie consensi, e la Commissione e’ ben consapevole che il mero fatto che una data soluzione raccolga un vasto consenso, non la rende "piu’ giusta" rispetto alle altre, ne’ equivale ad una delegittimazione delle altre posizioni.
La Commissione, infatti, prende atto che esiste un valore unanimemente condiviso da tutte le posizioni sopra accennate: il rispetto dovuto alla vita umana. Non vi e’ chi non accetti questo principio, anche se poi ci puo’ dividere sui modi concreti di manifestare tale rispetto nelle circostanze reali della vita.

10 – Risoluzione minoritaria
Alcuni membri della Commissione (Card. Ersilio Tonini, Adriano Bompiani, Bruno Dallapiccola, Domenico Di Virgilio, Enrico Garaci, Luigi Lorenzetti, Girolamo Sirchia) senza entrare nel dibattito filosofico e scientifico circa l'embrione, ritengono che due affermazioni sono determinanti per il comportamento etico: l'embrione e’ un essere umano con potenzialita’ di sviluppo (e non un essere umano potenziale); l'embrione, come ogni essere umano, ha diritto alla vita. Per un'adeguata comprensione, non si tratta di proiettare nell'embrione l'idea di persona fatta e finita, ma nemmeno di coltivare un'idea di persona che possa prescindere da quest'inizio. Il legame tra embrione e persona va considerato come un processo unitario, dinamico e continuo.
L'espressione che meglio rappresenta l'intrinseca tensione tra i due poli (embrione e persona) e’ "l'embrione va rispettato come persona". In altre parole, il rispetto che si deve alla persona e’ rispetto alla persona nelle sue diverse fasi, a cominciare da quella dell'inizio. La vita umana, la sua dignita’, non e’ piu’ in alcune fasi e meno in altre. In questa prospettiva, quindi, le argomentazioni a favore della sperimentazione degli embrioni sovrannumerari (il sacrificio di questi embrioni e’ proporzionato ai vantaggi sperati; un male minore rispetto a quello maggiore della loro distruzione; una giusta soluzione del conflitto tra diritto alla vita di questo embrione e il diritto del malato a essere curato) si fondano su una visione strumentale dell'embrione umano, al quale non si riconosce ancora il titolo di soggetto e, quindi, eliminabile a vantaggio di un soggetto che e’ gia’ tale, come si pretende.
Inoltre, si osserva che, a partire dal dilemma "l'embrione o viene usato o viene distrutto", significa accettare, in etica, l'insostenibile equiparazione tra "uccidere" e "lasciar morire". In breve, le argomentazioni che proibiscono moralmente di creare embrioni per la sperimentazione, valgono anche per la proibizione dell'utilizzo di quelli gia’ esistenti.
Nell'un caso come nell'altro, infatti, compare il mancato riconoscimento dell'embrione come soggetto umano e, quindi, la sua possibile strumentalizzazione, almeno nella prima fase della sua esistenza.

11 – Risoluzione maggioritaria
Gli altri diciotto membri della Commissione hanno invece fissato l’attenzione sul fatto che anche in Italia, in vari laboratori che attuano programmi di fecondazione in vitro, esiste un elevato numero di embrioni soprannumerari, formati nel contesto di un progetto procreativo, ma che, per varie ragioni, non sono piu’ destinati all'impianto.
La scelta di destinare una parte di questi embrioni a ricerche dalle quali possono derivare notevoli benefici per l'umanita’ non comporta una concezione strumentale dell’embrione, ne’ costituisce un atto di mancanza di rispetto nei confronti della vita umana, in specie se si considera che l'alternativa e’ di lasciare che questi embrioni, per i quali non e’ piu’ possibile la destinazione per cui sono stati formati, periscano. Quando ci si trova di fronte a situazioni dilemmatiche, il meglio che si possa fare - se si esclude l'inazione, che comunque e’ una scelta - e’ di bilanciare i valori in gioco.
Nel nostro caso, a fronte dell'inevitabile destino riservato a una parte degli embrioni crioconservati e non piu’ impiantabili, la Commissione ritiene che la bilancia penda a favore della destinazione di tali embrioni agli scopi di una ricerca suscettibile di salvare la vita di milioni di esseri umani e ritiene che tale destinazione manifesti, nella situazione sopra descritta, un rispetto per la vita umana ben superiore al mero "lasciar perire". La soluzione sopra delineata e’ quella che raccoglie i maggiori consensi sul piano delle valutazioni espresse da numerose istituzioni e comitati nazionali ed internazionali.
Essa e’ ispirata da una logica dell'espansione del raggio della ricerca e puo’ quindi consentire, in un tempo piu’ breve rispetto alle logiche restrittive, di pervenire alle conoscenze scientifiche di base che permetteranno il passaggio alla fase della sperimentazione clinica. Sul piano dei principi, tale soluzione trova sostegno nel principio di beneficialita’, il quale, sia pure con differenti accentuazioni, e’ un tratto comune alle principali dottrine morali, ispira l'etica della ricerca biomedica, ed e’ fonte dei doveri di responsabilita’ che noi abbiamo verso le persone che soffrono.
In forza di cio’, tale soluzione da’ corpo alla nostra responsabilita’ verso le prossime generazioni, alle quali indubbiamente ridonderanno i benefici degli sforzi che oggi facciamo nella lotta contro le malattie e la sofferenza. Non va dimenticato infine che questa posizione e’ ispirata ad un atteggiamento collaborativo e prudente, proteso ad evitare il piu’ possibile i contrasti ed attento a rispettare al massimo le diverse convinzioni in campo.


Capitolo 4

RACCOMANDAZIONI
In considerazione dei notevoli benefici attesi dalla ricerca sulle cellule staminali, una parte della Commissione ritiene che sia un dovere della nostra societa’ favorire e sostenere, nei modi piu’ opportuni, la ricerca su tutte le fonti di cellule staminali ricordate nelle Considerazioni conclusive della parte scientifica del presente documento. Resta ferma la liberta’ dei ricercatori o dei gruppi di ricerca di indirizzare le proprie indagini verso la fonte che riterranno piu’ consona alle proprie valutazioni scientifiche e/o etiche, senza pregiudizio alcuno per l'accesso ai finanziamenti. 
La nuova tecnica del trasferimento nucleare per la produzione di cellule staminali autologhe (TNSA) viene raccomandata perche’ offre la prospettiva di risolvere le esigenze quantitative cosi’ come di superare i problemi di compatibilita’ immunologica. La Commissione ha riconosciuto che questa tecnica, essendo in grado di evitare l’avvio della formazione dell’embrione, appare esente da problemi etici. 
In ogni caso, per quanto riguarda la derivazione di cellule staminali da embrioni, la Commissione raccomanda che tale derivazione sia consentita esclusivamente da embrioni soprannumerari. 
La parte della Commissione, favorevole all'utilizzo degli embrioni sovrannumerari, raccomanda che sia al piu’ presto esperita una indagine sul numero e la localizzazione degli embrioni soprannumerari non piu’ destinati all'impianto. Sara’ anche necessario elaborare procedure per ottenere il consenso informato delle coppie che hanno acconsentito alla crioconservazione, ma non intendono piu’ far ricorso a procedimenti di trasferimento embrionale. Tali procedure devono esplicitamente escludere ogni forma di compenso per la donazione e ogni forma di riserva sulla destinazione delle linee cellulari che eventualmente verranno prodotte. Per il futuro, la richiesta di donazione per fini di ricerca dovra’ essere rivolta, previa adeguata informazione, alla coppia solo dopo l'esplicita rinuncia ad utilizzare gli embrioni per scopi riproduttivi. 
Al fine di garantire il controllo pubblico della ricerca sulle cellule staminali - e in adesione all'invito formulato al punto 2.6 del Parere dell'European Group on Ethics in Science and New Technologies - la Commissione raccomanda di esplorare la possibilita’ di istituire un Progetto nazionale di ricerca sulle cellule staminali, dotato di un organismo tecnico di coordinamento centrale coi compiti: 
di elaborare apposite Linee guida per la redazione dei protocolli di ricerca, sia sotto l'aspetto scientifico, sia sotto l'aspetto etico, anche in riferimento alle normative nazionali ed internazionali che governano la ricerca biomedica, laddove applicabili; 
di monitorare l'andamento della ricerca, anche sulla base del confronto coi risultati acquisiti sul piano internazionale, al fine di stabilire tempi e modalita’ del passaggio alla fase della sperimentazione clinica; 
di ricercare, a tempo debito, le opportune forme di coordinamento con gli organismi deputati a valutare ed approvare i protocolli di sperimentazione clinica. 
Nelle more della ratifica della Convenzione sui diritti umani e la biomedicina del Consiglio d'Europa, gia’ firmata dall'Italia, la Commissione raccomanda al Ministro della Sanita’, professor Umberto Veronesi, di predisporre gli atti normativi idonei a consentire la ricerca cosi’ come indicata alla Racc. 1 e, al tempo stesso, a soddisfare quanto previsto dall'art. 18 della suddetta Convenzione, che obbliga gli Stati membri che decidano di autorizzare la sperimentazione sugli embrioni ad adottare misure legislative atte ad assicurare una adeguata protezione dell'embrione.

Roma, 28 dicembre 2000

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 29-01-06