AMICI DI BERTRAND RUSSELL


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STORIA



articolo del 14 marzo 2013

PROGRAMMA FASCISTA DI “SAN SEPOLCRO”
seguente atto costitutivo del fascismo venne presentato il 23 marzo 1919 a Milano in piazza San Sepolcro da cui prese il nome. Non dobbiamo dimenticare che questo programma venne interamente rovesciato da Mussolini prima di arrivare al potere. Può sembrare incredibile, ma l’atto costitutivo del fascismo, letto oggi, sembra scritto da un comunista estremista. Lo potremmo spacciare anche per il programma redatto da Lenin prima della rivoluzione russa. Ciò dimostra che i movimenti politici, quando non vengono controllati dai militanti, diventano solo strumenti di potere. Gli ideali, purtroppo utili per accalappiare i creduloni, vengono rapidamente dimenticati. Una persona che aderisce a un’ideologia, politica o religiosa, dovrebbe ricordare i punti essenziali di tale dottrina, e dimettersi subito allorché i dirigenti del movimento “tradiscono”.

MILANO 23 MARZO 1919 - FONDAZIONE DEL FASCISMO ITALIANO

Italiani! Ecco il programma di un movimento genuinamente italiano. Rivoluzionario perché antidogmatico; fortemente innovatore antipregiudiziaiolo. Per il problema politico noi vogliamo:

suffragio universale a scrutinio di lista regionale, con rappresentanza proporzionale, voto ed eleggibilità delle donne.minimo di età degli elettori abbassato a 18 anni; quello per i deputati abbassato a 25 anni.’abolizione del Senato.convocazione di una Assemblea Nazionale per la durata di tre anni, il cui primo compito sia quello di stabilire la forma di Costituzione dello Stato.formazione di Consigli Nazionali tecnici del lavoro, dell’industria, dei trasporti, dell’igiene sociale, delle comunicazioni, ecc. eletti dalle collettività professionali o di mestiere, con poteri legislativi, e diritto di eleggere un Commissario Generale con poteri di Ministro.’elezione popolare di una magistratura indipendente dal potere esecutivo.

PER IL PROBLEMA SOCIALE, NOI VOGLIAMO:
la sollecita promulgazione di una legge dello Stato che sancisca per tutti i lavoratori la giornata legale di otto ore di lavoro.di paga.
La partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria.
L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie e servizi pubblici.rapida e completa sistemazione dei ferrovieri e di tutte le industrie dei trasportinecessaria modificazione del progetto di legge di assicurazione sulla invalidità e sulla vecchiaia abbassando il limite di età, proposto attualmente a 65 anni, a 55 anni.

PER IL PROBLEMA MILITARE, NOI VOGLIAMO:
L’istituzione di una milizia nazionale con brevi servizi di istruzione a compito esclusivamente difensivo e il disarmo generale.nazionalizzazione di tutte le fabbriche di armi e di esplosivi.
Una politica estera nazionale intesa a valorizzare, nelle competizioni pacifiche della civiltà, la Nazione italiana nel mondo.

PER IL PROBLEMA FINANZIARIO NOI VOGLIAMO:
una forte imposta straordinaria sul capitale a carattere progressivo, che abbia forma di vera espropriazione parziale di tutte le ricchezze.
Il sequestro (confisca) di tutti i beni delle congregazioni religiose e l’abolizione di tutte le mense vescovili che costituisco una enorme passività per la Nazione e un privilegio di pochi.revisione di tutti i contratti d forniture di guerra e il sequestro dell’85% dei profitti di guerra.gestione cooperativa della produzione agricola e la concessione della terra ai contadini.

Sappiamo che questo programma fascista di San Sepolcro venne ignorato dai dirigenti fascisti prima della presa del potere (1922). Quello che non si riesce a capire è il comportamento dei ricchi industriali e agrari che finanziarono il primo fascismo che sembrava un gemello del comunismo: vedi ad esempio il problema SOCIALE e quello FINANZIARIO. Probabilmente conoscevano bene l’opportunismo di Mussolini. anni dopo il cosiddetto duce del fascismo firmava un Concordato in cui concedeva una montagna di soldi e di privilegi al Vaticano.

A cura di Eripac


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articolo del 14 marzo 2013


UNA CHIESA RICCA E PRIVILEGIATA SOSTENUTA ANCHE DAGLI ATEI DEVOTI
Franco Vicentini

1870, quando il papato fu costretto a rinunciare al potere temporale, molti integralisti cattolici pensarono che la chiesa sarebbe stata distrutta. Invece non fu così, anzi ci fu un rinnovamento morale e il clero fu più rispettato dai fedeli. Oggi, se il Concordato fra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano fosse abolito, ci sarebbe lo stesso rinnovamento vantaggioso anche per la fede e i fedeli. Gesù Cristo voleva discepoli poveri e di conseguenza anche una chiesa povera. Nel Vangelo, su questo punto, si leggono frasi che non si prestano a diverse interpretazioni: “Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” (luca 14, 25-33). Un tale chiese a Gesù: “Maestro, che devo fare per diventare tuo discepolo?”. Gesù gli disse: “Va’, vendi tutto quello che possiedi e dallo ai poveri; poi vieni e seguimi” (Marco, 10, 17-30). privilegi, soprattutto economici, hanno fatto più male che bene alla Chiesa. Non vi può essere pace dove c’è estrema povertà ed estrema ricchezza. Le immense ricchezze del Vaticano, delle curie e degli istituti religiosi (banche, cliniche, alberghi, mobili e immobili, partecipazioni azionarie ecc.) devono ritornare ai legittimi proprietari: i poveri. Come chiedeva Gesù.credente dovrebbe pagare di tasca sua per mantenere la sua chiesa e il suo clero. Non ci dovrebbero essere privilegiati (come recitano gli articoli 3 e 19 della Costituzione italiana) pagati direttamente o indirettamente dallo Stato laico, il quale deve essere imparziale nei confronti di tutte le religioni. Perciò: massima libertà di culto, ma nessun privilegio alla religione cattolica né ad altre religioni. Queste ultime frasi, a molti integralisti cattolici, potrebbero sembrare le solite assurdità di neo illuministi anticlericali. Leggiamo quindi cosa dice Vittorio Messori, un intellettuale cattolico che molti definirebbero integralista, al giornalista Giacomo Galeazzi in una intervista su “ La Stampa” del 9 marzo 2006: “Altro che insegnare l’Islam, fosse per me cancellerei pure un vecchio relitto concordatario come l’attuale ora di religione. In una prospettiva cattolica la formazione religiosa può solo essere una catechesi e nelle scuole statali, che sono pagate da tutti, non si può e non si deve insegnare il catechismo. Lo facciano le parrocchie a spese dei fedeli”.noto intellettuale cattolico, Arturo Carlo Jemolo, l’ l1 febbraio 1969, scriveva su “La Stampa” : “Io sono tra quelli che non hanno creduto nel ’29, e non credono oggi, che il Concordato abbia recato e rechi beneficio vuoi alla Chiesa, vuoi all’Italia: resto fedele all’ideale dei vescovi che non domandano mai aiuto al braccio secolare, dei cattolici che obbediscono propter amorem, che si fanno vanto ed un onore di sopperire con i loro mezzi economici i bisogni della Chiesa (ciò che i cattolici di altri paesi realizzano talora anche generosamente).
trasforma le religioni umanitarie e i movimenti ugualitari in apparati di potere, sono le gerarchie che vengono dopo i fondatori. Certo, i tempi cambiano, però ci si dimentica che il potere della chiesa è sempre stato in mano a una gerarchia scelta dall’alto che ha sempre ostacolato ogni progresso sociale, democratico e scientifico. Bravi sacerdoti ne conosciamo molti, ma sono sempre stati emarginati e il loro potere era ed è meno di zero. anni fa ad Assisi Giovanni Paolo II disse che non ci può essere pace senza giustizia. Sappiamo che nel mondo, ogni anno, muoiono milioni di persone di fame e a causa di malattie che potrebbero essere curate. Il Vaticano potrebbe mettere a disposizione una parte del suo immenso patrimonio, cioè dovrebbe restituire ai poveri quello che ha accumulato nei secoli attraverso le donazioni dei ricchi che cercavano e cercano il paradiso in cielo dopo aver goduto quello in terra. Non basta gridare Pace! Pace!, bisogna dimostrare con i fatti la buona volontà. Se il Vaticano darà l’esempio, molti miliardari cristiani, musulmani, ebrei, induisti, buddhisti potrebbero imitarlo.
“L’Espresso del primo settembre 2011, a pagina 39, si legge: “Un patrimonio immobiliare sterminato. E tutto senza tasse. Più sovvenzioni, sconti, esenzioni. Così lo Stato privilegia il tesoro del Vaticano. E rinuncia a entrate milionarie”. Segue un elenco di migliaia di immobili in Roma e provincia di proprietà degli enti religiosi cattolici. L’ articolo, firmato da Stefano Livadiotti, riporta anche una norma concordataria assurda, ma gravosa per le entrate dello Stato. Soltanto il 40% dei contribuenti italiani sceglie una confessione religiosa cui versare il proprio 8X1000. Però l’enorme cifra di chi non indica a chi lasciare i soldi (quasi un miliardo di euro) verrà spartita dalle varie religioni firmatarie dell’intesa con lo Stato. E’ noto a tutti che l’ 85% di tale enorme cifra entra ogni anno nelle casse della chiesa cattolica. Nella cattolicissima Spagna, i soldi di coloro che non hanno scelto le religioni, restano allo Stato. 16 febbraio 2012 il quotidiano “la Repubblica”, a pagina 4, pubblica un lungo elenco di scuole, musei, biblioteche, università (8.779), cliniche, ospedali, alberghi (4.712) e strutture ecclesiastiche soggette all’Ici. L’articolo è firmato da Valentina Cortese, la quale scrive: “Bastava avere una cappellina in clinica, in albergo o nelle scuole e l’Ici, ora Imu, non era dovuta. Un’elusione, quella della Chiesa italiana sugli immobili di sua proprietà usati per attività commerciali, da almeno 700 milioni di euro all’anno secondo calcoli prudenziali dei Comuni”. Il governo Monti vorrebbe far
pagare l’Imu sugli edifici strettamente commerciali del clero cattolico, ma dubito che ci riuscirà. La chiesa cattolica nel nostro Paese non si tocca!
Nel 2011 l’Italia ha ricevuto anche un richiamo dall’Unione Europea (cito a memoria): privilegiando fiscalmente la Chiesa cattolica – diceva il comunicato – lo Stato italiano non fa rispettare la libera concorrenza nel mercato. Richiamo caduto nel vuoto.
E’ innegabile che la vera colpevole è la nostra classe politica, di destra, di centro e di sinistra, la quale non riesce a rifiutare nulla al Vaticano. Nessuno Stato europeo possiede un clero a cui sono stati concessi tanti privilegi economici e di potere come quelli concessi dallo Stato italiano al Vaticano. Anche i laici non credenti italiani sono diversi da quelli di altri paesi cattolici. La nostra è una cultura di sottomissione che delega i problemi al potere più forte. Purtroppo sono pochi e disprezzati i laici italiani disposti a battersi contro lo strapotere delle gerarchie cattoliche. Dopo le grandi conquiste degli anni Settanta sul divorzio e l’aborto, l’Italia si è arresa. Oggi tutte le scelte etiche, e alcune persino politiche, devono sottostare all’approvazione delle gerarchie vaticane. Il concetto di separazione tra Stato e Chiesa nelle sfere etiche e politiche, molto sentito dai nostri padri del Risorgimento (vedi l’affermazione: “libera Chiesa in libero Stato” di Cavour), nell’ Italia di oggi è quasi sconosciuto. Ad esempio soltanto nel nostro Paese esistono i cosiddetti atei devoti difensori dei dogmi e della cultura cattolica baluardo, dicono, della grande civiltà occidentale cristiana. Recentemente gli atei devoti hanno ripreso la polemica antilluministica e antiscientifica (Massimo Teodori “Laici, l’imbroglio italiano”, Marsilio Editori, Venezia 2006 , pagg. 142-143). Gli atei devoti sono lontani anni luce dal pensiero laico. In Italia sono più laici i credenti come quelli sopra citati, Jemolo e Testori, o De Gasperi che seppe dire no a Pio XII, dei laici non credenti. Una anomalia solo italiana.



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articolo del 31 ottobre 2012



Avvenimenti del Settembre 1943 seguenti l’armistizio
visti da Roberto Vacca sedicenne da via Ruggero Bonghi a circa 700 metri dal Colosseo.



Allego il diario che tenni a Roma nel Settembre 1943 dopo l'armistizio.Avevo 16 anni,La resa fu firmata dal Generale Castellano a Cassibile, in Sicilia, il3/9/1943. Eisenhower ne diede notizia da radio Algeri nel pomeriggio dell'8Settembre e un'ora dopo Badoglio lesse a radio Roma un suo comunicato. Imilitari italiani restarono privi di ordini. Alcuni intrapresero azioniarmate contro i tedeschi. Oltre mezzo milione di loro furono internati inGermania.Il re Vittorio Emanuele con la famiglia e Badoglio fuggì in auto il 9settembre e si imbarcò a Pescara sulla corvetta Baionetta: giunto aBrindisi, lesse alla radio un suo comunicato, in cui disse che parlava "daquesto libero lembo di patria"Il 9 settembre 1943 fu costituito il CLN, Comitato di Liberazione Nazionale.Le mie modeste note danno un'idea della confusione di quei giorni.

Roberto



8 settembre
Ore 13 – voci sull’Armistizio
Ore 20 – Notizia ufficiale dell’armistizio [Generale Badoglio a Radio Roma]

9 settembre
Ore 2 – rumore lontano di colpi di cannone o scoppi di mine a intervalli di pochi secondi che durano più o meno fino alle ore 16
Ore 13 – notizie di sbarco americano a Napoli – notizie da ambienti del Ministero Cultura Popolare (in Via Veneto) di sbarchi americani a Genova, Livorno, Civitavecchia. Al Reparto Medio Oriente dello stesso Ministero viene bruciato l’archivio-
Ore 18 – voci di movimenti tedeschi e americani verso Roma. Rumore più vicino di spari (cannoni). Voci di combattimenti fra soldati italiani contro fascisti e tedeschi. Voci di occupazione tedesca dei Castelli. Passaggio di truppe.
Ore 22 – Manifestini inglesi esortano a combattere contro i tedeschi. Bombe forse tedesche su Piazza dei Siculi (vicina, fortissima), via Sisto V, Castro Pretorio – reazione al bombardamento. Allarme aereo che dura dino alle 22.

10 settembre
Ore 10 – spari più vicini (Ostiense, San Paolo). Passaggio di truppe italiane motorizzate e corazzate
Ore 12 – 13 – spari sempre più vicini e forti – voci di disfatta italiana alla Cecchignola. Comunicato (forse falso) del Gen. Caviglia che assicura vita normale a Roma. Continui spari. Allarme aereo fino alle 15. Scoppia uno shrapnel molto vicino: pallette in cortile e in terrazza.
Ore 15-16 – Militari e civili in fuga. Combattimenti a San Paolo (1) – linea alla Piramide Cestia. Spari, bombe e motori per tutte le strade vicine. I tedeschi sarebbero entrati in città. Arriva alla scuola Ruggero Bonghi il colonnello di cavalleria Nisco con 4 cavalleggeri, gli ultimi del suo squadrone. (2) È rosso e congestionatissimo in faccia. I cavalleggeri si fanno dare abiti borghesi. Il colonnello non si leva la divisa. I cavalli saranno portati via due giorni dopo. Spari, colpi di pistola e bombe a mano per le strade fino alle:
ore 19:30 – Radio Roma annuncia un accordo italo-tedesco firmato dal Gen. Calvi di Bergolo e Kesselring che assicura la cessazione delle ostilità e passaggio dei tedeschi fuori dall’Urbe. Voci di occupazione tedesca di Milano e altre città del Nord. Seguitano spari vicini e lontani
ore 21:30 – spari più lontani che finiscono alle 22

11 settembre
Il Gen Calvi di Bergolo ha assunto il comando del Governo Libero di Roma alleato dei tedeschi che hanno in città l’ambasciata, l’EIAR e la centrale telefonica. Le truppe tedesche non passeranno per l’Urbe. Continuano spari vicini e rari e cannonate lontane non molto frequenti.

12 settembre
I tedeschi si sono insediati in Italia come in territorio occupato. In Italia vigono le leggi di guerra tedesche. Tutto dipende da loro. Calvi e i suoi uomini collaborano coi tedeschi.

24 settembre
Calvi di Bergolo con il suo aiutante è asportato dai tedeschi nel suo ufficio e portato via per ignota destinazione. (3)

_____________________________________________________________.
Fra i combattenti a Porta San Paolo anche: Sandro Pertini, Ugo La Malfa, Bruno Buozzi.
Il Tenente Colonnello Enzo Nisco dopo aver combattuto a Porta San Paolo, si era ritirato probabilmente dopo l’arrivo dei blindati tedeschi.
Calvi (genero di re Vittorio Emanuele III) fu tenuto prigioniero dei tedeschi e liberato dagli Alleati entrati a Roma il 5 Giugno 1944. Morì nel 1977.



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articolo del 2 marzo 2012

RISPOSTA STORICA AI REVISIONISTI DELLA RESISTENZA

di Franco e Paolo Vicentini

Da alcuni anni è attivo in Italia un revisionismo storico di destra che cerca di dimostrare come gli ideali dei repubblichini fascisti siano stati altrettanto meritevoli di quelli degli italiani che combatterono nella resistenza per la libertà, senza nessuna cura del fatto che i repubblichini accettarono gli “ideali” razzisti dei nazisti. Possiamo forse comprendere i ragazzi di Salò plagiati dalla propaganda mussoliniana, al suono di parole come “onore” e “patria” (ancora oggi le più ripetute dagli ex fascisti); questo però non può arrivare fino al punto di farci nascondere la cruda verità storica. Quale “onore” ci poteva essere in quei repubblichini fascisti che torturavano i partigiani catturati e consegnavano uomini, donne e bambini ebrei ai nazisti ? Conoscevano i giovani di Salò l’aberrante ideologia razzista dei nazisti ? I repubblichini si rendevano conto che i tedeschi li utilizzavano solo per i rastrellamenti dei fratelli italiani ? Quanti fascisti si ribellarono alle mussoliniane leggi razziali del 1938? Anche la “difesa della Patria” ci sembra una falsificazione della verità per giustificare l’alleanza col mostro nazista. Sapevano o non sapevano i fascisti di Salò che Hitler aveva inserito nel Terzo Reich germanico Bolzano e Trento e persino le province di Belluno, Udine, Gorizia e Trieste sottratte all’Itala? Se Hitler avesse vinto la guerra queste province sarebbero state incorporate nel Reich perché Mussolini si era già rassegnato a perderle (Luigi Salvatorelli e Giovanni Mira, “Storia d’Italia nel periodo fascista”, Einaudi, Torino 1964, vol. II, pag. 558). E come è possibile ignorare i venti mesi in cui i repubblichini di Salò si resero responsabili di rastrellamenti, torture, stupri, uccisioni e incendi di case di chi aiutava i partigiani? I revisionisti possono oggi pretendere che non ci fossero vendette durante e dopo la liberazione ? Ricordiamoci che nella guerra di liberazione morirono quarantaseimila partigiani e ventiduemila restarono mutilati. E non dimentichiamo che erano giovani antifascisti, male armati, che spontaneamente andarono in montagna affrontando il freddo, la fame e sotto l’incubo dei rastrellamenti dei nazifascismi. I fascisti, invece, erano cinque volte più numerosi, bene armati, mangiavano buon cibo e abitavano in caserme protette e riscaldate.
Per ristabilire la verità storica, i revisionisti dovrebbero sapere che Togliatti, leader dei comunisti italiani, fu il primo a volere una pacificazione: quando divenne ministro della Giustizia fu infatti la sua sanatoria che permise a molti fascisti di riprendere le cariche che detenevano nelle gerarchie dell’esercito, della polizia e della burocrazia durante il Ventennio. Inoltre, sempre a scopo di pacificazione Togliatti fece approvare in Parlamento l’articolo 7 della Costituzione con cui si confermò il Concordato del 1929, firmato da Mussolini e dal Vaticano, il quale senza il voto determinante dei comunisti sarebbe stato bocciato.
Oggi nei vari giornali e anche su internet si leggono decine di lettere e interventi che denunciano (spesso senza una seria documentazione) i delitti perpetrati, dopo la liberazione, dai partigiani nei confronti di innocenti e indifesi fascisti. E’ vero che in tutti gli eserciti ci sono delinquenti. E certamente anche tra i partigiani ce ne furono. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che furono proprio i repubblichini che per primi, nei venti mesi in cui ebbero il potere, torturarono e impiccarono moltissimi partigiani catturati. La vendetta è condannabile, ma pochissime persone riescono a non vendicarsi quando hanno subito ingiuste violenze e soprusi.
Le uccisioni di fascisti catturati dai partigiani furono pertanto la conclusione di:

23 anni di violenze prima squadristiche, poi poliziesche: Tribunale speciale, istituto del confino, pesanti detenzioni, bastonature a morte di avversari politici in cui morirono Matteotti, Amendola, i fratelli Rosselli e moltissimi altri meno famosi;
guerra a fianco del nazismo contro nazioni che non ci avevano aggredito (Etiopia, Spagna, Francia, Inghilterra, Russia, Grecia, Jugoslavia);
sette anni di persecuzione antiebraica e collaborazione al genocidio;
venti mesi di guerra civile (che noi preferiamo definire Resistenza al nazifascismo razzista e distruttore di ogni ideale democratico e di libertà) durante i quali le forze armate della repubblica di Salò (mai presenti sui fronti di guerra) collaborarono costantemente con i nazisti in feroci rastrellamenti, in rappresaglie, esercitando in proprio torture, impiccagioni, incendi di villaggi, fucilazioni in massa che compresero donne,bambini, vecchi. Su questi fatti si può leggere il libro di Federico Maistrello: “La XX Brigata Nera. Le sentenze della Corte d’Assise Straordinaria di Treviso 1945/46”, CIERRE edizioni, Verona 1995.

E’ vero: dopo 23 anni di politica, di bastonature, di torture e di guerre fasciste, alcune migliaia di militi fascisti furono uccisi senza regolare processo (mentre la maggior parte di essi – compresi alti dirigenti politici, alti magistrati e militari – fu mandata assolta dopo brevi detenzioni in forza di atti d’amnistia o di clemenza).
Ma è possibile indignarsi per i morti fascisti dell’aprile-luglio 1945 e dimenticare le tragedie immani di 23 anni di fascismo? E ancora: è possibile stabilire una sorta di equazione tra i due momenti storici? Solo le guerre fasciste (tutte di aggressione) ci costarono 400 mila morti; partigiani uccisi furono 46 mila; ventimila ebrei, comunisti e oppositori furono mandati nei campi di sterminio nazisti; l’Italia fu ridotta in macerie: 4 milioni di senza tetto, un milione e mezzo di sfollati, migliaia di fabbriche, ponti e ferrovie distrutti. Questa era l’Italia ereditata dal fascismo nel 1945 (cfr. Denis Mack Smith “Storia d’Italia 1861-1969”), Laterza, Roma-Bari 1969; (“Pietro Nenni, “Intervista sul socialismo italiano”, a cura di Giuseppe Tamburrano, Laterza, Roma-Bari 1977).
Voler dimenticare tutti i morti, le guerre e le violenze fasciste e ricordare solo le vendette partigiane contro alcune migliaia di fascisti, significa non essere capaci di una seria e razionale autocritica. A chi desidera approfondire la violenza fascista, nata molto prima della Repubblica di Salò e prima della marcia su Roma, consiglio la lettura del libro di Mimmo Franzinelli ““Squadristi”, Mondadori, Milano 2003. L’autore è uno storico, dunque il suo racconto è basato su una precisa e rigorosa documentazione d’archivio.
Un secondo libro di cui consiglio la lettura è “Assalto a Treviso” di Francesco Scattolin, CIERRE Edizioni, Verona 2001. Scattolin ricostruisce le vicende di un avvenimento importante: la spedizione punitiva contro Treviso avvenuta il 13 luglio 1921, che ebbe risonanza nazionale. 1500 fascisti, provenienti da diverse località, piombarono su Treviso e devastarono le sedi repubblicane e quelle del partito popolare; distrussero le tipografie dei giornali “La Riscossa” e “Il Piave” e intimidirono con azioni criminose tutta la cittadinanza. I libri di Franzinelli e Scattolin mettono in luce anche particolari poco ricordati, come il fatto che la marcia su Roma del 1922 fu preceduta da un triennio di crescenti violenze e complicità politiche, le quali permisero alle squadracce fasciste, braccio armato dei fasci di combattimento, di fiaccare gli avversari preparando il terreno all’ascesa di Mussolini al potere.



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articolo del 20 dicembre 2011


AMORE PER IL FUTURO - di Roberto Vacca, Il Caffè. 18/12/2011


Chi ama immaginare l’avvenire, lo pregusta, cerca di prevederlo e lavora a costruirlo – talora con successo. Vive meglio di chi teme il futuro, si arrovella nell’ipocondria, non si azzarda ad agire – e subisce.
Teucro, cacciato da Salamina dal padre re Telamone, incoraggiava i compagni: “Nil desperandum! Non disperiamo: infatti Apollo ha promesso che costruiremo una nuova Salamina in una nuova terra.” La profezia del dio si avverava nella leggenda, in realtà, invece, tante luminose speranze gratuite vengono deluse.
Le profezie interessano lo storico delle religioni o chi ama le leggende di aruspici. La fede cattolica insegna che i profeti esistono: “attraverso di loro ha parlato lo Spirito Santo. che procede dal Padre e dal Figlio”. Secondo Tommaso d’Aquino (Summa, 2-2, 171.),: le profezie provengono da Dio, sono vere e fanno conoscere eventi futuri, presenti o passati prima ignoti. Il profeta, ricevuta la rivelazione, deve compiere un miracolo per confermarla.
Primo Levi nel 1986 scrisse: “E’ difficile distinguere fra profeti buoni e falsi. A mio parere sono tutti falsi. Non credo ai profeti, benché io appartenga a una stirpe di profeti.”. Serve poco dire che cosa succederà, se non si spiega perché. “Hier es gibt kein Warum”[“Qui non ci sono perché”] – rispose un SS a Primo Levi che chiedeva perché fosse proibito dissetarsi con un ghiacciolo staccato da una finestra.
Non accettiamo i vaticini: meglio sondare i futuri possibili in modi razionali. La passato e usiamo metodi già applicati con successo. Ad esempio le popolazioni biologiche e le epidemie crescono prima lentamente, poi accelerano (sembrano esponenziali), infine rallentano e si fermano. Le fonti energetiche declinano se entrano in scena alternative più efficaci. Questi andamenti, sono descritti da equazioni di Volterra e da grafici a forma di S. Forniscono proiezioni accurate: spesso, ma non sempre. Gli approcci logico-sperimentali sono illuminanti, ma anche su di essi si polemizza. E' normale: l'avvenire di grandi sistemi dipende da variabili troppo numerose.
Ciascuno di noi è profeta o futurologo: non per scelta, ma per semplice necessità. Il futuro a breve termine (di ore o giorni) lo prevediamo spesso in modo accurato. Più lontano è l’orizzonte a cui guardiamo, meno chiara è la nostra visione, meno si avverano le nostre aspettative. Come ogni altra attività, la previsione si può fare male in tanti modi o bene in pochi. Fa previsioni sbagliate chi le improvvisa, va a caso. Se è bravo a descrivere eventi futuri luminosi che gli piacciono tanto, configura così bene l’immagine di paesi in cui latte e miele scorrono nei ruscelli che anche tanti altri apprezzano quelle visioni e le credono imminenti. Così obbediscono e ignorano gli indizi che i processi in corso conducono da tutt’altra parte. Hitler descriveva un avvenire di pane e libertà per i tedeschi, l’avvento di un Reich di mille anni (senza ebrei), la dominazione germanica del mondo. Milioni di tedeschi si fecero ammazzare per realizzare quella visione. Accettarono violenza e barbarie. Omisero di confrontare risorse e potenza della Germania con quelle di America e Russia. Finirono per raggiungere un ben noto Anno Zero.
Su scala molto minore si comporta in modo simile chi spera senza ragione che gli accadranno cose gradevoli e che avrà bellissimi regali. Vincerà alla lotteria. Verrà ingaggiato da un’azienda che lo farà lavorare poco e lo pagherà moltissimo. Il suo coniuge, scelto nevroticamente, non sarà più assertorio, egoista, inaffidabile, ma diventerà cedevole, altruista, responsabile. Governanti e deputati si rimetteranno a studiare e diviseranno politiche razionali e costruttive tali da risanare l’economia e da ottimizzare l’ambiente, la giustizia, la cultura – senza alcun riguardo per i propri interessi personali. Amare un futuro bello, improbabile, non progettato, immeritato, non porta da nessuna parte. Non contribuisce a realizzarlo e non è nemmeno divertente. È un’attività che somiglia a quella dei fumatori d’oppio. In inglese si chiamano pipe-dreams (sogni da pipa).
Ama il futuro da adulto chi conosce il passato e capisce come si è svolto e perché. Chi immagina come si possano cambiare gli obiettivi e modificare i rapporti di forze. Chi ha visto tanti modi essere e ha conosciuto validi modelli di umanità, ha imparato a stimarli e ha cercato di imitarli. Progettare un avvenire complicato e positivo è anche un’attività divertente. Sta alle divagazioni su possibili futuri da babbei come il gioco degli scacchi sta al rubamazzo.
È questo secondo approccio che ho scelto. Io costruisco scenari sociali, economici, tecnologici - storie future e plausibili. Per farlo occorre conoscere il passato, capire i meccanismi della storia (rivoluzioni, invenzioni, innovazioni) e di eventi naturali (variazioni del clima, evoluzione biologica). Poi vanno poste domande nuove, ma non scelte a caso. Si comincia col supporre che le tendenze attuali continuino a svilupparsi come in passato. Dove ci porterebbero? Poi si deve cercare di intuire nuove tendenze appena iniziate o che si possono immaginare come probabili dopo svolte paradossali - che accadono spesso.
I più interessanti interrogativi sul nostro futuro a livello internazionale riguardano tragedie: conflitto nucleare (scatenato da stati impazziti o da guasti nei sistemi di controllo), diffusione del terrorismo. Ma dobbiamo anche chiederci quali siano i modi per invertire le tendenze correnti verso superficialità, incultura, interesse per canzoncine, spettacoli. personaggi noti e insulsi. Faremo bene a progettare una cultura nuova (non fatta solo di giochi e di entertainment) basata sulla tecnologia avanzata. Questa è sfruttata bene da pochi esperti e male dai più (come nel caso dei personal computer velocissimi che tanti usano solo per chiacchiere e attività volatili). Il futuro da amare è quello in cui i tratti negativi scompaiono e si realizza una società prospera, libera, innovativa, controversa in cui si fanno lavori stimolanti e si parla di argomenti interessanti e vitali, non di sciocchezze, in cui la maggioranza delle persone raggiunge livelli di alta qualità umana e culturale.
Orazio, nella sua ode del “carpe diem” esortava Leuconoe a non chiedere che fine ci avessero dato gli dei, ma a sopportare qualunque cosa ci dovesse capitare. Aveva torto: è meglio chiedere (a chi sa), sopportare di meno e combattere per costruire un futuro almeno un po’ migliore.


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articolo del 7 ottobre 2011

MOLTI SI DIMENTICANO DEI PATRIOTI MORTI PER L’UNITA’ D’ITALIA

di Eripac

Il leader di un partito che governa l’Italia da oltre nove anni vuole l’indipendenza della Padania. E’ una proposta perdente perché un referendum la boccerebbe: infatti la stragrande maggioranza degli elettori del Nord sicuramente voterebbe per l’Unità d’Italia. E nel caso vincessero i secessionisti, ci sarebbero ripercussioni economiche disastrose. L’enorme debito pubblico qualcuno lo dovrà pagare. Se i nostri titoli (emessi per coprire il debito) diventeranno carta straccia, nessuno avrà fiducia di noi e l’economia del Paese crollerà; inoltre ci sarebbe persino il rischio di una guerra civile.
Purtroppo oggi molti secessionisti non si rendono conto del sangue versato (anche sangue veneto, lombardo, piemontese, emiliano, ligure ecc.) per unificare l’Italia.
Dopo le tre guerre per l’Indipendeza in cui morirono molti patrioti, la prima guerra mondiale fu combattuta per unire all’Italia Trento e Trieste. La migliore gioventù si sacrificò e, tra il 1915 e il 1918, morirono in quel conflitto più di 600 mila giovani italiani di tutte le regioni.



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articolo del 31 marzo 2011

MUSSOLINI HA COSTRUITO DIECI E DISTRUTTO CENTO

di Gianfranco Dugo

Molte persone sognano il periodo fascista. Certamente le guerre di Mussolini non hanno portato lutti nelle loro famiglie, e non hanno avuto le case distrutte e i loro cari uccisi dai bombardamenti.
Nella facciata di una vecchia casa di Treviso è ancora visibile uno slogan mussoliniano: “Le aquile di Roma hanno ripreso il volo”. Il fascismo voleva ripetere le glorie militari dell’antica Roma e si era appropriato di tutti i suoi simboli imperiali. Nel Veneto, durante il ventennio, le famiglie antifasciste erano pochissime. La maggioranza dei veneti e degli italiani credeva ciecamente nella propaganda di Mussolini e sognava l’impero. Il duce del fascismo amava le guerre e aggredì molti paesi deboli. Ebbe facili vittorie. Quando però ci fu una vera guerra, gli italiani più intelligenti capirono che il duce sapeva solo illudere i creduloni. L’esercito che Mussolini mandò ad aggredire la Russia per appoggiare le armate naziste di Hitler, era pietosamente inadeguato: indumenti per climi temperati, scarpe di cartone e armi obsolete della precedente guerra 15/18. Morirono in Russia 80 mila italiani e molti di questi per congelamento. Il conflitto 40/45 costò agli italiani 400 mila morti e l’Italia affamata e in macerie. Mussolini ha costruito dieci e distrutto cento.



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articolo del 01/07/2010

FRA POCHI MESI IL 150° ANNIVERSARIO DELL'UNITA' D'ITALIA
(ma per capire l'unità d'Italia dobbiamo conoscere la storia)

di Franco De Rossi

Chi ha le leve dell'informazione e della propaganda ha sempre successo se alimenta i pregiudizi e le ambizioni nazionalistiche. Basta leggere un po' la storia per capire che spesso gli ideali si capovolgono. Ad esempio i patrioti veneziani nell'Ottocento erano di segno opposto ai pronipoti "patrioti padani" di oggi. Nel 1849 il popolo veneziano scacciò gli autriaci che dominavano Venezia da quasi quarant'anni, ma poi dovette arrendersi a causa del colera e della fame. I patrioti veneziani di quell'epoca volevano l'Italia unita. Sessantacinque anni dopo, nel 1914, quasi tutta la borghesia italiana e i giovani studenti (anche veneti) erano a favore della guerra per liberare Trento e Trieste. L'Italia entrò nel conflitto nel 1915 e ci furono 600 mila morti. Nel 1940 Mussolini, acclamato anche dalle folle venete, dichiarò guerra alle demoplutocrazie per espandere l'Impero. In quell'epoca nessun "padano" sognava la Padania, ma tutti erano orgogliosi di essere italiani e di appartenere all'Italia Imperiale. La guerra voluta da Mussolini causò altri 400 mila morti (moltissimi anche tra i civili), le città semidistrutte e affamate. Oggi molti veneti cavillano sul fatto che il Veneto si unì all'Italia nel 1866 dopo un referendun che contestano. Dovrebbero leggere meglio la storia e pensare agli ideali dei nonni e dei bisnonni e alcuni dei padri e degli zii.
P.S. - Negli anni Cinquanta e Sessanta, quando quasi tutti i veneti erano poveri, nessuno sognava la secessione dall'Italia. Certe idee nascono quando si è ricchi ma si vuole di più ?


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articolo del 01 maggio 2010


LE ASSURDITA' STORICHE DI MOLTI REVISIONISTI

di Franco De Rossi

Ritengo assurdi gli interventi nei giornali di molti pseudo revisionisti. Come è possibile che ci siano italiani che negano il sacrificio di migliaia di giovani partigiani uccisi dai nazifascisti ? Molti partigiani erano comunisti, ma c'erano anche molti democristiani, liberali, socialisti e azionisti.
Quando si parla di delitti dei partigiani è necessario comprendere il contesto dei 20 mesi che precedettero la fine della guerra. In quei 20 mesi morirono 80 mila partigiani, molti dopo essere stati torturati dai nazifascisti. E' condannabile, ma è difficile non vendicarsi quando ti hanno ucciso il figlio o il fratello. A chi vede solo le violenze dei partigiani, consiglio il libro dello storico Federico Maistrello: "XX BRIGATA NERA". Attraverso gli atti processuali emergono tutte le atrocità commesse dalle Brigate Nere nella provincia di Treviso. Purtroppo tutte le nostre province hanno subito più o meno le stesse violenze fasciste.
Ricordo che i partigiani erano giovani antifascisti che spontaneamente andarono in montagna male armati affrontando il freddo, la fame e sotto l'incubo dei rastrellamenti nazifascisti. Ci volevano grandi ideali di giustizia per combattere il fascismo in quelle condizioni. I fascisti, invece, erano cinque volte più numerosi, erano bene armati, mangiavano buon cibo e dormivano in caserme ben protette e riscaldate. Il 25 aprile 1945 abbiamo ereditato l' Italia in macerie, affamata, che piangeva 400 mila morti nelle guerre volute da Mussolini. Oggi moltissimi italiani si sono dimenticati che Mussolini ha costruito dieci e distrutto cento. Solo in Russia morirono 80 mila giovani. Gli orrori del fascismo non devono essere dimenticati. Il 25 aprile aiuta a ricordare.
Per la verità storica, gli pseudo revisionisti dovrebbero sapere che Togliatti fu il primo a volere una pacificazione: quando divenne ministro della Giustizia fu infatti la sua sanatoria che permise a molti fascisti di riprendere le cariche nelle gerarchie dell'esercito e della burocrazia; e fu per decisione di Togliatti che i parlamentari comunisti votarono l'articolo 7 della Costituzione che confermò il Concordato fascista con la Santa Sede.


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articolo del 16 aprile 2010

IL POPOLO VOLEVA L'ITALIA UNITA
di Gianfranco Dugo

E' noto che i padri del Risorgimento italiano sono detestati da chi rifiuta l'unità d'Italia. Garibaldi e Mazzini sono i più odiati di tutti. Inoltre ci sono molti che interpretano arbitrariamente la storia.
Ad esempio affermano che i veneti erano tutti contro l'unità d'Italia. Non è la verità. Se molti veneti militavano nell'esercito austriaco era per il pane, non certo per patriottismo austriaco. Invece è certo che la più illuminata borghesia veneziana (e persino molti nobili e la maggioranza del popolo) era contro gli occupanti austriaci e voleva unirsi all'Italia. Lo prova il fatto che Milano, Venezia, Brescia e altre città del nord nel 1848 si ribellarono al dominio austriaco gridando viva l'Italia! Dopo aver costretto gli austriaci a fuggire da Venezia il popolo veneziano, capeggiato da Daniele Manin, resistette più di un anno. Quando cadde la Repubblica Romana Garibaldi corse in aiuto del popolo veneziano ancora libero, ma il suo piccolo esercito di poche centinaia di uomini, braccato da 30 mila francesi e 15 mila austriaci, dovette disperdersi. Garibaldi si salvò per miracolo, ma perse sua moglie Anita.
Coloro che odiano Garibaldi e Mazzini fingono di non sapere che morirono migliaia di giovani di tutte le regioni (tra i volontari garibaldini c'erano anche molti veneti e lombardi) per liberare l'Italia dagli stranieri e dai regnanti imposti dall'alto. La migliore gioventù voleva un' Italia unita dalle Alpi alla Sicilia. Infine non risponde a verità che i veneti si opposero all'unificazione. L'adesione dei veneti al Regno d'Italia fu entusiasta e solo un piccolissimo numero votò contro quando ci fu un plebiscito. In quell'epoca il voto era riservato a chi sapeva leggere e scrivere e pagava le tasse; in tutte le repubbliche democratiche e le monarchie costituzionali questa era la regola elettorale.


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articolo del 10 novembre 2010

Leggo spesso lettere di cattolici integralisti che disprezzano gli illuministi e i liberi pensatori. Questi integralisti si dimenticano però di Mussolini e Hitler nemici del cristianesimo, ma non delle gerarchie cattoliche: lo dimostra il fatto che nel 1929 e nel 1933 i due dittatori fecero un concordato con il Vaticano. Nazisti e fascisti predicavano il razzismo o l'uguaglianza ? Gesù Cristo predicava l'uguaglianza ("Ama il prossimo tuo come te stesso") o il razzismo ?
Se osserviamo la storia degli ultimi trecento anni dobbiamo riconoscere agli illuministi e ai liberi pensatori il merito di aver liberato il mondo da molte superstizioni e dalle crudeltà più mostruose. L'Occidente cristiano nelle Americhe ammetteva la schiavitù fino alla seconda metà dell'Ottocento. Quando l'illuminista Cesare Beccaria nel 1764 pubblicò "Dei delitti e delle pene" (opera in cui condannava la tortura e la pena di morte), il libro venne messo all'Indice dalla Chiesa e ci rimase fino al 1962; invece il libro di Adolf Hitler,"Mein kampf", non fu mai messo all'Indice. Se oggi l'Occidente gode di molte libertà civili e democratiche, lo dobbiamo agli illuministi e ai liberi pensatori, non certo alle gerarchie cristiane che restano quelle del Sillabo di Pio IX. Per conoscere meglio la Storia della Chiesa consiglio "La Santa casta" di Claudio Rendina.

Franco De Rossi - 31 ottobre 2009


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articolo del 25 giugno 2009

NELLA SERENISSIMA ANCHE LA BORGHESIA NON CONTAVA NULLA
(la Repubblica di San Marco considerava il Veneto terra di conquista)
di Franco De Rossi

Ci sono fatti storici che i secessionissti veneti non vogliono ammettere. La Serenissima Repubblica di Venezia riteneva che il Veneto fosse una sua colonia conquistata. Lo dimostra il fatto che fino al XV secolo le città venete erano spesso in guerra tra loro, e Venezia era spesso in conflitto con alcune. La Serenissima era governata solo da nobili iscritti all’albo dei patrizi veneziani. Esistevano due tribunali: uno per il popolo e uno per i nobili. Questi ultimi non subivano mai le pene corporali. La tortura, molto praticata, era riservata solo al popolo e alla borghesia. Quando nel 1797 la Serenissima fu conquistata da Napoleone, Ludovico Manin, ultimo doge, decretò la fine della Repubblica di San Marco con 512 voti favorevoli e solo 20 contrari (Napoleone aveva promesso ai nobili di non toccare le loro proprietà se cedevano il governo di Venezia al Popolo). Nel 1866 la popolazione che votò il plebiscito era solo quella che pagava le tasse e sapeva leggere e scrivere. La quasi totalità della popolazione viveva in campagna, era poverissima e non possedeva nessuna informazione. Il voto per censo era in uso nelle poche democrazie dell’epoca e nelle monarchie con parlamenti costituzionali. I giornali del 1866 hanno titoli trionfali per la raggiunta unità d’Italia. Solo alcuni giornaletti di fanatici estremisti clericali furono contrari. Quasi tutta la borghesia veneta era per l’unità.


ISRAELIANI E PALESTINESI: UNA PACE DIFFICILE
Francesco Scattolin

La diaspora ebraica è in atto in tutto il Mediterraneo già prima dell’era volgare. Vedi l’esplicito accenno agli ebrei nella IX satira del primo libro in Orazio, vedi le lettere di S. Paolo alle comunità ebraiche disseminate in tutte le città portuali del Mediterraneo.
Le vicende di questa diaspora plurisecolare porteranno a varie forme di comunità sefardite che, originarie dalla Spagna e dal Portogallo, si diffusero, dopo l’espulsione degli ebrei dalla penisola iberica ad opera dei re cattolici, in Africa e nel Medio Oriente; alle comunità degli asxenazi diffuse in Germania e nell’Europa orientale.
La lunga storia dell’emarginazione secolare delle comunità ebraiche in Europa, in Africa e nel Medio Oriente (ghetti, pogrom) assume un significato del tutto particolare alla fine dell’ 800 quando emergono nell’ambito europeo dottrine razziste (Chamberlain, De Gobineau, l’Action francaise di Charles di Maurras e Leon Daudet) che avranno un clamoroso riscontro nell’affare Dreyfus in Francia, cioè nella condanna di un innocente ufficiale dell’esercito, poi riabilitato. L’affaire Dreyfus dividerà opinione pubblica, intellettuali, politici in due campi opposti, con il trionfo sì delle posizioni libertarie rappresentare da Emile Zola, ma anche con la rivelazione di un diffuso sentimento razzista sia in Francia che in Europa più genericamente. Entro questo contesto si situa la risposta ebraica promossa dall’ungherese Theodor Herzl il quale organizza a Basilea nel 1897 il congresso mondiale ebraico da cui promana l’idea di uno Stato nazionale ebraico. Herzl anzi dice qualcosa di più profetico: "Ho fondato lo Stato ebraico. Forse fra 50 anni tutti se ne renderanno conto".
Alla fine dell’800 la Palestina è una secondaria provincia dell’impero ottomano, provincia povera e scarsamente abitata (500.000 arabi circa contro 50.000 circa ebrei). Il movimento sionista promosso dal Congresso di Basilea ha indicato l’obiettivo del ritorno ebraico nella Palestina e avviato anche una sorta di colletta fra le comunità ebraiche della diaspora per l’acquisto di terra in quella regione. La vicenda resta abbastanza limitata sino alla prima guerra mondiale. Nel 1917, in un momento di gravi difficoltà degli eserciti anglo-francese e italiano, il ministro degli esteri inglese, Lord Balfour, coll’intento di minare l’impero turco già sceso in guerra a fianco degli imperi austriaco e germanico, avvia una politica di impegni e di promesse liberatrici nei confronti delle comunità arabe mediorientali sottoposte ai turchi ed inserisce una storica dichiarazione a favore degli ebrei per la quale è prevista, a guerra vinta, la ricostruzione in Palestina di uno Stato ebraico.
Il risultato della dichiarazione Balfour invece sarà un mandato inglese sulla Palestina. Altri protettorati anglo-francesi su Siria, Libano, Giordania, Iraq, in seguito al dissolvimento dell’impero ottomano, verranno stabiliti con i vari trattati internazionali. Il convulso periodo che si suole designare "tra le due guerre" vede una sempre più intensa migrazione ebraica in Palestina sorretta da una organizzazione internazionale sionista (Aliyah Beth). Questa migrazione trae certo origine dal rinato sentimento nazionale delle comunità ebraiche della diaspora, ma è fortemente stimolata dai venti razzisti che spirano in Europa. Nel ’33 Hitler va al potere in Germania e avvia la spietata repressione entiebraica. Stalin nel 1934 progetta in una paludosa area siberiana, il Birobidjan, di riunire le comunità ebraiche dell’Urss. Nell’Europa tutta sorgono partiti, movimenti di ispirazione fascista e nazista che hanno l’antisemitismo come caratteristica ideologica. Negli anni ’40 il governo collaborazionista di Petain (il governo di Vichy) svolgerà una politica di persecuzione anti-ebraica con arresti, deportazioni, confische. Perciò l’emigrazione ebraica verso la Palestina accelera nel periodo tra le due guerre nonostante l’opposizione delle autorità inglesi e le proteste allarmate della popolazione araba. Ciò non impedisce però la vendita di terre agli ebrei, terre spesso incolte e sabbiose nelle quali i coloni ebrei avviano la costituzione dei Kibbutz che sono insediamenti abitativi e agricoli ma anche nuclei di difesa armata.
La situazione europea sempre più spaventevole agli ebrei mentre ci si avvia al conflitto mondiale, se accelera da un lato l’arrivo dei profughi in Palestina dall’altro crea tragedie vere e proprie poiché gli ebrei in fuga dall’Europa antisemita vengono respinti dalla polizia inglese o deferiti in campi di detenzione e immessi in Palestina se le arbitrarie quote inglesi lo consentono.
Lo scoppio della guerra europea (settembre ’39) muta il rapporto tra l’autorità inglese e il mondo ebraico. I giovani ebrei vengono arruolati dall’esercito inglese operante nel Nord Africa e vengono impiegati soprattutto nel settore trasporti, ciò che permette la sottrazione di armi e di esplosivi a favore delle organizzazioni ebraiche in clandestinità.
L’esercito inglese organizza prima un reggimento poi una vera e propria brigata di soldati ebrei ai quali viene consegnata la bandiera con la stella di Davide. La brigata ebraica partecipa alla campagna d’Italia con l’Ottava armata inglese, in particolare negli ultimi mesi di guerra è impiegata in Romagna insieme al gruppo di combattimento dell’esercito italiano "Friuli".
L’ ONU, costituitasi già nel 1945, di fronte alla guerriglia in atto in Palestina tra ebrei e arabi e agli attentati contro le forze inglesi garanti ancora del mandato, emana la risoluzione n. 181 il 29 novembre 1947. Con questa risoluzione si indica la necessità di una spartizione della Palestina tra uno Stato ebraico e uno Stato arabo-palestinese, mentre per Gerusalemme si prevede uno statuto di internanazionalizzazione. La popolazione della Palestina nel 1945 è composta da 650.000 ebrei e un milione e mezzo di arabi. Di fronte ad uno stato di guerra già in atto, dopo continui attentati dall’una a dall’altra parte, il 15 maggio 1948 il contingente militare inglese lascia la Palestina con la rinuncia definitiva al mandato. Contemporaneamente dalla radio di Tel Aviv Ben Gurion, a capo di un governo ebraico auto proclamatosi, annunzia la nascita dello Stato d’Israele.
La spartizione della Palestina prefigurava la nascita, fianco a fianco, di uno Stato ebraico e uno palestinese. Quest’ultimo non nacque perché, subito dopo la nascita di Israele, il mondo arabo non volle aiutare i palestinmesi a costruire il loro Stato, ma si prefisse solamente, con la guerra, di cancellare lo Stato ebraico. I palestinesi sono vittime soprattutto dei nemici di Israele, dei falsi amici e della propria passata corrotta e inetta classe dirigente.
Molti conoscitori del mondo arabo-musulmano sostengono che alcuni Stati musulmani si fingono moderati, ma poi finanziano chi organizza e addestra i kamikaze. Lo scopo è evidente: creare un nemico esterno per distogliere l’attenzione dalle smisurate ricchezze della classe dominante (le grandi banche mondiali sono imbottite di petroldollari mentre la popolazione vive in miseria).
L’attuale presidente dell’Iran Mahmoud Ahmadinejad, che ha espresso frasi di odio e distruzione contro Israele, è sicuramente uno dei falsi amici dei palestinesi. Purtroppo, con il suo sostegno agli integralisti religiosi fanatici (vedi il "Magazine" del Corriere dell’ 8.08.06) e contro gli stessi dirigenti palestinesi succeduti ad Arafat, l’Iran è il principale ostacolo alla pace. E’ dal lontano 1979, dopo la vittoria degli ayatollah, che da Teheran si propone la distruzione di Israele. Ricordiamo che Khomeini, che dell’Iran teocratico, fondamentalista e integralista è stato il fondatore, aveva detto: "Il regime che sta occupando Gerusalemme deve essere cancellato dalle pagine della storia".
Tuttavia ci offre una speranza il fatto che molti stati arabi e musulmani abbiano riconosciuto Israele e, oggi, la stessa dirigenza palestinese ne riconosce l’esistenza, condanna il terrorismo e i kamikaze e si muove nella direzione della ricerca di una soluzione di pace del conflitto. Sfortunatamente chi ostacola la pace sono i gruppi integralisti come Hamas, il Jihad islamico e Hezbollah, che godono dell’aperto sostegno dell’ Iran. Eliminare i kamikaze è impossibile se non si trova chi li istiga e li finanzia; e finchè non si impedirà anche a Teheran di finanziare i gruppi integralisti, non si arriverà mai alla pace del conflitto israelo-palestinese.

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