AMICI DI BERTRAND RUSSELL


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RELIGIONE



articolo inserito il 4 settembre 2013


UN LIBRO PER GLI ATEI MA ANCHE PER I CREDENTI CHE DUBITANO

Eripac

Il Papa e le gerarchie vaticane alcuni anni fa si sono pronunciati contro l’illuminismo. Ma come sarebbe l’Europa moderna senza l’illuminismo? Probabilmente somiglierebbe alle società teocratiche di alcune zone dell’Islam. In Italia, purtroppo, tranne gli studiosi e gli amanti della storia, pochi hanno letto gli illuministi. Sappiamo che l’illuminista più letto è Voltaire. Io però desidero segnalarvi un libro di un autore che sulle problematiche religiose è, a mio giudizio, più audace e profondo di Voltaire. Il titolo del libro è Il buon senso” e l’autore è il barone d’Holbach (1723-1789). Nel 2006 a cura di Sebastiano Timpanaro e in appendice le osservazioni di Voltaire, l’editore Garzanti ha pubblicato “Il buon senso” con un ottimo profilo storico-critico-biografico del barone d’Holbach. Il libro è una dissacrante opera illuministica ancora attualissima. L’autore, amico di Diderot, fu un collaboratore dell’Encyclopédie.
Chi leggerà anche le 81 pagine dell’introduzione di Timpanaro, potrà conoscere anche le tematiche che impegnarono intellettualmente gli illuministi. La civiltà umana, e non solo quella occidentale, deve molto agli illuministi. Furono quei pensatori ad abbattere i privilegi feudali e a condannare per primi la schiavitù, l’inquisizione, il colonialismo, la tortura e la pena di morte.
Non dimentichiamo inoltre che gli illuministi hanno permesso anche la nascita di una società democratica più tollerante nei confronti di tutte le religioni e le idee politiche; una società che avrebbe accettato anche gli eretici e gli atei senza alzare i roghi dell’Inquisizione. Infine ricordiamo che furono ancora per primi gli illuministi a proporre una scuola gratuita per i figli del popolo. Senza gli illuministi e i liberi pensatori la nostra civiltà occidentale, vanto anche dei tradizionalisti conservatori e dei reazionari europei, avrebbe ancora la giustizia feudale e clericale di tre secoli fa.


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articolo inserito il 25 gennaio 2012

RELIGIONI E VERITA’ TEOLOGICHE

di Mario Ferro

In tutte le epoche e in tutti i paesi del mondo la casta sacerdotale ha sempre avuto un grande potere. La paura della morte e il bisogno di trovare una vita eterna nell’al di là, hanno fatto nascere le religioni. Come tutte le religioni evolute, anche quella cattolica possiede due verità: una per il popolo senza istruzione e una conosciuta solo dai teologi interpreti delle Sacre Scritture. Per giustificare le contraddizioni delle ricche e potenti gerarchie del clero, molti teologi sostengono che nella Bibbia leggiamo delle metafore di cui, naturalmente, l’unica chiave di lettura è posseduta solo da chi si trova ai vertici del potere religioso. Una persona razionale che si prendesse la briga di analizzare i dogmi creati negli ultimi venti secoli dalle varie chiese cristiane, si renderebbe subito conto che sono tutte favolette assurde inferiori persino a quella su Babbo Natale.
Le varie confessioni cristiane, sempre in conflitto sulle interpretazioni delle Sacre Scritture, dimostrano che ci sono tante verità rivelate, oppure che esiste un Dio burlone che si è divertito a ubriacare le menti dei vari profeti e dei loro teologi. Perciò si può ragionevolmente affermare che tutti i dogmi sono invenzioni assurde che i teologi vogliono far passare per rivelazioni divine.
Qui in Occidente la Chiesa è ancora potente perché il popolo è ignorante e superstizioso, ma anche perché il clero si giova dell’appoggio politico ed economico di gran parte della borghesia ipocrita che gli fa da puntello; la borghesia farisea (ma non stupida…) sa che se la Chiesa fosse veramente cristiana perderebbe tutte le sue ricchezze, perciò concede tutti i privilegi che il clero richiede.
Sappiamo che le religioni, soprattutto quelle monoteiste, hanno sviluppato attraverso i secoli una propria teologia. Nessuna però ha potuto provare scientificamente l’esistenza di Dio. Centinaia di migliaia di testi scritti sugli attributi delle divinità sono solo invenzioni o sogni mistici. Come già osservato, lo dimostra il fatto che ci sono molte religioni e moltissime interpretazioni sulle molteplici divinità. Ci chiediamo inoltre: perché sono nate religioni mostruose ? Quasi tutti i culti primitivi (alcuni fino in epoca moderna) praticavano il sacrificio umano. Quale Dio onnipotente e buono poteva permetterlo ? Una prova della disonestà intellettuale dei teologi del Vaticano si può dimostrare attraverso il loro comportamento contraddittorio sulle interpretazioni della Bibbia. C’è la furbizia di ritenere legge divina indiscutibile solo ciò che è utile o vantaggioso, mentre quello che è contro le gerarchie è da interpretare. Ecco alcuni esempi. Fino alcuni secoli fa chi metteva in dubbio una frase qualsiasi della Bibbia rischiava la vita. Oggi la Chiesa cattolica chiede perdono a tutti gli eretici perseguitati, torturati e bruciati. Invece il divorzio è rifiutato dalla Chiesa perché nella Bibbia si legge: “Quello che è legato in terra è legato in cielo”. Ma quando nel Vangelo leggiamo: “Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”(Luca 14, 25-33), questa frase di Gesù viene sempre ignorata o interpretata metaforicamente dai teologi. Altrimenti come si potrebbero giustificare le immense ricchezze del Vaticano ?


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articolo inserito il 3 settembre 2012

NO GOD, NO MORAL?
Se la fede diventa presunzione di superiorità morale

di Michele Turrisi

«Non c’è pace tra le nazioni senza pace tra le religioni. Non c’è pace tra le religioni senza dialogo tra le religioni. Non c’è dialogo tra le religioni senza una ricerca sui fondamenti delle religioni».
(Hans Küng)


La realtà dei fatti ci dimostra abbastanza chiaramente che fede in Dio e moralità non sempre coincidono. Le due cose purtroppo non vanno necessariamente di pari passo. Sappiamo benissimo che non basta essere credenti per essere persone migliori, spiritualmente e moralmente. Magari fosse così! Staremmo certo tutti meglio, vista l’altissima percentuale di credenti nel mondo (ben i cinque sesti della popolazione). Eppure, ancora oggi accade che i cosiddetti «senza Dio» vengano da più parti dipinti a tinte scure. Atei e agnostici non possono, per principio, predicare/praticare nulla di veramente buono. Da costoro non può quindi venire alcun apporto positivo per una sana visione etica.
Ci sono certo importanti eccezioni. Per esempio, alla domanda «Il cristianesimo di speciale cosa può offrire?» il noto teologo cattolico dissidente Hans Küng ha risposto così: «Molto. Naturalmente va capito che anche nelle altre religioni si trovano tanti valori e che una visione etica e spirituale si nutre anche dell’apporto che viene dagli agnostici, dagli scettici, dagli atei. Insomma, il cristianesimo non può pretendere di cambiare da solo il mondo...» (da un’intervista di Marco Politi – la Repubblica, 10 marzo 2005). Per Sergio Quinzio – filosofo della rivelazione, eminente esegeta della tradizione giudaico-cristiana, portatore di una fede (nel Dio biblico) tanto salda quanto inquieta, tra la Croce e il Nulla, in virtù della quale però ha potuto parlare con e ai non credenti – si può anzi dire che «il credente ha bisogno dell’incredulo, in assenza del quale, com’è troppe volte accaduto, la sua fede si trasforma in tranquillo e non di rado ottuso sistema di certezze. “La fede che non si espone costantemente alle possibilità dell’incredulità”, ha scritto Heidegger, “non è neppure una fede”. Se è vero, oggi di fede ce n’è ben poca. L’opportunità di confrontarsi con i non credenti non mancherebbe infatti a nessuno, ma la fede cristiana continua a presentarsi soprattutto come lo schieramento di coloro che hanno una risposta pronta per ogni domanda, tanto che le domande gli appaiono superate e del tutto inutili, anzi senz’altro colpevoli» (S. Quinzio, La speranza nell’apocalisse, Paoline, Roma 1984, p. 148).
Ebbene, negli ultimi tempi mi sono chiesto fino a che punto si possa fondatamente sostenere, da parte dei credenti, che l’etica dei non credenti sia inevitabilmente a rischio, oltre che di «qualità inferiore». Ciò che propongo qui è una libera riflessione su di un episodio biblico (l’incontro del patriarca Abramo con altre culture), una riflessione che interpella Voltaire e attinge pure ad una tanto splendida quanto clamorosa testimonianza di Albert Schweitzer. Direi che la tesi di fondo è scontata. Come giustamente è stato osservato: «Noi siamo cresciuti in una società che ha come modello morale il Vangelo con i valori del Discorso della montagna: beati i poveri di spirito, i miti, coloro che piangono, coloro che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, i pacifici, i perseguitati a causa della giustizia. A cui vanno aggiunti i comandamenti: ama il prossimo tuo come te stesso, ama il tuo nemico. (...) Nell'Europa cristiana non c'è stata gente migliore che in altre civiltà» (così Francesco Alberoni sul Corriere della Sera del 19 settembre 2005). Da appassionato investigatore delle Scritture mi premeva tuttavia fondare quella tesi da un punto di vista particolare: dall’interno del Testo Sacro. Ci sono riuscito? Ai gentili lettori la facile sentenza! [...]
Ancora oggi viene di continuo e da più parti ribadita la terrificante sentenza: una società senza (il nostro) Dio si autodistrugge, inesorabilmente! Per molti ne consegue che bisogna diffidare dei non credenti e contrastare le scellerate istanze laiche. Per il bene di tutti – si capisce. Una cosa però è tragicamente vera: né l’amore per Dio né la credenza nell’inferno eterno hanno mai impedito (storicamente e ancora) a coloro che li professano entrambi di concepire e compiere i delitti più esecrabili. Eppure si ripropone la tesi che solo chi crede in Dio rispetta la vita (ma cosa non è stato fatto e non si fa proprio in nome di Dio!); e alla domanda «In cosa crede chi non crede?» tanti credenti continuano a rispondere con sfacciata sicumera: «Ma in nulla! Se Dio non esiste, allora tutto è possibile, opinabile, lecito… Non ancorati a Dio, il valore della vita e la dignità umana restano senza fondamento…».
Un uomo e credente d’eccezione come Albert Schweitzer ha affermato invece: «Se domani giungessi alla conclusione che Dio non esiste, e che non esiste l’immortalità, e che la morale non è che un’invenzione della società (…) ciò non mi turberebbe affatto. L’equilibrio della mia vita interiore e la consapevolezza del mio dovere non ne sarebbero intimamente scossi. Riderei di cuore e direi: Sì, e allora? (…) Questo mi riempie di sereno orgoglio» (Lettere 1901-1913). Di più: «Quando il pensiero si inoltra per la sua strada, deve essere preparato a tutto, anche ad arrivare all’agnosticismo [Nichterkennen]. Ma se anche la nostra volontà d’azione fosse destinata a combattere una lotta senza fine e senza successo con una concezione agnostica del mondo e della vita, questa dolorosa disillusione sarebbe pur sempre preferibile alla rinuncia a pensare. Poiché questa disillusione significa già purificazione [Läuterung]» (Kultur und Ethik). Mi chiedo se verrà mai il tempo in cui i credenti di tutte le specie e latitudini vorranno e sapranno far proprie queste parole. Mi lascia però ben sperare il fatto di vedere riprodotte e apertamente valorizzate su un’autorevole rivista teologica (Protestantesimo, n. 3/2002 – pubblicata dalla Facoltà Valdese di Teologia) queste e altre fondamentali affermazioni di Schweitzer. [...]


Il commento di un non credente
Grazie, ho letto il suo scritto con vivissimo apprezzamento: potrei limitarmi a dire che, per un non credente come me, apprendere che bel tipetto era padre Abramo, pronto a vendere sua moglie per qualche pecora, e che grandi uomini erano invece il faraone e Abimelech, è musica celestiale; e potrei dire che il vecchio Voltaire aveva capito tutto. Ma non è questo il punto. Ciò che più mi rallegra, piuttosto, è che voci come la sua vengano dal mondo cristiano, troppo spesso disposto a nascondere dietro pratiche nicodemitiche la sua ricchezza di autentica fede. Io non credo alla Rivelazione e non credo quindi che il Vecchio Testamento sia altro che un testo storico, ma so che Voltaire non basta e che le fedi religiose animano il mondo, lo permeano, talora lo sconvolgono e talaltra lo dominano, e quindi non sono affatto indifferente alle loro tensioni interne, ai mondi di valori che essi trasmettono. E quindi mi rallegro di sentire le voci di un cristianesimo che sente la responsabilità di se stesso e non si limita a trattare sull’ici e gli insegnanti di religione, chiudendo gli occhi su ogni più efferata immoralità purché convenga, e a pretendere che autorità e verità coincidano. Ma sono certo che su questi temi saremmo d’accordo. (Massimo Firpo, ordinario di storia moderna all’Università di Torino)

Il commento di un credente
L'articolo discute il grande problema degli assolutismi, della religione come fattore di esclusione e non di inclusione. Chi è fuori, chi non è della propria religione è perduto e non può fare niente di buono. Purtroppo è una tentazione di cui la storia anche contemporanea è tristemente piena. Qualcuno pensa di avere la morale e la verità dalla sua parte e vuole definire per tutti. Per me è molto importante vedere che gli assolutismi non possono esistere, già per il semplice fatto che ogni religione e ogni Weltanschauung è frutto della storia: la storia non conosce assolutismi, tutto è relativo. Così anche la mia fede e il modo di viverla non si pone in una posizione alta ma si confronta su un livello unico con le idee altrui. È come se fossimo su una grande piazza in cui ogni persona offre la sua visione del mondo e la vive. Le diversità entrano in dialogo alla pari, si confrontano e succede che le persone si contaminano a vicenda per crescere insieme e far crescere la società. Il modello è quindi offrire, proporre, dialogare, camminare insieme. (Jens Hansen, pastore valdese)


(testo integrale dell’articolo e materiali del relativo dibattito sono reperibili sul “Giornale di filosofia della religione” – http://www.aifr.it/pagine/notizie/050.html)



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articolo del 2 marzo 2012

UN IMPORTANTE INTELLETTUALE CATTOLICO ABOLIREBBE L’ORA DI RELIGIONE

Gianfranco Dugo

Molti docenti di religione cattolica ritengono che a scuola, nell’ora di religione, si produce cultura e sapere. Ovviamente la cultura e il sapere, che insegnano i docenti di religione, non possono essere in contrasto con i dogmi cattolici. Pertanto eviteranno di parlare del libero pensiero e della filosofia dell’illuminismo; e se ne parleranno diranno solo cose negative. Invece il vero sapere si produce soltanto quando si ascoltano tutte le opinioni, comprese quelle dei liberi pensatori.
Ad esempio il filosofo Bertrand Russell, noto libero pensatore, ci offre questa acuta definizione:
“Libero pensiero significa affrancamento da superstizioni e dogmi non solo in campo filosofico, religioso e metafisico, ma anche nella politica, nelle scienze e nella morale: un insostituibile marchio di libertà, razionalità, onestà intellettuale, in qualsiasi campo del pensiero e dell’azione, per chi si definisce razionalista, umanista, anti-dogmatico, libertario, o semplicemente laico”.
La nostra società contiene alte percentuali di individui egoisti, avidi di successo, di potere e denaro. Molti di questi sono anche razzisti. Perché il cristianesimo non è penetrato nei loro cervelli e nei loro sentimenti nonostante secoli di educazione cristiana ? Sarebbe un ottimo tema ?
In una intervista rilasciata a Giacomo Galeazzi (la Stampa 9 marzo 2006), un noto intellettuale cattolico, Vittorio Messori, ha detto: “Altro che insegnare l’Islam, fosse per me cancellerei pure un vecchio relitto concordatario come l’attuale ora di religione. In una prospettiva cattolica la formazione religiosa può solo una catechesi e nelle scuole statali, che sono pagate da tutti, non si può e non si deve insegnare il catechismo. Lo facciano le parrocchie a spese dei fedeli”.


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articolo inserito il 07/07/2011

LE RADICI CRISTIANE SONO COMUNISTE

Gianfranco Dugo

Forse a moltissimi cattolici potrà sembrare incredibile (pochi conoscono bene il Vangelo), ma se andiamo a vedere le radici cristiane dobbiamo nostro malgrado ammettere che sono fortemente comuniste. “Ama Dio e il prossimo tuo come te stesso”, rispose Gesù a chi gli chiese qual è il più grande comandamento. Esiste una massima più comunista di questa ? Senza contare che un terzo del Vangelo è contro i ricchi e le ricchezze. Ma se ci fossero ancora dubbi, ecco cosa leggiamo su la vita dei primi cristiani negli Atti degli Apostoli: “Erano tutti circondati da grande benevolenza. Non c’era infatti tra loro alcun bisognoso: poiché quanti possedevano campi e case, li vendevano e portavano il ricavato delle vendite mettendolo ai piedi degli apostoli. Veniva poi distribuito a ciascuno secondo che ne aveva bisogno” (Atti degli apostoli 5,1 – Edizioni San Paolo 1998 – Estratto da La Bibbia Nuovissima versione dai testi originali). Più comunisti di così !
Quando nel 1942 trovarono nei pressi del Mar Morto i famosi rotoli di Qumran (datati dal 200 al 100 a.C.) in cui si leggevano le Regole degli Esseni, tutti gli studiosi laici capirono che, gli Esseni, erano i precursori dei cristiani. Infatti molti cedettero che Gesù fosse un discepolo di quelle comunità in cui non esisteva la proprietà privata e predicavano l’amore anche per i nemici. Lo conferma anche il fatto che molte frasi del Vangelo sembrano tratte dalle Regole degli Esseni.




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LAICI E CATTOLICI PROGRESSISTI INSIEME COME NEGLI ANNI ’70

di Franco Vicentini

Dopo le lotte civili che hanno ottenuto il divorzio e l’aborto negli anni Settanta, il movimento laico progressista ha subito solo sconfitte perché non è riuscito a creare un numeroso consenso su obiettivi condivisi anche dai cattolici progressisti (come avvenne per il divorzio e l’aborto). I laici si dovrebbero subito impegnare su proposte come l’educazione sessuale nelle scuole (educazione che comprenda l’uso degli anticoncezionali); inoltre dovrebbero promuovere una petizione per sostituire l’insegnamento della religione cattolica con la storia delle religioni (la relig. cattolica nelle scuole pubbliche e i privilegi ai cattolici sono in contrasto con gli art. 3 e 20 della Costituzione); infine dovrebbero proporre di abolire l’assurda norma che permette al Vaticano di incassare la quasi totalità dei soldi dell’8x1000 anche dei contribuenti che non scelgono né le religioni né lo Stato.
Le suddette proposte avrebbero anche l’appoggio di molti cattolici progressisti. Oggi alcune posizioni dogmatiche della Chiesa sono rifiutate da moltissimi suoi credenti. Vediamone solo alcune: la condanna dell’uso del preservativo, la condanna dell’omosessualità, la negazione della comunione ai divorziati, la condanna dell’eutanasia regolata dal testamento biologico, l’indicazione ai parlamentari di votare contro la legge sulle copie di fatto e la procrazione assistita e l’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche. Oggi i laici progressisti avrebbero la forza per creare un forte movimento come negli anni Settanta. Purtroppo solo piccoli gruppi sono attivi.



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articolo del 02 aprile 2010

TEOLOGI E TEOLOGIE
di Gianfranco Dugo


Alcuni anni fa credevo che la teologia fosse una scienza importante. Poi mi accorsi che era un groviglio di parole su temi che nessuno può dimostrare. Ad esempio: si può affermare che Dio è onnipotente e infinitamente buono se prima non si prova la sua esistenza ? E ammesso che esista, perché un Dio infinitamente buono permette che milioni di bambini innocenti muoiano di fame o a causa di malattie genetiche o di guerre ? Dov'è la loro libertà di scegliere ? Perché un Dio onnipotente permette l'esistenza del demonio ? Satana è così forte che può limitare i poteri di Dio ? Oppure l'Onnipotente lascia libero il demonio per permettergli di tormentare gli uomini ? Nel secondo caso non c'è un po' di sadismo divino ?
Certamente miliardi di persone nascono e muoiono senza mai porsi tali domande. E questa è la forza e il potere delle caste religiose sui credenti. Le religioni nascono dalla paura, e la paura lega gli uomini alle varie divinità inventate attraverso i secoli. Perciò ho fatte mie le parole di Voltaire che riteneva la teologia "una collezione di risposte incomprensibili a domande senza senso".

Tutte le religioni nascono dalla paura. Gli antichi ominidi, come gli animali, riconoscevano negli avversari solo la forza. Nel proprio branco si sottometevano al più forte e ne accettavano le punizioni di qualsiasi grado. Agli inizi dell'umanità i terremoti, i fulmini, le alluvioni, gli incendi delle foreste e ogni altra forza della natura suggerivano agli ominidi l'esistenza di molte volontà nascoste ma potentissime (animismo primitivo), che avevano il potere di tenere in vita tutto ciò che si muoveva e mutava nel loro ristretto universo. Se era naturale la sottomissione per ingraziarsi la benevolenza del capobranco, maggiore doveva essere la ricerca di protezione delle potentissime forze della natura che mandavano i fulmini, i terremoti, le alluvioni che toglievano la vita. L'idea di vita eterna nell'aldilà non esisteva nei popoli primitivi. Soltanto dopo millenni si arrivò a perfezionare una religione che concepiva il paradiso o l'inferno dopo la morte, come premio o punizione sui comportamenti in vita. E' certo quindi che la paura è la madre di tutte le forme religiose, che successivamente si perfezionarono fino a concepire un dio unico di tutto l'universo. E' chiaro quindi che fu l'uomo a creare le divinità, non viceversa. Lo dimostra il fatto che nei millenni ogni popolo, secondo la sua cultura più o meno crudele, ha creato le sue divinità più o meno crudeli. L'idea del peccato originale, ad esempio, poteva nascere solo a un popolo primitivo e crudele. Perché una divinità buona dovrebbe punire tutta l'umanità per l'errore di due individui ? Se togliamo il peccato originale crolla tutta la teologia di ogni cristianesimo.


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articolo del 26 dicembre 2009


Scienza e religione: un rapido confronto

La scienza è quel genere di conoscenza che si ottiene attraverso il metodo ipotetico-deduttivo, chiamato anche metodo scientifico. Detto in termini molto sintetici, questo metodo di conoscenza si articola in vari stadi o gradini: esso parte dall'osservazione di fatti particolari giudicati significativi; in base ad essi formula una ipotesi (o modello) in grado di spiegarli, ossia elabora una norma generale della quale i fatti sono conseguenze particolari; questa ipotesi deve permettere di far emergere fatti rimasti fino ad allora in ombra e, soprattutto, di dedurre dei fatti non ancora osservati ma verificabili, ossia di fare delle previsioni in grado di essere confermate o smentite attraverso l'esperienza; se le previsioni sono verificate, l'ipotesi è provvisoriamente accettata come corretta, altrimenti si ritorna all'osservazione dei fatti e si procede con un'altra ipotesi di lavoro. Quando l'ipotesi è corroborata dall'esperienza si definisce teoria. Si noti bene che questo uso del temine "teoria" è ben diverso da quello del linguaggio comune, secondo cui essa è una ipotesi non ancora confermata dall'esperienza. Questo spesso porta a fraintendere il linguaggio degli scienziati, come ad esempio quando i creazionisti o i sostenitori del "disegno intelligente" affermano che quella evoluzionista è soltanto una "teoria". Christopher Hitchens ha quindi potuto giustamente ribattere a queste persone: "Dicono incautamente che la biologia evoluzionistica è 'solo una teoria', rivelando così insieme la loro ignoranza del significato della parola 'teoria' come della parola 'disegno'. [...] E' una teoria [scientifica] valida se sopravvive all'introduzione di fatti fino al momento sconosciuti. E diventa una teoria accettata se si dimostra capace di fare predizioni esatte su cose o eventi che non sono ancora stati scoperti, o che non si sono ancora verificati. [...] All'opposto, il creazionismo, o 'disegno intelligente' (la cui sola intelligenza è stata l'adozione di questo nuovo e ingannevole marchio commerciale), non è nemmeno una teoria". (Dio non è grande, Einaudi, Torino 2007, pp. 80-81).
Le teorie scientifiche non sono vere in senso assoluto, ma valide; sono cioè sottoposte a continua verifica e sempre aperte a revisioni, nel caso nuove previsioni vengano smentite dall'osservazione. Un certo numero di teorie può diventare la base di una nuova ipotesi più generale, della quale esse sono conseguenze. A questo processo di progressiva generalizzazione non è posto un limite. Per una breve ma corretta esposizione del metodo scientifico si veda Bertrand Russell, Caratteristiche del metodo scientifico in La visione scientifica del mondo, Laterza, Roma-Bari 1988, pp. 39-47 (che contiene anche un utile capitolo sulle Limitazioni del metodo scientifico, pp. 49-57), e la voce "Scientific method" della versione inglese di Wikipedia:
http://en.wikipedia.org/wiki/Scientific_method
La voce "Metodo scientifico" della versione italiana di Wikipedia è fatta, a mio avviso, molto peggio, ma comunque è meglio di niente:
http://it.wikipedia.org/wiki/Metodo_scientifico
Da quest'ultima voce ho tratto il seguente utile schema del metodo ipotetivo-deduttivo:



La filosofia della scienza (altrimenti detta epistemologia), cioè quel settore della filosofia che si occupa di chiarire in cosa consista la conoscenza scientifica, ha fornito svariate analisi, interpretazioni, chiarificazioni e critiche di questo metodo. Si può andare dalle posizioni più restrittive del neopositivismo del Circolo di Vienna fino all'epistemologia anarchica di Paul Feyerabend (il quale, analizzando la storia della scienza, ha sottolineato come gli scienziati abbiano violato costantemente il metodo scientifico nella loro attività di scoperta), passando per il falsificazionismo di Karl Popper e la teoria dei paradigmi di Thomas Kuhn; ma il metodo ipotetico-deduttivo resta pur sempre la base di partenza per ogni genere di definizione e analisi critica della scienza. Per una introduzione a questo dibattito filosofico sono disponibili in lingua italiana alcuni volumi molto interessanti. Tra i più utili ho trovato ad esempio: Giulio Giorello, Filosofia della scienza, Jaca Book, Milano 1992; Harold Brown, La nuova filosofia della scienza, Laterza, Roma-Bari 1999; David Oldroyd, Storia della filosofia della scienza, Net, Milano 2002; Gillies Donald - Giulio Giorello, La filosofia della scienza del XX secolo, Laterza, Roma-Bari 2002; Giulio Giorello, Introduzione alla filosofia della scienza, Bompiani, Milano 2006. Una bella bibliografia ragionata è quella di Fabio Minazzi, in appendice al volume di Ludovico Geymonat, Lineamenti di filosofia della scienza, Mondadori, Milano 1985, pp. 145-168 (di questo volume esiste una seconda edizione, pubblicata nel 2006 dalla UTET Università, con una nuova introduzione di Giulio Giorello e un aggiornamento della bibliografia di Minazzi).
Bisogna evidenziare, però, che in genere gli scienziati sono abbastanza scettici riguardo alla filosofia della scienza e all'interpretazione che essa dà del loro lavoro. Non è vero, ad esempio, come pensano alcuni, che tutti condividano l'interpretazione falsificazionista di Popper, secondo cui ciò che distingue una teoria scientifica dalla metafisica è il poter essere smentita (cioè falsificata) attraverso l'osservazione empirica. Un esempio illustre è quello di Steven Weinberg, uno dei fisici teorici più importanti di questi ultimi cinquant'anni, premio Nobel nel 1979. Nel suo ottimo libro Il sogno dell'unità dell'universo, Mondadori, Milano 1993, dedica addirittura un capitolo - intitolato Contro la filosofia (pp. 172-197) - a criticare gli epistemologi, ed in particolare i positivisti e i relativisti.
Se dopo aver definito la scienza, passiamo alla definizione di religione, ci accorgeremo che i problemi si fanno ancora più complicati. Nemmeno fra gli storici delle religioni, fra i quali è in corso un dibattito che dura da decine di anni, esiste un accordo su cosa sia la religione o se sia possibile darne una definizione valida per tutte le sue manifestazioni. Non ho intenzione di entrare nel merito di questo dibattito, perché la cosa si farebbe lunga e poco interessante. Per chi volesse introdursi a queste problematiche, consiglio il recente volume di Aldo Natale Terrin, La religione. Temi e problemi, Morcelliana, Brescia 2008. Terrin è uno studioso cattolico di storia delle religioni sempre molto obiettivo nel riportare le varie interpretazioni e molto aggiornato rispetto al dibattito accademico di questi ultimi anni. Mi limito qui a fornire la definizione di religione che adotto io, che è poi quella formulata da Roderick Ninian Smart, un illustre studioso di religioni, laico, di origine scozzese (per maggiori informazioni su di lui si veda la voce di Wikipedia: http://en.wikipedia.org/wiki/Ninian_Smart ). La definizione di Smart è in realtà simile, sebbene più articolata, a quella che diede Bertrand Russell nel suo volume Scienza e religione, Longanesi, Milano 1974. Russell infatti afferma che "ciascuna delle grandi religioni storiche ha tre aspetti: 1) una Chiesa; 2) una fede; 3) un codice di etica individuale" (p. 10). Smart articola meglio questa definizione e sostiene che ogni religione presenta queste sette dimensioni: 1) dottrinale; 2) mitologica; 3) etica; 4) rituale; 5) empirica; 6) sociale; 7) materiale. Si può notare che gli aspetti 6 e 7 di Smart corrispondono al punto 1 di Russell (infatti per dimensione sociale Smart intende la comunità religiosa e le istituzioni che essa fonda, mentre per dimensione materiale intende i luoghi di culto), gli aspetti 1, 2, 4 e 5 di Smart corrispondono al punto 2 di Russell, ed infine i punti 3 di Smart e Russell addirittura coincidono. Come si può vedere in questi punti non è menzionato alcun "dio". Proprio per questo in una definizione simile può benissimo rientrare una religione atea (o agnostica) come il buddhismo.
Ciò che può mettere in contrasto la religione con la scienza è l'elemento fideistico caratteristico della prima. E' proprio questo elemento, supportato da istituzioni ecclesiastiche in grado di condizionare o esercitare il potere politico, ad aver causato lungo la storia delle religioni tanta intolleranza, eccessi fondamentalistici, spargimenti di sangue e sofferenze di ogni genere. Finché questo elemento permarrà, saranno sempre possibili nuovi orrori compiuti in nome della religione, di qualsiasi religione.

La scienza può invece produrre solo beneficio all'umanità? Dipende da come viene prodotta e applicata. La scienza ci può dare conoscenza, che si traduce in potere nei confronti della natura, ma non ci può indicare i fini e i valori da perseguire e a cui applicarla. La crescita della conoscenza scientifica, dal mio punto di vista, non è mai un male a meno che la sua acquisizione non produca una inutile sofferenza e morte di altri esseri viventi. Durante il nazismo questo è sicuramente accaduto, ma purtroppo a volte avviene tuttora, come ben sanno tutti quegli animali che vengono utilizzati quali cavie di laboratorio (in questi casi si parla di "male necessario", ma il fatto costituisce comunque per alcuni un importante problema etico). D'altra parte l'applicazione della scienza, ossia la tecnica scientifica, è soggetta anche all'arbitrio dei governi e diventa un problema politico, come è evidente fin dalla fabbricazione e dalla proliferazione delle armi nucleari, a cui si opposero Einstein, Russell e molti altri scienziati. E' inoltre chiaro che un tipo di metodo come quello scientifico è maggiormente produttivo all'interno di una società priva di dogmi e di ideologie, ossia in una società libera; e tuttavia vi sono stati scienziati che hanno aderito al nazismo (come ad esempio Philipp Lennard, premio Nobel per la fisica nel 1905, che nel 1936 pubblicò il libro Deutsche Physik [Fisica tedesca], in cui criticava la "fisica ebrea" di Einstein) e a forme di governo totalitario (è noto il caso dei biologi comunisti sovietici che rifiutarono la genetica mendeliana perché "scienza borghese" e adottarono, fino agli anni '60 del secolo scorso, le concezioni pseudo-scientifiche del "compagno" agronomo Trofim D. Lysenko). Infine, anche in una società liberale ad economia capitalista come la nostra la ricerca scientifica non è esente da pressioni che ne condizionano e a volte snaturano l'attività. Un fisico come Marcello Cini, ad esempio, ha dedicato un corposo volume alla dimostrazione che "c'è una contraddizione profonda fra la produzione di conoscenza, per sua natura frutto al tempo stesso della creatività individuale e del patrimonio comune dell'umanità intera attraverso un processo evolutivo non finalistico, e la crescita dell'economia, che è finalizzata alla produzione di profitto. Non è forse questo cieco meccanismo di mercificazione della conoscenza a portare la scienza in tutt'altra direzione, impedendo di fatto che essa possa contribuire a migliorare la qualità della vita di tutta l'umanità?" (Il supermarket di Prometeo. La scienza nell'era dell'economia della conoscenza, Codice, Torino 2006). Il problema rimane aperto.

Paolo Vicentini

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articolo del 31 ottobre 2009


I MERITI DEGLI ILLUMINISTI E DEI LIBERI PENSATORI


Leggo spesso lettere di cattolici integralisti che disprezzano gli illuministi e i liberi pensatori. Questi integralisti si dimenticano però di Mussolini e Hitler nemici del cristianesimo, ma non delle gerarchie cattoliche: lo dimostra il fatto che nel 1929 e nel 1933 i due dittatori fecero un concordato con il Vaticano. Nazisti e fascisti predicavano il razzismo o l'uguaglianza ? Gesù Cristo predicava l'uguaglianza ("Ama il prossimo tuo come te stesso") o il razzismo ?
Se osserviamo la storia degli ultimi trecento anni dobbiamo riconoscere agli illuministi e ai liberi pensatori il merito di aver liberato il mondo da molte superstizioni e dalle crudeltà più mostruose. L'Occidente cristiano nelle Americhe ammetteva la schiavitù fino alla seconda metà dell'Ottocento. Quando l'illuminista Cesare Beccaria nel 1764 pubblicò "Dei delitti e delle pene" (opera in cui condannava la tortura e la pena di morte), il libro venne messo all'Indice dalla Chiesa e ci rimase fino al 1962; invece il libro di Adolf Hitler,"Mein kampf", non fu mai messo all'Indice. Se oggi l'Occidente gode di molte libertà civili e democratiche, lo dobbiamo agli illuministi e ai liberi pensatori, non certo alle gerarchie cristiane che restano quelle del Sillabo di Pio IX. Per conoscere meglio la Storia della Chiesa consiglio "La Santa casta" di Claudio Rendina.

Franco De Rossi


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articoli del 15 settembre 2009 ad opera di Roberto Vacca


INDEBITE GENERALIZZAZIONI - di Roberto VACCA - IL MATTINO 27 SETTEMBRE 2001
Taluno sostiene, dunque, che la civiltà occidentale dovrebbe rifondarsi sulla base delle proprie radici cristiane. Sostiene poi che il mondo islamico sta 14
secoli dietro quello occidentale in termini di sistema di valori, di prosperità, di rispetto dei diritti umani e della religione.
Quei conti sono sbagliati. Proprio 14 secoli fa la cultura islamica nacque e cominciò a svilupparsi. Undici secoli fa scriveva Al Khuwarizmi, iniziatore dell'algebra, che precorse Luca Pacioli. Nove secoli fa fioriva Ibn Sina (Avicenna) che fece progredire la fisica, influenzò il pensiero di Ruggero Bacone e molta della filosofia medioevale aristotelica. Otto secoli fa Ibn Rushd (Averroè) con i suoi commenti ai grandi pensatori greci ha dato molto al pensiero occidentale. E questi sono solo i più famosi.
Poi il rispetto dei diritti umani e della religione non li deriviamo certo da radici cristiane. Solo 4 secoli fa (non 14) a Roma si bruciavano in piazza gli eretici. Tre secoli fa i condannati a morte nello Stato della Chiesa venivano mazzolati e poi squartati. I diritti dell'uomo, attraverso alterne vicende, si cominciarono ad affermare con la Rivoluzione Francese. Il Papa, però, tardò qualche secolo ad accettare i principi di libertà, uguaglianza e fraternità e da quella rivoluzione importò dapprima solo la ghigliottina - in uso dal 1830 fino a pochi anni prima della riconquista del 1870.
Solo un secolo e mezzo fa nel Sillabo, Pio IX negava che la ragione umana sia l'unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male e negava che sia libero ciascun uomo di abbracciare e professare la religione che, sulla scorta del lume della ragione, reputi essere vera. E chiamava "delirio" l'idea che la libertà di coscienza, di opinione, di parola e di culto sia diritto di ogni essere umano. La pretesa superiorità cristiana è recente e discutibile.
In generale sbaglia grossolanamente chi afferma che certe caratteristiche, buone o cattive, sono condivise da intere popolazioni. Sbaglia chi sostiene che i cuneesi sono stupidi, che i genovesi e gli scozzesi sono avari, i corsi e i messicani pigri, i fiorentini spiritosi, i siciliani mafiosi. E' vero che certe popolazioni sono in maggioranza analfabete e altre no. E' vero che certe statistiche sono sintomo di sviluppi culturali complessi e interessanti. Ad esempio in USA la percentuale di ebrei fra gli scienziati e i tecnologi avanzati è quasi tripla rispetto alla percentuale degli ebrei nella popolazione generale. Le tradizioni e la storia - non la razza - hanno effetti profondi. Certo dopo lo splendore di secoli fa, la cultura islamica ha declinato, ma lo stesso si può dire degli imperi, di tante culture, di tante scuole del passato.
E' facile ironizzare sui costumi di altri popoli. Quando il pakistano Abdus Salaam ricevette il premio Nobel per la fisica dal re di Svezia, non era in frac. Aveva in testa un turbante e ai piedi babbucce dorate con lunghe punte ricurve. Sarebbe stato facile irriderlo perchè era buffo. Era forse inferiore? Io pranzai con lui una volta a Trieste nel Centro Internazionale di Fisica Teorica che aveva fondato. Imparai molte cose in meno di due ore. Non parlava solo con me, ma con altre cinque persone vicine: due tedeschi, due americani e un italiano. Conduceva tre conversazioni parallele su: fisica, ateismo, sviluppo economico del terzo mondo. Sembrava un maestro di scacchi che giocasse in simultanea. Ogni sua frase lasciava gli astanti a meditare a lungo. A parte il Nobel e la sua fede nell'Islam (profonda, inaspettata, complessa), era sicuramente superiore a tutti i presenti.
Non basta dichiararsi contrari a ogni guerra di religione. E' bene esprimersi urbanamente nei confronti di altri popoli e di altre tradizioni. La polemica culturale e filosofica può essere dura e sferzante verso teorici parrucconi che propongono paralogismi e antinomie e contraddicono la realtà. Ma è solo maleducata, se diventa personale.
* * *
"Devi chiamarmi "Superiore"." - disse il secondino.
"Superiore a chi?" rispose il detenuto in attesa di giudizio (l'innocente Geometra Di Noi interpretato nel film da Alberto Sordi). La battuta è facile, ma non ha senso che pretenda di essere superiore chi insiste troppo sulla prosperità economica e non ha raggiunto un alto livello di cultura, di inventività, di eccellenza civica, di statura morale.

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SCIENZA, SALUTE, SPIRITO: A CHI DARE RETTA? - Di Roberto VACCA - Il Messaggero 11 maggio 2004

Come si resta giovani? Come ringiovanire in un mese? Ce lo spiega una E-mail di aspetto professionale. La manda l'Accademia Americana di Geriatria. E' credibile? No: vedi subito che cercano di venderti pasticchette ed estratti vegetali. Promettono di spianarti le rughe sulla faccia e di incrementare la tua potenza sessuale. Proprio come tanti altri spammer. Cancelliamoli subito. E certo non andremo da guaritori, nè maghi.
Allora diamo retta al nostro medico di famiglia? Alcuni sono buoni e altri meno buoni. Conviene scegliere bene il medico, ma anche cercare di capire i nostri problemi. La strada buona è la solita: studiare. Non possiamo leggere tutti i manuali che si studiano nei 6 anni del corso di laurea in medicina. Però dovremmo almeno leggere riviste divulgative e in qualche caso anche professionali. Dovremmo andare sul sicuro se le scegliamo fra quelle britanniche. E' vero? Purtroppo no.
Riviste professionali di medicina pubblicano da anni studi sperimentali sull'efficacia della preghiera a fini terapeutici. Cominciò R.C. Byrd nel 1988 con un articolo sul Southern Medical Journal di Birmingham, Alabama (pazienti coronarici).Poi W.S. Harris (1999) e J.A. Astin (2000) su Annals of Internal Medicine. Questi autori descrivevano casi di guarigioni dovute a preghiere di intercessione fatte a distanza. Il caso più citato (anche se scarsamente documentato) era finora quello del servo del centurione (v. Luca, VII, 10).
Più recentemente si aggiunge il British Medical Journal (BMJ) che il 22 dicembre 2001 pubblica un lavoro di L. Leibovici, professore al Rabin Medical Center di Petah-Tiqva (Israele) : "Oltre la scienza? Effetti di preghiere remote per intercessione retroattiva sul decorso di pazienti affetti da setticemia; un test randomizzato e controllato". Leibovici suggerisce che preghiere dette oggi possano cambiare il passato, annullando anche le fasi iniziali di infezioni attuali. Sostiene che la mortalità era del 28% fra i 1691 pazienti per i quali un incaricato aveva detto preghiere (a loroinsaputa) e del 30% fra 1702 pazienti per cui non erano state dette preghiere. Commenta che la differenza non è statisticamente significativa. Afferma, invece, che "anche quando le preghiere venivano dette da 4 a 10 anni dopo l'infezione, la durata del ricovero e dello stato febbrile diminuiva in misura significativa [l'effetto era positivo nel 57% dei casi)".
Mi sembra enorme e disdicevole che il BMJ (finora considerato autorevole) abbia accettato di pubblicare Leibovici. Qualche medico dovrebbe provare a proporre un lavoro sugli effetti curativi ottenuti guardando attraverso un cannocchiale i pazienti affetti da gravi malattie. E la cosa non è finita lì. Nel dicembre 2003 il BMJ pubblicava un altro lavoro in cui B. Olshanski ed L. Dossey discutono il lavoro di Leibovici da punti di vista filosofici e scientifici.
Questo articolo era intitolato "Preghiera retroattiva: un'ipotesi assurda?" Cominciava male, citando due frasette sul passato e il futuro di J.B. Priestley (un commediografo) e di Nagarjuna (un buddista del I secolo). Poi sembrava quasi ragionevole. Criticava lo studio di Leibovici ponendo domande ovvie: chi era la persona che pregava? A chi rivolgeva le preghiere di intercessione? Come erano formulate le preghiere - secondo canoni di una religione nota o no? Venivano fatte richieste specifiche o erano inviti a fare il meglio possibile? Tutte domande che avrebbero dovuto essere fatte dal comitato scientifico della rivista.
I due autori, però, gettavano presto la maschera. Uno di loro, Dossey, è autore di un saggio: "L'immortale, una mente: Schrödinger, Gödel, Einstein", pubblicato in un libro Recuperare la mente. Olshanski si occupa di medicina alternativa ed è molto interessato nei poteri della preghiera. E pretendono che la preghiera retroattiva sia plausibile in base a mal digerite meditazioni sulla fisica moderna. Schrödinger è citato così: "A qualche livello tutte le menti sono connesse e fanno un tutto unico".
Secondo loro uno studio del 1980 avrebbe dimostrato che processi casuali possono essere modificati dalla coscienza di esseri umani. Aggiungono: "La meccanica quantistica delle stringhe è coerente in uno spazio-tempo a 26 dimensioni, ma è incompleta perchè non include la coscienza nè le intenzioni."
Già queste citazioni dimostrano che la confusione di idee è così estrema da permettere solo di concludere: attenti al British Medical Journal! Deve essere in mano a folli o a buontemponi. Ma Leibovici fa di peggio. Cita fra le sue fonti un lavoro "Termodinamica: frecce temporali in conflitto" pubblicato su Nature da P.T. Landsberg e J. Vickers (No.403 del 2000, p.609). Nature è un settimanale scientifico di prestigio. Pubblica articoli solo se accettati da esperti. Landsberg insegna fisica e matematica all'Università di Southhampton. Ha fatto ricerche nel campo dei semiconduttori, della cosmologia, della termodinamica dei buchi neri e delle celle fotovoltaiche. Ha dimostrato, fra l'altro che il massimo rendimento raggiungibile per via fotovoltaica è del 93%. Possibile che fornisca basi teoriche a Leibovici? Ho trovato il suo articolo. E' brevissimo e si limita a commentare in modo dubitativo (anche se interessato) un'ipotesi di L.S. Schulmann: "Si può pensare che in certe regioni dell'Universo esistano due nubi gassose di particelle per le quali il tempo scorra in direzioni opposte e che pure interagiscono". Non afferma che il tempo possa scorrere in direzioni opposte sulla nostra terra in condizioni macroscopiche. I soli casi in cui il tempo sembra scorrere all'indietro sono quelli di interazioni quantistiche fra particelle. Come spiego nel mio libro ANCHE TU FISICO, accade che un fotone venga prodotto perchè - dopo la sua produzione - due altre particelle sono entrate in collisione. Tutto ciò non ha nulla a che fare con supposti effetti retroattivi di preghiere. Dunque Leibovici cerca di prendere in giro i lettori sprovveduti. Cita un lavoro serio che solo nel titolo ha qualche attinenza con le sue farneticazioni.
Nella stessa vena - solo perchè è famoso - cita il saggio di J.L. Borges Una nuova refutazione del tempo (1960). Di nuovo: è pertinente solo il titolo. In questo saggio delizioso Borges espone immaginazioni poetiche, metafore, ossimori, sogni. Cita Chuang Tze, Lucrezio, Berkeley, Hume, Mark Twain. C.S. Lewis - e i meno noti: Daniel Czepko,.Josiah Royce, Milinda Panha. Non pretende certo di asserire cose vere, nè di fare scienza.
Curioso che questi medici non citino J.W. Dunne. Era un ingegnere aeronautico che scrisse An Experiment with Time, (1934) per dimostrare in base alla relatività che i sogni premonitori funzionano davvero. Anche questo è un libro immaginoso e irrilevante, ma questi medici impostori devono averlo considerato troppo serio o, forse, non ne hanno mai sentito parlare


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Scienza e Islam - di Roberto Vacca, 12 dicembre 2008

Le religioni sono un oggetto di studio anche più interessante dell'arte popolare e delle passioni sportive. Dicono qualcosa sui modi in cui funzionano le menti umane singolarmente e collettivamente. Mi sono documentato su parecchie di esse e anche su deviazioni eretiche da ceppi iniziali. Non intendo certo trarre insegnamenti dai credenti e dai loro guru: l'entomologo non ne trae dal ronzio degli insetti che studia. Dunque non mi interessano le discussioni su eventuali convergenze tra scienza e fede. È interessante, invece, analizzare i modi in cui certe religioni considerano la scienza: l'ho pensato ritrovando fra le mie carte "Islam e Scienza" un testo scritto nel 1987 da Abdus Salam (premio Nobel, fondatore dell'ICTP, Centro Internazionale di Fisica Teorica, di Trieste).
Salam nota che ben 750 versi (il 12%), fra i 6204 che compongono il Corano, esortano allo studio della natura e all'uso della ragione, mirato a rendere la scienza parte essenziale della comunità. Invece solo 250 versi di quel libro sacro (il 4%) stabiliscono leggi e regole da seguire. Il grande fisico dichiarava nelle prime righe del suo scritto di essere credente e mussulmano osservante. Poi cita alcune sure del Corano.
"Vedete le nubi come sono create e il Cielo come fu innalzato e le montagne come furono piantate e la terra come fu spianata?" (88:17)
"La creazione dei cieli e della terra e l'alternanza del giorno e della notte sono segni chiari agli uomini che capiscono." (3:189)
Il Corano raccomanda al-Taffakur, scoperta delle leggi di natura, e al-Tashkeer, il predominio sulla natura per mezzo della tecnologia. Questi insegnamenti furono ripresi e commentati da studiosi islamici. Al-Ghazali scriveva nell'XI secolo: "Offende la religione chi immagina che l'Islam possa essere difeso dalla negazione delle scienze matematiche". Ibn-al-Haitham ("Alhazen", 965-1039) anticipò la legge dell'ottica di Fermat e definì la forza di inerzia alla base della prima legge del moto di Newton. L'astronomo al-Biruni (973-1048) precorse Galileo e riteneva stravagante chi credeva impossibile trovare errori nelle opere di Aristotele.
Nell'"Antologia del Corano" curata da mia madre, Virginia de Bosis (Sansoni Editore, 1990), ho trovato altri passi del Corano anche più significativi di quelli citati da Salam:
"Allah ha creato l'uomo, gli ha appreso a esprimersi chiaramente. Il sole e la luna percorrono la loro via secondo un calcolo, l'erba e gli alberi si prostrano davanti a lui." (55:1-30)
"Allah ha creato sette cieli sovrapposti e in essi ha posto la luna per luce e il sole per lampada. Allah vi ha fatto germogliare dalla terra come piante, poi vi farà tornare alla terra, quindi ve ne trarrà risorti." (71, 14-19).
Qui si vede che Maometto aveva almeno sentito parlare dell'astronomia Tolemaica con le sette sfere che facevano girare: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. Certo, le religioni, sorte prima del II secolo, non avrebbero potuto alludere alla visione tolemaica dell'universo, ma quelle, e anche le altre più recenti non si occupano affatto della conoscenza del mondo naturale, dell'osservazione, della sperimentazione. Quindi l'asserzione di Abdus Salam sarebbe confermata. Quel grande fisico era, per altro, noto per avere una mente tagliente come un rasoio. Una volta a Trieste fui a pranzo con lui e con alcuni scienziati - due tedeschi, due americani e due italiani. Interloquivamo a vicenda trattando simultaneamente tre argomenti diversi. Salam guardava intorno con occhi vivissimi e pronunciava frasi brevi e conclusive commentando a turno ciascuno dei tre filoni su cui si discuteva, dopo di che tutti noi riflettevamo in silenzio su quanto aveva detto.
Salam si chiedeva:"Perché la scienza islamica tanto creativa fino al 1100 declinò tragicamente nei due secoli seguenti?" - e rispondeva:"Non tanto per effetto delle invasioni mongole, ma per cause interne: isolamento, mancanza di innovazione, ortodossia esasperata, sufismo coi suoi filoni ultraterreni."
Oggi che tanti accusano l'Islam di barbarie, è importante ricordare l'esplicito favore che i suoi testi sacri dettero alla scienza con brillanti effetti. Concludo, però, che le eventuali credenze religiose degli scienziati sono irrilevanti rispetto al loro valore e ai loro successi intellettuali. Abdus Salam, credente e mussulmano osservante, era un ahmadiyya: seguace di Ghulam Ahmad (fine del XIX secolo) che si presentò come messia e mahdi, forse una specie di reincarnazione di Gesù, ma devoto del Profeta. Quindi in Pakistan era considerato non-mussulmano, disprezzato e inascoltato. Benazir Bhutto rifiutò di riceverlo. Morì a Trieste e volle essere sepolto in Pakistan, ma nessun rappresentante del governo andò al suo funerale.
Alcuni scienziati giustamente molto famosi erano credenti e religiosi (Galileo, Newton), altri rifiutavano drasticamente la religione (Russell, Feynman). Sembra proprio che gli esseri umani siano fatti a strati largamente indipendenti gli uni dagli altri.


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COME TRATTARE GLI STATI IMPAZZITI - di Roberto Vacca - IL MATTINO - 2 Giugno 2000

Come si possono difendere gli USA da nazioni irrazionali, temerarie che possiedano missili nucleari atti a colpire l'America? Che queste nazioni esistano pare sia ora un articolo di fede per il governo di Clinton e per parecchi repubblicani, anche se vari esperti sono di parere contrario. C'e' chi pensa che Corea del Nord, Iran e Irak potrebbero lanciare un attacco atomico contro gli USA al costo di farsi annichilare da una rappresaglia.
Per evitare questi rischi, esperti americani ispezionano da 2 anni un misterioso complesso di tunnel in Corea del Nord. Intanto George Bush ripropone un sistema globale di difesa contro i missili, anche se e' dubbio che funzionerebbe. Certo le 3 nazioni citate hanno cercato di procurarsi o produrre armi di distruzione di massa. Dopo la Guerra del Golfo gli ispettori USA scovarono in Irak numerosi apparati per la separazione elettromagnetica di isotopi, necessari per produrre uranio arricchito da usare in bombe atomiche. Nel 1998 la Corea del Nord lancio' un missile sopra il Giappone - ma la Corea e' folle? E' curioso che gli USA la considerino tale dopo 6 anni che stanno negoziando con quel Governo.
Dunque non e' sicuro che esistano nazioni folli. Non sappiamo quanto siano davvero folli quelle che lo sembrano.
Il concetto di Stato pazzo fu definito trent'anni fa dal politologo israeliano Yehezkel Dror nel suo libro "Crazy States". Uno Stato pazzo ha un'ideologia estrema, la afferma in modo ossessivo su vasta scala, si considera superiore a ogni altro Paese e a ogni regola morale e civile, e' disposto a usare la forza in guerre aggressive anche a costo di pagare un prezzo altissimo. Infine e' uno Stato capace di pianificare e realizzare strategie razionali per raggiungere i suoi scopi. Dror suggeriva gli esempi delle nazioni cristiane che condussero le crociate -- e quello del Nazismo. In una riedizione del 1980 citava come candidati Libia e Iran e, paradossalmente, descriveva uno scenario in cui era il Kuwait, e non l'Irak, a soffrire deliri di potenza e a scatenare una guerra.
Fra gli scenari descritti da Dror, ce n'erano anche due che contemplavano le ipotesi di transizione alla follìa di USA e URSS. La posizione metodologica di base di Dror, pero', e' quella democratica occidentale. Nel libro criticava vari errori nell'affrontare il problema. Il primo e' quello di considerare che le politiche domestiche, quelle politiche e quelle strategiche si svolgano in ogni Paese su piani separati. Invece i 3 tipi di politica si influenzano a vicenda - in modi variabili e imprevedibili. Il secondo errore e' quello di ritenere che lo sviluppo socio-economico neutralizzi aggressivita' e follia (questo accade solo se lo sviluppo e' libero, culturale e civile). Il terzo e' la fede nell'utilita' dei negoziati per evitare il precipitare di crisi.
Dror descriveva le strategia degli stati pazzi: infiltrazione, erosione, provocazione, ricatto. Ma sono piu' interessanti le strategie suggerite per combattere e neutralizzare la follia.
La piu' mite (ma non la piu' energica, ne' efficace?) consiste nel fornire informazione corretta e libera allo scopo di far ragionare decisori e opinione pubblica nei Paesi che si trovano in condizioni marginali.
La seconda strategia e' quella dell'embargo che privi lo Stato folle delle macchine e delle risorse necessarie a creare armi di massa (dopo la sparizione dell'URSS, pero', pare che risorse nucleari notevoli siano reperibili in vari ex satelliti). La terza strategia consiste nel non premiare la follia - esattamente il contrario di quello che fecero i Paesi occidentali a Monaco nel 1938 con l'appeasement che avrebbe dovuto addolcire Hitler.
La quarta e' quella di infiltrare il Paese che sta impazzendo, stimolando rivolta e rovesciamento del regime dittatoriale aggressivo. La quinta e' la deterrenza e, se non funziona, il ricorso alla forza e all'occupazione militare - come e' successo nel 1991 con l'Irak, dopo l'aggressione al Kuwait e senza arrivare all'occupazione e alla rimozione di Saddam.
L'ultima strategia e' la capitolazione - presentata come un paradosso.
Sembra interessante valutare queste opzioni. In USA il dibattito su di esse divampa. In Italia non ne parliamo - come parliamo poco e male di insegnamento e di ricerca. Portiamo ritardo. Discutiamo di cose vecchie: riforma elettorale, uguaglianza davanti alla legge, separazione fra chiesa e Stato.


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DIFENDIAMO LIBERTA' E RAGIONE - Roberto VACCA, IL MATTINO - 19 settembre 2000
E' triste: 2 secoli dopo la dichiarazione dei Droits de l'Homme e mezzo secolo dopo le 4 libertà di Roosevelt e la dichiarazione dell'ONU, ancora tocca combattere per la libertà di parola e di religione. Alcuni vogliono censura su Internet. Altri revisionano le battaglie per la libertà del Risorgimento e rivalutano le figure degli oscurantisti. Tutti cercano di imporre le verità assolute di chiese o scuole di pensiero in cui spesso il pensiero è assente. Ricordano l'intellettuale che diceva: "Io sono un libero pensatore!" - e un napoletano gli chiese: "E a cche pienz'?"
Gli oppositori della libertà gabellano le loro fedi come superiori e spirituali e ci diffamano sostenendo che siamo materialisti. E' il contrario: sono le ortodossìe di ogni tipo a non riconoscere nessun valore dello spirito. Non vedono che l'espressione più elevata dello spirito umano si manifesta quando uno di noi capisce cose nuove, interpreta il mondo (quello fisico, quello ideale della matematica, l'arte, la narrazione, la psiche stessa), riesce a spiegarle agli altri - non quando ripete giaculatorie. Chi ripete formule somiglia ai buddisti che scrivono preghiere su una striscia di carta e la ruotano su un girello: ogni giro vale per una ripetizione.
Nella società che dovremmo creare, le idee circolano liberamente, le scuole sono tante e stimolanti, la qualità dell'insegnamento è preparata e controllata, le invenzioni sono accolte con favore. I casi dubbi si dirimono con esperimenti che ci avvicinano alla realtà. Innovazioni e riforme si tentano con l'ingegneria sociale pragmatica - non si ricorre all'autorità di chi sostiene di detenere ogni verità.
Parlando di attentati alla libertà si pensa agli stalinisti, che falsificavano la storia a ogni passo, o ai nazisti che bruciavano i libri in piazza. Non sono stati i soli. I preti spagnoli nel XVI secolo hanno bruciato tutti i codici Maya, meno tre. Nel 1832 papa Gregorio XVI, nell'enciclica "Mirari vos" (15/8/1832) cita "quella pessima, né mai abbastanza esecrata ed aborrita "libertà della stampa" nel divulgare scritti di qualunque genere; libertà che taluni osano invocare" e ancora "Clemente XIII ... nella sua enciclica sulla proscrizione dei libri nocivi afferma che "si deve lottare accanitamente ... con tutte le forze, al fine di estirpare la mortifera peste dei libri".
L'articolo LXXIX del Sillabo di Pio IX (liberato da una doppia negazione che palesa come il cittadino Mastai fosse anche un prosatore mediocre) dice "la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l'ampia facoltà a tutti concessa di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero palesemente ed in pubblico, conduce a corrompere più facilmente i costumi e gli animi dei popoli".
Galileo è stato riabilitato - come se ne avesse bisogno, ma il magistero cattolico non condanna le proposizioni obbrobriose di quei papi. E purtroppo taluno continua ad ascoltare le opinioni dei cattolici anche se si parla di cose serie come i problemi riguardanti gli embrioni. La questione è complessa: non va discussa qui. Ma uno dei curiosi argomenti addotti concerne il momento in cui l'anima animale e quella vegetativa vengono conglobate da quella intellettiva che è incorruttibile e immortale. Ora il concetto di incorruttibilità è privo di senso a chi cerchi di comprendere la realtà con metodo logico-sperimentale. Somiglia a quelli di inamovibilità e di irresistibilità: non ha senso chiedere "che accade se una forza irresistibile cozza contro un corpo inamovibile?"
Meno di un secolo fa la Civiltà Cattolica (2/9/1905) sosteneva che durante il miracolo di S.Gennaro il suo sangue cambia peso da 987 a 1015 grammi (ma l'esperimento non si controllò mai). La citata enciclica di Gergorio XVI dice anche: "Da questa corrottissima sorgente dell'indifferentismo scaturisce quell'assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che si debba ammettere e garantire a ciascuno la libertà di coscienza: errore velenosissimo, a cui apre il sentiero quella piena e smodata libertà di opinione che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato."
Per sdoganare fascisti e comunisti si è chiesto che ripudiassero i loro gravi errori passati. Per essere sdoganati, i cattolici dovrebbero ripudiare queste enormità e accettare che "la ragione umana è l'unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male". Se continuano a negarlo, consideriamoli con rispettoso distacco, ma non prendiamoli sul serio.

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articolo del 25 luglio 2009

Non è vero che in America e in Europa ci sono pochi atei. Ad esempio cinque scrittori che hanno sposato le teorie atee hanno venduto molte migliaia di copie negli USA e in Europa (hanno venduto bene anche in Italia nonostante che gli atei nel nostro paese siano ignorati dai nostri media)
I loro nomi sono:
CHRISTOPHER HITCHENS autore di "Dio non è grande" - Einaudi. Hitchens spiega perché la religione avvelena ogni cosa a causa di un dna violento, irrazionale, intollerante, alleato di razzismo e tribalismo, contornato da ignoranza, ostile al libero intelletto, sprezzante nei confronti delle donne; SAM HARRIS ha pubblicato "La fine della fede" – Nuovi Mondi Media. Harris ricorda che gli unici angeli che dobbiamo invocare sono la ragione, l’onestà e l’amore, mentre i demoni da temere sono il fanatismo, l’ignoranza, l’odio, l’ avidità e la fede, vero capolavoro del diavolo; RICHARD DAWKINS, inglese, docente di comprensione della scienza all’Università di Oxford è l’autore di "L’illusione di Dio" - Mondadori. Dawkins ritiene che solo gli atei possono essere felici, morali, intellettualmente appagati, che la selezione naturale darwiniana è una teoria superiore all’ipotesi di Dio. TELMO PIEVANI ha pubblicato "Creazione senza Dio" – Einaudi. "Chi vorrebbe insegnare nelle scuole il teorema de "Disegno intelligente", scrive Pievani, ha in mente una società antimoderna, condizionata da valori religiosi pervasivi e dogmatici".
Un altro autore ateo italiano che ha venduto molto soprattutto in Italia è Piergiorgio Odifreddi. Il titolo del suo ultimo libro è: "Perché non possiamo essere cristiani". Sottotitolo: "E meno che mai cattolici". – Longanesi.

Circolo culturale Bertrand Russell - Treviso



Religione e dialogo - La ragione umana fino dalla sua nascita, qualche millennio fa, per non essere paralizzata dall’angoscia dell’ignoto e della morte ha aperto l’ombrello delle religioni sotto al quale la casualità che fa tanta paura viene forzata in un disegno divino: se tutto è riconducibile a una causa superiore allora tutto, anche il peggiore dei mali, ha senso nella prospettiva di una salvezza eterna. La causa divina, che mette riparo all’imprevedibile, va servita con preghiere e azioni, come merita la posta in gioco, e l’uso politico della religione è il mezzo più efficace e diretto per piegare la storia a un destino oltre il mondo. Dio, se esiste, non può che essere unico ma la sua unicità è concetto che in realtà divide, essendo ogni religione monoteista avversaria dell’altra per i diversi sbarramenti dogmatici eretti a difesa delle rispettive verità sui connotati del divino: inimmaginabile per gli uni, a somiglianza nostra per gli altri. Quando la teologia domina o condiziona la politica è naturale e inevitabile il ricorso alle armi. E’ quanto è avvenuto nel corso della storia e sta avvenendo ora: Dio è sulle prime pagine dei giornali, trasformati in bollettini di guerra santa. Incredibile: nel XXI secolo è la teologia che guida le sorti del mondo terreno!
Ma la ragione umana ha inventato anche, con fatica e mille riserve, la tolleranza, che permette a certe condizioni la convivenza con i diversi. Se le religioni dividono la tolleranza opera da forza di interposizione, nel rispetto delle diversità: le contrapposizioni permangono ma la sopportazione civile ne stempera i furori. Proponendosi di imbracare nel metodo del confronto disarmato la natura invasiva di ogni dottrina totalitaria, la tolleranza è virtù essenzialmente laica: anche il credente più aperto, che la conosce e la apprezza, non la può praticare fino in fondo dovendosi arrendere davanti al muro dell’infallibilità che corona tutte le chiese. L’invocato “dialogo tra religioni” di cui ora tanto si parla è dunque destinato a risolversi, se mai viene avviato, in un confronto tra opposti dogmatismi, con il solo effetto di esaltare ad uso interno la verità unica ed esclusiva che promette salvezza: per essere produttivo di reale tolleranza manca dell’ingrediente della laicità, che consiste nella costante consapevolezza che le ragioni umane sono tutte fallibili anche quando trattano di cose religiose. Ma non sarà mai che il portatore di valori assoluti e irriducibili riconosca che la propria è una cultura tre le altre, e men che meno sarà disposto a riconoscerlo un interlocutore che, pure al netto delle manifestazioni più fanatiche, vieta espressamente il libero pensiero e criminalizza la conversione ad altre religioni.
Anche il laico naturalmente coglie tutti i pericoli per la stabilità del proprio modo di essere e ragionare, che però non propone come modello universale che tutti devono adottare se vogliono progredire: dalle teocrazie in vario modo aggressive vorrebbe difendersi non con una crociata ideologica ma esportandovi quel senso del relativo – ogni verità è tale in determinati tempi e luoghi - che è il connotato più saliente del pensiero libero e che funge da anticorpo di ogni fondamentalismo. Proposito peraltro poco realistico, anzitutto per gli ostacoli interni frapposti dalle centrali religiose che censurano il relativismo, di cui danno una nozione morale distorta, indicandolo come il peggior male della modernità. Esse credono doveroso difendere con forza e tendenzialmente imporre, senza cedimenti agli idoli della laicità, i valori assoluti ed eterni che sono l’unico viatico alla salvezza. E là dove lo stato laico è addirittura assente e la teocrazia domina la legge e le anime, e le masse dei fedeli non hanno voce politica e subiscono senza sdegno collettivo orrende crudeltà fisiche e mentali, l’ostacolo eretto dalla religione all’uso critico del pensiero umano appare insuperabile.
Posizione difficile quella del laico: dovere senza il conforto di certezze supreme attribuire pari dignità ad altri mondi che non ama e nel contempo avvertire l’impenetrabilità dentro la cittadella delle religioni istituzionalizzate della sola virtù capace di disarmare gli spiriti bellicosi, la tolleranza; e con il pericolo di cadere nel fondamentalismo opposto, quello della chiesa degli atei.

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