AMICI DI BERTRAND RUSSELL


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artcolo del 1 novembre 2013


HELDER PESSOA CAMARA, IL “VESCOVO DELLE FAVELAS”


L’articolo che segue è tratto dalla rivista “Libero Pensiero, di settembre 2013 - La rivista è edita dall’Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”.


“Quando do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista”, Affermava Hélder Pessoa Camara, soprannominato il “vescovo delle favelas”, che insieme a sacerdoti tanto coraggiosi quanto scomodi, denunciava lo sfruttamento dell’aristocrazia latifondista in America latina e voleva che la Chiesa si impegnasse per il riscatto delle masse di miserabili e ignoranti che il ceto dominante sfruttava e soggiogava per mantenere il proprio potere oligarchico.
La teologia della liberazione cercò di dare voce a queste masse, perché pensava che fosse dovere dei cristiani contribuire a realizzare la giustizia in questo mondo. E’ da questa ineludibile esigenza di giustizia, che il movimento prende corpo, contrastato dalla Chiesa gerarchica che riduceva al silenzio i “preti companeros”.
Suscitò sdegno in tutto il mondo democratico la foto di Wojtyla che nel 1987 si affacciava dal balcone di Palazzo della Moneda, sereno cordiale, accanto al criminale Pinochet, a cui nel 1993 rinnovava la sua benedizione con questo telegramma augurale: “Al generale Augusto Pinochet Ugarte e alla sua distinta sposa signora Lucia Hiriarde Pinochet, in occasione delle loro nozze d’oro matrimoniali e come pegno di abbondanti grazie divine, con grande piacere impartisco, così come ai loro figli e nipoti, una benedizione apostolica speciale”.


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articolo del 3 marzo 2013

CONTRO IL NEO-CONCORDATO
Bruno Segre
revisione del Concordato, firmata il 18 febbraio 1984 dal Capo del Governo e dal Segretario di Stato della S. Sede cardinale Casaroli, ha ribadito l’alleanza fra due poteri, un regime patrizio fra Stato e Chiesa, una mistificazione che grava sulla società italiana. Nel testo del neo-Concordato sono stati eliminati i rami secchi, ma è rimasta la sostanziale preminenza della religione cattolica sulle istituzioni repubblicane, la cui laicità non è stata esplicitamente affermata. Si è trattato di un’operazione di mero aggiornamento, arcaica nella sua prospettiva culturale, contrastante con i contenuti giuridico-politici della Costituzione. Sono stati conservati estesi privilegi per la Chiesa cattolica (indottrinamento confessionale, controllo delle coscienze dei giovani mediante l’istruzione religiosa nella scuola pubblica, effetti civili del matrimonio religioso, riconoscimento dei titoli accademici in teologia e nelle altre discipline ecclesiastiche, annullamento dei matrimoni religiosi, presenza dei cappellani nelle Forze Armate, negli ospedali, nelle carceri, devoluzione dell’8 per mille dell’IRPEF con l’accredito sulle dichiarazioni dei redditi prive di destinazione, ecc.).
un Concordato iniquo, che ha permesso una sempre maggiore ingerenza da parte del Vaticano nella vita pubblica, nel costume e negli affari interni dell’Italia. Recentemente le pressioni del Vaticano per il finanziamento delle scuole private (in enorme maggioranza confessionali), vengono accolte dalle Regioni, nonostante il contrasto con l’art. 33 della Costituzione. Il problema, oggi, non è di abrogare il Concordato, che pur resta l’obiettivo finale, ma di prospettarne in sede politica la sua incompatibilità con i principi della Costituzione, con la natura laica dello Stato, con la società moderna sempre più secolarizzata. In conclusione bisogna mobilitare l’opinione pubblica (compresa l’area cattolica progressista) per l’abolizione del sistema delle intese e per la liberazione del Paese dalle ipoteche a favore della Chiesa e delle altre confessioni religiose. Come si è vinta la battaglia per l’obiezione di coscienza, per il divorzio, per l’aborto si potrà, sia pure in tempi lunghi, sconfiggere la subordinazione dello Stato alla Chiesa.

Scritto dall’Avv. Bruno Segre (Presidente dell’Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”) per la Guida alla Giornata per la rifondazione della LIAC, Lega Italiana per l’Abolizione del Concordato. , 13.10.2001


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articolo del 14 maggio 2012

CONSIGLI PER TAGLIARE GLI SPRECHI E RISPARMIARE

Se le seguenti proposte fossero attuate, perderebbero soldi e privilegi soltanto coloro che hanno molti privilegi e moltissimi soldi.

Ridurre del 50% il numero dei politici nazionali, regionali, comunali e degli enti locali.
Ridurre dell’80 per cento gli stipendi dei suddetti politici e dei deputati europei.
Fissare per tutte le pensioni d’oro un tetto di 40 mila euro lordi all’anno.
Fissare un tetto massimo di 50 mila euro lordi all’anno per tutti i funzionari dello Stato.
Sopprimere tutti gli enti provinciali (dovevano essere aboliti quando istituirono le Regioni).
Sopprimere tutte le Prefetture (il Presidente Einaudi le considerava un potere superato).
Abolire tutti gli enti inutili (40 anni fa Ugo La Malfa ne elencò 1.500, ma sono aumentati).
Tagliare l’80% del finanziamento attuale ai partiti (nel 1993 un referendum lo abolì).
Abolire la norma assurda che permette alle religioni di incassare i soldi (dell’8x1000) di chi non sceglie nella denuncia dei redditi nessuna religione.
Dimezzare le spese militari e ordinare il ritiro di tutti i contingenti militari all’estero.
Sopprimere i Comuni con meno di cinquemila abitanti.
Togliere il buono scuola alle famiglie che mandano i figli nelle scuole private.
Abolire il finanziamento pubblico ai giornali di partito e le agevolazioni ad altri giornali.
Annullare le pensioni baby alle famiglie che percepiscono redditi superiori ai 40 mila euro.
Ripristinare la tassa di successione sulle eredità superiori ai 200 mila euro.
Lotta all’evasione fiscale applicando le stesse sanzioni che si applicano negli Stati Uniti.
Eliminare tutte le auto blu (tranne per le alte cariche dello Stato).
Sopprimere tutte le Circoscrizioni comunali.
Limitare a un tetto di 40 mila euro le consulenze concesse a studi privati dagli enti pubblici.
Ripristinare la legalità dell’articolo 81 della Costituzione: “Con la legge di approvazione di bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”. L’articolo 81 fu suggerito da Luigi Einaudi, noto economista liberale e primo Presidente della Repubblica.

Gianfranco Dugo - Franco Vicentini


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articolo del 14 maggio 2012

QUATTRO REGOLE PER MIGLIORARE LA POLITICA

di Gianfranco Dugo

Tutti i vertici dei maggiori partiti italiani sono diretti da professionisti della politica. Chi vive solo di politica, vive nel terrore di perdere voti. Questo lo condanna all’immobilismo, e la sua professionalità gli serve solo per mantenere il potere. I vertici dei suddetti partiti non hanno voluto o saputo fare le scelte coraggiose e impopolari necessarie, e di conseguenza hanno portato il Paese nell’attuale situazione economica. La loro incapacità politica è dimostrata dal fatto che hanno dovuto cedere il governo a dei tecnici. Il problema quindi è come rimuovere democraticamente i partiti che hanno governato l’Italia negli ultimi diciotto anni. Vedo soltanto una soluzione: creare nuovi partiti (di sinistra o di destra) guidati da idealisti. Ma come riconoscere gli idealisti ? Per prima cosa non dovrebbero essere ricchi e dovrebbero rendere pubblico il loro reddito e patrimonio. Quindi si dovrebbe redigere uno statuto con le seguenti quattro regole:
rotazione della carica dopo un solo mandato e, finito il mandato, rinuncia a qualsiasi carica politica per dieci anni;
ogni politico non potrà possedere più di una carica politica;
il nuovo partito non potrà tesserare i militanti (di qualsiasi grado) dei vecchi partiti;
stipendi ai politici e finanziamenti ai partiti dovranno essere solo il 20% di quelli pagati attualmente.
La politica non dovrà più offrire né carriere né privilegi. La politica è peggiorata perché i partiti che hanno rovesciato i loro programmi e ideali sono stati super votati. Perciò sono gli elettori i veri responsabili.


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articolo del 12 febbraio 2011


RISPONDO A UN SIGNORE CHE CRITICA IL LIBRO DI PIERO ANGELA

“A cosa serve la politica ?” - Mondadori - 2011

La critica che il signor L. B. fa al libro di Piero Angela (A cosa serve la politica?) è ideologica e non veritiera. E’ ideologica perché non si può liquidare il libro in questione affermando che l’autore possiede solo un’ottica liberista. Chi ha letto il saggio di Angela con la mente libera, sa che ci sono più proposte egualitarie e democratiche di qualsiasi progetto di sinistra socialista (che rimane sempre sulla carta) di ieri e di oggi. Inutile fare progetti grandiosi se poi svaniscono come la neve al sole. Abbiamo visto il socialismo reale cosa ha realizzato in Russia, in Cina e in altri paesi. L’unico socialismo che ha avuto successo è quello svedese, ma ha dovuto venire a patti con il capitalismo. Infatti il socialismo democratico svedese è riuscito a creare una società più egualitaria, democratica e libera di ogni paese comunista (paesi che avevano alle spalle i colossi dell’ideologia che si chiamavano Marx e Lenin). Il modello che Angela prende ad esempio è la socialdemocrazia svedese, che ha scelto di “educare” prima i cittadini. Inutile fare grandi progetti di società se poi gli uomini che devono attuarli sono imperfetti. Inoltre non è assolutamente vero che Angela estromette i politici. Anzi, offre loro decine di indicazioni concrete realizzabili con poco costo. Nel libro di Angela non c’è un progetto globale di società, ma ci sono decine di proposte realizzabili in ogni settore delle vita pubblica italiana. Ad esempio: capitolo 1 da pag. 11 a pag. 28 sviluppo economico, sociale, egualitario e culturale frenati dai politici e dai burocrati prigionieri del voto o delle lobby; pag. 33-34 chimica e danni ambientali; pag. 47 politica e ricerca; pag. 48 tecnologia e veleni; pag. 50 cultura scientifica; pag. 52 scienza e filosofia; pag. 55 filosofia e tecno-energia; 58 ecologia tecnologica; pag. 62 selezione negli studi; pag. 65 lettori abituali di libri in Italia; 68-69 insegnanti e scuola; pag. 74-75 meritocrazia, favoritismi, sprechi e precedenze; pag. 78 università, disoccupazione e studi scientifici; pag. 82-83 la fuga dei cervelli non raccomandati; pag. 102 pubblico e privato in Italia; pag. 104 nomine nelle istituzioni e negli enti pubblici; pag. 121 fisco e furbizie; pag. 131 uno spreco di intelligenze; pag. 143 prevedere per provvedere e prevenire; pag. 152 un nuovo tipo di “inquinamenti”; pag. 155 la crescita e i guasti. Insomma, “A cosa serve la politica ?”, è un ottimo manuale per i politici italiani; un manuale ricco di suggerimenti concreti e realizzabili.

Franco Vicentini


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articolo del 20 dicembre 2011


QUELLO CHE IL CENTRODESTRA NON HA SAPUTO RISOLVERE

di Franco De Rossi

E’ vero, Monti guida un governo costituito da non eletti, ma i governi eletti cosa hanno fatto ?
In Europa, l’Italia, ha il numero più alto di enti inutili; ha il numero più alto di politici in attività; ha il numero più alto di condoni salva furbetti; ha una evasione fiscale gigantesca; ha i politici più pagati; ha lo Stato con un debito spaventoso (1900 miliardi); ha concesso il finanziamento più alto ai partiti (nonostante fosse stato abolito da un referendum); il numero dei disoccupati e dei precari è altissimo; sanità, ricerca, scuola e cultura subiscono tagli; le forze dell’ordine non hanno la benzina sufficiente; ha le prigioni più affollate; i giornali di partito ricevono sostanziosi contributi pubblici; ha il numero più alto di auto blu; molti enti nazionali e locali spendono cifre enormi per consulenze; si spende ogni anno una cifra smisurata per pagare gli interessi sui titoli di Stato emessi (90 miliardi di euro, e una buona parte finisce all’estero); ha i processi penali e civili più lunghi; ha un numero di leggi altissimo; ha il numero più alto di prescrizioni; ha il clero più pagato e privilegiato; malgrado una legge sul reato di clandestinità, le sanatorie e le espulsioni, oggi il numero dei clandestini è ancora altissimo.
Purtroppo, in nove anni, il centrodestra non ha saputo risolvere i suddetti problemi malgrado possedesse una notevole maggioranza in Parlamento.



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articolo del 29 settembre 2011

QUANTI ITALIANI VORREBBERO UN FISCO CHE NON PERDONA ?

di Eripac

Chi ha letto “La Casta” di Rizzo e Stella ha potuto conoscere gli enormi sprechi nel settore pubblico e gli incredibili privilegi della “Casta politica”. In questi ultimi mesi, in molti giornali, leggo articoli e una infinità di lettere contro i privilegi dei politici. In alcune lettere ci sono ottime proposte per tagliare i privilegi e gli sprechi e per recuperare soldi pubblici. Però sulla gigantesca evasione fiscale non si ci sono proposte. Gli esperti in materia ritengono che ogni anno il fisco italiano (quindi lo Stato) perda oltre 120 miliardi di euro. Se entrasse nelle casse dello Stato solo il 50% dell’evasione, si eviterebbe agli italiani meno abbienti i tanti dolori delle finanziarie annuali. Il metodo per stanare gli evasori c’è: basta copiare i metodi fiscali usati nei paesi che hanno una percentuale molto bassa di evasori. In quei Paesi gli evasori sono una piccola minoranza perché ci sono pene pecuniarie molto alte e immediate, e soprattutto sono impossibili i condoni. Inoltre ci sono estesi e incrociati controlli su ogni fonte di reddito, sul tenore di vita dei contribuenti e sugli acquisti importanti. Ma quanti italiani vorrebbero un fisco che non perdona ?


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articolo del 29 settembre 2011


IL REVISIONISMO STORICO DEL MEDIOEVO

di Franco Vicentini

Idealizzare il medioevo e minimizzare i suoi orrori è sempre stato un impegno preciso degli storici cattolici revisonisti. L’integralismo religioso ha sempre cercato di minimizzare le sue colpe: i crimini dell’ Inquisisizione ? Solo 40 mila morti in sette secoli (in realtà furono alcuni milioni). Il massacro degli eretici, degli ariani, dei catari e dei valdesi ? Erano pochi individui. Le crociate ? Erano necessarie. La schiavitù e i servi della gleba? Un piccolo frutto amaro dei tempi. Abbiamo l’impressione che le letture storiche di molti cattolici siano di parte. Gli autori dei suddetti crimini furono doppiamente colpevoli perché calpestarono il Vangelo. Se oggi possediamo molte libertà civili e una maggiore giustizia sociale, non è merito del clero cattolico, ma degli illuministi e dei liberi pensatori tanto disprezzati. Basti un solo esempio: la schiavitù (che costò milioni di vittime) fu abolita per opera dei liberi pensatori, non delle chiese cristiane. Gli illuministi non sono responsabili della Rivoluzione francese, altrimenti dovremmo ritenere Gesù responsabile dei genocidi e del razzismo dei cristiani. L’illuminismo ha generato il liberalismo, non il comunismo e il fascismo e nemmeno il capitalismo selvaggio, come dicono molti revisionisti cattolici.
E’ vero che il medievo ideò molte cose utili, però esse nacquero per opera di uomini coraggiosi che spesso si scontrarono con i dogmi di un clero fanatico e crudele. Per esempio un buon numero di conquiste, nel caso della medicina, sarebbero state raggiunte molto prima se la libera indagine fosse stata diffusa senza pericoli. Un secondo esempio: oggi nel mondo Occidentale chiunque può dichiararsi ateo senza mettere in pericolo la sua vita e quella della sua famiglia. Nel medioevo sarebbe stato subito bruciato come “figlio di satana”.


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articolo del 16 luglio 2011


I GRANDI PARTITI NON VOGLIONO RIDURRE I COSTI DELLA POLITICA

di Franco Vicentini

Le Province italiane sono 110. Ogni anno costano ai contribuenti circa 17 miliardi di euro e impiegano 61 mila dipendenti e 4.207 amministratori di nomina politica (presidenti, vicepresidenti, assessori e consiglieri).
Le Province dovevano essere abolite nel 1970 quando istituirono le regioni. Nessuno è riuscito ad abolirle, anche se costano una cifra enorme. Sarebbe bastato chiuderle trasferendo i 61 mila dipendenti e le competenze delle Province ai Comuni e ad altri enti locali. Nessuno avrebbe perso il lavoro. Inoltre sarebbe stata un’ottima occasione per cominciare a tagliare un numero consistente di politici (in Italia sono 179.485 mila secondo il libro-inchiesta “la Casta” di Rizzo e Stella). Infine lo Stato avrebbe recuperato molti soldi vendendo gli immobili (quasi tutti nei centri storici), e i cittadini avrebbero pagato meno tasse…
Il recente voto in Parlamento ha visto la Lega e il Pdl schierati contro l’abolizione, mentre il Pd ha scelto l’astensione. L’astensione del Pd, che ha permesso la non abolizione, è stata una scelta che costerà cara al più grande partito della sinistra. Moltissimi elettori di sinistra si chiedono: sono veramente dei professionisti della politica gli attuali alti dirigenti del Pd ? Dopo la mancata legge sul conflitto d’interessi (errore che nemmeno i più ingenui dilettanti avrebbero fatto), l’astensione sulle province è il secondo grave errore del Pd. Gli costerà alcuni milioni di voti in meno.


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articolo del 13 marzo 2011

SONO GLI ELETTORI CHE NON MIGLIORANO LA POLITICA

di Franco de Rossi

Una parte dell’elettorato ignora le leggi assurde come la depenalizzazione del falso in bilancio e i condoni che premiano i furbi; inoltre dimentica le promesse non realizzate: vedi le tasse che non si abbassano, vedi il federalismo sempre incerto, vedi il tagli alla polizia, vedi i giovani che non trovano lavoro, vedi la moltitudine di precari e disoccupati senza futuro, vedi chi ha perso il lavoro a 40/50 anni e non lo trova più, vedi i tagli alla scuola pubblica, vedi il tagli alla ricerca scientifica e alla cultura, vedi il problema clandestini non risolto, vedi l’insufficienza di fondi per gli alluvionati, vedi le Province non abolite, vedi la giustizia sempre più lenta, vedi l’aumento delle prescrizioni, vedi la burocrazia sempre più complicata, vedi l’enorme debito pubblico (debito che costringe il governo a varare pesanti finanziarie), e vedi, infine, le fabbriche che delocalizzano (creando disoccupazione) senza che il governo sappia risolvere il problema. L’elettorato che non sa criticare il proprio partito quando non mantiene le promesse o sbaglia, impedisce che la politica migliori. Perciò sono gli elettori che non migliorano la politica. Gli elettori di destra dovrebbero rendersi conto che dal 2001 l’Italia è governata dal Pdl e dalla Lega (tranne il breve periodo di Prodi), con una grande maggioranza nelle due Camere fino a pochi mesi fa.





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articolo del 02 settembre 2010

UNA BUONA DEMOCRAZIA DIPENDE DAGLI ELETTORI

di Bruno Ferrari

"Abbiamo i politici che ci meritiamo", ma sarebbe più corretto dire: "Abbiamo i governanti che la maggioranza degli elettori sceglie". E' infatti la maggioranza che governa che fa le leggi.
La democrazia ha sempre avuto tre grandi nemici: l'ignoranza di molti cittadini, la società divisa su opposti interessi, l'enorme ricchezza di alcuni individui e delle multinazionali.
L'ignoranza. Quando in una nazione ci sono moltissimi elettori poco informati, essi diventano preda di astuti demagoghi. Non a caso leggiamo nel "Mein kampf": "Se vuoi conquistare le masse non devi parlare al loro cervello, ma ai loro sentimenti". Naturalmente Hitler intendeva i sentimenti più bassi: il razzismo e l' odio per un nemico (inventato) causa di tutti i mali. Metodo politico usato ancora oggi dai demagoghi.
Gli opposti interessi. Molte categorie sociali hanno interessi opposti a quelli di altre categorie.
La troppa ricchezza di alcuni individui e delle multinazionali. L'enorme ricchezza di alcuni individui e delle multinazionali può condizionare persino i governi.
Quando gli elettori sono imperfetti la democrazia non può essere perfetta.


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articolo del 26 maggio 2010

PROPOSTE PER RINNOVARE IL CENTROSINISTRA

Nelle ultime elezioni il Partito democratico ha perso molti voti. E' passato dal 33% nelle politiche 2008 al 26% nelle Regionali 2010. La prima ragione delle sconfitte della sinistra dobbiamo attribuirla alla mancanza di coraggio e di idee chiare sugli obiettivi da raggiungere; la seconda, è la sua divisione in tanti partitini; la terza, non sa cogliere le occasioni quando governa. Un solo esempio: perché il Pd nel 2006, quando andò al potere, si dimenticò del conflitto d'interessi e delle leggi vergogna ? E perché, invece, varò una pessima legge di indulto molto impopolare ? Senza un cambiamento radicale, il Pd ha ancora pochi anni di vita. Perciò è necessario un nuovo gruppo dirigente non responsabile dei gravi errori del passato. I membri del nuovo direttivo dovrebbero essere coraggiosi e con idee e proposte chiare. Oggi viviamo in un'epoca difficile: la disoccupazione sale molto, molte fabbriche e commerci chiudono, il debito pubblico aumenta e diminuisce il Pil. Inoltre alla scuola pubblica e alla ricerca scientifica vengono tagliati molti finanziamenti.

ECCO ALCUNE PROPOSTE MOLTO POPOLARI DA INSERIRE NEL PROGRAMMA
Subito una legge sul conflitto d'interesse uguale a quella degli altri paesi occidentali
Immediata cancellazione delle leggi vergogna
Riduzione del 50% del numero dei politici nazionali, regionali e comunali
Riduzione del 60% degli stipendi dei suddetti politici e dei deputati europei
Abolizione delle Province che ogni anno costano al contribuente 14 miliardi *
Abolire tutti gli enti inutili (Ugo La Malfa ne elencò 1700, ma sono aumentati)
Ridurre del 50% ogni finanziamento ai partiti
Sopprimere i comuni con meno di 5000 abitanti e inserirli in quelli vicini più grandi
Togliere i buoni scuola alle famiglie che mandano i figli nelle scuole private
Eliminare le 150 mila auto blu, tranne per le alte cariche dello Stato
Abolire i finanziamenti ai giornali di partito e a tutta la stampa privata
Costringere, con un tetto di spesa, tutti gli enti pubblici a limitare le consulenze esterne
Ritiro immediato delle truppe italiane in missioni militari in zone di guerra

INOLTRE si dovrebbe presentare un progetto chiaro e dettagliato per velocizzare la giustizia, migliorare la scuola pubblica e i concorsi statali e finanziare la ricerca scientifica.
Il federalismo fiscale per ora è impossibile perché avrebbe un costo enorme, e l'immenso debito pubblico non lo permette. Invece sarebbe necessaria una legge che punisca con sanzioni pesanti tutti i dirigenti pubblici che creano deficit negli enti da loro diretti.
Per ricreare degli attivisti nel territorio (come il vecchio Pci) che sappiano parlare e convincere i cittadini, ci vogliono molti anni e buoni argomenti. Le proposte popolari, come quelle elencate sopra, invece, basta proclamarle ad ogni occasione: nelle tv, nei giornali, negli incontri con il pubblico e nel programma di partito. Ma senza rinnovare radicalmente i vertici del Partito democratico, tutto resterà come prima. Ricordiamoci che l'elettorato premia sempre chi ha il coraggio di eliminare sprechi e ingiustizie e fa proposte utili.
Ad esempio in Italia abbiamo tre attività industriali deboli che vanno incoraggiate: si tratta dell'industria del turismo nel meridione, quella del riciclaggio rifiuti e quella della produzione di energie alternative al petrolio e al nucleare: vedi il solare, l'eolico, il geotermico, ecc.
Il solo turismo se fosse organizzato come in Spagna e in Francia potrebbe creare centinaia di migliaia di posti di lavoro.

" I dipendenti delle Province e degli enti inutili verranno licenziati, ma trasferiti negli enti locali del proprio territorio.

Gianfranco Dugo - Treviso



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(articolo del 25 aprile 2010)

LA CRISI E L'ATTUALITA' DELL'ANTIFASCISMO

di Giovanni Missaglia


A dispetto del ruolo che mi compete in questa giornata di festa e di commemorazione, vorrei iniziare il mio intervento con una nota amara sulla crisi di quello che è stato chiamato il "paradigma antifascista". Un paradigma che negli ultimi anni ha subito molti attacchi espliciti o, nella migliore delle ipotesi, è caduto nell'oblio, è invecchiato - così si dice - secondo le inesorabili leggi del tempo.
Un giovane storico di idee politiche moderate, Sergio Luzzatto, nel 2004 ha scritto un bellissimo libro intitolato La crisi dell'antifascismo. Proprio nelle prime pagine afferma: "Inutile negarlo: l'antifascismo sta attraversando una crisi profonda; eventualmente una crisi irreversibile. E non soltanto a causa della legge generale per cui l'impatto di ogni fenomeno storico è destinato comunque a diminuire nel tempo […]. Penso che alla mia generazione competa una responsabilità retrospettiva ben precisa: non consentire che la storia del Novecento anneghi nel mare dell'indistinzione".
E invece è proprio nel mare dell'indistinzione che rischiano di condurre, se non hanno già condotto, alcune esigenze di per sé legittime e persino irrinunciabili. Penso, in primo luogo, al tema della pietà per i morti, al rispetto che si deve anche a coloro che decisero di militare nell'esercito della Repubblica Sociale Italiana. L'ingiunzione etica, che per qualcuno riveste anche un significato religioso, è fuori discussione: non compete agli uomini il giudizio morale. Che, però, non deve essere confuso col giudizio storico: quel che conta, dice ancora Luzzatto, quando ci si collochi sul terreno della valutazione storica, non è l'uguaglianza nella morte, ma la disuguaglianza nella vita. "Il saloino era evidentemente disponibile ad immolarsi per l'Italia della Risiera di San Sabba e di Fossoli: per il mondo di cui Mussolini e Hitler andavano berciando da vent'anni, dove i più forti erano i migliori, i più deboli partivano dentro carri bestiame per una destinazione che soltanto gli ipocriti qualificavano ignota. Il garibaldino era pronto a morire per l'Italia di Montefiorino e della Val d'Ossola […], per un mondo che poteva sperare libero, egualitario, solidale"; Luzzatto può così concludere che "le concrete circostanze della storia italiana e mondiale attestano oltre ogni margine di dubbio che il partigiano delle Garibaldi combatteva dalla parte giusta, il ragazzo di Salò dalla parte sbagliata".
Un'altra istanza sacrosanta rischia di condurci "nel mare dell'indistinzione". Penso al grande tema della pacificazione tra gli italiani che una festa come quella del 25 aprile, secondo i suoi detrattori, avrebbe il torto di impedire. Occorre intendersi. Il bisogno di voltare pagina dopo un conflitto tremendo, di non interpretare la memoria come eterna perpetuazione dei conflitti del passato, è giusto. Del resto, fu proprio il ministro Togliatti ad assumere nei confronti dei fascisti il provvedimento tanto discusso dell'amnistia. Ma deve essere chiaro, in primo luogo, che la pacificazione non può equivalere ad una parificazione tra fascisti e antifascisti. Sarebbe inaccettabile sul piano morale, ma sarebbe persino insensato sul piano storico; sarebbe, questo sì, un modo per togliere dignità e responsabilità a quegli italiani che scelsero di combattere al fianco del'alleato nazista per la costruzione di un'Italia fascista. Deve essere chiaro, in secondo luogo, che la vera pacificazione fu proprio quella operata dai partigiani e dai loro eredi politici. Essa non fu altro che quell'opera di democratizzazione della vita pubblica che è l'unica condizione di una pace duratura: la costruzione di un Paese dove il pluralismo politico e il riconoscimento delle libertà consentisse a tutti, pur nelle differenze sociali, politiche ed economiche, di sentirsi italiani e di vivere in pace con gli altri italiani e con gli altri popoli.
Non credo, tuttavia, che questi argomenti siano sufficienti a ridare vita a un antifascismo largo e partecipato, sentito, soprattutto, dalle nuove generazioni. Penso, invece, che l'antifascismo vivente sia oggi quello depositato nella Costituzione della Repubblica italiana. Anche per questo è una vera tragedia che troppo spesso, nella formazione dei giovani, la Costituzione non trovi posto. E' proprio lì l'antifascismo da vivere tutti i giorni; e non come un impegno "contro" -come potrebbe suggerire il prefisso "anti" della parola "antifascismo" - ma come un impegno "per". Per tutti quei valori e per tutti quegli equilibri istituzionali che nella nostra Costituzione trovano espressione. Qualche volta noi dell'ANPI siamo accusati di essere conservatori, se non addirittura nostalgici, di opporci a qualsiasi ipotesi di modifica costituzionale. Non è affatto vero. Lo strumento della revisione costituzionale può essere opportunamente utilizzato per apportare l limitati cambiamenti che sono necessari. Ma su un punto siamo irremovibili: su una certa idea di democrazia. Conoscete tutti l'articolo 1: la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Nelle forme e nei limiti della costituzione, appunto. Vediamo invece con preoccupazione il diffondersi e il radicarsi di un'idea di democrazia come pure e semplice delega a un capo, l'eletto, che come eletto sarebbe l'unico depositario della volontà popolare. La democrazia costituzionale è altra cosa: è partecipazione diffusa ed è delicato equilibrio di poteri divisi. Partecipazione significa valorizzare tutte le espressioni, tutte le voci, della società civile, valorizzare le assemblee rappresentative, dai consigli comunali sino al Parlamento, perché le decisioni che così scaturiranno non saranno la volontà di un capo, ma la volontà di un popolo. Equilibrio e divisione dei poteri, a loro volta, sono l'unica garanzia contro quella concentrazione di poteri che prepara la strada a forme sempre nuove di autoritarismo e che nell'esperienza storica del fascismo italiano si è manifestata in forme drammatiche.
Ma forse -e mi avvio a concludere- c'è anche un antifascismo eterno. Nel 1995, uno dei più importanti tra i nostri uomini di cultura, Umberto Eco, ha scritto un saggio intitolato Il fascismo eterno. Se c'è un fascismo eterno, ne devo dedurre che c'è anche un antifascismo eterno. Non vi annoierò ricordandovi tutti i quattordici elementi che secondo Umberto Eco caratterizzano il fascismo eterno, quello che non è solo del passato, ma potrebbe anche essere del futuro e, soprattutto del presente; quello che non è solo di un luogo ma potrebbe essere in ogni luogo, anche fra noi. Vorrei solo segnalarvi alcuni di questi elementi, quelli che mi sembrano più attuali e incombenti e rispetto a cui, perciò, più alta deve essere la vigilanza. Primo: l'esaltazione dell'azione per l'azione. Conta solo agire. I dibattiti e le discussioni sono chiacchiere inutili. Goebbels, il famigerato ministro della propaganda nazista, diceva: "quando sento parlare di cultura, metto mano alla pistola". Il rifiuto della cultura, il fastidio per ogni critica, conducono ad interpretare ogni disaccordo come un tradimento. Secondo: la paura della differenza. La nostra società è destinata a divenire sempre più multietnica e multireligiosa. E' normale che questo susciti anche delle ansie e delle paure. Ma non dimentichiamoci mai che la vera e propria criminalizzazione della differenza è la via maestra che conduce alla xenofobia e al razzismo, l'essenza, il cuore di ogni fascismo. Terzo: il machismo, l'esaltazione della virilità e il disprezzo della donna. Mi piace, tra gli elementi del fascismo eterno richiamati da Eco, ricordare questo, che mi pare abbia una sua tragica attualità, ad ascoltare le cronache che ci parlano ogni giorno di donne offese, stuprate e svilite da maschi di ogni colore e di ogni ceto sociale, nei focolari delle famiglie e nei margini del degrado urbano. Quarto: il populismo. L'idea che il popolo sia una massa indistinta, priva di bisogni e di biografie diverse. L'idea che il popolo sia, a seconda delle circostanze, un bambino immaturo, da educare e proteggere con forme di paternalismo statalista, o un consumatore sciocco da sedurre con le sirene delle merci. Mai, in ogni caso, un soggetto politico plurale che ha il diritto di partecipare alla vita pubblica in tutte le forme che la Costituzione suggerisce..
Partecipare. L'unico antidoto all'indifferenza è la partecipazione. E' una parola bellissima, partecipazione. Vuol dire prendere parte. Non stare a guardare. Anche partito, che ha la stessa radice, è una parola bellissima. E dobbiamo stare attenti a non confondere le giuste critiche che muoviamo ai partiti politici con il qualunquismo di chi pensa che i partiti siano di per sé un male. Senza i partiti, semplicemente non ci sarebbe democrazia. Ci sarebbe solo l'uomo forte, i poteri forti, i potentati economici e massmediatici. Partecipazione, partiti, ma anche, ovviamente, partigiani. La radice è sempre quella: prendere parte. E anche se oggi -triste segno dei tempi? - la parola partigianeria ha assunto un significato negativo divenendo sinonimo di faziosità e settarismo, non dobbiamo mai dimenticare che il partigiano è, innanzitutto, colui che prende parte, colui che, quando la Storia chiama, risponde all'appello. E partigiani dobbiamo essere noi, oggi. Partigiani, non faziosi: semplicemente consapevoli che i valori della democrazia e dell'antifascismo scolpiti nella nostra Costituzione non sono negoziabili e che, in loro nome, non dobbiamo avere paura di schierarci.
Questi, insomma, mi sembrano gli elementi di un antifascismo che potrebbe continuare a parlare anche alle nuove generazioni e aiutare noi a mantenerci all'altezza della straordinaria testimonianza morale, civile e politica, della Resistenza italiana.


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(articolo del 02 aprile 2010)

IL RAZZISMO NELLE SUE MILLE ESPRESSIONI
di Franco De Rossi

Il razzismo nelle sue mille espressioni è un'avversione nei confronti di chi non si conosce e rappresenta un pericolo spesso inventato da demagoghi politici e da pseudo filosofi. In ogni nazione ci sono individui che si sentono superiori. Nel passato i nobili disprezzavano i borghesi, i ricchi disprezzavano i poveri, le persone istruite disprezzavano le persone senza cultura e il popolino pseudocristiano disprezzava gli ebrei. Per vincere il razzismo è necessario un impegno culturale che sappia cambiare la scuola. La scuola per sconfiggere il razzismo dovrebbe lavorare assieme alle famiglie e ai media soprattutto televisivi. Purtroppo la "cultura" di moltissime famiglie è un miscuglio di superstizioni, pregiudizi e razzismo.
Non esistono popoli buoni e popoli cattivi. Però quando una nazione diventa dominante per forza militare e economica, inevitabilmente vede gli altri popoli da un'ottica di superiorità. Persino nelle religioni troviamo un radicato razzimo teologico: nel cristianesimo protestante alcuni ritenevano che la capacità di diventare ricchi fosse benedetta da Dio; molti induisti credono che chi è nato in una casta inferiore stia scontando i peccati commessi nella vita precedente, e agli "intoccabili" ancora oggi, in molte zone dell'India, è impedito di frequentare i luoghi di culto.
Chi leggerà l'ultimo libro di Gian Antonio Stella, "Negri froci e giudei", si renderà conto che i razzismi e i movimenti neonazisti in questi ultimi anni sono aumentati in modo esponenziale. Cosa fanno le nazioni europee per fermarli ? Nulla o quasi nulla.


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RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO UNA LETTERA PERVENUTACI (inserita in data 10.07.2006)

Cari Amici,

felici e grati che anche nel nostro Paese esista un’associazione indipendente di uomini e donne attivamente impegnati a coltivare e promuovere il Libero Pensiero guardando a Russell, di recente abbiamo deciso di sostenerla più direttamente. Siamo davvero fieri di poterci annoverare tra i soci del Circolo Culturale “Bertrand Russell”.

Aderendo alla vostra causa, desideriamo unire la nostra voce a quella di tutti voi che con grande passione lavorate per “diffondere nella società i valori di tolleranza, uguaglianza, democrazia, libertà, giustizia e coesistenza pacifica fra i popoli” (come recita l’art. 1 dello Statuto) e che giustamente insistete sull’importanza e l’urgenza del Libero Pensiero, in quanto ancora (o soprattutto?) oggi, nonostante la forza dei suoi testimoni e il sangue dei suoi martiri, esso purtroppo non ha attecchito, né può dirsi sufficientemente maturo e sicuro il plurisecolare processo di laicizzazione della vita politica e sociale.

Ma, come sanno bene i Liberi Pensatori degni di questo nome e come dimostrano altrettanto bene – loro malgrado – quelli sedicenti tali, “liberarsi non è molto difficile: è più difficile rimanere liberi” (A. Gide); infatti “nessuno è completamente libero dalla forza della tradizione e dalla tirannia delle proprie passioni” (B. Russel).

Sì, la libertà non è facile e può addirittura rivelarsi spaesante; così come tutt’altro che comoda e rassicurante è la scelta dell’autonomia morale. Noi lo abbiamo sperimentato nel momento in cui abbiamo provato a liberarci dalla “magia” della nostra tradizione religiosa. E candidamente confessiamo che forse non ce l’avremmo fatta senza il saggio conforto di molti illuminati autori – tra i quali primeggia senz’altro Russell.

Vi ringraziamo per l’accoglienza riservataci e vi auguriamo ogni bene. Sinceramente


Vostri in Russell
Maria Giovanna Verzì e Michele Turrisi (Latisana - UD)


PER IL SANTO PADRE UN ELENCO DI “SCOMUNICHE” (articolo inserito il 10/07/2006)
Linea dura del Vaticano. E’ stata annunciata la “Scomunica” per chi pratica l’aborto, ma anche per gli scienziati che fanno sperimentazioni sulle cellule embrionali. Il Papa interpreta il “volere di Dio”. Come sappiamo Dio vuole la vita non la morte e la Chiesa cattolica non dovrebbe privilegiare nessuno. Perciò chiediamo al Pontefice Benedetto XVI di scomunicare le seguenti categorie:

1) tutti i fabbricanti e commercianti di armi;
2) tutti coloro che creano le guerre per realizzare la democrazia e la pace, ma invece difendono interessi economici e perseguono le vendette;
3) tutti i politici e i cittadini che approvano le suddette guerre;
4) tutti i movimenti politici che istigano i popoli ad odiarsi per motivi razziali o politico-economici
5) tutti quelli che possiedono ricchezze immense (e si ritengono cristiani…), ma non impiegono nemmeno un quarto di tali ricchezze per aiutare milioni di bambini che muoino di fame ogni anno nel Terzo e Quarto Mondo;
6) tutti i mercanti di droghe (quelli che le fabbricano e le commerciano in grande quantità) che seminano la morte;
7) tutti i mercanti di prostituzione che distruggono la vita a milioni di giovani ragazze e ragazzi;
8) tutti quelli che avvelenano gli alimenti per guadagnare miliardi;
9) tutti quelli che falsificano i bilanci e vendono azioni sapendo di imbrogliare i compratori;
10) tutti gli imbroglioni e i ciarlatani che mettono nella disperazione milioni di creduloni;
11) tutti coloro che distruggono e inquinano l’ambiente (foreste, acqua, aria e terra) per arricchire.

Gli scienziati che fanno sperimenti sulle cellule embrionali potrebbero guarire decine di malattie genetiche, mentre le suddette persone elencate negli undici punti semininano soltanto dolore…

Circolo culturale Bertrand Russell

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