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Storia del Ninfeo della Villa di Pipiano

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Nel 1979 l’Archeoclub di Massa Lubrense segnalò alla Soprintendenza delle Province di Napoli e Caserta l’esistenza di una “edicola” mosaicata posta sul costone roccioso prospiciente il mare, lungo la via costiera, allora ancora in fase di sistemazione, che univa Marina della Lobra all’insediamento residenziale di S. Montano (il tratto comunemente chiamato “la Ghiaia”), e ne fornì una fotografia a colori. Circa nove anni dopo la comunicazione dell’Archeoclub, nel 1988, la Soprintendenza intraprese una campagna di scavo di quella che sembrava un’”edicola” isolata e che si rivelò, invece, parte di un monumentale ninfeo, pertinente ad una villa romana edificata in quel luogo.
Successive indagini archeologiche sistematiche iniziate nel 1993 e continuate nel 1994 e 1996 hanno consentito il rinvenimento di altri elementi del ninfeo, in parte rovinato dal susseguirsi di fenomeni di smottamento comuni a quel tratto costiero. Nelle varie campagne di scavo sono state recuperate dieci nicchie interamente rivestite di mosaici policromi. Per assicurare la conservazione della decorazione musiva costantemente in pericolo a causa delle frequenti frane, fu deciso il distacco dei mosaici contestualmente allo scavo per poi restaurarli e montarli su pannelli altrove.
Cinque delle dieci nicchie e un avancorpo sporgente, che probabilmente costituiva la parte centrale del ninfeo, sono state restaurate e ricostruite nel parco del Museo Archeologico Territoriale della Penisola Sorrentina “Georges Vallet”, allestito a Villa Fondi, a Piano di Sorrento, dove ora è possibile ammirarle.
La struttura architettonica, posta a circa 15 m sopra il livello del mare, si sviluppava per circa m 24. Era costituita da una natatio rettangolare rivestita di cocciopesto coperta all’interno di intonaco azzurro e decorata sui bordi da lastre di marmo, presenti anche alla base delle pareti mosaicate, e da uno scenografico fondale articolato in corpi avanzati e retroposti, nei quali erano ricavate nicchie a pianta, alternativamente, trapezoidale e rettangolare. Dalla parte opposta la natatio si apriva alla vista del mare.
Un avancorpo sporgente per m 0,95, nel quale si apriva una nicchia absidata con soffitto a volta, costituiva la parte centrale del ninfeo dalla quale probabilmente scaturiva l’acqua che alimentava la piscina. Nella nicchia absidata si è conservata solo una piccola parte del rivestimento musivo, raffigurante dei pesci e un’aragosta sul fondo blu egizio. Cinque nicchie erano poste a destra dell’avancorpo centrale e altre cinque a sinistra, per un totale di dieci nicchie.
La struttura muraria era in opera reticolata con cubilia di 8,5 cm di lato, ammorsata da blocchetti parallelepipedi di tufo grigio locale, e formava una quinta alta m 2,70.
Nel piano di fondo delle nicchie lastre di marmo coprivano le fistule di adduzione dell’acqua tutte asportate nell’ultimo periodo di vita del monumento. Al centro della natatio c’era una base rivestita di lastre di marmo.
La copertura del ninfeo era realizzata con un filare di tegole coperte da un doppio strato di cocciopesto, realizzato il primo con malta e scaglie di tufo, l’altro con malta e scaglie di mattoni.
A Villa Fondi sono state ricostruite le cinque nicchie a destra dell’avancorpo centrale. In ordine di rinvenimento, si osserva una prima nicchia (quella diametralmente opposta all’avancorpo), con fondo piano e soffitto a volta, nella quale il pannello di fondo, molto danneggiato, era occupato da un riquadro con un cigno che stringe un nastro fra le zampe. La seconda, rettangolare, a fondo piano e soffitto piano, ha un medaglione con la rappresentazione di un’antilope con lunghe corna in posizione di salto, con le quattro zampe sollevate da terra. La terza, con fondo absidato e copertura a volta, è decorata con scene di giardino. Nella quarta, anch’essa rettangolare, fondo piano e soffitto piano, sulla parete di fondo, è raffigurato un medaglione con un grifo in volo. Anche nella quinta, l’ultima prima dell’avancorpo sporgente, a fondo piano e copertura a volta, è presente su tutti e tre i lati, una scena di giardino dietro una transenna ad incannucciata. Al centro è raffigurato un platano contornato da rami di alloro e uccelli svolazzanti.
La decorazione conservata costituisce una delle più estese e rappresentative superfici di mosaico parietale del I sec. d. C. attestate in Campania. E’ realizzata con tessere in più materiali utilizzati per ottenere effetti cromatici diversi: blu egizio (la cosiddetta “fritta” ottenuta dalla cottura di una mescolanza di sabbia, fior di nitro e rame) calcari policromi, marmo, pasta vitrea.
Il soggetto principale raffigurato è quello del giardino fiorito con alberelli dai colori sgargianti e astratti, popolati da uccelli variopinti, transennato da canne, che si sviluppa sulle pareti della terza e quinta nicchia e spicca sul blu egizio utilizzato come sfondo. Accanto alla raffigurazione del giardino si inseriscono coppie di quadretti con motivi idilliaci o di genere: la capra presso l’altare (nella prima nicchia), la colomba che estrae la collana dal portagioie (nella lunetta della prima nicchia), la pantera e la cista (sulla parete interna dell’arco della prima nicchia), l’uccello e la frutta (nella seconda nicchia), fondali marini con pesci e molluschi (nell’avancorpo centrale).
Tutte le scene sono inserite in una complessa trama di motivi decorativi: palmette circoscritte in grosse volute contrapposte dai colori brillanti, verde e blu, disegnate in giallo sul fondo rosso scuro; candelabri tortili dorati; bordi di tappeto con motivi cuoriformi contrapposti. Gusci di conchiglie collocate su una superficie preventivamente dipinta di rosso sono utilizzati per sottolineare le cornici e i bordi dei campi decorativi.
Le ricercate composizioni tonali testimoniano una sensibilità coloristica propria del gusto ellenistico. Effetti cromatici ottenuti con utilizzo di tessere diverse sono visibili nel medaglione contenente un busto femminile con i capelli lunghi ai lati del collo, dove tessere bianche rendono le lumeggiature del diadema a fascia, in giallo; nel medaglione della seconda nicchia, con un gorgoneion al centro di un elemento raggiato, l’uso di tessere di diversa gradazione di verde conserva l’effetto del volume di una stoffa pieghettata, mentre le pantere rappresentate nella prima nicchia hanno il mantello reso realisticamente a macchie con l’uso di tessere bianche, gialle, rosa e marroni.
Il tema del giardino verdeggiante con alberi ricchi di pomi e uccelli svolazzanti visto al di là di una staccionata di canne è largamente attestato in pittura: a Roma confronti si possono stabilire con i famosi dipinti del ninfeo sotterraneo di Villa Livia o con quelli del c.d. Auditorio di Mecenate; numerosi esempi sono presenti anche a Pompei e a Stabia.
L’ampia diffusione di questo genere dimostra le sue profonde radici, le cui origini vanno forse ricercate nelle scenografie ellenistiche del dramma satiresco che, secondo Vitruvio (V, 6,9), erano caratterizzate da “alberi, grotte, monti ed altre scene campestri trasformate a mo’ di giardino”.
L’ampio uso di tessere in blu egizio, che con l’affermazione della pasta vitrea tende a scomparire dall’età tiberiana in poi, ma che in Campania continuerà fino agli anni ’60, la sintassi decorativa e la presenza di raffigurazioni di giardino hanno consentito di datare i mosaici in età claudia, negli anni 50-55 d.C.
Il ninfeo era pertinente ad una villa marittima dotata di giardini, probabilmente con disposizione a terrazze, come sembra indicare l’esistenza di una rampa in terreno battuto rinvenuta sul lato orientale, mentre, alcuni frammenti di colonne doriche di tufo stuccate, sembrano indicare la presenza di un peristilio o porticato sulla terrazza superiore.
La villa di Marina della Lobra si inserisce in quel complesso di ville marittime costruite in posizione panoramica che soprattutto dal I sec. a.C. sorsero in tutto il Golfo di Napoli.
L’amenità dei luoghi fece della Penisola Sorrentina un sito privilegiato per la costruzione di dimore marittime, che sfruttavano scenografiche disposizioni degli ambienti. La frequentazione della penisola da parte dell’aristocrazia romana da Augusto in poi, ed in particolare con la presenza di Tiberio e della sua corte a Capri dal 27 al 37 d.C., determinarono un periodo particolarmente florido, testimoniato anche da un’intensa attività edilizia a Sorrento durante la prima età imperiale.
Tra le ville marittime presenti in penisola, celebri quelle di Agrippa Postumo a Sorrento, quella al Capo di Sorrento (i cosiddetti Bagni della Regina Giovanna), in posizione panoramica con un porticciolo naturale che sfruttava un anfratto della costa, e la villa di Pollio Felice identificata nei ruderi alla Marina di Puolo.

 

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