Il centro cittadino esisteva già in epoca
longobarda e si era formato attorno ad una torre di avvistamento
e di difesa oggi integrata nel palazzo della Prefettura, un
tempo palazzo dei conti di Caserta e residenza reale (dopo la
vendita dei beni dei conti a Carlo III di Borbone). Infatti
l'attuale centro cittadino, situato intorno a piazza Vanvitelli,
era chiamato Torre, proprio per la presenza della
costruzione longobarda che si situa nell'angolo nord occidentale
della stessa.
Nonostante la sua perfetta simmetria nelle
strade, quasi a ripetere la struttura delle città romane e la
concezione di città tipica dell'Illuminismo, l'attuale città di
Caserta non ha un'origine recente, ma esisteva già da tempo ed
era già sede comunale e sede della cattedra vescovile. Il nucleo
cittadino, infatti, si era trasferito qui nel XVI secolo, in
quello che era chiamato la Torre, spostandosi da
Casertavecchia, dopo qualche
secolo seguì l'esempio anche il vescovo.
La città era nota per il suo mercato e per il
palazzo degli
Acquaviva, conti di Caserta, che avevano ampliato la torre
con un edificio rinascimentale fortificato e con un giardino che
aveva entusiasmato diversi viaggiatori del XVI e XVII secolo.
Quando gli Acquaviva si erano indebitati
enormemente, furono costretti a vendere i possedimenti ai
Borboni di Napoli. Questi pensarono di costruirvi la reggia
borbonica, a partire dal 1750. Il vecchio giardino degli
Acquaviva diventò il nucleo principale dell'attuale parco della
Reggia.
La Reggia borbonica richiama a Caserta numerosissimi visitatori,
ma spesso la città rimane estranea a questo flusso di massa. Lo
stesso cittadino casertano convive con difficoltà con l'insigne
monumento e spesso non conosce altri luoghi ed altri spazi della
città, certamente meno famosi ma non meno interessanti. Allo
scopo di invertire questa anomala tendenza si rende necessario
ed opportuno andare "oltre la Reggia" per offrire un'immagine
più completa e possibilmente più vera della città.
Il Palazzo Vecchio,
sito nel centro storico, è oggi destinato ad uso pubblico, come
edificio che accoglie la Questura e la Prefettura. Nel corso dei
secoli ha subito radicali modifiche. L'edificio nacque in epoca
angioma su commissione dei Signori De La Ratta, come struttura
che inglobava la torre difensiva medievale. Nel XVI secolo la
famiglia Acquaviva ne ordinò l'ampliamento ed alcune modifiche.
Nel XVIII secolo Carlo III di Borbone incaricò Luigi Vanvitelli
di trasformare il palazzo per destinarlo a dimora provvisoria
per la corte. La costruzione era composta da un pianterreno che
occupava un'ampia area corrispondente a circa un terzo di
ettaro. Su questa superficie furono costruite cinquantatré
stanze. Undici di esse formavano l'antico appartamento reale,
tutte le altre erano destinate alla corte. i camerieri di corte
alloggiavano in altre settantasette stanze comunicanti fra loro
tramite un corridoio posto nel mezzo d'ogni ala del fabbricato.
Il quartino situato sopra la torre era composto da tre camerini,
cucina e loggetta. La zona delle cucine era ricavata nella parte
settentrionale dell'edificio: sono ventiquattro locali fra
grandi e piccoli e si collegano alle stanze del piano nobile per
mezzo dì undici scalette interne di legno. A causa delle
molteplici modifiche l'edificio non presenta caratteristiche
particolari, tuttavia, la torre medievale inglobata nella parte
nord-est è ancora individuabile. Ciò è possibile osservando la
pianta simile ad un trapezio irregolare, in cui viene messa in
rilievo la situazione anomala della torre rispetto all'edificio.
Gli spazi aperti collocati sul retro, destinati a giardino e
boschetto, vennero inglobati nella vasta area destinata a parco
che Vanvitelli progettò alle spalle della Reggia. La facciata
principale prospetta sulla piazza antistante (ex piazza del
Mercato, ora piazza L. Vanvitelli).
La Cattedrale.
L’attuale edificio si trova su di una precedente chiesa dedicata
all'Annunziata, facente parte del convento del Carmine. Il
progetto, nonché la direzione dei lavori, è di Giovanni
Patturelli modificato dall'architetto Pietro Bianchi, che ne
allargò la navata centrale. La Cattedrale fu ultimata negli
arredi nel 1837 dall’architetto Pietro Valente. La chiesa ha una
pianta a croce latina, a tre navate, preceduta da un pronao. La
facciata presenta due ordini, con pilastri ionici al primo e
corinzi al secondo e alla sommità un timpano. Nell'interno le
navate sono divise da colonne di ordine ionico, realizzate in
mattoni, ricoperte da intonaco e decorate in finto marmo; hanno
base di pietra e capitelli in marmo bianco. La navata centrale
presenta un soffitto piano a lacunari in gesso, fissato alle
capriate lignee di copertura. Le navate laterali e l'atrio
d'ingresso sono coperti con volte "a gaveta". Il transetto è
coperto con volte a botte. L'abside presenta un catino decorato
a lacunari e il presbiterio è sopraelevato. Delle due cappelle
adiacenti al presbiterio, che costituiscono il fondale delle
navate laterali una è dedicata al Sacramento e l'altra alla
Addolorata.
S.Giovanni Battista.
Esistente già nel 1310, la cappella, sede della Confraternita di
San Giovanni, fu ristrutturata tra il l760 e il 1763. Autore del
progetto e direttore dei lavori fu Leonardo Pinto, capomastro
della Reggia di Caserta. La ristrutturazione si era resa
necessaria in quanto la costruzione era stata invasa
dall'ampliamento delle cappelle della vicina chiesa
dell'Annunziata avvenuto nel corso del '700, che ne aveva
ridotto lo spazio, non più funzionale alle esigenze del culto.
L' attuale cappella è costituita da un'unica navata affiancata
da un vano laterale di servizio (sacrestia), con ipogeo
sottostante. Presenta un piccolo campanile sul lato sinistro. La
navata è coperta da una volta a botte con unghie di raccordo
alle finestre; l'abside ha una forma particolare, mistilinea con
parete di fondo rettilinea ed è coperta da una calotta. Sopra il
vano d'accesso alla chiesa si trova una cantoria; alle pareti
due laterali due nicchie con due gruppi scultorei, dono di
Ferdinando Il, che rappresentano "L'incredulità di San Tommaso"
e "L'apparizione di Gesù alla Maddalena". Molto interessante è
il vano ipogeo, destinato a chiesa funeraria. Le volte,
ribassate, sono decorate in stucco con motivi che replicano
quelli del Palazzo Reale di Caserta, insieme ad ossa e teschi
umani. Sono anche presenti due scolatoi per i cadaveri e vari
chiodi alle pareti dove venivano sospesi i corpi dei defunti.
Finestre si aprono su via San Giovanni.
Palazzo Paternò.
L'edificio è stato costruito nel 1775 su committenza del
marchese Lorenzo Paternò per il figlio Vincenzo Progettista
l'architetto Gaetano Barba. L'edificio si sviluppa su una vasta
superficie con un corpo compatto lungo via San Carlo e degli
spazi aperti verso l'interno dell'isolato l'impianto tipologico
può essere considerato una fusione dello schema a corte con
quello della villa di campagna. La compatta cortina edilizia
della facciata principale, infatti, nonostante l'aggiunta di un
altro piano oltre ai due preesistenti, tende a proporsi come
esempio di cortina di palazzo nobiliare di città che anticipa
quelle ottocentesche. Lo scalone di accesso ai piani superiori,
sul lato destro dell'atrio, rappresenta l'elemento più
carattenstico dell'architettura intenia dell 'edificio,
arricchito da decorazioni a stucco tipicamente
tardosettecentesche.
Chiesa di Montevergine.
La chiesa è datata anno 1636, come si legge all'ingresso. Nelle
sue adiacenze il 1 ottobre 1860 vi fu uno scontro tra le forze
borboniche ed i garibaldini. Costruzione religiosa di piccole
dimensioni a pianta rettangolare che ricorda le chiese campestri
con annesso romitaggio. Ubicato al termine di un asse viario
rettilineo che conduceva all'attuale piazza Vescovado e
proseguiva fino alla chiesa di S. Sebastiano, questo edificio
segnava il limite orientale della struttura urbana del villaggio
Torre. Alle sue spalle confluivano le strade provenienti da
Maddaloni, dalla vicina Falciano, da Casertavecchia e dalle
borgate di Tuoro e Garzano. L'elemento architettonico di rilievo
è la facciata, dalle linee classiche, conclusa da un timpano e
scandita da coppie di lesene collocate ai lati dell'ingresso. Il
rilievo a stucco, collocato sull'ingresso raffigura la Madonna
tra i Santi.
Opera Salesiana. Negli
inizi dell’Opera Salesiana incontriamo tre persone: Don Rua,
M.lle Lasserre e la principessa Maria Immacolata M.I. di Borbone.
M.lle Lasserre, il 14/6/1845, offrì a Don Rua duemila franchi
per la costruzione, a Caserta, di un complesso salesiano. Don
Rua ne informò il Vescovo di Caserta Mons. Cosenza e il
28-2-1896 fu acquistato il terreno e l’ing. Santangelo fu
incaricato di redigere il progetto. La posa della prima pietra
avvenne il 14-6-1896. La chiesa è in stile neoclassico, divisa
in tre navate. Sull'altare maggiore è conservato il grande
quadro di Maria SS. Immacolata, commissionato da San Giovanni
Bosco e portata da Torino a Caserta da Don Rua. Il presbiterio è
coperto da una cupola emisferica, la navata centrale e il
transetto sono coperti da un soffitto a cassettoni. La tacciata,
semplice e luminosa, è ritmata da semipilastri e termina con un
timpano. La basilica è tempio salesiano e mariano, come si
evince dagli affreschi che la decorano, affidati per la maggior
parte all'artista Taglialatela. In essi si nota la non comune
perizia di scenografo del pittore.
Sant'Agostino. Il
Complesso conventuale, costruito nel 1441, ad opera dei Padri
Agostiniani, risale ad una donazione del principe Andrea Matteo
Acquaviva nel 1623. Nel 175O Luigi Vanvitelli apportò alla
Chiesa un notevole rifacimento utilizzando parte dei materiali
pregiati della Reggia. La chiesa di S. Agostino diventata
Parrocchia di S. Sebastiano in seguito all'incendio della chiesa
del santo patrono di Caserta. La chiesa è a navata unica, con
prònao e nicchie laterali poco profonde. In una delle nicchie è
esposta la statua di S. Sebastiano, opera in legno scolpita nel
1992 dallo scultore PauI Morder Doss di Ortisei in provincia di
Bolzano. Caratteristiche sono le "gelosie" poste nel presbiterio
e nelle parti laterali. Da esse seguivano le funzioni religiose
le suore di clausura dello annesso convento che si articola
intorno ad un chiostro quasi quadrato con volte ad archi di
varia ampiezza. La chiesa conserva opere di Giacinto Diano, di
Domenico Mondo, di Bardellino e di Antonio Dominici.
Il palazzo al Boschetto,
di rilevante interesse storico-artistico, costituisce una rara e
preziosa testimonianza della Caserta preborbonica. Fatto
costruire da Andrea Matteo Acquaviva, nel periodo in cui egli fu
principe di Caserta (1594-1634), l'edificio quale residenza
suburbana, fu luogo destinato allo svago e al divertimento. Nel
suo interno conserva, a tutt'oggi, affreschi di pregevole
fattura, opera quasi certamente di Belisario Corenzio, un
pittore di origine greca, molto attivo a Napoli e provincia tra
la fine del ‘500 e la prima metà del '600. Negli affreschi del
palazzo al Boschetto, Belisario Corenzio ha affrontato, con
freschezza narrativa, vivacità espressiva e colori chiari e
luminosi, temi religiosi e mitologici (scienze e virtù, le
fatiche di Ercole, la storia di Giuditta e quella di Susanna, il
paradiso terrestre, Saturno e le 4 stagioni in un sincretismo
intellettualistico di origine ancora rinascimentale, che
possiamo attribuire allo stesso committente, persona colta e
raffinata. Probabilmente realizzati in occasione delle nozze del
principe, essi esprimono quasi sicuramente "la volontà di
celebrare il trionfo delle virtù maschili e femminili, che unite
insieme portano ad uno stato di benessere spirituale e
materiale, vero e proprio ritorno alla condizione paradisiaca"
(C. Marinelli). Di tutte le sale affrescate, solo una e stata
restaurata; le altre versano in uno stato di pericoloso degrado,
cui bisogna porre rimedio con urgenza, per impedire
un'irrimediabile perdita. L'edificio, oggi di pertinenza
militare, per la sua storia ed i suoi preziosi affreschi merita
una particolare attenzione.
San
Francesco di Paola. La chiesa di San Francesco di
Paola, sita nella periferia del comune di Caserta, sorge presso
il parco della Reggia di fronte al bosco vecchio. Essa era parte
di un convento fondato intorno al 1605 dal principe Andrea
Matteo Acquaviva per i Frati Minimi (ordine scaturito da quello
francescano istituito da Francesco di Paola nel XV secolo). Il
31 marzo 1727 vi sortò il papa Benedetto XIII. Nella sua cripta
nel 1773 fu sepolto Luigi Vanvitelli. Nel 1809 il convento venne
soppresso e trasformato in ospedale militare. Le caratteristiche
strutturali mostrano un conventino tipico delle costruzioni dei
Frati Minimi formato da un chiostro, sul quale si aprivano
cinque bassi, una cucina e l'ingresso della cantina, della
sagrestia e del giardino. Al piano superiore vi erano in tutto
tre corridoi e ventidue stanze, un "retret" ed il coro della
chiesa contigua. Questi locali nel 1822 furono utilizzati come
ospedale per accogliere gli ammalati della popolazione di San
Leucio e successivamente i militari. Le caratteristiche tecniche
della chiesa sono date da una muratura in tufo in verticale e
solai in calcestruzzo in orizzontale. L'interno è ad aula unica
rettangolare con presbiterio, che raccoglie l'altare maggiore e
tre nicchie ad arco per lato delimitate da paraste di ordine
gigante sormontate da capitello ionico. Alle pareti troviamo
varie lapidi dedicate a Luigi Vanvitelli.
San Vito Martire.
Sull'attuale piazza antistante la chiesa vi era nel 1070 già una
chiesa dedicata alla Vergine Assunta, circondata da un atrio (o
Cimeterio). Il soprastante salone era una navata della chiesa
stessa. Il 3 ottobre 1852, parroco don Giacomino Menditto, fu
costruita l'attuale chiesa. La chiesa è abbastanza grande e
molto luminosa. Vi sono 5 altari, di cui uno maggiore e 4 posti
lateralmente. Della chiesa vecchia rimane solo un salone
utilizzato come sede della congrega del Santo Rosario. La
consacrazione dell'attuale Chiesa avvenne l’11 novembre 1858. Fu
visitata, mentre era in costruzione, dal re Ferdinando Il
unitamente alla regina Maria Teresa D'Austria. Vi sono numerose
tele, alcune delle quali restaurate recentemente da un valente
artista. Altre tele sono state asportate.
Scuola di Polizia. La
Vaccheria reale, oggi sede della Scuola di Polizia, risale al
1750 circa, anno in cui i Bordone l'acquistarono dai Principi d'Acquaviva
per realizzarne una stalla per 136 vacche più una capretteria,
con attigua lavorazione di ottimi formaggi e di sostanze che
venivano adoperate nella tessitura della seta. Da una mappa
fatta nel 1857 dall'ing. De Carlo, si rileva che era già una
caserma. Il tempietto ubicato nel cortile interno fu realizzato
all'inizio del 1800 poiché era già inserito nella planimetria di
De Carlo. L'edificio, a pianta semicircolare, ha un'estensione
di circa tre moggi. L'asse è allineato con il campanile dell'ex
convento del Carmine (oggi Cattedrale). Il tempietto fu
disegnato da Luigi Vanvitelli, a pianta circolare con cupola
impostata su otto archi a tutto sesto. t'affresco sulla cupola è
del Maldarelli ( allievo di Vanvitelli ) e rappresenta
l'incoronazione della Beata Vergine. Sul cornicione sono
indicati i vari stemmi che rappresentano i simboli mariani. Le
otto colonne che sorreggono gli archi sono di marmo ed hanno
capitelli con angeli e puttini. Il cornicione è caratterizzato
da frange dorate. L'altare è posteriore così come le vetrate
realizzate a fine '800. All'esterno si evidenziano nicchiette
dove un tempo erano ubicate delle anfore ormai danneggiate.
Sant'Antonio.
L'attuale chiesa, commissionata nel 1843 da Ferdinando I di
Borbone all'architetto Pietro Valente (Napoli 1796/1859), sorge
su un'area occupata da un preesistente edificio religioso.
(chiesa di S. Caterina di Alessandria), a cui venne annesso un
convento di Frati (12 settembre 1575) per volere di Giulio
Antonio Acquaviva di Caserta. Il complesso fu ampliato e
trasformato nel corso dei secoli prima dai Conventuali (XVII
secolo) e poi dai Carmelitani (XVIII secolo) fino a che
soppresso nel decennio francese, fu incamerato nei beni della
Reale Amministrazione del Sito di Caserta ed affidato ai padri
Liguorini con Decreto Regio del 30 luglio 1823. La successiva
ricostruzione della chiesa avvenne nel periodo della
restaurazione borbonica. La pianta progettata dal Valente ha uno
schema controriformistico che si rifà a quello della chiesa del
Gesù realizzata dal Vignola a Roma. Lo spazio interno, suddiviso
in tre navate di cui la centrale, più ampia, conclusa da una
profonda abside e le laterali da cappelle, presenta una
complessa articolazione. La ricerca formale e funzionale del
progettista si basa anche sull'uso della "serliana" nelle pareti
di separazione tra le navate e nella scansione proporzionale
delle strutture di copertura. Alla complessità dello spazio
interno si contrappone la semplicità della facciata che
prospetta su Corso Giannone, decorata con un rivestimento a
stucco bugnato interrotto dall'alta fascia marcapiano che separa
nettamente la zona inferiore, in cui si aprono i tre portali
inquadrati in lesene ioniche, dalla parte superiore, in cui si
apre il finestrone a tutto sesto sormontato da un timpano. La
facciata è delimitata da due bassi campanili laterali non
completati per volere del re che decise di inaugurare la chiesa
il 10 giugno 1848, prima del termine definitivo dei lavori,
sollecitato dall'incombenza degli avvenimenti politici. Nel 1860
il convento fu soppresso ed i locali, divenuti di proprietà
comunale, vennero destinati a scuole (elementari e ginnasio).
Attualmente sono sede della Scuola Media P. Giannone, il cui
cortile conserva ancora tracce degli archi tompagnati
dell'antico chiostro. La chiesa è stata eretta parrocchia nel
1973.