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  Ultimo aggiornamento: 29-10-03

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Ragionamenti del Circolo dopo la fine del conflitto 

11-04-03

Il regime è caduto. Ne siamo lieti. Finalmente, dopo lunghi giorni di conflitto e di battaglie cruente, di cui non si conosceranno forse mai il numero esatto delle vittime, finalmente cesseranno i lutti e le sofferenze soprattutto dei più deboli e dei bambini.

Cosa resta ora? Sicuramente la gioia per la fine di uno dei regimi più terribili del pianeta. Sicuramente la speranza che il popolo irakeno dopo tanti anni di guerra possa finalmente conoscere un lungo periodo di pace e di democrazia.

Ma sicuramente anche la condanna ferma e inequivocabile della “guerra” come strumento per risolvere le controversie internazionali.

Ancora più pressante ed urgente si avverte la necessità di impegnare ogni forza possibile per ridare un ruolo centrale delle Nazioni Unite e all’Europa, magari ripartendo dal processo di ricostruzione in Iraq.

Occorre ripristinare cioè la legalità internazionale, unico strumento in grado di evitare uno stato di belligeranza permanente.

Per far questo è necessario l’impegno di tutti. La straordinaria mobilitazione dell’opinione pubblica cui abbiamo assistito, non può e non deve risolversi ad un episodio seppur tanto drammatico.

Dobbiamo dire che la guerra, anche quando è vinta come volevamo, e quando ha sconfitto un tiranno come Saddam (come ogni democratico doveva sempre augurarsi), rimane la soluzione sbagliata.

Non vi è contraddizione per chi, senza ideologismi, ha definito la guerra “sbagliata” prima del suo inizio, e insieme si sono augurati la pronta e totale sconfitta di Saddam, sperando in un conflitto breve e più “indolore” possibile: siamo convinti infatti che il fine non può assolvere i mezzi.

Non possiamo nasconderci dietro le preoccupazioni che l’unica superpotenza, metta in second’ordine il suo ruolo di grande democrazia a scapito di un pericoloso ruolo neoimperialistico.

Solo chi ha cercato una qualche ideologizzazione di questa la guerra, oggi ne cerca di trarre qualche beneficio di bottega. A noi rimane la gioia per il termine del conflitto e per la caduta del regime.

Ma ci rimane anche la preoccupazione per i potenziali effetti di possibile allargamento del conflitto, delle ferite che rimangono aperte, del pericolo di uno scontro di civiltà che forse solo la coraggiosa presa di posizione del Santo Padre e la grande mobilitazione dell’opinione pubblica pacifista ha contribuito in qualche modo ad evitare. Ma ci preoccupa anche il pericolo di una visione unilaterale, dove il più forte si erge a giudice e a carnefice. Finita questa ennesima tragica guerra ci auspichiamo un ritorno alle regole poiché siamo convinti che la costruzione di una vera democrazia incomincia dalle regole, per tutti.