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  Ultimo aggiornamento: 19-01-04

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Politica Estera: riflessioni all'indomani della scomparsa del senatore Mario Pedini

16-7-03

La morte dell’On Pedini, ci può e ci deve far riflettere: sulla vecchia Dc molto è stato detto e scritto nel bene e nel male. Tuttavia, sulla politica estera, di cui attivamente ed in prima persona si era occupato il nostro compianto cittadino, bisogna riflettere in modo particolare.

La Democrazia Cristiana era riuscita a fare dell’Italia, un paese che aveva combattuto sette guerre in un secolo, una potenza pacifica rispettata da tutti.

Di una nazione non grandissima e povera dal punto di vista delle materie prime, drammaticamente sconfitta in guerra, famosa per il trasformismo e i tradimenti, la DC era riuscita a fare uno dei tre pilastri su cui sorgeva l'Europa.

L'Italia non e' sempre stata il paese del benessere diffuso, della vita media più lunga, dei telefonini: c'e' stato un momento in cui eravamo una specie di “Iraq” bombardato, con le macerie al nord e la fame nera al sud, senza industrie, senza agricoltura.

"Italian fascists", ci chiamavano, o - i piu' benevoli - "macaroni'" o "mandolini". La prima volta che questa Italia andò all'estero, a un dibattito pubblico europeo, il nostro rappresentante era un signore occhialuto alto e magro, abiti decorosi, sorriso raro.

Attraversò la sala - quando toccò a lui prendere la parola - fra sguardi compassionevoli e sorrisini. "Mr Digaspery of Aitaly!". "So bene - cominciò - che tutto in questa sala, esclusa la vostra personale cortesia, ci è contro. Ma noi italiani...". E parlò. Parlò dell'Italia povera ma coraggiosa, delle guerre subite e della pace sperata, delle macerie che già - senza aspettare nessuno - stavamo rimuovendo. Parlava sempre più piano, epperò ascoltato da tutti, perché il silenzio era grande, mentre - per bocca del suo leader - nella sala passavano le sofferenze e i meriti, gli errori e i doni di tutto un popolo. Che ritornava adesso a parlare - dopo un buio di tanti anni - con tutti gli altri: senza più imporre niente a nessuno, senza più Imperi, ma con una sua profonda civilissima dignità Infine De Gasperi tacque, raccolse lentamente le carte e si avviò per uscire: al suo passaggio, tutti i delegati - americani, francesi, inglesi, canadesi e tutti gli altri - si alzavano l'un dopo l'altro in piedi, in segno di rispetto; dietro di lui uscì la piccola delegazione italiana, composta da democristiani, liberali, azionisti, socialisti e comunisti.

Da quel momento l'Italia tornò ad essere un paese d'Europa. Insieme - ed alla pari - con i francesi e i tedeschi fu anzi la prima a dire che bisognava unire l'Europa. Una via per costruire la pace, per garantire il benessere e la democrazia, per evitare altre sciagure come quelle che allora erano appena state vissute. Per circa cinquant’anni la nostra politica proseguì in quel solco, perseguendo la pace, la collaborazione internazionale, l’unità europea. In questo solco operò il nostro concittadino Pedini, con il suo stile colto e riservato.

E ora, nel momento in cui finalmente l'Europa cresce economicamente e fa politica, fa fronte all'impero americano, prepara forze armate comuni - nel momento in cui, dal punto di vista nazionale, c'era da raccogliere il frutto di cinquant'anni di semina coerente e faticosa - ecco che arriva un colpo di scena: i rappresentanti del nostro governo che esordiscono con scambi di insulti mai registrati, scuse, rincrescimenti, ritiri di scuse e rincrescimenti, attacchi all’Europa ed ai tedeschi da parte di esponenti autorevoli del governo, smentite, fraintendimenti.

Tutto ciò che si era faticosamente costruito in anni di lavoro serio e sistematico rischia di andare irrimediabilmente perduto. Soprattutto sotto l’aspetto dell’immagine, aspetto importantissimo in politica estera. Di questo siamo preoccupati, per il bene nostro, del nostro Paese e per il nostro futuro di Europei.

 

                                                                                                        Gruppo di coordinamento di Montichiari