La storia di un libero pensatore condannato dalla Chiesa come eretico
Giordano Bruno, il coraggio delle idee

Non fu irreligioso, ma le sue teorie lo portarono al rogo di Campo dei Fiori


di Federica Turriziani Colonna

Quella di Giordano Bruno è la storia di un libero pensatore perseguitato tanto dalla Chiesa Cattolica quanto da quella Protestante; la sua filosofia si inserisce infatti nell’ambito della Riforma, ma ciò che più stupisce, ciò che testimonia l’acutezza d’ingegno del filosofo eretico è la geniale intuizione che egli ebbe nel portare alle estreme conseguenze il Copernicanesimo. La nuova teoria cosmologica, infatti, proponeva il modello eliocentrico, non come se quella fosse la realtà, ma più modestamente e più moderatamente, come una semplice ipotesi che facilitasse i calcoli astronomici. Ebbene, Bruno ebbe l’ardire di affermare non solo che il Sole è realmente al centro del nostro mondo, ma, andando oltre lo stesso Copernico, egli intuì e sostenne che l’universo è infinito, e che in esso vi sono innumerabili mondi. La dottrina degli infiniti mondi non è propriamente bruniana, ma trova il suo capostipite in Democrito; la grandezza di Bruno sta nell’averla riaffermata in un contesto storico e culturale in cui nelle università dominava l’Aristotelismo, la cui cosmologia poneva l’universo come finito, delimitato dal primo mobile, la sfera delle stelle fisse. Sfera che il filosofo ebbe l’ardire di affermare come inesistente, frutto di una falsa credenza, di un’illusione ottica derivante dall’errato presupposto per cui la Terra sarebbe immobile al centro del mondo. Inoltre, le sfere deferenti, in cui gli Aristotelici sostenevano fossero incastrati i pianeti, non erano più reali, né tanto meno cristalline. L’intuizione bruniana di una nuova cosmologia che spiegasse in modo razionale i fenomeni celesti fu poi ripresa dall’astronomo danese Tycho Brahe: presupponendo l’inesistenza di sfere cristalline, che erano dunque semplici tracciati matematici ideali, era ora possibile spiegare il fenomeno delle comete e la comparsa di una nuova stella, in un cielo che dunque non rischiava di essere traforato da corpi celesti non più infissi nel firmamento ma liberi di muoversi nell’infinito spacio. La filosofia di Bruno fu condannata eretica per aver scardinato i dogmi su cui si fondava la Chiesa, ma per quanto sui generis, essa abbonda tuttavia di riferimenti al divino: l’universo infinito non è altro che Dio, proprio in virtù del fatto che sì grande imperatore non ha sedia sì angusta, all’infinita potenza divina non può che corrispondere un universo infinito, senza limiti di sorta. La proposta di una tale teoria cosmologica, con tutti i risvolti morali e metafisici che ne conseguono, impregna le pagine dei Dialoghi Italiani, che si concludono con il ben noto “De gli eroici furori”. Chi è il furioso eroico? In primo luogo, è chi partecipa della divinità, chi, con uno slancio d’amore, con un atto di volontà, alla ricerca di Dio, trova che il divino, presente in ogni parte dell’universo, è presente, in ultima analisi, anche nello stesso furioso che lo ricerca. Si noti l’etimologia: furor è ben tradotto da i m p e t o, eros è amore: il furioso eroico è chi cerca, in modo irrequieto e con amore, Dio intorno a sé, trovandolo infine presso di sé – che meraviglia! Quale fu il premio per un tale elogio poetico del divino? Il rogo, a Campo de’ Fiori, il giorno – ironia della sorte, anzi, ironia dell’Inquisizione – delle ceneri, il 17 febbraio 1600.