Il Fabraterno 2007/01


La conquista dell’impero


di Filippo Giudici

Persona informata dei fatti mi riferisce confidenzialmente e quasi furtivamente che per Ceccano corre voce che io non starei tanto bene e che……… Lo interrompo: “ Sì, è vero. Ho la colonna vertebrale crivellata in sette punti. Dico sette punti. Per non parlare poi di altre faccende serie: un po’ di ……..” -Non è di questo che parlano, ma del fatto che non staresti tanto bene, ma di testa. -In verità qualche dubbio ce l’ho anch’io, da un pezzo. Solo che sono curioso di sapere da cosa lo hanno dedotto. -Riferiscono che tu avresti detto che vuoi andare alla conquista dell’impero. E aggiungono: “Poverino! Dice che legge molto, ma di storia non capisce tanto. Quando tutti gli Stati coloniali hanno abbandonato i loro possedimenti “issu” (che sarei io), novello “prode Anselmo” parte alla conquista dell’impero. Non si deve essere un luminare di psichiatria per capire che necessita di cure”. Ma amichetti, amichetti miei fedeli amici di un tempo migliore o di che cuor con voi…….discuterei. E’ vero che ho detto che volevo andare alla conquista dell’impero, ma non dell’impero coloniale, ma dell’Impero, la frequentata discoteca- ristorante in quel di Colle S. Paolo, dove si mangia bene, si sente buona musica, e ci si diverte tanto. Ero capitato per caso, mesi fa, all’Impero. Persone competenti mi avevano consigliato di andare ad ascoltare la calda voce di Gianni Maura ( il gestore). Era da tempo immemorabile che non mi dedicavo al ballo. Con l’occasione mi sono tornate in mente le prime esperienze di ballo. Immediato dopo guerra. Si ballava in una camera di una abitazione privata. Al pianoforte, Natalino. Le canzoni in voga: Ho un sassolino nella scarpa – Parlami d’amore Mariù – Il bandolero stanco. Ma il cavallo di battaglia era: Cavallino corri e va, che nessun ti fermerà. Si pagava qualcosa per entrare. L’anziano padre di Natalino si giustificava della minima tariffa d’ingresso dicendo: “Sa, il consumo dei mattoni, delle sedie”. Qualcuno aggiungeva: “delle ringhiere di ferro del balcone”. Poi venne il periodo della sartoria Gizzi in via Magenta. Animatore Peppino Gizzi. Spostamento del bancone per fare spazio; soffitto decorato con palloncini e stelle filanti, grammofono a tromba e tanta, tanta voglia di divertimento. Apertura della “sala” alle tre pomeridiane. Andirivieni delle ragazze per via Magenta, restie ad entrare per prime. Antonio Gizzi, alias Commendatore, che ordinava a suo fratello Alfredino di far partire la musica per indurre le ragazze ad entrare. “Si nun jetti lu cilianu, lu caglinu nun entranu”. Spesso era prevista anche la cena. Una sera Francesca, Peppinella e Maria Antonia prepararono gli gnocchi. Dato che erano troppi, invece della “scifa” furono portati in un cassettone di comò. Nel vedere il cassettone sulla testa traversare via Magenta alcuni presenti pensarono ad un trasloco. La scommessa con Alfredino a chi portava la forchetta più grande fu vinta da me, ma con l’inganno. Ne portai due, una grossa di ferro; e l’altra, enorme, di legno, di quelle per girare la bieta. I balli allora in voga, si sa, erano tanghi, valzer, mazurche. Si affacciava qualche ritmo USA o sudamericano. Ora invece dominano i balli di gruppo. Mi danno l’idea della cartolina di richiamo alle armi, degli zaini, delle giberne, e delle sfilate delle truppe tedesche lungo l’Unter den linden di Berlino. Non fatelo sapere ma a me la cadenza, il ritmo e l’ordine non dispiacciono. Sento il ritmo di Prisencolinensinenciusol di Celentano. Non resisto. Mi sento militare. Mi tuffo ad eseguire il ballo di gruppo. Avanti march.