Il Fabraterno 2007/01


Lettera al direttore


Egregio Direttore, dopo una breve assenza, che mi ha visto impegnato per alcuni giorni in un Campo Scuola dei giovani dell’Azione Cattolica Diocesana, al mio rientro a Ceccano ho ricevuto due telefonate. La prima dal redattore del “ Fabraterno “ che mi chiedeva un pezzo per il prossimo numero del nostro periodico; la seconda da un caro amico, che mi domandava, se era il caso di portare in processione tutti i santi di Ceccano, per impetrare il loro intervento contro la preoccupante siccità che, in verità, stava mettendo in serio pericolo la vita di querce secolari. E stato questo il motivo che mi ha spinto a scriverti questa lettera che, se pubblicata, mi darebbe l’opportunità di beccare due piccioni con una fava, e cioè quello di rispettare l’impegno assuntomi con la redazione del nostro periodico, e l’altro di dare una risposta all’amico giustamente preoccupato della siccità. Non riuscivo a capacitarmi come mai l’amico si rivolgesse proprio a me per la richiesta della singolare processione. La domanda che mi aveva rivolto, mi trovò impreparato e per fortuna, prima che formulassi la risposta, cominciò a parlare di altro interessante argomento. Avvezzo come sono alla ricerca, vuoi per soddisfazione personale, vuoi per tornare sull’argomento della siccità con l’amico, riporto le notizie trovate tra le mie carte. E’ risaputo e storicamente provato che il popolo nel passato, in presenza di gravi calamità, quali il colera, la peste, il terremoto, la guerra, le alluvioni, le siccità, le carestie, la fame, era solito impetrare sempre l’intervento divino con preghiere, suppliche, tridui, novene, processioni, al fine di far cessare quelle dure afflizioni. Nel caso di abbondanza nei raccolti invece (buone stagioni), si benedicevano i frutti della terra, i campi, gli animali, e si celebravano giornate di ringraziamento, per rendere grazie a Dio e alla Divina Provvidenza. A tali riti massiccia era la partecipazione dei nostri antenati, in quanto la loro cultura, la loro fede li portava a saper discernere la presenza divina in ogni momento della vita. ”Non si muove foglia che Dio non voglia“ Dei ceccanesi infatti si racconta che quando andavano a piantare il granoturco nella palude Pontina i privernati li soprannominavano “Si Di vo’ ” (Se Dio vuole), in risposta all’augurio di un buon raccolto, oppure di ritorno con i carri più o meno carichi di pannocchie, alla domanda di come era andato il racimpecolto rispondevano: “ ‘ngrazia Dì “(Ringrazio Dio). La cultura imperante oggi, vorrebbe porsi come autosufficiente e universale e sta generando un nuovo costume di vita. Così Dio rimane escluso nel vivere quotidiano e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, Dio non compare più direttamente, e sembra divenuto superfluo. Questo tema, benché interessante ed attuale, non può essere trattato in maniera esaustiva da me per ovvie ragioni. Potrebbe essere trattato, invece, in una tavola rotonda da persone competenti sotto l’aspetto religioso, sociale e politico. Perciò all’amico interlocutore vorrei raccontare un aneddoto in merito ad una processione contro la siccità, effettuata in un paese della nostra provincia. Si dice che in quel paese, dopo un triduo di preghiere per la pioggia, fu deciso di portare in processione la statua del santo protettore in una zona di campagna e di tenerlo sotto il sole in quel luogo, fino a quando non fosse piovuto. Il terzo giorno, poiché il miracolo non avveniva, il sacrestano indispettito andò sul posto, e presa una salacca la mise nella bocca del santo, allontanandosi dicendo: “Adesso se vuoi bere cerca di far piovere perché io non ti porto da bere”. Ho raccontato l’aneddoto per dire che non è certo questo l’atteggiamento di colui che chiede e vuol ricevere favori celesti. Accetta le mie scuse e ti ringrazio per la pazienza che hai di leggermi.

Con amicizia Tommaso Bartoli.