Il Fabraterno 2007/01


La vita difficile e avventurosa di un emigrante ceccanese

Quando eravamo noi ad emigrare

Storia di sfruttamenti e doppio lavoro. Vedi alla voce: “sacrificio”


di Giovanni Ruspandini

L’emigrante simbolo della nostra terra per me è lui: mio cugino Lorenzo, residente in Australia. Tra le migliaia di ciociari trapiantati in altri paesi, tanti hanno fatto fortuna più di lui, ma chi ha avuto le sue esperienze, le sue vicissitudini, la sua vita avventurosa e movimentata? Lorenzo Ruspandini le vicende dell’emigrante le ha vissute tutte: vicende patetiche, travagliate, ma esaltanti anche, che lui racconta così, senza mai calcare la mano, come se si trattasse di cose banali, vissute da tutti. Già il viaggio alla volta dell’Australia, negli anni ’50, era un’esperienza fuori del comune. Allora si andava con la nave. Il viaggio era lento, interminabile, ma le emozioni non mancavano: il Canale di Suez, il Mar Rosso, Aden…., i continui avvistamenti di squali, di delfini e di pesci volanti, la nave assediata da barche con le mercanzie negli scali caotici dell’Oriente. Poi il profilo della costa australiana tanto attesa, il controllo delle autorità salite a bordo (come se non fossero stati sufficienti i controlli, le visite e le autorizzazioni precedenti!), il primo contatto con la nuova patria a Fremantle, che somigliava molto alle cittadine dei film western. Per Sydney c’era ancora una buona settimana, quella più lunga. Dopo un mese di navigazione l’Italia appare un paese lontano, lontanissimo. La nave con i suoi ufficiali altezzosi e distaccati, ne costituisce l’ultimo legame. Eccolo finalmente sbarcato. Il primo impatto è positivo. Belle case, bei parchi, belle ragazze: libere, disinvolte, abbracciate ai fidanzati; cose impensabili nell’Italia codina e bacchettona di quegli anni. Lorenzo passa attraverso le difficoltà e le esperienze dell’ultimo arrivato: la barriera linguistica prima di tutto, poi i datori di lavoro che ti sfruttano (italiani molto spesso), poi il pregiudizio razziale strisciante e inatteso, percepito chiaramente nelle sale da ballo, dove per i giovanotti italiani c’è il netto rifiuto: “No, thank you!”. Impara a poco a poco a vivere nella precarietà esistenziale dell’emigrante, a dominare gli stati d’animo della solitudine e della nostalgia, a sopportare con pazienza e con coraggio la mancanza di legami affettivi e di relazioni sociali. L’Australia è grande, è ricca, è evoluta, dà fiducia nel futuro, ma accoglie con freddezza e con distacco gli emigranti da certi paesi e ne delude le aspettative iniziali. Pesano la diversa mentalità e il diverso livello di emancipazione. Ad infastidire gli australiani sono il parlare ad alta voce sui mezzi pubblici, il non saper stare in fila, i comportamenti invadenti e furbeschi, i complimenti pesanti rivolti alle donne. Quando Lorenzo arriva in Australia, gli stessi immigrati delle prime ondate non si sentono ancora integrati e pienamente accettati, e il desiderio di andar via “da questa terra bastarda” è forte anche tra loro. Per accumulare il gruzzolo e realizzarsi prima possibile, l’emigrante fa il doppio lavoro, arrotonda nei giorni di festa, cerca l’eldorado nei campi di canna da zucchero del Queensland, nei cantieri disagiati dello Snowy River Projet, nelle miniere di Coober Pedy e di Broken Hill . Lorenzo non cede al sentimentalismo e alla nostalgia. E dove potrebbe rientrare lui, ora che la diaspora della sua famiglia si è allargata anche ai genitori? Lui crede nella nuova patria e impara a conoscerla. Va a lavorare a Cooma alla costruzione dei reservoirs, i grandi bacini che forniscono l’acqua alle città della costa, va nel torrido West Australia nell’altro lato del continente, dove l’acqua nelle tubazioni scotta e bisogna aspettare la notte per farsi la doccia, va in altre zone. Per lui, single, che non ha né casa propria, né radicati rapporti di amicizia, un posto vale l’altro e il posto migliore è quello dove la gente ti accoglie bene e la paga è più alta. A Sydney e a Canberra c’è la presenza rassicurante dei fratelli Cesare e Tittuccio, ma lui sa che deve seguire la sua strada e fare le sue scelte. Quasi che l’Australia non fosse grande abbastanza, Lorenzo si trasferisce sull’isola Nauru, in pieno oceano Pacifico. Per motivi di lavoro, naturalmente, ma forse anche inseguendo il mito dell’amore libero delle donne polinesiane, pronte a concedersi ai forestieri per migliorare la razza; una costumanza reale al tempo delle scoperte geografiche ma che lui trova ormai praticamente scomparsa o degenerata in prostituzione. Rientrato a Sydney non vi resta a lungo. Il travel bug del pioniere, la voglia di vedere, di conoscere, di migliorare la propria condizione economica, lo porta ora addirittura in Canada dove trascorre ben cinque anni, lavorando nei distretti industriali del Quebec e dell’Ontario come saldatore, mestiere che nel frattempo ha imparato. Dal Canada Lorenzo viene in visita ai genitori definitivamente ritornati a Ceccano e a Ceccano si sposa. Potrebbe trovare un lavoro in patria e restarvi per sempre, ma ormai il mondo anglosassone lo ha contagiato. Le buone maniere, il rispetto delle leggi, l’efficiente organizzazione sociale, sono valori ai quali non sa più rinunciare. L’Italia è migliorata sul piano economico ma è rimasta sostanzialmente come prima sotto altri aspetti. A Lorenzo sembra tutto limitato, affollato, disorganizzato: le strade, le spiagge, gli uffici pubblici. Ora capisce perché tanti emigranti, malati di nostalgia, dopo qualche mese in Italia, rimpiangono la terra straniera che avevano prima denigrato! E’ forse il fascino dei grandi spazi vuoti, primordiali, a riportare Lorenzo a Down Under (come gli australiani chiamano il loro paese). In quale altro luogo della Terra tu hai l’immensità dell’oceano davanti a te, le spiagge solitarie e senza fine, lo sterminato outback alle tue spalle? “Nel Queensland, il mio piccolo orto dietro casa era visitato da branchi di capre selvatiche. Io le scacciavo, le inseguivo, ma loro avevano l’entroterra sconfinato, disabitato, dove nascondersi”. Così ci parlava della natura selvaggia e grandiosa in Australia. Con il matrimonio, allietato dall’arrivo di tre figli, è cominciata per Lorenzo la fase della stabilità e delle responsabilità familiari alle quali sa far fronte con serietà e dedizione, finché un grave incidente sul lavoro viene a sconvolgere i suoi progetti, i suoi programmi, i suoi sogni. E’ il periodo più critico della sua vita dal quale emerge a poco a poco dopo una lunghissima convalescenza (resterà leggermente claudicante), improvvisandosi gestore di una piccola pizzeria Take Away, sempre assistito e assecondato dalla moglie. Molto lavoro, molto impegno, ma buoni guadagni. “Anche in Australia vale il famoso detto chi lavora crepa, chi negozia campa” ci confidava durante la sua visita in Italia, con un pizzico di rammarico per essersene accorto troppo tardi. Dopo la pensione, è andato rafforzandosi il suo legame con la terra d’origine. A Forster, una cittadina balneare a nord di Sydney dove oggi risiede, Lorenzo dedica il suo tempo libero alla pesca e alla lettura di libri che riguardano l’Italia; segue gli avvenimenti che accadono da noi, le notizie sportive, e in qualche modo anche le ingarbugliate vicende della nostra politica. Perché l’Italia gli è rimasta nel cuore. Quell’Italia che a lui non ha dato niente e alla quale lui, invece, ha dato molto con la sua laboriosità, la sua intraprendenza, la sua mitezza di carattere, la sua rettitudine, contribuendo, nel suo piccolo, a rimuovere i pregiudizi e a migliorare l’immagine del nostro paese, in quel lontano continente.

Giovanni Ruspandini