Il Fabraterno 2007/01


PERISCOPIO CECCANESE
a cura di Alessandro Ciotoli



Negli stessi mesi in cui le Nazioni Unite discutono sull’approvazione di una moratoria universale della pena di morte, proposta che vede impegnata in primo piano proprio l’Italia, un cittadino italiano, un cittadino ceccanese, si trova al centro di uno dei più grandi casi giudiziari internazionali degli ultimi anni. Benedetto Cipriani, 51 anni, nato a Ceccano e cresciuto nel quartiere dove ancora vive l’anziana madre, Borgo Garibaldi, si trova dallo scorso luglio rinchiuso nel penitenziario Walker-McDougall nella contea di Suffield, stato del Connecticut, Stati Uniti. Negli Stati uniti, a New York, Cipriani ci arriva il 1 maggio del 1985 iniziando a lavorare come consulente finanziario. Nel 2001 si trasferisce in Connecticut, a Windors Locks. Lì conosce una donna sposata, Shelley Stears, con la quale comincia una relazione dapprima via internet e poi attraverso una serie di incontri nei motel della zona. I suoi guai giudiziari cominciano, il 31 luglio del 2003, quando nell’officina meccanica del marito di Shelley, Robert Stears, si presentano tre portoricani: Miguel Castillo, 20 anni, José Guzman, 22 e Eric Martinez, 21. Nessuno conosce il vero motivo che spinge i tre giovani fino all’officina, se per una rapina o altro. Quello che si sa è che improvvisamente la situazione precipita. Secondo la polizia americana a un certo punto Guzman apre il fuoco contro Stears uccidendolo con un colpo alla testa. Con lui vengono uccisi anche due testimoni presenti nell’officina, Barry Rossi e Lorne Stevens. Per la polizia di Windors Locks che indaga sul triplice omicidio, non ci vuole molto per scoprire la relazione tra la moglie di Stears e Benedetto Cipriani, che la sera stessa dell’omicidio verrà interrogato nella sua abitazione da agenti federali dell’Fbi. Nessuno, comunque, muove formalmente alcuna accusa nei suoi confronti quindi ad agosto 2003 Cipriani, perso il suo lavoro da consulente finanziario, decide di tornare a Ceccano per assistere la madre malata. Ed è proprio qui che, su mandato delle autorità statunitensi, viene arrestato il 22 aprile del 2004. Cos’è successo nel frattempo che ha cambiato la sua posizione? E’ successo che a dicembre del 2003 la polizia di New York ha arrestato un tossicodipendente, tale Velasquez, che con gli agenti afferma di conoscere i tre portoricani protagonisti della sparatoria nell’officina di Windsor Locks e di averli accompagnati in macchina, il giorno dopo il triplice omicidio in un supermercato della zona dove avrebbero dovuto ricevere 6 mila dollari. Alla richiesta di Martinez di sapere il perché di tanti soldi, i tre avrebbero risposto: «Siamo gli autori dell’omicidio di ieri». Una volta arrestati i tre avrebbero fatto il nome di Cipriani quale mandante. Anche se non si capisce cosa collegherebbe Cipriani ai tre portoricani, per la polizia l’italiano è il mandante dell’omicidio. Un delitto compiuto per motivi passionali. Da qui la richiesta alle autorità italiane di arrestarlo, come poi è avvenuto, e di estradarlo negli Usa. Dal punto di vista giudiziario, quanto accade a Cipriani in Italia non è meno assurdo di quanto è accaduto negli Usa. Cipriani si trova nel carcere di Frosinone da undici mesi quando, il 24 marzo del 2005 la Corte d’Appello di Roma pronuncia sentenza favorevole alla sua estradizione negli Stati uniti e questo, come ricordato, nonostante nel 1996 la Consulta l’abbia vietata verso tutti i paesi in cui è in vigore la pena di morte. Un particolare che non sembra preoccupare più di tanto l’allora ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, che il 12 novembre dello stesso anno dà il via libera all’estradizione di Cipriani. Da parte di Cipriani e dei suoi legali comincia una schermaglia legale per impedire il trasferimento oltreoceano. Il 2 dicembre la sezione di Latina del Tar del Lazio, accogliendo un ricorso della difesa, blocca in via cautelare la consegna di Cipriani alle autorità americane, fino all’esaurimento di tutti i gradi delle giustizia italiana. Il motivo: i giudici non ritengono sufficienti le garanzie che le autorità americane potrebbero di non applicare la pena di morte nei confronti dell’imputato. Cipriani resta in carcere fino al 21 marzo di quest’anno, quando cessano i termini di custodia cautelare. Inizia una nuova odissea. A giugno la Corte di Cassazione annulla la sentenza del Tar e dispone che venga eseguita l’ordinanza di estradizione. Nonostante gli accorati appelli, il Ministro Mastella accelera i tempi e con un vero e proprio blitz di 24 ore Cipriani viene prima prelevato dalla sua casa e il giorno successivo imbarcato verso gli Stati Uniti. Benedetto Cipriani si trova nel penitenziario Walker-McDougall di Suffield, Connecticut. Gli interrogatori preliminari al processo e tutto, fino ad ora, lascia presagire che i magistrati dell’accusa vogliano a tutti i costi non solo condannarlo, ma anche far cambiare il suo capo d’accusa indirizzando così il verdetto verso una condanna alla pena capitale richiesta a gran voce dai familiari delle vittime nelle varie demointerviste rilasciate sui quotidiani locali del piccolo stato a sud di New York. Alcune associazioni si sono mosse affinché le Autorità locali e nazionali si mobilitino per evitare che un cittadino italiano, innocente fino a prova contraria, subisca un’ingiustizia che lo ha già logorato in questi tre anni e che potrebbe mettere a repentaglio la sua incolumità nei mesi a venire. Anche questo Periscopio sarà vigile su questa vicenda, tenendo aggiornati i lettori sugli sviluppi di un caso giudiziario che vede coinvolto un cittadino ceccanese.

Alessandro Ciotoli