Il giornalista Raimondo Devescovi fu un attento
cultore delle tradizioni e delle peculiarità della sua città
natale a cui, da buon rovignese, dedicò il frutto dei suoi più
interessanti lavori: i gustosi "Bozzetti di vita rovignese"
editi da Coana nel 1894 in cui forniva un interessante spaccato di vita
della Rovigno di fine '800 e quel poemetto in vernacolo rovignese intitolato
"El Castiel de Ruvèigno", che qui si riporta integralmente.
Il poemetto in versi risale al 1901; visto che
la "Storia Documentata di Rovigno" dello storico rovignese
Bernardo Benussi, da cui l'autore prende spunto e stimolo, è del
1888 e, come dice lo stesso Devescovi: "A zì tridase ani, ca
òun nostro bravo e studius cunzitadèin, uò fato stanpà
òun bilitèissimo lèibro, ca l'uò non "Stuoria
de Ruvèigno".
La datazione dell'opera ci fornisce degli interessanti
spunti per capire i sentimenti profondi della maggioranza degli originari
cittadini di Rovigno. Raimondo infatti apparteneva ad una delle più
antiche famiglie cittadine e vista inoltre la sua attività di giornalista
era particolarmente in grado di captare l'anima del popolo rovignese
e di renderla in filigrana nei versi del suo poemetto. Il tutto, è
bene ricordarlo, in un periodo in cui Rovigno faceva parte oramai da oltre
90 anni dell'impero austro-ungarico. Per questi motivi risalta ancora di
più il suo spiccato amore per l'ex-Dominante, quella Repubblica
di Venezia caduta per mano napoleonica nel lontano 1797 ma che tante vestige
vive aveva lasciato nelle pietre e nell'anima del popolo di Rovigno.
Significativo è inoltre il clima che si
respira in alcune delle pagine del poema che rendono vivo lo scontro nazionalistico
allora in corso oramai da molti anni tra le due principali etnie istriane,
quella slava e quella neo-latina, in cui da terzo elemento fungeva quella
germanica, dominante nell'Impero Austro-Ungarico, che però (come
del resto fa intendere il Devescovi) non parteggiava certo per gli italiani
dell'Istria:
GdeA
Oûn mondo d'ani zì ca sa cunbato,
cun sta zento la va de mal in pieso,
ca çierti senpro soûn meto el cruvato
e i siemo cume fra du foghi in mieso.
Chi pudravo giutande nu nda gioûta,
la nostra barca in mar zì sensa vila,
zì zento ca vido, sa e riesta moûta,
ma in çil anche par nui zì la stila. |
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Oramai son molti anni che si combatte,
con questa gente e va di male in peggio,
che certi mettono sù i croati
e noi siamo come in mezzo tra due fuochi.
Chi potrebbe aiutarci non ci aiuta,
la nostra barca in mare è senza vela,
c'è gente che vede, sa e resta muta
ma in cielo per noi vi è una stella. |
In conclusione un poemetto di versi non eccezionali
ma assai significativo per rendere il clima della Rovigno inizio secolo
(XX), delle sue credenze, del suo modo di vedere la storia e di rapportarsi
con il mondo circostante.
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