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Escursione del WWF a Punta Campanella

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Caratteristiche dell'escursione

Durata: 5 ore
Lunghezza: circa 7 km
Grado di difficoltà: medio; impegnativa la discesa dalla vetta del S.Costanzo
Dislivello: in salita 460 mt.
in discesa 460 mt.
Periodo consigliato: la primavera per la ripresa vegetativa e il birdwatching
Flora: gariga, vegetazione del litorale, macchia mediterranea
Fauna: corvo, gheppio, gabbiano, uccelli migratori

 

La partenza è prevista da Termini, frazione di Massa Lubrense (Pullman SITA dalla stazione di Sorrento).
Per il ritorno, partenza con pullman SITA da Termini per Sorrento.

 

Descrizione dell'escursione

L'itinerario ha inizio dalla piazzetta di Termini, a destra della chiesa parrocchiale, imboccando la via Campanella; dopo circa 400 metri ci si trova al bivio con via Del Monte e si prosegue a sinistra per quest'ultima strada che, con numerosi toccanti tagliati nella roccia, raggiunge il Monte S. Costanzo. La strada asfaltata intersecata dall'antico tracciato costituito da una rampa lastricata il cui inizio è nella prima curva. Il monte è caratterizzato da due cime: su quella a sinistra sorge la bianca chiesetta di S.Costanzo, mentre la cima a destra ospita una stazione radio per il controllo del traffico aereo.

 

La chiesetta di Monte S. Costanzo

Il tracciato s'inerpica rapidamente fra ciuffi di ginestra, di mirto e gli ultimi coltivi. Man mano che si sale l'orizzonte si allarga: volgendo lo sguardo dietro, appare il cono del Vesuvio mentre a sinistra sono visibili le alture del Deserto e di S. Maria la Neve. Giunti nella sella tra le due cime, i pini di un rimboschimento relativamente recente forniscono un po' d'ombra per rinfrancarsi dalla salita. Anche se l'itinerario prosegue in direzione opposta, vale la pena di raggiungere la chiesetta di S. Costanzo (andata e ritorno in circa 20 minuti). Ci si arriva per una scala in pietra viva che segue la cresta del monte. A destra ora si offre lo splendido scenario dell'insenatura di Ieranto, sebbene svilito dalla ferita dell'ex cava Italsider. Di fronte appaiono gli isolotti dei Galli, in antico detti Sirenuse.
Il suolo brullo e roccioso degrada fortemente verso il mare. In quest'ambiente così isolato e spoglio, la scala in pietra ha qualcosa di rituale e di magico ed ispira una sacralità di gran lunga superiore a quella offerta dalla chiesetta, in effetti una costruzione tozza e squadrata che ingloberebbe o occuperebbe l'arca di un tempio o, più probabilmente, di una stazione di segnalazione di età greca per le navi che si apprestavano a doppiare il promontorio Ateneo.

 

Agli angoli della facciata della chiesa vi sono due colonne incassate nella muratura, mentre alcune soglie di pietra con gli alloggi per gli stipiti sono usate come pavimentazione. La chiesa è officiata solo la domenica successiva al 15 maggio, festa di S. Costanzo, quando la raggiunge una processione, proveniente da Termini, che percorre il sentiero restituendo al luogo la religiosità di riti qui celebrati in varie forme da millenni. Fermandosi ancora un attimo sullo spiazzo antistante la chiesetta e guardando verso Ieranto, si potrà identificare la torre di Montalto, forse la meglio conservata fra quelle della cinta costiera di epoca vicereale. Subito a destra della torre, sono visibili i tre pizzi di Montalto; visti da qui sebbene non nella prospettiva ideale, ricordano la sagoma di un rapace ad ali aperte, la "testa della sirena", e rammentano il mito delle sirene che la tradizione classica pone in questa zona.

 

La vista di Nerano

Ora non resta che girare alle spalle della chiesa per ammirare un altro splendido scenario: il monte su questo versante diventa ripidissimo e offre un superbo balcone sulle case di Nerano e di Marina del Cantone che spuntano fra gli oliveti. Questo è uno dei rari luoghi dove si ha la precisa sensazione di trovarsi su una penisola, fra il mare di Salerno a destra, caratterizzato dai rilievi tormentati e rocciosi di Malacoccola, Torca e Crapolla, e il golfo di Napoli a sinistra, con i contrafforti del Faito e di Sant'Angelo a Tre Pizzi a fare da possente sfondo allo scenario. Assistere al sorgere del sole o della luna piena da qui, può essere uno spettacolo davvero indimenticabile.

 

Punta Campanella

Ma è tempo di riprendere l'itinerario: dopo aver ripercorso la scalea e riattraversato la pineta, ci si dirige verso la cima che ospita le antenne. Sarà facile individuare la traccia bianco-rossa con la quale il Club Alpino Italiano ha segnato il sentiero che, costeggiando sulla destra la rete metallica della stazione radio, conduce alla Campanella. Da questo punto in avanti, il sentiero, sempre segnato con il bianco-rosso, diventa più impegnativo; la zona sassosa ed impervia richiede una certa attenzione. Per un breve tratto il percorso è in salita e consente di ammirare, a sinistra, lo splendido scenario della Baia di leranto. In questa zona si possono notare anche diversi blocchi di calcare con rudiste, un fossile guida del periodo cretaceo. Appena superata la cima della collina, il percorso volge in discesa e piega a sinistra, sempre seguendo la cresta. Di fronte ora si distingue la bianca mole calcarea di Capri. Due grossi cespugli di fillirea ed un gruppo di cipressi segnalano che si è giunti a Pezzalonga, zona una volta intensamente coltivata, come testimonia una fitta rete di mura a secco ora in rovina.

 

La flora

A parte questa zona relativamente pianeggiante, il resto del percorso è caratterizzato dalla totale assenza di vegetazione arborea e ciò è dovuto alla scarsa quantità di terreno vegetale. Fra le rocce calcaree affioranti ovunque, solo qualche ciuffo di euforbia, cineraria, ginepro, rosmarino e barba di Giove piegato dal vento riesce ad elevarsi dal suolo. Da notare in primavera anche la fioritura del raro " Convolvulus Cneorum", presente ormai in poche località del sud Italia e qui endemico.

 

La fauna

In periodo di migrazione, questo è un ottimo posto per osservare gli uccelli e non è raro avvistare finanche falchi e poiane.

Ora è possibile ammirare anche la spiaggia di Ieranto, prima nascosta. Alla base della parete di un canalone sono visibili delle cavità e dei ripari sotto roccia,usati una volta da pastori e contadini per ricoverare il foraggio e forse anche dai nostri antenati preistorici che sicuramente abitavano la grotta delle Noglie, da qui non visibile, ma poco distante. L'itinerario prosegue in discesa in direzione della sagoma possente della torre di Punta Campanella: prima di arrivarvi, s'incrocerà una stradina asfaltata che conduce, prendendo a destra, alla via Minerva proveniente da Termini sul versante opposto.
Lungo la parte finale del sentiero e fra le scogliere degradanti verso il mare, è possibile osservare la tipica vegetazione del litorale con l'elicriso, il finocchio marittimo e l'incredibile "Limonium" che sembra nascere direttamente dalla roccia.

 

La storia

Punta Campanella o Promontorio Ateneo, come lo chiamavano gli antichi, ha ospitato nel corso dei secoli, per questioni di culto o di controllo dell'accesso al golfo, templi e stazioni di commercio, opere di difesa e ville patrizie. Oggi quasi nulla rimane di di ciò, ma il sito meriterebbe indagini meno avventurose e sporadiche di quelle effettuate finora. Ai lati della torre costruita in età angioina, occupando forse l'area del mitico tempio di Atena, esistono due discese verso il mare: quella a destra è sicuramente di epoca più recente rispetto a quella di sinistra, ormai disagevole e quasi completamente rovinata. Quest'ultima è quanto resta di un antichissimo manufatto che consentiva l'accesso dal mare. A metà strada della stessa, sulla parete rocciosa, è scolpita un'epigrafe in lingua osca che ricorda i nomi dei "meddikes" che ne ordinarono la costruzione.
Questa scritta, individuata solo pochi anni fa e divulgata dal Professore Mario Russo in un recente studio pubblicato dall'Accademia dei Lincei, oltre che testimoniare la presenza di popolazioni italiche in una zona da sempre ritenuta occupata dai greci, è una chiara dimostrazione delle innumerevoli potenzialità che il sito archeologico ancora riserva.
Al termine di questa discesa, protetta da un faraglione di roccia, esiste una vasta cavità, conosciuta come la "grotta delle Sirene", dove i riflessi del mare creano una suggestiva atmosfera.
Il paesaggio circostante si lascia osservare in tutta la sua bellezza: di fronte c'è Capri, vicinissima, da ammirare ora come l'ammirarono da qui in epoche passate marinai micenei, funzionari bizantini, mercanti amalfitani, soldati spagnoli e murattiani, pirati saraceni e fenici, ed i fedeli pretoriani di guardia agli "ozi filosofici" di Tiberio, che scelse l'isola come dimora senile.
Alle spalle, il monte S. Costanzo, spoglio e brullo, ma solenne come un vecchio patriarca, comincia ad attenuare il suo accecante biancore, che spiega il suo antico nome di Monte Canuto. Il mare color cobalto di leranto diventa ancora più cupo e annuncia il tramonto.

 

Il mito

Si avvicina il momento più magico per Punta Campanella, il momento in cui si ha chiara l'impressione che qualche forma di prodigio stia per compiersi, che fra gli scogli e le grotte marine guizzi una sagoma glauca metà donna e metà pesce o uccello, che il promontorio venga doppiato da una nave snella, spinta da rematori, sulla quale navighi un uomo alla ricerca del proprio destino, non sapendo e non volendo resistere all'ansia "di divenir del mondo esperto e degli vizi umani e del valore". Capri di fronte, con il sole che le tramonta alle spalle, offre uno spettacolo di struggente bellezza che pare quasi profanazione fermare con la macchina fotografica.

 

Il ritorno

Ma è tempo del ritorno: è necessaria circa un'ora per risalire a Termini percorrendo l'antica strada, ancora in parte pavimentata con il basolato romano. Solo più su, all'altezza della torre di Fossa di Papa, s'incontrano gli olivi con le mirabili opere di mura a secco che trattengono la terra vicino alle piante.
Sulle pareti più assolate, sono presenti alcune colonie di "Lithodora Rosmarinifolia", una pianta rara che cresce spontanea solo in Penisola Sorrentina e in Sicilia; è simile al rosmarino, ma non così aromatica.
Proseguendo verso Termini, si supera l'insenatura di Mitigliano dove, la maggior profondità del terreno, genera una vegetazione diversa come alcuni spettacolari esemplari del più mediterraneo degli alberi: il carrubo.

La stradina passa accanto ad alcune case distrutte da una frana che causò anche delle vittime ricordate da una bella lapide.
Più su, risalendo fino alla piazza di Termini, non vi sono che orride costruzioni moderne, mentre quelle antiche con il caratteristico tetto a volta sono lasciate in rovina. E' bene allora voltarsi un'ultima volta a guardare Capri, fra il mare e gli olivi, ascoltando il richiamo della sirena che, se non riesce a trattenerci, almeno ci chiede di tornare.

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