Sono
Alessandro Cantoia, sono nato nel 1876 a Fontaneto.
Nel 1894 avevo 18 anni e, dopo aver salutato la mia famiglia, da solo, ho preso il treno e ho raggiunto Genova. Qui mi sono imbarcato e dopo circa un mese sono arrivato a Buenos Aires.
In Argentina avevo già una sorella, Lucia, e un fratello, Angelo; oltre ai miei fratelli ho incontrato un fontanetese che mi ha insegnato a leggere, scrivere e far di conto, perché in Italia, quando ero in età scolare, avevo frequentato solo la prima elementare, poi i miei genitori mi avevano mandato a pascolare le scrofe lungo il
Sizzone, dove i miei quaderni erano la sabbia. Grazie all’insegnamento ricevuto in Argentina ho potuto poi scrivere lettere alla mia famiglia.
Giunto in Argentina, mi ricordo che i dirigenti delle aziende, o “capi”, si recavano al porto quando arrivavano gli emigranti per cercare manodopera da impiegare nella mietitura del frumento o nella costruzione delle ferrovie.
Nei mesi della trebbiatura, molti emigrati venivano ingaggiati per raccogliere il grano e, siccome il frumento era l’alimento base che permetteva di sfamare la gente, il governo stesso imponeva che il lavoro per la costruzione delle ferrovie venisse interrotto e che le persone occupate in questa attività lavorassero nei campi. Il grano veniva ammucchiato nella campagna e veniva trebbiato sul posto. Il vapore prodotto dalla paglia bruciata metteva in moto la trebbiatrice.
Io, durante i primi otto anni in Argentina, ero occupato nella costruzione delle ferrovie e vivevo con altri lavoratori in baracche di legno. Al mattino, appena si alzava il sole, salivamo sulla “piattina”, cioè su una specie di piattaforma e raggiungevamo il nostro posto di lavoro. Cambiavamo baracca man mano che la ferrovia avanzava e ci si allontanava dalla base precedente. I dirigenti delle imprese per la costruzione di ferrovie erano ingegneri francesi. Poi ho conosciuto una famiglia di
Borgomanero, i Savoini, che avevano un’azienda di ortofrutticoltura e ho fatto l’ortolano fino al mio ritorno in patria.
Si lavorava finchè c’era luce e, soprattutto nella costruzione della ferrovia, gli ingegneri facevano lavorare gli operai anche di domenica mattina per evitare che, essendo liberi, potessero frequentare osterie ubriacandosi e, di conseguenza, provocando delle risse. Di pomeriggio dovevamo lavare i panni, quindi non avevamo tempo libero.
Ho avuto qualche problema con la lingua straniera, poi ho imparato le parole indispensabili per farmi capire.
Mi tenevo in stretto contatto con la mia famiglia mediante le lettere.
Provavo a volte nostalgia per la patria lontana, ma mi mancava soprattutto la mia famiglia. Quando sono ritornato in Italia nel 1908, volevo solo salutare i miei genitori per poi ritornare in Argentina, ma mia madre ha fatto pressione perché rimanessi in Italia, perché in Argentina avevo già i miei due fratelli.
Mi sono sposato dopo il mio ritorno in patria nel 1911 con Cerri Panacea. Ho avuto cinque figli: Ercole, Giuseppe, Luigi, Antonia e Giacomina.
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INTERVISTA a Cantoia Giuseppe
Nato a Fontaneto d’Agogna il 3-09-1923 |
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