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CAPITOLO 5
SOPRA AD UN OCEANO SINTETICO


XIV

Prigionieri importanti. Questo erano i marziani della Europe, ed in quanto tali erano stati alloggiati in una cella di tutto rispetto, nel senso che era ampia e non troppo scomoda, per tre persone, sennonché, dopo non molto che l'equipaggio della Europe vi era stato alloggiato, fu inserito un altro "inquilino", che fu accolto da un amplissimo sorriso sarcastico di May. Era infatti il comandante della flottiglia Robert Heinlein.
- Salve! - disse Bulsara raggiante, finalmente si poteva gustare un minimo di vendetta - vedo che il vice-governo lunare è stato molto generoso con voi. - Heinlein si era seduto su una branda e guardava fisso, le mani strette l'una all'altra, il pavimento di fronte a sé - Ehilà - continuava il secondo della Europe - non si salutano più i vecchi compagni di flottiglia? Oppure le amicizie altolocate vi hanno fatto dimenticare di noi? -
- Vorrei sapere - Robert guardava sempre fisso davanti a sé - cosa avreste fatto al mio, anzi al nostro posto. -
- Ma noi non sappiamo neanche quale sia la vostra posizione. - Roger si fingeva contrito.
Taylor si avvicinò a May e gli parlò all'orecchio - Per caso indovini per quale motivo hanno portato Bob nella nostra cella? -
- Ho come l'impressione che tu abbia già la risposta. -
- Rifletti. Robert non è un marziano come noi tre, e testimonia contro di noi al processo, ogni regola di buon senso suggerirebbe di tenerlo lontano dai tre criminali pericolosissimi che sta accusando, almeno fino al termine dell'inchiesta, ed invece eccolo lì a fare la parte della vittima. Per me è qui solo per raccogliere informazioni, d'accordo col vice-governo lunare. -
- Credo che tu abbia ragione. Avverti anche Roger di stare attento, non voglio che per caso salti fuori che noi non sappiamo niente. Non ci crederebbe e renderebbe meno divertente la sua sceneggiata. -
- Ci hanno offerto due alternative - Heinlein si stava discolpando - O noi aiutiamo il vice-governo, ed allora possiamo tornare liberi, oppure non l'aiutiamo, ed allora finiremo in galera per il resto dei nostri giorni. -
- Perché adesso - rispondeva May - invece sei libero come l'aria. -
- Non potevamo di certo aspettarci un simile trattamento. -
- Giustizia divina - sorrise aspro il capitano della Europe, mentre Taylor avvertiva Bulsara dei propri sospetti.-
- Era un rischio - disse Heinlein - che valeva la pena di correre. -
- Grazie per la considerazione. -
- Scusatemi - si alzò indispettito - scusatemi tanto, se per amore dell'Amicizia, in rispetto dell'onore e della solidarietà tra minatori, non ho sacrificato il mio futuro su una squallida prigione lunare. E poi che dico, amici! Noi non siamo amici, siamo semplicemente conoscenti, colleghi di lavoro, nulla di più. Non crederete che fare semplicemente la stessa rotta per qualche anno voglia dire instaurare dei profondi legami affettivi, spero. Non ditemi che al mio posto non avreste fatto la stessa cosa. No, non rispondetemi, sono sicuro che se vi fosse capitata l'occasione non avreste esitato un istante a tradirmi per salvarvi.- Completato lo sfogo si risiedette, con l'espressione svuotata, e la voce impastata - E poi non so neanche il perché di tutta questa faccenda, di tutti questi intrighi, prima i pirati ed ora questo, perché ce l'hanno tanto con noi? -
Eccolo venuto al punto, anche Heinlein aveva posto la fatidica domanda, anche l'"ammiraglio" si era inserito nel gioco che il vice-governo della Luna Occidentale, almeno due governi terrestri, i "pirati" degli asteroidi e chissà quanta altra gente ancora stava giocando, chi per nascondere e chi per rubare il fantomatico segreto di cui probabilmente solo Deacon aveva la piena conoscenza, o almeno la chiave. Comunque stessero le cose, però, May non voleva dare soddisfazioni a nessuno. - E tu credi che dopo quello che ci hai detto qualcuno di noi tre ti possa rispondere? Non ti facevo veramente così stupido. -
Heinlein alzò all'improvviso gli occhi, con espressione di sfida nel viso.
- Tu non parli così con me, hai capito? -
- E perché? Stai in cella con noi, sei un prigioniero come tanti ora, i tuoi soldi, le tue proprietà, i tuoi interessi sparsi per il Sistema, ora non contano più niente, qui tu non sei più nessuno. -
- Questo è quello che credete voi, io sarò fuori di qui prima che voi riusciate a dire una parola, lo prevedono gli accordi. -
- E quali sarebbero questi accordi? -
- Stai fresco... -
- Bella riconoscenza - riprese May, che si divertiva a stuzzicare quell'uomo che appariva grassoccio e sudaticcio - bella riconoscenza davvero per chi ti ha salvato la vita. -
Heinlein scattò in piedi - Buffone! Non avete salvato la flottiglia, voi avete salvato la Europe, e se noi siamo ancora vivi è solamente per puro caso. -
- Certo che senza di noi quella nave da guerra non vi avrebbe toccato, anzi, ci stavano invitando tutti ad una cena elegante, e noi che scortesi, a declinare l'invito, non trovi? O forse, che ne dici di fare un piccolo ringraziamento a tre persone che ti permettono ancora di respirare e non di vagabondare a brandelli tra gli asteroidi? - Probabilmente, pensò mentre diceva quelle parole, senza la Europe ed i suoi occupanti, quella nave da guerra non sarebbe comparsa affatto là nel campo degli asteroidi, ma questo lo sospettavano May ed i suoi compagni, certamente non Robert, e comunque non valeva sprecarsi a dire la verità a quell'uomo. -
- Vallo a dire a Damon ed al suo equipaggio, del tuo gesto eroico. -
Damon, della Knight. Il suo era stato l'unico equipaggio a non farcela. Il buon umore con il quale stava canzonando l'ormai ex ammiraglio sparì immediatamente da May. Se Damon era morto non era certamente colpa di May, Bulsara, Taylor o di Deacon, ma dei vice-governi, ai quali Robert si era asservito per il vantaggio personale. Damon Knight, proprietario dell'omonima nave, non era un grande amico di May o del suo equipaggio, era solo poco più che un conoscente, come avrebbe detto Heinlein, certamente l'equipaggio della Europe non avrebbe sofferto a lungo della sua morte. Un uomo intelligente sì, simpatico sì, ma niente di più. Tuttavia egli era innocente, non c'entrava nulla in quella storia, non si era meritato, non si era cercato la fine che aveva fatto, e una persona come Heinlein, colpevole di essersi reso complice dei vice-governi, ed in definitiva con le persone che avevano contribuito alla morte di Damon e per poco anche del resto della flottiglia, avrebbe dovuto almeno mostrare un minimo di rispetto per la memoria del defunto, e non tirarlo in ballo per un semplice litigio tra degli astronauti, lui, il capo della flottiglia. Un uomo che avrebbe dovuto tenere i ranghi tra gli equipaggi ed invece si era mostrato pronto a passare dalla parte dei sicari vice-governativi. Seguendo queste considerazioni, May cominciò a provare un sottile odio verso tutti quegli uomini, incluso con ampio margine Robert Heinlein, pronti a banchettare sui cadaveri dei propri simili per qualche piccolo privilegio. Quindi Frederick sibilò, avvicinandosi ancora a quell'uomo tutto impettito - Tu non ti puoi permettere di parlare di Damon, offendi solamente la sua memoria. -
- Ricordati che è solo per colpa vostra se si parla di lui al passato. -
- No, tu sei colpevole, tu che ti sei alleato con chi ha progettato la morte di tutti noi. -
Così parlando i due si erano avvicinati l'un l'altro fino quasi a toccarsi le punte dei nasi, in modo simbolico però, perché il naso di Heinlein non arrivava neanche alla gola di May.


XV

Ormai il pensiero della licenza perduta era completamente scomparso dalla mente di Stuart, così come erano scomparsi i dubbi su come il comportamento dei vice-governi stesse ai limiti della dichiarata neutralità. Nulla ora aveva più importanza. Doveva portare a termine una missione, eseguire degli ordini, e la vita privata, come i pensieri autonomi, erano solo intralci, dai quali il bravo militare era capace di distaccarsi ogni qual volta gli era richiesto. D'altronde non era la vita del singolo ad avere importanza, bensì la struttura, così come l'organismo è più importante della singola cellula, e Stuart si sentiva una cellula perfettamente efficiente. Per questo si trovava davanti alla cella dei quattro astronauti. Prima di entrare squadrò i suoi due attendenti, che si misero sull'attenti.
- Se avete dei dubbi - disse - questa è l'ultima vostra occasione per esprimerli, ne avete? -
Un attendente si fece avanti. - Uno signore. -
- Parla. -
- Come faremo ad andarcene? -
- Mia moglie ha già preso contatto con Mairc. -
- Quale? -
- Alexander, per quanto riguarda la sua collaborazione è tutto a posto, altri dubbi? -
- No, signore. -
- Allora, avete appreso appieno l'importanza della nostra missione, sapete che è una questione di prestigio, vero? -
- Signorsì. - Fu l'unanime risposta.
- Conoscete il valore dei prigionieri, e le conseguenze delle azioni che d'ora in avanti compiremo, qui non abbiamo - il plurale majestatis era, in quell'occasione, d'obbligo - bisogno di codardi o di una qualsivoglia indecisione, siete pronti allora ad eseguire gli ordini, se necessario fino alle estreme conseguenze? -
- Signorsì, signore! -
Il colonnello guardò gli attendenti per un'ultima volta, con soddisfazione, poi aprì la porta della cella.


XVI

La porta finalmente si aprì.
Deacon smise immediatamente la marcia forzata che da qualche minuto aveva intrapreso attraverso lo stanzino; Leiber, dalla posizione di riposo che aveva gradatamente assunto col passare del tempo, assunse un maggiore contegno; la sacerdotessa, sulla soglia, appariva d'un contegno regale che appariva a Deacon assolutamente fuori luogo, forse anche ridicolo. La sacerdotessa parlò, austera, fissando ora l'uno ora l'altro. - Cadetto Deacon, lei può anche sortire da questo luogo di detenzione e tornare nella sua dimora. -
- Avete liberato i miei amici? -
- Non ancora, ma è solo questione di tempo, degli adepti stanno portando a conclusione la missione sulla Luna, ed anzi - disse con orgoglio - degli agenti hanno già preso contatto con i suoi compagni. -
Ascoltando ciò che aveva detto, l'inutile pomposità della sacerdotessa smise di colpire Brian, che parlò, cosa rara in quei giorni, con sincerità. - Grazie, grazie di tutto. -
Indi, con occhio severo, la sacerdotessa si rivolse all'altro occupante della cella.- Adepta Leiber, seguitemi - il tono era glaciale, ma Leiber se lo aspettava - abbiamo parecchie cose di cui parlare. - Ma questo Deacon non lo sentì, poiché era già diretto a casa, a controllare le notizie provenienti dalla Luna.


XVII

Stuart entrò nella cella. Tutti e quattro gli astronauti erano già in piedi, quello più corpulento, dai capelli corti e rossicci stava fronteggiando quello più alto con i capelli lunghi. Il silenzio calò immediato. Il colonnello fissò uno ad uno i prigionieri, tre dei quali egli ed i suoi due attendenti avevano già avuto l'opportunità di conoscere sulla stazione orbitale. I marziani a loro volta li riconobbero, e Stuart se ne accorse dalle loro espressioni stupite. Infine parlò. - Bulsara Roger. -
- Sì. -
- May Frederick. -
- Eccomi. -
- Taylor Johnatan. -
- Sono io. -
- Seguitemi. -
Il secondo della Europe, sulla soglia della cella non seppe resistere a lanciare un'ultima stilla di veleno verso il capitano della Elise. - Rimani qui a gustarti il premio del tuo vice-governo, noi usciamo. -
Questa era infatti la convinzione radicata nei tre, per cui essi attraversarono tutta la serie di condotti che collegavano la cella all'aula d'udienza con una certa serenità, turbata però dal latente senso di colpa per la morte di Damon e dall'inquietante presenza dei soldati, di quei tre soldati in particolare. Era infatti una coincidenza straordinaria aver incontrato le stesse persone, che gli stavano facendo da carcerieri, anche sulla stazione orbitante, e neanche di sfuggita, May ripensò che quello Stuart era quasi venuto alle mani con John.
Frederick si soffermò su quella casualità, ed essa occupò tutta la sua mente, scacciando lo sgradevole ricordo della morte dell'equipaggio della Knight: - Aver incontrato Stuart sia lassù che qui è uno di quegli eventi - pensò - che ti fanno pensare. Ti fanno sospettare che esista realmente un Destino, un'entità che organizzi ogni azione umana, anzi, che abbia già da tempo stabilito anche il più piccolo movimento; come se si sia divertita a creare delle trame oscure e contorte, addirittura grottesche e tutto per un fine che... Ma di quale fine parlo? Immaginare delle trame complesse e poi semplicemente realizzarle secondo il Progetto, quale utilità, quale interesse può avere? Gli stessi che comporre un rompicapo di cui già si conosce il risultato finale. Il mondo, tutte le vicende umane come un enorme e complicatissimo passatempo per un dio eternamente annoiato? No, smettila Frederick! La libertà ci sta attendendo a braccia aperte, la nostra odissea è quasi finita, che senso ha pensare proprio adesso che la libertà non esiste? Se ti volevi distrarre dalla Knight hai scelto la via sbagliata.
- Solo tre persone - disse allora - per scortarci? Come mai, abbiamo perso di importanza? -
- Il colonnello sorrise, come si sorride ad un bambino che chieda l'indirizzo di Babbo Natale. - Perché, avreste forse, nella lontanissima ipotesi che tre imbelli astronauti riuscissero ad avere la meglio su tre soldati addestrati, dico, avreste forse qualche minuscola chance di riuscire a fuggire da un presidio militare in cui soggiornano non meno di cinquantamila soldati? E poi per andar dove? Non conoscete il posto, non sapete orientarvi, non avete nessuno a cui chiedere aiuto, non avete soldi ed indossate le divise dei prigionieri militari; avreste un'unica possibilità di salvezza... Ma ora non c'è tempo per parlarne, siamo arrivati. -
L'aula era presumibilmente la medesima della volta precedente. La stessa luce asettica, la stessa secchezza nell'arredamento, le stesse facce cerulee incorniciate dentro divise inappuntabili.
I tre presero posto al banco degli imputati, mentre dietro di loro rimasero in piedi i loro guardiani. Il giudice, un generale che sedeva dietro un banco posto più in alto degli altri, ebbe un parlottio sommesso con un altro generale. Al termine della discussione il giudice annuì, grattandosi pensieroso il pizzetto. Quando poi tutti furono ai propri posti, si dichiarò aperta la seduta.
- Rito abbreviato - disse Bulsara - ora legge la sentenza e poi tutti a casa. -
- ...La corte, che tuttavia ha già preso la propria decisione, prima di pronunciare il verdetto ha intenzione di prendere conoscenza anche delle conclusioni della relazione redatta dal colonnello Don Albert Stuart. - Taylor si voltò e dietro di sé vide il sorriso compiaciuto del lunare, il quale, alzandosi, disse sottovoce al mineralogo. - Non preoccupatevi, torno subito. -
Quindi si sedette al banco dei testimoni e declinò le proprie generalità, poi la parola tornò al giudice. - Qual è il soggetto della vostra relazione? -
- Una setta segreta di origine marziana, l'Ordine dei Cavalieri Teutonici Indipendenti del Gran Tempio di Marte. -
- E cosa hanno a che fare questi cavalieri con i nostri tre imputati? -
- Ci sono alcuni legami da non sottovalutare. Questa setta non è composta da gente innocua, si hanno fondati sospetti, ed i miei studi lo confermano, che proprio questi templari sono alla base dei disordini su Marte; lo stesso servizio spionistico della Luna Occidentale ha preso contatto, qui sulla Luna, con alcuni adepti a tale setta, al fine di contribuire attivamente al movimento di liberazione del Tharsis. -
- Ed ha contribuito? -
- Il già citato attentato alla sede del vice-governo di Aphrodite è frutto in parte di questa collaborazione. -
- E' sicuro di ciò che afferma? -
- Ogni mia affermazione è suffragata da una notevole quantità di prove; ed il comandante della mia brigata, il generale De Gaune, che è stato anche supervisore di tutte le mie ricerche, può confermare. -
Quindi il giudice, rivolto all'uomo con il quale aveva confabulato prima dell'inizio del processo. - Allora, conferma, generale De Gaune? -
- Ogni singola affermazione. Vorrei inoltre ricordare che il colonnello Stuart ha accesso ai documenti considerati segretissimi, e quindi è degno di fiducia. -
Bulsara rivolto verso Taylor. - Ma una persona è degna di fiducia perché ha accesso a degli archivi, oppure ha accesso agli archivi perché è degna di fiducia? -
- Io non mi fiderei di loro per principio. -
- Hai ragione. -
La parola tornò a Stuart. - L'indipendenza del Tharsis si deve dunque in gran parte a questa setta, la quale ha predisposto sul pianeta rosso una rete tale da poter scardinare in breve tempo anche le organizzazioni degli altri vice-governi; il che costituirà un grave danno per l'Europa e gli altri blocchi, e dunque un notevole vantaggio per la gloriosa alleanza nordamericana. -
- Certamente, ma questo cosa ha a che fare con i tre imputati? -
- Fino ad ora ho semplicemente dato un abbozzo della potenza di questa organizzazione segreta, per farvi rendere conto di quanto essi siano capaci di fare, affinché non venisse sottovalutata. Il legame tra gli imputati e la setta c'è ed è profondo. Senza contare che probabilmente anche questo Brian Deacon, essendo implicato nell'attentato di Aphrodite, appartiene alla setta templare; vorrei ricordare ancora una volta come i tre imputati siano dei marziani, originari del Tharsis. E' assai probabile che questi templari, i quali fra l'altro hanno il controllo del governo provvisorio del Tharsis, compiano un'azione dimostrativa: riprendersi i prigionieri marziani per affermarsi a dispetto dei poteri ufficiali. -
Bulsara a May. - Ma perché tanti discorsi, se ci devono liberare? -
- Ho un brutto presentimento. -
- Questi templari teutonici, o come diamine si chiamano... -
- Ordine dei Cavalieri Teutonici Indipendenti del Gran Tempio di Marte. -
- Sì, sì, costoro, hanno un'organizzazione forte anche sulla Luna? -
- Basti ricordare che i nostri servizi segreti non hanno dovuto arrivare fin su Marte per rintracciarli. -
- E cosa suggerirebbe di fare? -
- Io consiglierei di non correre inutili rischi tenendo i prigionieri sulla Luna; e qui terrei a sottolineare come un'azione terroristica contro il presidio, che anche fallisse il suo obiettivo, sarebbe in ogni caso ampliata ed adoperata a nostro danno dalle propagande delle altre potenze. Per tutta questa serie di considerazioni, aggiungendo anche che sulla Terra l'organizzazione templare non ha solide basi, proporrei di portare i tre imputati sul territorio del Governo Nordamericano. -
- Grazie, può andare ora. -
Quindi, tornato al proprio posto, il giudice emise la sentenza. John, Roger e Frederick avevano il fiato sospeso, perché l'intervento del colonnello Stuart aveva lasciato intravedere fosche ombre nel loro futuro.
- Tenuto conto di tutte le prove e deposizioni, non ultima l'ottima relazione del colonnello Stuart, e tenuto conto anche dell'intervento dell'imputato May Frederick, dichiaro questa corte inadatta a giudicare gli imputati. La corte delega pertanto questo gravoso compito al tribunale militare governativo del Nord America. Quindi gli imputati Bulsara Roger, May Frederick e Taylor Johnatan dovranno essere trasferiti quanto prima su territorio governativo, sulla Terra.
La corte decreta infine che come scorta dei tre imputati venga confermato il colonnello Stuart, Don Albert, di provata fiducia, ed i suoi due attendenti.
Questo è il giudizio inappellabile della corte. -


XVIII

Deacon si era affrettato a trovare un foglio-notizie. Aveva saltato immediatamente tutte le "pagine" riguardanti le notizie marziane, per cercare informazioni provenienti dal sistema Terra-Luna.
Il rilievo maggiore era dato alla guerra, che nelle ultime due settimane aveva infuriato violentemente senza più alcun argine. I bombardamenti e le devastazioni non risparmiavano nessun Paese, senza che peraltro si notasse una qualsivoglia potenza predominare sulle altre. Di fronte ad una tragedia tanto immane le altre notizie provenienti da laggiù impallidivano e scomparivano diafane dai byte dei notiziari elettronici. Brian era combattuto tra due punti di vista: da un lato credeva infatti che la fuga di tre "criminali" non avrebbe mai trovato spazio tra gli aggiornamenti delle varie carneficine, d'altra parte, però, un attentato contro una struttura della Luna, neutrale, avrebbe dovuto risaltare, per la propria originalità, al di sopra della cruenta routine terrestre. In ogni caso si rese conto che avrebbe dovuto aspettare ancora. Neanche due ore prima aveva chiesto aiuto a Leiber, e in due ore non si organizza la liberazione di chicchessia, senza contare che le comunicazioni tra la Luna e Marte erano sfalsate di trenta minuti; ma ciò non aveva importanza, Brian era determinato, ed avrebbe aspettato.


XIX

Nuovamente Roger, John e Frederick si trovavano per le vie automatiche della Luna; sempre sotto la scorta di Stuart e dei suoi due tirapiedi. Questa volta però, anche con dei bracciali di sicurezza, per completare l'umiliazione. Non passarono fortunatamente per vie trafficate, anzi, solo per strade riservate al movimento militare. Il tragitto attraverso le vie, fino al pilone e poi fino alla piattaforma, fu compiuto in silenzio. Le strade militari avevano la particolarità di non possedere pareti trasparenti, così da risultare come delle lunghe gallerie, che non davano, per chi non le conosceva, un minimo aiuto al senso dell'orientamento. I tre vennero quindi portati fino ad un condotto pressurizzato e di lì dentro alla fusoliera di una navetta spaziale. L'interno, fatta eccezione per la camera di equilibrio, era composto da un unico ambiente, lungo non più di dieci metri, con all'estremità anteriore le postazioni per il pilota ed il copilota, dietro in vece si trovavano altri sedili. I prigionieri vennero alloggiati su quei sedili ed immobilizzati, o assicurati, con delle cinture di sicurezza, che avevano la particolarità di possedere i comandi, per essere slegate, all'altro capo della nave. Nella navetta, oltre ai tre prigionieri e al terzetto di carcerieri, si trovavano anche altri due ufficiali, un pilota e rispettivo copilota. Quando entrò Stuart il pilota scattò sull'attenti.
- Capitano Laurence O'Donnel, agli ordini, signor colonnello. -
- Bando ai convenevoli, non abbiamo tempo da perdere, hai già l'autorizzazione? -
- Signorsì. -
- Allora partiamo. -
Per qualche minuto l'accelerazione fu tale che tutti i personaggi all'interno della nave rimasero immobili. Poi, raggiunta una velocità stabile, spenti i potenti reattori, la sensazione di possedere un peso li abbandonò. Stuart ed i suoi due attendenti posizionarono i propri sedili di fronte a quelli dei prigionieri. Dopo circa un'ora di volo il pilota lasciò il proprio posto e raggiunse i passeggeri.
- Il volo procede perfettamente, tra poco meno di cinque ore raggiungeremo la stazione orbitante New Orleans Due, e di lì potrete raggiungere la superficie. Mi potrebbe dire, signor colonnello, per quale motivo dobbiamo trasferire questi tre prigionieri sul Pianeta? - il capitano parlava con un sorriso modesto - vede, è stato tutto così fulmineo, a me ed al mio secondo non hanno passato che poche informazioni. -
Stuart si era sganciato e si era appressato al capitano per dargli la mano, che O'Donnel strinse con vigore. - Mi spiace veramente, ma sono notizie segretissime, che non sono autorizzato a rivelare. -
Si sentì allora un sospiro sommesso, ma nessuna voce umana lo aveva prodotto. Il volto del capitano si contrasse in una smorfia di dolore misto a sorpresa, mentre diventava di un pallore mortale. Un numero imprecisato di goccioline di sangue cominciò a correre per la cabina. Il secondo pilota, ancora ignaro di quanto era accaduto, si voltò dicendo con aria scanzonata. - Allora, cos'è questo... - Quindi un grido di orrore gli morì sulle labbra, mentre sciami di sangue raggiungevano anche i posti dei piloti. Uno dei due attendenti estrasse la propria arma di ordinanza e fece fuoco, centrando il secondo pilota in piena fronte. Gli stormi cruenti raddoppiarono, e cominciarono, lucenti e brulicanti, a scontrarsi freneticamente fra di loro, contro le pareti e contro le stesse persone.
Stuart si rivolse all'attendente con voce rabbiosa, agitando con la mano sinistra la propria arma macchiata di sangue.
- Sei impazzito? Sparare da quella distanza! E se avessi mancato il bersaglio e preso l'oblò? Ci avresti uccisi tutti! -
- Dopo otto anni di poligono - rispose glaciale l'attendente - non si manca un bersaglio a sei metri. -
- Va bene, va bene. - Disse piano, soffocando un’imprecazione, poi, rivolto all'altro attendente - Tu, libera quei tre, e tu - disse diretto al primo - vedi di tamponare la ferita del navigatore, tutto questo sangue comincia a darmi fastidio - e così dicendo si tolse la propria giacca usandola come benda, per impedire un'ulteriore fuoriuscita di quelle formicolanti goccioline scarlatte dal corpo del capitano, che galleggiava esanime.
I tre marziani, anche dopo che furono liberati dalle cinture di sicurezza, rimasero ammutoliti e paralizzati. Stuart li liberò anche dai bracciali di sicurezza, quindi, per ottenere un minimo di reazione, diede qualche schiaffo al marziano che aveva più vicino.
- Tranquillizzatevi, se avessimo voluto uccidere anche voi l'avremmo già fatto, dovete fidarvi di noi, almeno al momento. Le spiegazioni le rimanderemo a dopo, quando avremo un po' di tempo; ma adesso sbrigatevi. -
Quindi, vedendo l'esitazione dei marziani, aggiunse.
- Se volete vederla da questo punto di vista, non avete scelta. - Ed agitò ancora l'armata mano sinistra.
L'attendente che era andato a prua parlò con un leggero tremito nella voce. - Il radar la segnala! Si avvicinano. -
- Perfetto, tutto va come da programma. - E così dicendo Stuart cominciò a infilarsi la tuta spaziale.
Dopo un po', esasperato dalla lentezza dei tre civili, prima di infilarsi il casco sbraitò. - Non avete ancora capito che vi stiamo salvando, che per voi stiamo disertando? -


XX

La porta della camera di equilibrio si aprì e sei persone in tuta spaziale salirono a bordo della nave interplanetaria. Le tute erano pulite, le macchie di sangue, che d'altra parte non erano in grado di intaccare il tessuto di quelle tute, era comunque evaporato quando le sei persone erano passate da una nave all'altra, alla pressione nulla dello spazio esterno. Subito, questi sei passeggeri, senza neanche togliersi le tute spaziali, si legarono a dei sedili, per sopportare meglio l'ulteriore, terribile, accelerazione, che la nave cominciava a prendere per inserirsi su una nuova rotta che avrebbe potuto sganciarli dal vincolo gravitazionale del sistema Terra-Luna. Quando i reattori si spensero, e di conseguenza cessò l'accelerazione, i passeggeri poterono finalmente muoversi liberamente e senza peso. Si tolsero immediatamente le ingombranti tute spaziali ed i tre lunari si recarono immediatamente nella cabina di pilotaggio, una stanza a parte nella fusoliera. Stuart fu il primo a parlare, rivolto al pilota, sfoggiando un leggero accento degli altipiani marziani. - Ottimo lavoro Alex, tempismo e precisione. -
- Fedeltà ed affidabilità. - Aggiunse il pilota. - Non avremmo mai potuto lasciare tre adepti in balia dello spazio e dei governi... Ma cosa avete fatto alle tute? - Le tute da interno erano infatti rimaste macchiate di sangue. -
- Abbiamo dovuto eliminare il pilota ed il copilota dell'altra navetta. -
- Spero che non diventi un'abitudine. -
- Non preoccuparti di questo, piuttosto avete dei cambi per i nostri vestiti? -
- Certo, ci eravamo premuniti, potete utilizzare anche le docce. -
- Perfetto, grazie, le docce sono in fondo alla fusoliera? -
- Sì, senti, i tre, là dietro... -
- Quelli del Tharsis? -
- Sì, possiamo parlare con loro? -
- Certamente, ma vanno trattati con i guanti di velluto, lo desidera la Grande Sacerdotessa in persona. -
- Diamine, ma che cos'hanno di così importante? -
- Io non lo so, tu non lo sai, e finché non saranno a cospetto della Sacerdotessa è meglio che continuiamo a non saperlo, intesi? -
- Chiaro come l'Anello Solare. -
- Noi andiamo a ripulirci. -
Dopo qualche minuto il pilota andò a visitare i tre oggetti del mistero evasi dalla Luna, cominciò a parlare, intimidito dalla loro importanza: - Salve, sono il pilota di questa astronave, mi chiamo Alexander Mairc. Se volete cambiare i vostri abiti... -
- Che rotta abbiamo preso? - Lo interruppe brusco May, che aveva subito intuito al volo di poter mettere in soggezione il pilota.
- Siamo diretti verso Marte alla massima velocità. -
- Quando lo raggiungeremo? -
- Fra tre giorni. -
- Con la Europe ne avremmo impiegati quattro, è molto veloce questa nave. -
- L'adoperiamo solo per i casi di emergenza. -
- Già, e il nostro era uno di quelli, non è così? -
- Direi proprio. -
- Il colonnello Stuart ed i suoi due attendenti avevano una brillante carriera militare davanti a loro, giusto? -
- Sì, aspirava ad una promozione. -
- Per quello che mi è parso di capire, correggimi se sbaglio, era uomo di grande affidabilità negli ambienti militari... Eppure, per noi tre ha disertato, ha ucciso due uomini ed ha chiamato in causa anche te e la persona che ora è ai comandi. -
- E' così. -
- Presumibilmente nessuno di voi cinque, e neanche noi, potremo tornare sulla Luna. Non riesco a capire. Perché ha fatto tutto questo? -
- Perché lui, i suoi due attendenti, io ed il mio secondo, apparteniamo tutti all'Ordine dei Cavalieri Teutonici Indipendenti del Gran Tempio di Marte. -
Ancora loro! I Cavalieri, lo stesso gruppo su cui aveva relazionato al processo il colonnello Stuart!
- Allora il colonnello era un infiltrato? -
- Sì, un nostro asso nella manica, per casi speciali, come il vostro, non è vero Al? -
- Certo. - Rispose l'ormai ex colonnello, di ritorno dalla toeletta.
- Senti, Albert - disse allora May - posso darti del tu? -
- Fa' pure. -
- Sì... Non è stato un caso se ti abbiamo incontrato anche su Luna tre? -
- Non del tutto. Mi trovavo in licenza su Luna tre quando mi è stato comunicato che sarebbero arrivati tre traditori, non sapevo chi fossero né che aspetto avessero, sapevo solo che, in virtù del mio lavoro sulla setta, mi avrebbero affidato il compito di far loro da carceriere ad un certo turno. -
- Scusa, ma mi sfugge il senso. -
- E' una storia lunga, ve la racconterò un'altra volta, se volete. Comunque, mi stavo per imbarcare per la Luna quando per caso ho visto tre persone con le tute del vice-governo del Tharsis; poiché con la situazione politica attuale non se ne vedono tanti di marziani sul territorio lunare, ho immediatamente pensato che doveste essere voi i traditori, ho quindi provato ad entrare in contatto con loro, cioè con voi. Quel che è successo in seguito già lo sapete. -
- Ma perché - chiese Taylor - prendere contatto proprio in quel modo? -
- Come altro si sarebbe potuto comportare un soldato indottrinato vedendo dei ripugnanti ribelli? Ero ingabbiato nella parte che dovevo recitare. -
- E non ti mancherà ora questa parte? -
- Chissà, solo il tempo potrà dirlo, per ora sono solo soddisfatto di aver compiuto la mia missione di templare, perché prima viene la setta, solo dopo viene il vice-governo lunare. -
- Ad ogni modo vi siamo costati un buon contatto. -
- Abbastanza, ma se è per questo ci sono anche altri contatti, ed anche più importanti di me, ed inoltre gli infiltrati servono proprio per azioni simili a questa. -
- Ciononostante per colpa nostra avete bruciato una carta importante; non credo che abbiate fatto tutto questo solo per il "prestigio" del Tharsis, o sbaglio? -
- Non sbagli. -
- Credo che sia troppo sperare che, una volta giunti su Marte, voi ci lasciate liberi come se non fosse accaduto nulla. -
- Infatti, una volta tornati sulla terra ferma dovrete avere un colloquio con la Grande Sacerdotessa. -
- Tutto qui? -
- Tutto qui. -
- Grande Sacerdotessa... Un nome altisonante. -
- Sì, è uno dei massimi vertici. -
- E dopo questo colloquio saremo liberi? -
- Non credo che vi vogliano trattenere oltre, non è nel nostro stile. -
- Mi chiariresti un ultimo dubbio? - Chiese Taylor.
- Certo. -
- Siete stati molto prodighi di notizie, ed in cambio voi non ci avete chiesto niente, sebbene rischiate la vostra vita facendoci evadere. Tutto questo presumibilmente perché noi abbiamo delle notizie che vi interessano, come mai allora non ci avete ancora posto domande? -
- Perché nella nostra setta ogni singolo ha un preciso compito. Il compito di farvi evadere era in varia misura della gente che si trova su questa nave, il compito di chiedervi le informazioni che desideriamo non mi appartiene, ma se hai tanta voglia di svelare i tuoi misteri ne avrai occasione su Marte, davanti alla Grande Sacerdotessa -