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CAPITOLO 4
LA TORRE PENDENTE


VII

La città vecchia era la parte di Aphrodite costruita dai primi coloni, quando Marte non aveva ancora una propria atmosfera e il Grande Anello Solare non era stato ancora costruito. In quel tempo gli insediamenti umani erano rinchiusi in claustrofobiche cupole, mentre sotto di esse gli edifici si sviluppavano come potevano, cioè sfruttando tutto lo spazio disponibile, dando così vita, in superficie, a dedali di viuzze strette e contorte sui quali incombevano grandi palazzi, mentre nel sottosuolo nascevano veri e propri labirinti di gallerie, molte delle quali principalmente alla ricerca di giacimenti di minerali o ghiaccio d'acqua. Quando Marte venne vestito con un'atmosfera adatta all'uomo, quelle poche decine di cupole esistenti furono abbandonate, ma divennero il centro geometrico dello sviluppo di nuove e più spaziose città. Le cupole non vennero abbattute, anzi, furono aperte tutte le loro vie d'accesso, come si fa in una stanza dove c'è aria viziata, e furono anche considerate monumenti. Deacon, come già suo padre e suo nonno prima di lui, e come chi come lui discendeva dai coloni che avevano abitato la città vecchia, aveva passato l'infanzia giocando a nascondersi tra i suoi capannoni e le sue viuzze, sicuro che mai nessuno sarebbe stato in grado di trovarlo in quel luogo segreto, che per chiunque non avesse avuto antenati residenti all'interno delle cupole, era solo un glorioso ricordo di un'età eroica, da tenere ad ogni modo a rispettosa distanza.
Dunque Brian conosceva quei luoghi meglio di qualunque immigrato terrestre, ed il suo istinto lo aveva portato lì per nascondersi, da chi poi, non lo sapeva neanche lui.


VIII

Il sole era ancora abbastanza basso, ma l'Anello stava diventando di minuto in minuto sempre più luminoso, cosicché la giornata si preannunciava abbastanza tiepida. Erano quasi le nove, e Leiber era nei pressi dell'edificio pendente - Ok ragazzi - disse - voglio che tra mezz'ora quest'edificio sia minato, non ho tempo da perdere oggi. - Immediatamente intorno alla nera tedesca cominciò a fremere il lavoro per posizionare l'ordigno e per soddisfare le misure di sicurezza.
Era cominciata l'agonia dell'edificio.


IX

Deacon riprese conoscenza, ma non aprì gli occhi. Sicuramente, pensava, sono in una prigione, anche se chi ti inseguiva non conosceva la città vecchia, non avresti potuto sfuggire ai rilevatori di persone; sei stato uno stupido a tentare di fuggire.
Poi aprì gli occhi.
L'ambiente era ampio, non assomigliava affatto ad una prigione, aveva più l'aria di un magazzino, molto grande, in disuso. Deacon non poteva comunque dire come fosse realmente una prigione, perciò l'ipotesi sussisteva. Non c'erano finestre, le lampade del soffitto erano spente, ciononostante dei fasci di luce, provenienti da sorgenti luminose poste di fronte a lui, gli vennero proiettati contro, con l'evidente intento di rendere irriconoscibili le persone, Deacon ne contava due, che si trovavano al di là di quei proiettori.
Brian provò ad analizzare la situazione; era seduto, le gambe stese sul pavimento, la schiena poggiata, forse su una cassa. Cercò di muovere le mani dalla loro scomoda posizione dietro la schiena, ma, come sospettava, gli erano state legate. Doveva dunque considerarsi prigioniero. Muovendosi spostò leggermente la testa e sentì allora del tessuto tra i capelli ed il suo "poggiatesta". Ne dedusse di essere stato bendato mentre era privo di conoscenza. Chiunque l'avesse portato laggiù doveva averlo medicato, e non solo alla testa, perché anche gli occhi, la gola ed il petto, ora che ci faceva caso, stavano decisamente meglio. Ma come aveva fatto a finire lì e chi erano quelle persone che si lasciavano osservare solo come silhouette? Aveva visto sul serio dei poliziotti o, in ogni caso qualcuno che l'inseguiva, o era stata solo un'illusione dovuta al fumo ed alla forte perdita di sangue? Deacon provò a cercare di dare qualche risposta alle domande che affollavano il suo cervello, ma i suoi carcerieri, essendosi resi conto che egli aveva ripreso conoscenza, parlarono distogliendolo dai suoi pensieri. - Chi sei? -
Come doveva trattare con quegli sconosciuti? Lo avevano sì medicato, ma potevano anche ucciderlo, per quanto ne sapeva, se avesse detto qualcosa di errato. Decise dunque di dare risposte telegrafiche, finché non avesse capito con chi avesse a che fare.- Mi chiamo Brian Deacon -
- Marziano? - chiese un'altra voce.
- Non fare domande sciocche - disse la prima voce - hai visto anche tu come si destreggiava tra i vicoli della città vecchia. Piuttosto, che ci sei andato a fare laggiù, ridotto in quelle condizioni? -
Deacon doveva ricordarsi che quelle persone lo avevano trovato nella città vecchia. Questo, pensava, può voler dire due cose, o sono dotati di rilevatori di persone, ed allora sono poliziotti, e ti stanno interrogando, oppure sono marziani da lunga data come te, che come te conoscono la città vecchia come le proprie tasche ed allora ti trovi ancora nella città vecchia, anche se loro ne parlano come se fosse all'altro capo del Sistema, ma soprattutto, se quelle figure appartengono a dei marziani, allora ci sono seri dubbi che essi siano dei terroristi. Purtroppo non sai ancora se sono poliziotti o terroristi, perciò evita di parlare troppo e, per il momento non arrischiarti menzogne. Il ragionamento fu fulmineo e la risposta immediata - Ero... - ne sei sicuro? No, ma comunque al momento lo credevi - Inseguito. -
- Da chi? -
Non sembrano decisamente né un luogo né dei metodi da poliziotti, forse però vogliono dare quest'impressione per farti fare un passo falso, se credono che tu sia un terrorista. Questa però è paranoia. Sarà, ma meglio un paranoico vivo e libero che un ingenuo in prigione o peggio.
Comunque non ti puoi ancora permettere il lusso di mentire.
- Forze dell'ordine, credo. -
- Perché? -
- Credono che io sia un terrorista. -
- Perché? -
Già, perché? - Non lo so, ero solo presente quando è esplosa una bomba davanti alla sede del vice-governo, non so altro. - Perfetto, ti sei anche dichiarato innocente. Anche se sono terroristi non possono certo farti niente se sei capitato in questa storia per caso.
Ma essi continuavano a far domande.
- Sei fedele? -
Domanda semplice. - Sì. -
Le figure capirono immediatamente la vacuità della loro domanda e si corressero. - A chi? -
- Ai marziani. - Bravo, sei riuscito a dare una risposta allo stesso tempo chiara e sibillina.
- Quali marziani? -
Ecco venuto il momento della verità, non ti puoi più nascondere, devi rischiare e decidere da quale parte ti conviene schierarti.
- Vedete - per la prima volta azzardò, per prender tempo, un discorso più complesso - la mia famiglia è ormai qui da oltre un secolo e mezzo - questa era un'affermazione che poche persone erano in grado di fare e che conferiva grande prestigio a chi la faceva; e Deacon aveva al momento bisogno di tutto il prestigio possibile - e quindi non posso che essere fedele ai Veri marziani - e così dicendo fece ben attenzione a calcare la maiuscola su "veri" - e non ai... vice-governi. - E' andata, vediamo come la prendono.
- Hai mai avuto contatti con dei terroristi? -
Una domanda da poliziotti, il sangue nelle vene di Deacon si gelò, ma ormai aveva fatto la sua scelta di campo e non poteva cambiarla, o almeno non più di tanto.
- No. - Risposte lapidarie! Hai già fatto abbastanza danni.
- Perché? -
- E' impossibile rintracciarli. - E, se era per questo, non ci tenevi neanche.
Le figure tacquero. Una emise un leggero sospiro prima di parlare. - Questo è l'inconveniente quando si lavora sotterraneamente, anche dei patrioti rimangono all'oscuro dei nostri progetti. -
Il sangue tornò lentamente a circolare nelle sue vene, l'ultima frase pronunciata da quelle figure si poteva attribuire solamente a degli indipendentisti. Forse la domanda di poco prima aveva solo la funzione di saggiare la "fedeltà" di Deacon. Brian aveva però superato la prova e si era guadagnato un poco della loro fiducia, o almeno così credeva. Stava riflettendo sulla mossa successiva da compiere, perché non sapeva ancora dove si trovava, anche se supponeva di non aver mai lasciato la città vecchia; ma soprattutto non sapeva "quando" si trovava, e questo era molto importante, perché avrebbe voluto tornare ad esplorare la torre prima della sua demolizione, se fosse stato ancora possibile. Il primo a parlare fu comunque uno dei suoi carcerieri, Brian ne contava tre adesso.
- Tu credi ad un Marte libero? -
Cosa fanno, ricominciano l'interrogatorio?
- Sì. -
- Perché? -
Perché mai Marte doveva essere libero? A Deacon il vice-governo non era mai parso un regime opprimente, anzi, un legame con il pianeta patrio gli risultava gradito, ma al momento non contava ciò che realmente pensava. Cercò tra i discorsi che aveva già sentito.
- Perché... - ah, sì - per poter unificare il pianeta rosso senza l'intralcio dei vice-governi, e specialmente - questo sì un motivo da tenere in seria considerazione - per evitare che ci trascinino nella loro guerra. -
- No, no, no! Dicono questo gli indipendentisti, quegli smidollati che hanno creato l'arete - Smidollati! Pensò Deacon, quegli "smidollati" rappresentavano i nove decimi dell'economia dell'intero Marte, forse non erano degli eroi, ma avevano mostrato di essere determinati abbastanza da creare seri problemi ai vice-governi. Ma essi continuavano.
- ...Noi siamo un gruppo diverso. Noi siamo l'Ordine dei Cavalieri Teutonici Indipendenti del Gran Tempio di Marte... - Tempio? Di che tempio stanno vagheggiando? Non esistono templi su Marte. E cosa vuol mai dire “teutonico”? Deacon era rimasto completamente spiazzato da quella dichiarazione, non aveva infatti mai sentito nominare un gruppo con un nome simile, ma non poteva correre il rischio di distrarsi dai loro discorsi.
- ...Siamo stati noi a mettere la bomba, siamo noi ad agire realmente, siamo noi ad avere un'organizzazione estesa a tutti e quattro i pianeti, non quegli inetti. Senza di noi Marte non potrà mai essere libero... - forse tutti i torti non li avevano, pensò Deacon, potevano non avere tutte le rotelle a posto, ma possedevano la determinazione necessaria a scacciare i terrestri, anche se Deacon in ogni caso non desiderava affatto cacciare nessuno.
La voce tacque, poi, rivolta ai suoi compagni - Che vi avevo detto? Come potremo sperare di avere seguito, se anche i patrioti ignorano il nostro programma? - Poi, di nuovo verso Brian - Sicuramente sarai interessato al vero programma di noi combattenti per la libertà. -
Fare del proselitismo, il primo dovere di un settario che si rispetti. Deacon sapeva come rispondere.
- Certamente, ma sono sicuro di poterlo trovare molto più interessante con le mani slegate. - Se realmente aveva guadagnato la loro fiducia, allora dovevano dargli un minimo di libertà.
- Naturalmente. - La silhouette si avvicinò e slegò Brian, che di sfuggita poté anche vedere il volto appartenente a quella figura. Gli sembrò un viso femminile di taglio orientale; quindi, suppose, la sua voce baritonale è dovuta ad un congegno di deformazione-voce.
- Sei più comodo adesso? -
Che domanda gentile, vi serve un essere umano per esporre la vostra ideologia, vero? Fintantoché non sapete se un prigioniero sia delle vostre idee non è che una cosa. Deacon non aveva un'alta opinione di quelle figure, se dalle sue risposte non fosse dipesa la sua vita, avrebbe usato un tono certamente molto più sarcastico. Rispose invece in tono garbato. - Molto, grazie. - Deacon sbirciò l'orologio, ancora mezzogiorno, fortunatamente.
- Bene - disse la voce - conosci la storia di Marte? -
Brian si stava alzando, credeva che avrebbe avuto giramenti di testa a causa di tutto il sangue che aveva perso, ciò non accadde, i terroristi lo avevano curato veramente bene dalle ferite causate dalla loro bomba. Non gli sfuggì l'ironia della situazione, ma non fece trasparire nulla. Una volta in piedi provò a camminare, ma un cenno di una di quelle figure gli fece intendere che avrebbe dovuto rimanere sul posto, allora si sedette su quella che si era rivelata la cassa alla quale era rimasto appoggiato fino a poco prima, indi Deacon rispose alla domanda. - Sì, la conosco abbastanza bene. - Certo, non conosceva la storia come John, ma comunque se la cavava.
Saprai dunque che circa tre milioni di anni fa qui le condizioni climatiche erano completamente diverse. -
L'avevano presa piuttosto alla larga, la loro spiegazione, ma conveniva assecondarli.
- Certo, era ancora il periodo uno, e se non sbaglio era verso la fine. - Quella non era neanche storia, era archeologia.
- Giusto. Tutti sanno, ed è ormai stato appurato scientificamente, che qui c'erano delle forme di vita, tuttavia, appunto tre milioni di anni fa, qualcosa cambiò radicalmente il clima da un Marte abitabile in quello che è stato fino a qualche secolo fa, probabilmente a causa di un asteroide in orbita anomala, lo stesso asteroide che ha poi formato come cratere da impatto la Hellas planitia, quello che oggi chiamiamo il mare di Ella; alcuni frammenti derivanti da quell'impatto sono giunti fin sulla Terra e sono stati scoperti fin dalla fine del ventesimo secolo. Ma quello che più importa è che in nostro possesso abbiamo la prova definitiva, naturalmente tenuta nascosta, che Marte ospitava forme di vita intelligenti... - Mancava solamente questo, Brian avrebbe voluto scuotere il capo rassegnato. L'argomento era già stato dibattuto dal fior fiore dei ricercatori fino a qualche decennio prima, il risultato era stato che con certezza fino a tre milioni di anni prima c'era stata acqua allo stato liquido sul pianeta rosso, ma non esistevano prove definitive neppure dell'esistenza di un singolo microbo originario di Marte, figurarsi di un essere intelligente. Le figure continuavano ad esporre la loro tesi sconnessa. - ...Come spiegarsi altrimenti la lunga serie di missioni esplorative già al cambio di millennio, dirette qui su questo pianeta e conclusesi in fallimenti, come il Mars 1, il Mariner 3, la sonda Zond 2 o il più famoso Mars Observer? La verità è che i governi terrestri, e i vice-governi sanno, hanno sempre saputo, ma non vogliono rendere nota nessuna delle loro scoperte, ed anzi vogliono tenere tutto nascosto. Per questo hanno detto alla popolazione civile che quelle sonde, che in realtà avevano scoperto tracce degli antichi abitanti di Marte, erano state disperse. Ma quello fu solo il primo passo di una gigantesca opera di oscurantismo, volta a farci credere che nel Sistema Solare non siano esistite altre forme di vita intelligente oltre quella umana. -
Deacon provò a mostrarsi interessato. - E come fanno? -
- Semplice, mettendo in ridicolo chi sostiene la nostra tesi, oppure imponendo vincoli di vario genere, anche militari, dove si sospetta che ci siano dei fossili o delle rovine marziane, o ancora, se qualche civile entra per caso in possesso di uno di questi terreni, viene, se necessario, fatto sparire. -
- Come è accaduto - disse un'altra voce - per Simâck. -
Brian fu colpito ed in qualche modo divertito da quella "scottante" rivelazione; Simâck, il minatore suicida, fatto in realtà sparire perché proprietario di fossili marziani . - Sicché, pensò, sul, anzi, sotto il mio terreno ci sarebbero rovine marziane? Perché allora il terreno ce l'ha ancora un civile? Deacon intervenne ancora, nascondendo questa volta a stento un tono sarcastico nelle sue parole.
- E perché mai dovrebbero nascondere tutto questo? Sarebbe una grande scoperta. -
- Perché - risposero - qualche governo ha scoperto di sicuro qualche cosa di terribile, che non può essere condiviso con gli altri, qualcosa che di sicuro può dare denaro e potere senza precedenti, qualcosa che può risolvere la crisi terrestre in maniera definitiva a vantaggio del governo che la possiede; per questo tutti i vice-governi sono alla ricerca segreta di ruderi sui propri territori, coll'unico accordo comune di non lasciar trapelare nessun'informazione, e per questo non basterà una moneta fasulla per scacciarli via, e quindi siamo intervenuti noi... - Certo, quattro pazzi che farfugliano di complotti interplanetari atti a nascondere la più favolosa scoperta della storia umana. Sarebbero dunque loro i salvatori del pianeta rosso! Deacon provò quasi pena per quei rivoluzionari. Ma essi continuavano, ormai senza più alcun freno, e valeva la pena non perdersi i loro voli pindarici. - ...Però da quando è cominciata la crisi sulla Terra arrivano meno fondi, e la sorveglianza si è attenuata. Le labili alleanze dei vice-governi sono crollate come castelli di carte, se prima c'era un flebile scambio segreto di informazioni, ora ogni potenza vuole tutto per sé e cerca di sottrarre le informazioni alle altre, tutto questo senza che l'uomo comune possa accorgersi di ciò che realmente accade, questa "archeologia sommersa" è da almeno dieci anni nel caos più totale; e noi, proprio grazie a questo stato di confusione, siamo riusciti a ricavare le nostre prove segrete. La situazione però continua a peggiorare, per loro, naturalmente; non mi stupirei se qualche civile avesse sotto la propria casa delle rovine antiche senza sospettarlo minimamente. In questa situazione ci siamo inseriti noi e abbiamo colpito duramente il vice-governo della nostra regione. -
- Infatti - intervenne un'altra silhouette, vicina ad un foglio elettronico. - leggo qui che le vittime dell'attentato sono salite ad ottantacinque. -
- Merito delle cariche direzionali. -
Cariche direzionali? questo voleva forse dire che... ma non c'era tempo per divagare col pensiero, una figura gli si avvicinò e parlò. - Ti chiederai come sia collegata l'esistenza dei Marziani, tre milioni di anni fa, all'indipendenza dalla Terra, te lo spiego subito. Vedi, oggi i discendenti di quell'antica stirpe di cui oggi si sa così poco, è un fatto innegabile, sono coloro che hanno mangiato il cibo cresciuto sulla loro stessa terra, coloro che sono cresciuti sotto il medesimo cielo, in poche parole, siamo noi. Certo, non geneticamente, solo. - Trasparì una nota di tristezza prima che ricominciasse con più slancio. - Moralmente, ma i loro discendenti siamo noi, che da svariate generazioni calpestiamo questa polvere rossastra, noi che... - Sicché Deacon scoprì che non solo possedeva dei ruderi alieni sotto il suo terreno, ma che egli stesso era un loro discendente. Avrebbe forse riso loro in faccia, ma il timore per la propria vita e il disgusto per l'attentato da loro compiuto, che per la prima volta lo colpiva con la fredda crudeltà del distante numero delle vittime, gli avevano tolto ogni spirito ironico. Deacon cominciò a pensare a come potersi liberare di quella compagnia che cominciava a rivelarsi troppo pesante.


X

Brian si trovava di nuovo a tu per tu con la torre.
Infine quei pazzoidi dovevano essersi stancati del loro giocattolo, oppure semplicemente si erano convinti di averlo convertito, cosicché lo avevano liberato, dopo naturalmente essersi assicurati che il loro ospite non avrebbe più potuto trovare il luogo di quella "riunione". Paradossalmente non avevano neanche fatto nulla per rendersi rintracciabili, fortunatamente, perché Deacon sperava di non dover avere più nulla a che fare con quella gente.
Tutto ciò però non contava, perché in quel momento c'era solo Brian, e la torre. E gli operai di Leiber, già, Leiber, l'unica - aveva detto così, no? - a possedere le cariche direzionali, in quella zona. Gli operai stavano lavorando però solo sul terreno circostante alla costruzione per soddisfare le norme di sicurezza. All'interno non si trovava quindi nessuno. Egli entrò nella torre, attraversò l'ampio salone centrale, passò accanto all'ordigno, una sfera di non più trenta centimetri di diametro con una scanalatura orizzontale a mo' di equatore posta su una sorta di piedistallo di non più di un metro, se lo lasciò alle spalle e andò alla ricerca del corridoio con le pareti dritte. La ricerca si dimostrò più complicata del previsto, perché, al di là dell'ampio atrio che occupava l'edificio fino al suo centro, la struttura diventava quasi labirintica. Deacon si rese dunque conto di quanto fosse stato fortunato a trovare quel corridoio e di quanto era stato abile il muratore a nascondere quel passaggio.
Nascondere? No, perché qualcuno avrebbe dovuto nascondere quel passaggio volontariamente? Deacon non doveva cominciare a pensare come quei pazzoidi, per i quali le certezze si venavano di oscuri misteri e diabolici complotti, mentre le indeterminazioni si trasformavano in dogmi indiscutibili. Tuttavia da quando era stato liberato, delle strane connessioni avevano cominciato a ronzare dentro il suo cervello, specialmente il fatto che i suoi guai erano cominciati dopo l'acquisto di quel terreno, ed anzi erano iniziati nel momento esatto in cui erano terminati quelli del precedente proprietario - guarda caso - un altro commerciante d’acqua. Prima quei fantomatici zii, poi la bomba, che quasi non lo uccideva, gli "zii" che uscivano dalla sede del vice-governo, come se fossero dei suoi dipendenti, ed oltre a tutto, uno di questi che lo accusava di essere un terrorista, cosa palesemente falsa, perché in quel momento Deacon era visibilmente una vittima. Pensò che forse non avrebbe dovuto mai scappare, per chiarire ogni cosa immediatamente. - Beh - si consolò a voce alta - quel che è fatto è fatto, inutile piangerci sopra. - Tanto più - pensò - che ho trovato il corridoio che cercavo.


XI

Questa volta Deacon aveva con sé una luce portatile, quindi poté cominciare a scendere attraverso quel corridoio.
Ben presto i muri spogli lasciarono posto a pareti intagliate nella roccia, mentre Deacon poggiava i piedi su una disadorna scala metallica. Brian continuò a scendere, a volte la discesa cambiava di direzione e pendenza, in modo tale da nascondere progressivamente alla vista l'entrata. Dopo esser sceso per quelli che giudicava dovessero essere una dozzina di metri, si accorse che le pareti non erano più intagliate, ma solo sgrossate. Più in là la galleria artificiale sboccò lateralmente ad una grotta naturale, abbastanza regolare, a sezione praticamente circolare, alta circa sei o sette metri. Deacon stimò che doveva trovarsi ad una profondità di circa trenta metri, e pensò che forse l'instabilità del terreno era dovuta ad una serie di grotte simili a quella dove si trovava lui al momento. Restava comunque il fatto che il terreno era stato dichiarato edificabile, e dalle analisi non era risultata l'esistenza di grotte abbastanza grandi da poter rendere instabile il terreno. Un bel rompicapo, ma al momento ciò non contava. Deacon aveva fretta, erano ormai le due e mezzo del pomeriggio, e tra non più di un'ora avrebbe dovuto andarsene dalla torre. Inoltre, a pensarci bene, il rompicapo forse non era neanche un vero mistero; forse Simâck aveva semplicemente pagato qualche bustarella affinché il terreno risultasse edificabile, senza curarsi poi delle conseguenze, che infine si erano poi vendicate riducendolo sul lastrico.
Mentre proseguiva nell'esplorazione di quell'ambiente, Deacon pensò a come in realtà fosse ogni uomo a costruirsi il proprio destino, senza aiuti esterni; se infatti gli avvenimenti si erano svolti come credeva, il signor Simâck non avrebbe dovuto rimproverare che sé stesso.
La grotta procedeva verso destra e verso sinistra. Il moncone di destra proseguiva in salita rivelandosi ben presto ostruito da un'antica frana. Dall'altra parte la grotta scendeva e si rivelò anch'essa ostruita da dei massi, c'era però un piccolo corridoio intagliato anch'esso tra le rocce. Volendo vedere cosa mai avesse spinto il precedente proprietario a scendere fin laggiù, Deacon imboccò il passaggio. Esso era corto e terminava in una camera di circa venti metri quadri. Su una parete si trovava uno schermo. Su un'altra Deacon vide una cosa che non avrebbe dovuto trovarsi lì su Marte: una porta ermetica scorrevole con i bordi dipinti a strisce oblique gialle e nere, a fianco una sorta di gemma incastonata nella parete, e subito al di sotto una piastra con un interruttore luminoso rosso ed uno verde. Il rosso era acceso. Acceso? Era dunque allacciato a qualche rete energetica? Ma la domanda vera era un'altra.
Deacon era stato varie volte a bordo della Europe ed era sicuro di non sbagliarsi. Perché mai lì su Marte, a più di trenta metri di profondità, si trovava la porta di accesso ad una camera d'equilibrio?


XII

Passato il primo momento di sgomento Brian tentò di razionalizzare, probabilmente al di là della camera di equilibrio, sempre che non fosse solo una facciata, si trovava il proseguimento di quella grotta, che verosimilmente era rimasto sigillato nei millenni, così che quando Marte aveva acquistato, grazie all'uomo, un'atmosfera densa, all'interno di quel cunicolo era rimasta l'atmosfera del periodo due.
Ripensò a come gli studiosi avevano suddiviso la storia di Marte. C'era prima il periodo uno, terminato tre milioni di anni prima con il meteorite che aveva creato il mare di Ella. Si sapeva pochissimo di quel periodo, tanto che veniva chiamato "periodo bianco". Subito dopo c'era il periodo due, o "periodo rosso" - solo i romantici usavano i colori per definire i periodi -. Quel periodo andava dai tre milioni di anni prima alla costruzione dell'Anello Solare, quando effettivamente Marte era il "Pianeta Rosso". Infine c'era l'ultimo periodo, il terzo, soprannominato verde in riferimento alla vita terrestre che aveva conquistato quel difficile ambiente.
Quindi, ripensò, al di là della camera d'equilibrio c'era allora dell'atmosfera del secondo periodo.
Quanto poi all'energia, probabilmente essa era fornita da una piccola centralina autosufficiente, magari lì in quella stanza si trovava anche la presa per la ricarica, ed infatti era lì, proprio sotto la piastra con gli interruttori. Piano piano, senza ricorrere a complotti mirabolanti, Brian stava trovando le risposte che cercava. Rimaneva però un'altra questione, ancora irrisolta. Perché il vecchio proprietario era arrivato fin là? Proseguire non era consigliabile senza una tuta spaziale, e certo Brian non ne portava mai con sé, dovette quindi rinunciare a visitare il resto della grotta.
La curiosità però era troppo forte, quindi decise che avrebbe rispedito, con molto garbo, Leiber a casa prima che questa avesse potuto portare a termine il proprio lavoro. In ogni caso voleva prendersi la chiave, quanto meno per ricordo, come simbolo di tutte le pazzie che gli erano capitate in quei giorni. Quando provò a estrarre la chiave si accese lo schermo ed apparve una domanda.
- Dove è nata l'intelligenza? -
Strano, il computer chiedeva anche una parola d'ordine.
La risposta più naturale sarebbe stata "Terra", ma chi lo diceva che la risposta a quella domanda dovesse essere dettata dalla ragione? La risposta che Deacon era chiamato a dare altro non era il codice che avrebbe reso di nuovo utilizzabile la chiave. La soluzione al quesito poteva essere una combinazione qualsiasi di lettere o numeri, una frase senza senso tipo "L'ornitorinco carnivoro del Turkmenistan", e quel che era peggio era il fatto che probabilmente Deacon aveva solo un numero limitato di risposte da dare, dopo di che il sistema sarebbe stato bloccato per sempre, e lui non sarebbe più potuto passare neanche con la chiave.
Come rispondere?
Beh, si disse che dopo tutto poteva continuare benissimo a vivere anche senza quella chiave, così diede la risposta "Terra" senza starci troppo a pensare. La chiave scivolò dalla sua sede dolcemente. Giusto, pensò tra sé, dopotutto il buonsenso alla fine non poteva che trionfare, anche se in una camera di equilibrio sprofondata nelle viscere della terra sotto una torre pendente fatta costruire da un minatore mezzo pazzo. Lo schermo a quel punto gli chiese se volesse cambiare parola d'ordine, lui la cambiò e stabilì anche il numero di tentativi possibili. Poi provò a curiosare dentro la memoria di quello schermo. Apparve il volto di un uomo, Brian fece partire la registrazione, vide ed ascoltò.


XIII

Nella sua seconda vettura, come anche in quella vecchia, andata distrutta nell'attentato, Deacon aveva le apparecchiature necessarie, per la verità assai poco ingombranti, per poter lanciare messaggi ai suoi amici sulla Europe.
Al momento era intenzionato ad utilizzarli. Il sudore freddo scorreva sul suo volto e le mani tremavano leggermente, avrebbe certamente dovuto prendere dei calmanti, ma più tardi, al momento non c'era tempo.
Selezionò un canale protetto e parlò. - Fred, Roger, John. Non vi posso spiegare, ma datemi retta. Voi, noi, siamo tutti in pericolo di vita, i vice-governi, o almeno qualche loro servizio deviato, insomma qualcuno di loro ha deciso di annullarci, vogliono nascondere la Verità, al momento non posso dirvi di più, credo che anche così ci possano intercettare. Solo, un'altra cosa. Quando, spero quanto prima, sarete qui su Marte ed io potrò esporvi questa verità, dovrete portare con voi quattro tute spaziali. -