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CAPITOLO 3
NELLA NUVOLA DI PIETRA

I

L'atmosfera a bordo dalla Europe, con la ricezione del messaggio dagli asteroidi, si era fatta sin da subito tesa. Ricevere un S.O.S. era, nello spazio, già di per sé una crisi difficile da risolvere, ma quella richiesta di aiuto proveniva addirittura dalla cintura di asteroidi, la zona più pericolosa del Sistema Solare.
Bulsara aveva accusato il colpo, ma May, in quanto capitano, non poteva permettersi il lusso di fare altrettanto.
Nell'animo del capitano infuriava una tempesta. Apprensione, paura, rabbia si alternavano in rapida successione, confondendosi l’una nell’altra in una miriade di sfumature; Frederick non poteva però permettere al calderone che era la sua anima di esplodere, almeno per il momento.
Per risolvere la crisi era necessario mantenere la mente lucida, e May lo sapeva, così come sapeva che né lui né gli altri compagni della flottiglia di cisterne potevano fallire.
Al di fuori di queste tempeste emotive era Taylor. Egli era semplicemente preoccupato per il destino dei naufraghi e, forse con una punta di cinismo, curioso per quella situazione di cui egli - lo sapeva benissimo - non poteva avere nessuna esperienza.
Fu May a rompere la pesante cappa di silenzio nella plancia chiedendo in direzione di Roger, con voce bassa, ferma - Sappiamo quanti sono i dispersi? -
- No, non abbiamo niente, nessuna notizia - Bulsara guardò l'espressione stupita del capitano e continuò - sì lo so che è incredibile, ma ci hanno trasmesso solo il segnale d'aiuto, persino la loro posizione è stata ricavata con metodi indiretti. - Il secondo si abbandonò sconsolato sullo schienale del seggiolino. Le navi, seguendo la loro rotta, stavano ancora accelerando, fornendo l’interno degli scafi di una gravità fittizia.
- Sarà meglio chiamare Heinlein - il rapporto di Bulsara, così scarno di notizie, aveva irritato May - visto che per intercettare i naufraghi dovremo cambiare rotta. -


II

Il volto di Robert, quando apparve sull'intercom, non recava traccia alcuna del tradizionale buon umore ed anzi lasciava trasparire la grande tensione che il capitano della Elise stava provando.
- Ciao Brian, avete anche voi... - Heinlein lasciò in sospeso le parole per una frazione di secondo, guardando i volti dell'equipaggio della Europe, il tono interrogativo dell'ammiraglio si sparse per la plancia, correndo verso l'oblio - Sì, vedo che avete ricevuto anche voi il messaggio. -
- Certo - la tensione stava sconfinando nella scortesia - ma non sappiamo chi ce lo abbia mandato. -
- Neanche da noi si sa niente - Robert non aveva ignorato il tono acido di May - ciò non toglie che noi dobbiamo salvare i naufraghi, ammesso che ci sia ancora qualche superstite al nostro arrivo. -
Questa volta intervenne Bulsara, con un tono più conciliante, per calmare gli animi - Potremmo chiedere informazioni alle capitanerie terrestri per sapere quali navi hanno percorso rotte che le potevano portare laggiù. -
- Ho già mandato la risposta all'S.O.S. verso la nave e il messaggio informativo verso la Terra, tuttavia avevo pensato anch'io alla tua proposta, ma ho fatto alcuni calcoli, come dovreste fare anche voi di tanto in tanto - Roger lasciò cadere la provocazione e Robert continuò - se anche avessi mandato quel messaggio sulla Terra, tra il tempo che impiega il messaggio per raggiungere il Pianeta e ritorno, e calcolato anche il tempo necessario per gli accertamenti, non avremmo potuto ottenere una risposta prima di otto ore da adesso. -
Ci fu un breve colloquio fatto solo di sguardi tra i piloti della Europe, poi May abbandonò il suo atteggiamento di sfida, comprendendo che era solo dannoso per la missione.
- Al contrario - disse May - cambiando rotta nei prossimi minuti, dovremmo raggiungere il relitto tra circa sette ore, giusto? -
- Sette ore e mezzo, sì. -
- Una coincidenza perfetta. - Disse il capitano della Europe con un sorriso amaro a mezza bocca.
- Sulle altre navi che cosa sanno? - chiese Roger.
- Sono nella nostra stessa condizione, aspettano solo i dati della nuova rotta. -
- Sono già pronti? -
- Sì. -
- Va bene, trasmetti. -
Sperando che fare domande di carattere tecnico potesse stemperare gli animi, Taylor chiese di che cosa stessero parlando.
- La risposta ad un S.O.S. - chiarì May - la inviano i soccorritori verso la nave dispersa, per avvertire i naufraghi che qualcuno ha ricevuto la loro richiesta d'aiuto - nel rispondere alla domanda di John, Frederick si concentrava più sui regolamenti e le procedure, tralasciando la stizza e la rabbia. Il geologo trasse un sospiro di sollievo - Dopo che i naufraghi hanno ricevuto la risposta, allora l'S.O.S., che già avrebbe dovuto dare informazioni come il numero di superstiti o di matricola della nave, dovrebbe lasciare posto ad un radio-faro che segnali la posizione dei naufraghi.
Questa richiesta d'aiuto però non ci ha dato le informazioni di cui ti dicevo - il tono si era fatto pensoso - e ciò è abbastanza insolito. -
- Quanto poi al messaggio informativo, - continuò il secondo - lo manda il soccorritore verso la Terra, sia per avvertire le autorità della crisi in atto sia perché, nel caso in cui anche i soccorritori subissero gravi danni, si possano inviare aiuti anche per essi. -
- E capita spesso che gli stessi aiuti diventino naufraghi? -
- Fin troppo. -
- Corriamo dei rischi seri? -
- Mi piacerebbe dirti che tutto andrà per il meglio, ma non ne possiamo essere sicuri. Esistono mille variabili. Anche se non fossero nella zona degli asteroidi, chi sa che tipo di avaria hanno avuto? Potrebbe essere qualcosa di poco conto, come un guasto al computer navigatore, ma quest’ipotesi io la scarterei, è più probabile che il danno sia qualcosa di più serio. -
- Del tipo? -
- Ho paura - Disse May - che possano aver subito danni al reattore nucleare, il che potrebbe portare da un lato a grosse perdite radioattive, che come minimo inquinerebbero la nostra acqua, senza contare che metterebbero in serio pericolo le vite dei superstiti.
Il vero pericolo è però un altro. Se sono stati danneggiati i sistemi energetici la nave corre seriamente il rischio di saltare in aria, e noi con lei. -
- Non credi di essere un po’ troppo pessimista? Queste navi avranno pure dei sistemi di sicurezza. -
- Appunto. Proprio grazie ai sistemi di sicurezza sono pessimista. Sono tanto efficienti che nel momento in cui una nave lancia un S.O.S. la situazione deve essere per forza di cose molto grave. -
Taylor avrebbe dovuto essere soddisfatto, con le sue domande aveva distratto gli animi da una tempesta che già si avvertiva nell'aria, ma una volta avute le risposte, aveva desiderato di non aver mai parlato.


III

Le navi presero nuovi assetti nello spazio e i reattori diedero una nuova, colossale, spinta in una nuova direzione. I vascelli presero nuova vita e si diressero verso quella zona di spazio che con la rotta primitiva avrebbero evitato così accuratamente.
All'interno degli scafi era cominciata l'attesa.
Taylor specialmente, a bordo della Europe, era fremente, sapeva di essere in un campo che per gli esperti era pieno di incertezze, e lui che esperto non era, navigava nel buio più assoluto. Avrebbe voluto aiutare i suoi amici, o quanto meno tempestarli di domande, per cercare in qualche risposta la sicurezza che i naufraghi fossero ancora sani e salvi, tuttavia esitava; devo - pensava - rimanere dietro le quinte - quasi come se la sua stessa presenza potesse legare i movimenti dei piloti o, peggio, pregiudicare il risultato stesso dell'operazione. Tutta questa serie di considerazioni aveva portato il geologo ad isolarsi dagli altri, come se fosse stato un peso morto.
Sette ore e mezza sembravano eterne. Anzi, i singoli minuti sembravano non voler mai trascorrere, e la solitudine in cui John si era ritirato gli sembrò durare anni, fin quando, con sua grandissima sorpresa, Roger lo chiamò, tramite l’intercom, in plancia.


IV

Entrando in plancia Taylor vide Bulsara ai comandi della radio e May al telescopio ottico, era evidente che stavano cercando tracce del relitto.
Al momento non c’era gravità nella plancia, i due piloti si erano assicurati ai rispettivi seggiolini con le apposite cinghie, mentre Taylor si trovava in caduta libera.
L'aria sembrava calma, ma era quell'innaturale immobilità opprimente che precede sempre una tempesta.
I nervi dei due piloti erano tesi allo spasimo ed era solo questione di secondi prima che o May o Bulsara sfogassero le loro ansie in maniera distruttiva.
Il primo atto che diede origine alla bufera lo compì May che, al di là di tutte le sue buone intenzioni di rimanere calmo e lucido, stava obiettivamente subendo uno stress superiore a quanto ne avrebbe potuto sopportare. Il capitano si allontanò con uno scatto rabbioso dal telescopio. Una persona non abituata all'assenza di peso si sarebbe schiantata sulla parete opposta, fratturandosi probabilmente qualche costola, ma grazie all'addestramento che gli astronauti praticavano all'accademia, May fu in grado di aggrapparsi ad una delle numerose maniglie di sicurezza con un rapido ed agile movimento.
Taylor pensò subito a qualche domanda da fare, per trascinare nuovamente un discorso su argomenti tecnici e freddi , ma fu Frederick il primo a parlare, la voce incrinata dalla rabbia - No, non è possibile! E' solo a venticinque milioni di chilometri e non si vede ancora un accidenti di niente! -
Bulsara non era dell'umore più adatto per lasciare sfogare il compagno, gli si rivolse quindi in tono acido, sganciandosi dalle cinghie per potersi muovere liberamente - Forse non è il telescopio a non andare, ma chi lo usa. -
- Non mi sembra che tu sia riuscito a fare di meglio. -
- Cosa credi che possa fare con il radar nel bel mezzo di un campo d'asteroidi? -
Ora i due piloti si fronteggiavano in maniera terribile.
Taylor aveva capito subito che quello non era il momento di fare stupide domande, così, facendo leva con le sue gambe contro una parete, aveva spiccato un balzo attraverso la sala fino a dove erano i due contendenti. In maniera un po' goffa anche se efficace si era aggrappato ad una maniglia di sicurezza, invidiando come non mai l'addestramento dei piloti spaziali; nonostante ciò era riuscito nel suo intento, era giunto infatti a pochi centimetri dai due contendenti, i quali lo avevano ignorato. Taylor allora si mosse con una rapidità fulminea, che stupì persino lui. Bulsara aveva appena finito di parlare che Taylor con un braccio prese la sua maglia mentre con l'altra mano prese allo stesso modo l'altro contendente, poi, di forza, allargò le braccia separando così i due rivali, badando bene a non lasciare la presa per evitare di scagliarli senza peso contro le pareti della plancia. I tre rimasero sospesi, a pochi centimetri dalla parete cui fino ad un secondo prima erano appoggiati. Roger, fiducioso nella propria forza fisica, certamente superiore a quella dei suoi due compagni, guardò alternativamente negli occhi le sue due prede, entrambe così stupefatte da quell'evento inaspettato da non tentare nessuna reazione - Cosa credete di fare voi due? Là fuori c'è della gente che probabilmente sta morendo, credete di poterli aiutare ammazzandovi a vicenda anche voi? - poi, mitigando la sua espressione con un sorriso un po' forzato, e allentando leggermente la presa sui loro indumenti.
- E io dopo come faccio a tornare a casa se non so guidare questo coso? - E provò in maniera impacciata a dare un calcio contro la parete a lui più vicina.
- Hai ragione - la tensione di pochi secondi prima si stava rapidamente sciogliendo, ora anche May sorrideva, anche se un po' forzatamente - hai proprio ragione, ho perso il controllo, scusatemi. -
- Su, adesso datevi la mano, non è successo niente. -
E mentre anche Taylor si rilassava vedendo come si ricomponeva quella frattura non poté fare a meno di chiedersi se Roger, chiamandolo in plancia, non lo avesse fatto perché capiva che il geologo era l'unico sulla Europe con l'animo abbastanza lucido da evitare quella tempesta che già era nell'aria.


V

Il tempo, sebbene lentamente, passava.
Le navi erano finalmente entrate nel campo d'asteroidi e il relitto, dapprima invisibile, poi solo un puntino al telescopio, ora aveva anche elargito alcuni dei suoi tratti.
Quando si osserva qualche oggetto nello spazio, non esistono ombra, penombra e semioscurità. Così, come quando osserviamo la Luna dalla Terra, solo le parti colpite dalla luce solare sono visibili, le altre non solo sono invisibili, ma sono parte integrante del cielo notturno.
Il relitto era diventato visibile, ma solo per piccoli tratti, e nonostante ciò era chiaro che quella nave era ridotta a poco più di un rottame.
May portò l'immagine che aveva ottenuto al telescopio su uno schermo più grande in modo da potere esser vista da tutti comodamente.
- Questo è tutto quello che sono riuscito ad ottenere, non è molto, lo so, ma tra un'ora, quando avremo raggiunto il relitto, ne sapremo di più. -
La voce del capitano era più calma. L'incidente di due ore prima era stato sepolto da una pesante coltre di secondi e non avrebbe più avuto la forza di riemergere. In quei sette anni non era stato certo il primo, e neppure il più violento, e certamente non sarebbe stato l’ultimo, ma come tutti gli altri durava lo spazio di una sfuriata, senza fossero mai lasciati degli strascichi.
- Mi sembra che ci sia qualcosa di strano. -
- Che cosa, Roger? -
- Non so, ma c'è qualcosa che non mi convince, forse è solo un'impressione. -
Ci fu un breve silenzio interrotto da Taylor - Che cosa credete che sia successo? -
- Mah, da qui sembra ci sia stata una collisione con qualche asteroide, il che in questa zona non mi sembra poi tanto assurdo - detto ciò May fece un cenno per ottenere un attimo di silenzio e subito si sentirono una serie di colpi provenienti dall'ossatura della nave, come se fuori piovesse o grandinasse. Erano gli asteroidi più piccoli che urtavano la Europe usandola come se fosse una campana.
- Sai John - Bulsara continuò il discorso di May - Oggi quasi tutti gli asteroidi di grandi dimensioni sono stati studiati e catalogati, e le loro orbite sono tutte nei computer di bordo di una qualsiasi nave spaziale, i radar sono in grado di captare da distanze considerevoli oggetti di anche mezzo metro, inoltre lo spazio è veramente molto vasto, quindi essere colpiti da un asteroide, statisticamente parlando, anche passando attraverso tutta la fascia decine di volte, non è poi tanto semplice come possa a prima vista sembrare. Le navi spaziali poi oggigiorno sono ricche di accorgimenti per far sì che un urto accidentale contro un asteroide non abbia gravi conseguenze; i colpi che senti sono provocati da frammenti microscopici, poco più che polvere. Paradossalmente, l’asteroide che può aver colpito quella nave, potrebbe essere stato nient’altro che un ciottolo, tanto piccolo da sfuggire fino alla fine ai loro radar. -
- Cosa intendi dire? Possibile che un ciottolo possa creare tutti quei danni? -
- Considera la velocità a cui viaggiano le navi spaziali. Un frammento della massa di un grammo, urtato alla velocità di mille e cinquecento chilometri al secondo, che tra parentesi è la nostra velocità media, ha la stessa energia di un proiettile da una tonnellata lanciato alla velocità di più di cinquanta chilometri orari. L’asteroide che li ha colpiti potrebbe essere stato un frammento di ferro grande anche come un pugno, cioè un niente, e pesare quindi, che so, un paio di chili, e se quell’astronave viaggiava a pieno regime, ti puoi immaginare la violenza dell’impatto. -
- E noi rischiamo di incontrare un altro asteroide come quello? -
- Per la statistica il rischio è quasi zero, ma come vedi c’è sempre una piccola probabilità. Per questo le rotte commerciali evitano sempre di passarvi attraverso, sarebbe un pericolo, piccolo ma inutile.
Come vedi, nei pressi del relitto c'è un asteroide di circa cento chilometri, ma non è pericoloso, anzi, ci fa addirittura da scudo. Inoltre questa zona dovrebbe essere sprovvista di frammenti pericolosi.
I piloti di quella nave sono stati molto sfortunati, oltre che dei grandissimi incoscienti. -
- Credi che ci siano dei superstiti? -
- E' abbastanza improbabile, vedi quello squarcio nel loro scafo? L'asteroide che li ha colpiti dovrebbe aver penetrato la chiglia in quel punto, guarda, ha quasi tagliato in due la nave, ma nonostante tutto la nave non è esplosa. E' questo Roger che ti lasciava perplesso? -
- Già, questo è un fatto strano, ma non è quello che mi turba, non so, è un elemento indefinibile. -
- Tra meno di un'ora avremo intercettato il relitto, allora lo potrai esaminare con comodo, nel frattempo cerca ancora una risposta alla radio. -
- Qui non risponde nessuno, e non mi sorprende, le comunicazioni radio all'interno di questa zona sono quasi impossibili. Te l'ho detto, l'S.O.S. è stato captato quasi per miracolo. -
- Comunque, ti dicevo John, l'asteroide deve essere entrato in quel punto causando una decompressione esplosiva... -
- Ecco che cos'era! - Urlò a quel punto Bulsara, nuovamente pieno di energie come era prima dell'S.O.S. - Non c'è la nube di detriti! -
- Che cos'è la nube di detriti? - azzardò Taylor, ma ora il secondo pilota era preso dall'eccitazione e non si accorse della domanda del geologo.
- Freddy, ma come hai fatto a non ricordartene subito, ti sei dimenticato l'accademia? -
- La nube... certo, sì, ma sono passate ormai sei ore almeno dall'impatto. -
- Non bastano per disperderla, e poi stai al telescopio da due ore, e non hai visto nulla? -
- No. -
- Lo sapevo! Qualcosa non andava in quella nave. -
Bulsara si era sfogato e per un momento ci fu il silenzio. Taylor non si lasciò sfuggire l'occasione.
- Di che nube state parlando? -
- In accademia - rispose May - ci hanno insegnato che quando si apre una falla in una nave spaziale l'aria esce fuori dalla chiglia con una forza ed una velocità tali che si ha l'impressione che ci sia stata un'esplosione. In questo modo l'aria trascina con sé tutto ciò che trova, spesso anche membri dell'equipaggio, e li sparpaglia all'esterno. Tutta questa serie di oggetti, compresa l'aria che al gelo esterno si solidifica creando cristalli opalescenti, dà origine ad una "nuvola", visibile al telescopio, che si allontana dal relitto. -
- Ma voi non l'avete trovata questa nuvola. -
- E questo può significare solo che non c'è stata decompressione. - disse serio Bulsara.
- Come può aver trattenuto l'aria all'interno se è ridotta in quello stato? -
- Forse - riprese il secondo pilota - non c'è mai stata aria in quella nave. -
- E perché una nave dovrebbe tenere il vuoto all'interno dello scafo? - Taylor era confuso.
- Forse perché è tutta una messinscena per attirarci qui. -
A questo punto intervenne il capitano - Pirati? Stai pensando a loro, vero? -
- Ma non dite pazzie! - Taylor aveva seguito i discorsi dei piloti a fatica e la conclusione aveva dell'incredibile - i pirati non esistono più, siamo quasi nel XXIV° secolo, non nel medioevo. -
- Ti sbagli John - May era preoccupato - i pirati sono sempre esistiti nei luoghi di frontiera, dove possono trovare porti sicuri, lontano dai posti civilizzati, sì, ma sono sempre esistiti.
Ancora al cambio di millennio se ne trovavano solo nel sud-est asiatico, sulla Terra, ed ora che la frontiera sono le lune di Giove, i pirati infestano gli asteroidi. Roger, se quello che dici corrisponde a verità siamo tutti in pericolo, bisogna avvertire subito gli altri. -
- E come possiamo fare? - Bulsara continuò spiegando la situazione a Taylor - Gli asteroidi bloccano quasi tutti i segnali radio, siamo in una zona ricca di microscopici detriti metallici, e questi fanno come da cuscino attutendo la potenza dei nostri mezzi di comunicazione. -
- Certamente. la richiesta d'aiuto è stata emessa da una sorgente radio molto più forte di quelle di cui disponiamo noi. Sono molto intelligenti questi pirati - commentò amaramente May - ci hanno isolati gli uni dagli altri rendendoci sordi e muti. -
- Ed anche ciechi, neppure il radar è in grado di funzionare. Abbiamo solo il telescopio ottico. -
- Perfetto. Beh Roger, si accettano consigli. -
- Potremmo - suggerì Taylor - fuggire ora? -
- No, finché non ci sparano addosso sono legalmente dei naufraghi, e l'omissione di soccorso è un reato molto grave. -
- Fred, - disse Bulsara - io avrei un'idea, ma non so se potrà funzionare. -

VI

La flotta proseguiva il suo silenzioso viaggio.
Le navi avevano già da tempo cominciato ad indugiare nella loro frenetica corsa ed ora viaggiavano a poche migliaia di chilometri l'ora, e stavano ancora rallentando, in modo tale da entrare in orbita sincrona rispetto al relitto e potersi quindi fermare a poche centinaia di metri da esso.
La decelerazione fornì ancora una volta all'interno dei vascelli un piacevole senso di peso, ed ora aveva di nuovo senso parlare di soffitto e pavimento, che a gravità zero sono uguali a tutte le altre pareti.
May aveva smesso di cercare nel telescopio ottico altre navi appartenenti ai pirati, giacché essi non potevano certamente attaccare da quel rottame che aveva lanciato l'S.O.S. Quella era solo un'esca.
Purtroppo il capitano non era riuscito a trovare niente perché se, come era probabile, i pirati erano nel cono d'ombra del grande asteroide lì vicino, allora era impossibile vederli.
Tuttavia a bordo della Europe non si stava con le mani in mano, anzi, nell'ultima ora il lavoro, diviso tra i tre membri dell'equipaggio, era stato febbrile e, uno ad uno, ciascuno terminata la propria parte di lavoro, erano tornati in plancia. L'ultimo fu Taylor, che finalmente aveva trovato l'occasione di rendersi indispensabile anche a bordo della nave. Entrò nella plancia e poco dopo le navi si arrestarono definitivamente perdendo nuovamente la propria gravità fittizia. - Ho finito, ora siamo pronti per riceverli. -
- E pronti anche a scappare - Rispose May - il reattore è a pieno regime e il plasma è attivo, la nave è pronta a partire a piena accelerazione. -
- In che direzione fuggiremo? -
- Dovremo tentare di riagganciare la vecchia rotta, ho già immesso i dati nel computer, si tratta solo di orientare la nave nella direzione giusta. -
- Quando lo faremo? -
- Non possiamo farlo ora, attireremmo sospetti con manovre inusuali, dovremo aspettare l'ultimo momento. -
- Come pensi che prenderanno possesso delle navi, ci abborderanno? -
- Non credo, abbordare sette navi è molto laborioso.
Sono state fatte delle perizie sui passati assalti, se continuano, come crede Roger, a comportarsi come facevano quando li abbiamo studiati all'accademia, allora... -
In quel momento suonò l'intercom, il congegno si attivò automaticamente ma lo schermo rimase nero.
La trasmissione era molto disturbata, ma dal forte rumore di sottofondo si levò una voce, senza accento, perentoria come lo sono le voci di chi è abituato a combattere. Era evidente che per sovrastare i disturbi stava gridando o quanto meno parlando a voce molto alta, tuttavia riusciva a mantenere un tono neutro tale che sembrava stesse facendo una colazione di lavoro.
Il messaggio fu conciso, poche parole per essere comprese appieno. - Andate tutti nelle vostre lance e portatele al relitto, così nessuno di voi si farà male. Avete due minuti di tempo per sganciare le vostre lance. -
Fu allora che dal cono d'ombra dell'asteroide uscì la nave dei pirati.


VII

La visione e i sentimenti che provocò la vista di quella nave furono belli e terribili come solo gli strumenti bellici possono essere.
La nave era uscita dal cono d'ombra in modo da poter essere vista dai telescopi di tutta la flotta di Heinlein.
Lunga trecento metri, aggraziata e mortale come uno squalo, dal predatore dei mari sembrava aver carpito le sue doti.
Fu subito chiaro. Non erano pirati, e neanche corsari. Quella era una nave di un qualche governo terrestre. Troppo grande, troppo aggraziata, troppo ben congegnata, anche agli occhi inesperti di Taylor, per essere soltanto una nave riconvertita. No, quella nave era nata come vascello da guerra, e solo i governi terrestri avrebbero potuto portare a termine una simile opera.
La verità balenò di fronte agli occhi del capitano della Europe con abbacinante e cruda violenza, come artigli che lacerassero la sua anima.
Taylor aveva ragione, non è mai esistita la pirateria nello spazio. Giusto, la storia non si ripete. Una cosa era trovare una nave per depredare i mari della Terra, con le astronavi è totalmente diverso. Perché poi prendere delle navi piene d'acqua, quando sui pianeti non ha più nessun valore?
All'accademia nessuno aveva mai avuto il coraggio di porsi la più semplice delle domande: perché? Ed ora la risposta giungeva a May pesante come un maglio.
Lui ed i suoi amici erano la causa di quanto stava passando tutta la flotta.
Deacon aveva ragione! I governi dovevano coprire la Verità, per questo May, Bulsara e Taylor dovevano scomparire; inoltre per questo lo stesso Brian, colui che aveva dato inizio a tutto, stava probabilmente correndo, su Marte, un terribile pericolo.
Frederick fu quasi colto da un attacco di nausea, se avesse avuto peso avrebbe probabilmente barcollato sotto il dolore di quella rivelazione. Purtroppo però non aveva tempo per sentirsi male.
Ricacciò dentro il profondo del suo animo l'immonda bestia che lo dilaniava e prese parola, la voce tremante un poco.
- Roger, porta la potenza del campo di contenimento della scialuppa al 75%. John, disponi il timer ad un minuto.-
- Fatto. -
- Qual è la percentuale della potenza del plasma? -
- Centocinquanta, è sovraccarico, come da programma. -
- Bene, io ho immesso i dati della rotta nel pilota automatico della lancia. -
- Sono passati quaranta secondi, è ora di partire. -
- O la va o la spacca. Speriamo per il meglio. -
May manovrò alcuni comandi e la scialuppa si allontanò dalla Europe. Taylor era teso.
- Che cosa credete che accadrà al resto del gruppo? -
- Se il piano fallisce moriremo tutti, se al contrario andrà a buon fine, allora noi riusciremo a fuggire. Degli altri non potremo ottenere notizie finché saranno nella cintura.
Francamente non so se hanno possibilità di salvarsi.
Noi, in ogni caso, abbiamo fatto tutto quello che una nave disarmata può fare contro un vascello militare come quello. -


VIII

Sul radar a raggi infrarossi - uno dei pochi strumenti affidabili nella cintura degli asteroidi - erano visibili nove segnali luminosi. Uno rappresentava il grande asteroide lì nei pressi ed era di colore giallo. Un altro segnale era la nave-esca, di colore rosso brillante. Gli altri sette segnali rappresentavano la flotta del settore cinquantotto di Europa ed erano verdi. L'addetto all'apparecchiatura ad infrarossi era vigile.
Attendeva un evento. Erano molti anni che era stato addestrato per missioni come questa e perciò sapeva esattamente che cosa fare.
Sapeva cosa fare e come farlo, ma non ne conosceva il perché.
A bordo della corazzata "Mira Ceti", una nave militare che ufficialmente non si trovava nella fascia di asteroidi e che ufficialmente forse neanche esisteva, tutto l'equipaggio sapeva come comportarsi anche se non gli era dato conoscerne le cause, coperte dal segreto di stato. A volte il radarista si era domandato se almeno l'ammiraglio in persona fosse a conoscenza dei motivi di quella missione così segreta; e a pensarci bene, a completare l'aura di mistero, nemmeno l'equipaggio conosceva se stesso. Il personale era stato assemblato solo per quella missione, e per il riconoscimento di ogni elemento aveva il proprio numero di matricola, valido anch'esso solo per quella missione.
Il radarista conosceva bene il proprio numero di matricola, era h diciannove undici sette.
Al termine della missione avrebbe dovuto dimenticare tutto ciò che aveva visto, sentito o fatto durante gli ultimi giorni.
Ma come avrebbe potuto dimenticare?
Sulla Terra i suoi cari soffrivano.
Le guerre dilaniavano il suo paese e lui si trovava a cento milioni di chilometri da essi, ed inoltre si stava rendendo complice di una strage senza alcun significato.
Se - pensava - la missione è tanto nobile, perché tenerci all'oscuro delle sue motivazioni? E se non è nobile, perché portarla a termine?
Perché sprecare qui, lontano da casa, il nostro tempo?
Le riflessioni del giovane militare vennero interrotte da un cicalino negli auricolari. L'evento che stava aspettando con tanta impazienza si stava svolgendo proprio in quell'istante. Le scialuppe stavano lasciando le rispettive cisterne ed una ad una venivano segnalate, in azzurro, sul suo radar. Il radarista comunicò allora, come se fosse stata un'esercitazione, il suo messaggio. - Segnali uno, cinque, sei. Direzione verso nave-esca. Tempo cinquanta secondi. -
Il segnale che interessava loro era il numero uno ed apparteneva ad una nave chiamata Europe. Quella sarebbe stata la prima scialuppa ad essere distrutta. Poi sarebbe toccato ai testimoni sulle altre lance ed infine alle navi. I vascelli sarebbero stati manomessi dagli artificieri, era sufficiente portare il campo di contenimento del plasma al settanta per cento per trasformare uno dei loro reattori a fusione in un ordigno termonucleare.
''Tutto sta procedendo alla perfezione, senza alcun problema, proprio come nelle mie prime esercitazioni''.
- Segnali due, quattro. Direzione nave-esca. Tempo un minuto quindici secondi. -
''Ma, un momento, la scialuppa del segnale numero uno... sta forse cambiando rotta? No, è solo la stanchezza che ti gioca un brutto scherzo, va tutto a gonfie vele''.
- Segnali tre, sette. Verso nave-esca. Tempo un minuto venticinque secondi. -
''Eppure, sì, si sta allontanando dagli altri segnali, dove vuole andare? Non possono sperare di fuggire in questo modo, sono impazziti? ''
- Segnale numero uno devia dalla rotta. -
Subito, fatto di svariati ordini, si levò un trambusto all'interno dell'incrociatore. Questo però non riguardava la matricola h diciannove undici sette, egli doveva solo sorvegliare il radar.
''Dove diavolo sta andando quel segnale? Verso l'asteroide? No, continua a virare. Non vorrà forse... Sì lo stanno facendo, gli ha dato di volta il cervello? ''
- Nuova rotta segnale numero uno è uno, otto, zero, distanza duemilacinquecento metri. -
''Uno otto zero, vale a dire centottanta. Sono centottanta gradi! Santo cielo, ci stanno venendo addosso! Perché, vogliono forse morire da eroi? ''
Il trambusto all'interno della nave era aumentato.
''Che cosa farà il capitano? ''
- Distanza duemila metri. -
''Li schiveremo? ''
- Distanza mille cinquecento metri. -
''Gli spareremo? ''
- Distanza mille metri. -
''Perché non gli abbiamo sparato? Ah sì, sono troppo vicini, l'esplosione danneggerebbe anche noi''.
- Distanza cinquecento metri. -
''Ma che cosa aspettano a scansare questa dannata nave? ''
E poi accadde.


IX

Per un lungo istante May vide in cielo brillare due soli.
Strano, così tanta luce eppure il cielo rimane nero. Eterna notte assolata.
Subito dopo i motori della Europe si accesero nuovamente, ruggendo in silenzio come sempre, e la nave si lasciò definitivamente alle spalle la cintura degli asteroidi.
Il piano di Roger aveva funzionato.
I membri della Europe non avevano mai abbandonato la plancia. May, attraverso il computer principale della nave, aveva dato al pilota automatico della scialuppa una rotta
tale da mandare la lancia alla massima velocità nel punto dove si trovavano i "pirati".
Bulsara aveva manomesso i sistemi di sicurezza della scialuppa e aveva portato la potenza del campo magnetico che conteneva il plasma - ovvero l'idrogeno che a milioni di gradi e di atmosfere dà luogo alla fusione nucleare - fino al punto critico.
Taylor infine aveva disposto una carica esplosiva nella scialuppa. Era stata una fortuna il fatto che stessero compiendo l'ultimo viaggio verso casa, così che Taylor portasse con sé tutti i suoi strumenti e le sue cariche detonanti. Una volta poi sistemato l'esplosivo, Taylor aveva anche predisposto un timer, e quando il tempo fu scaduto la carica era esplosa.
Normalmente sarebbe stata una piccola esplosione. La scialuppa sarebbe saltata in aria senza gravi conseguenze. Tuttavia in quel momento i sistemi di sicurezza erano stati manomessi e il campo di contenimento era solo al 75% e quindi quella semplice esplosione era riuscita a fratturarlo trasformando una fusione nucleare controllata in una incontrollata, o in altre parole, una bomba H.
May e Bulsara non sapevano se una simile esplosione potesse distruggere la nave militare, e non sapevano neanche quali conseguenze avrebbe portato l'onda d'urto su tutta la flotta, Europe compresa. Essi sapevano solo che quella era l'unica chance di salvezza, per tutti.


X

May si era rilassato - la nave pareva reggere anche dopo aver subito l'onda d'urto - e aveva lasciato che tutta l'adrenalina accumulata nel suo corpo potesse dissiparsi. Improvvisamente si sentiva enormemente stanco.
La Europe aveva già da tempo lasciato la fascia degli asteroidi ed ora navigava in direzione del Sole.
Il radar aveva ricominciato a funzionare e aveva segnalato cinque corpi che avevano lasciato quella nuvola di pietra. Quei cinque corpi appartenevano ad altrettante navi della flotta di Heinlein, e appena fu possibile May si mise in contatto con le altre navi.
Come risposta trovò il volto di Robert, sudato, teso in maniera dolorosa. L'ammiraglio abbozzò la parodia di un sorriso. - Grazie. - La voce tremava. Probabilmente era sull'orlo di un collasso, dalla parte del collasso.
Come di norma fu capitan May a parlare in nome del suo equipaggio. - Qui vediamo solo cinque segnali, non percepiamo la Knight. -
- L'equipaggio di Damon è stato l'unico a non farcela.
Nave e scialuppa erano troppo vicini alla vostra...Bomba.-
- Mi dispiace, ci sono altri morti o feriti? -
- No, noialtri stiamo bene, a parte la paura. -
- Che fine ha fatto la nave dei "pirati"? -
- Una fine spettacolare - man mano che parlava si stava riprendendo - Loro avevano acceso i reattori principali per schivarvi, ma l'esplosione li ha colti di sorpresa. L'onda d'urto ha cambiato l'assetto della loro nave, che continuava ad accelerare, questa volta però in direzione dell'asteroide. Non hanno fatto in tempo a schivarlo. -
- Quale sarà la nostra versione ufficiale? Non credo che in qualche capitaneria terrestre risulti la nave che ha lanciato l'S.O.S. anche se avranno ricevuto la nostra risposta. -
- Se fosse possibile mi piacerebbe raccontare la verità, altrimenti credo che la Knight sia stata colpita da un asteroide in orbita anomala, credo poi che noi due siamo andati con le nostre scialuppe per salvarli e purtroppo la nave è esplosa distruggendo anche la tua scialuppa. Tu sei vivo per miracolo perché io ti ho salvato la vita. -
May sorrise - E' una versione un po' farraginosa, ma credo che sia l'unica ad andare quasi bene. -
- Arrivederci a Marte. -
- A Marte. -


XI

- Temo proprio che Marte ci dovrà attendere ancora un poco. - disse May.
- Che cosa è successo? -
- Il computer segnala lesioni nella struttura centrale, rischiamo di spezzarci in due, dovremo fermarci al primo porto disponibile. -
- La Terra? - chiese ansioso Bulsara.
- La Luna - rispose May - è più sicura. -
- La Terr... la Luna è ancora lontana, nel frattempo cosa facciamo? -
- Ci affidiamo alla sorte, Roger, sperando che non si sia seccata ad aiutarci. -