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CAPITOLO
5
SOPRA AD UN OCEANO SINTETICO
VII
Dalla
base spaziale la Luna appariva gigantesca. Dominava il cielo, luminosa,
affascinante e... artificiale. L'uomo aveva infatti reso irriconoscibile
il Satellite, l'aveva ricoperto interamente con uno strato di materiale
trasparente alla luce ed opaco ai raggi cosmici ed ultravioletti, la "Cupola",
ed al di sotto di questa aveva ricreato l'atmosfera che più gli
era congeniale, ed aveva costruito case, industrie, strade, viadotti,
astroporti e fabbriche di ossigeno tali da ricoprire l'intera superficie
lunare, e poi, quando aveva sentito la necessità psicologica di
avere in giro un po' più di natura, aveva creato dei laghi artificiali
e dei filari di alberi che aveva chiamati "oceani" e "selve".
Dall'alto la Cupola si mostrava nella propria interezza e faceva bella
mostra delle sue nervature di sostegno, di color bianco avorio, al di
sotto si distingueva principalmente una distesa continua grigia e metallica,
qua e là punteggiata da piccole chiazze azzurro scuro o verdi.
L'equipaggio della Europe stava osservando la Luna da un ampio finestrone
della stazione orbitante. Da lì il Satellite dava l'impressione
di ruotare lentamente su se stesso, illusione ottica dovuta alla rotazione
della stazione, questa sì reale.
Il silenzio fu interrotto da May, che lentamente stava cominciando a scuotersi
dal suo stato di torpore. - Ma non ci sono nuvole sotto la Cupola? -
- No - rispose Taylor - Sulla Luna non ci sono nuvole, grandine, tempeste,
uragani, o semplici pioggia e neve. Il clima è completamente controllato
e programmato per un'eterna metà primavera. -
- Non credi che sia monotono? -
- Infatti per un lunare una vacanza sulla Terra è un'emozione indescrivibile.
Questo è uno dei motivi per cui la Luna non si staccherà
mai dalla Terra. -
- Mi sembra un motivo piuttosto superficiale. - Disse Bulsara, interessato
da come i suoi compagni si stessero risvegliando dal letargo che li aveva
colpiti fino a poco prima.
- Non credo - riprese il mineralogo - Vivere sulla Luna è come
vivere perennemente al chiuso. Quattro arbusti e un mare sintetico non
bastano a ricreare un ambiente confortevole. La Terra rappresenta una
valvola di sfogo alla claustrofobia, simbolizza il rapporto puro ed originale
che l'uomo aveva con la natura. Questo almeno ai loro occhi, i lunari
chiamano tutto questo "mal di Terra". -
- Conosci bene la Luna, come mai? -
- Sono stato, prima di conoscervi, in collegio laggiù - ed indicò
la Cupola - tre anni a studiare la storia dell'Europa. -
- E non ce l'hai mai detto? - Disse May, mentre finalmente capiva perché
John facesse sempre ricche citazioni storiche nei suoi discorsi.
- Non amo parlare di quel periodo, è stata una parentesi tutt'altro
che felice nella mia vita. I collegi lunari sono i migliori dopo le università
terrestri, ma erano i miei genitori a volermici laggiù, a volere
un figlio storico, non io, per questo appena ho potuto sono tornato su
Marte, dove poi ho fatto la vostra conoscenza.
La Luna è soffocante; esistono solo animali e piante creati dall'uomo
per il suo nutrimento, l'unica eccezione sono gli animali domestici e
qualche creatura che anima le "selve", non hanno provato a ricreare
un ecosistema come su Marte. Niente orsi, lupi, giraffe, cetacei, squali
o semplici uccelli migratori. Ci sono soltanto edifici e persone, tante
persone, tanti lunari: individui stupidi e campanilistici, che odiano
essere chiamati provinciali, nonostante la Luna non sia altro che un insieme
di province terrestri; non sopportano che gli si ricordi che la Luna è
un satellite, per loro è sufficiente il fatto che sia abitata a
farne un pianeta. Sono più di sedici miliardi su una superficie
che non è un terzo di quella marziana. -
- Ma su Marte la popolazione non ammonta neanche ad un miliardo di persone.
-
- Ma su Marte ci sono montagne, vere foreste e qualche piccolo deserto.
Sulla Luna la città si estende anche ai poli, sempre uguale a se
stessa. -
- E ci porteranno laggiù per il processo? -
- Piuttosto, se siamo tanto importanti, se il vice-governo della Luna
Occidentale è disposto a compiere tutte le irregolarità
che ha compiuto per trattenerci, perché sprecare tempo e risorse
per un processo? -
- Credo che gli serva - rispose May a Bulsara - almeno qualche appiglio
legale, se non altro per giustificarsi di fronte agli altri governi terrestri,
magari se ci avessero arrestati negandoci anche il processo, qualche altro
governo terrestre avrebbe potuto farsi promotore dei nostri diritti, facendosi
campione della legalità violata, ma con il segreto intento di rapirci
a sua volta. -
- Pensi che per noi tre arriverebbero a fare tanto? -
- Dopo quello che i governi hanno già fatto per eliminarci, non
mi stupirei più di niente. - Nella voce del capitano era però
scomparsa la cupa apatia ed il molle scoramento di poco prima, perché
si era fatta strada lentamente l'idea che non era necessario agire con
la forza, ma era invece indispensabile la determinazione dell'intelligenza.
VIII
Deacon
si era precipitato. Fortunatamente, non ostante l'ora, ella era ancora
nel proprio ufficio. Si fece dunque annunciare ed entrò. Le varie
reliquie erano sempre al loro posto, nelle loro bacheche. Deacon salutò
la donna di fronte a lui, la quale si mostrò affatto contenta di
rivederlo.
- Di nuovo lei, signor Deacon? Cosa desidera ancora? - Certamente non
aveva digerito la questione del detonatore.
- Ogni volta che entro in quest'ufficio - Deacon ostentò sicurezza,
più sicurezza di quella che in effetti aveva, per non far vedere
di avere effettivamente un bisogno disperato di aiuto. - Vede, la invidio
sempre più. E' un vero e proprio museo delle armi, ma certo, le
armi fanno parte della sua famiglia. -
- E allora? -
- Stavo pensando, così, che anche lei ha a che fare con delle armi.
-
- Inoffensive, tengo a sottolineare. -
Deacon assunse il tono più irritante che riuscì ad ottenere,
con lo scopo di innervosire il più possibile il suo interlocutore,
per ottenere una posizione di dominio nei suoi confronti, affinché
ella si tradisse - Inoffensive? Lo credevo anch'io, ma cento quaranta
due addetti al vice-governo del Tharsis non la pensano così, anzi,
dato che sono tutti morti a causa di un'autobomba, non pensano più
a niente. -
- Le dispiace venire al dunque? - Leiber era a disagio, ma mostrava ancora
sufficienza.
- Queste spade, queste pistole, un pezzo di storia dello stato tedesco.
E' tutto così, come dire, teutonico, non trova? -
Quelle parole avevano colto di sorpresa Erika. - Molto... sì, molto
teutonico. Non immaginavo che lei conoscesse simili termini arcaici. -
- Effettivamente non ho questo tipo di cultura umanistica, ma in questi
ultimi tempi ho fatto delle conoscenze molto istruttive. -
- Sulla storia della Germania? - Ora Leiber fissava il suo avversario
con attenzione.
- Più che altro sulla storia di Marte. Cosa sa lei - ora era Deacon
a mostrare sufficienza - circa la storia di Marte? -
- Non capisco. -
- Ha capito benissimo. - Il tono della voce era mutato, insieme con lo
sguardo, repentinamente, diventando duro come metallo.
- So che da poco più di un secolo e mezzo l'uomo lo sta colonizzando.
-
- E prima? Cosa sa dirmi di quello che c'era prima? -
- Non riesco proprio a seguirla. -
- Sicura? - Deacon si era fatto incalzante.
- Certamente. Ed ora, se non ha niente di meglio di cui parlare, sarebbe
anche ora che io stacchi dal lavoro, quindi può benissimo andarsene.
-
Era il segnale che Deacon attendeva, Leiber, senza armi di difesa, rifiutava
di prolungare lo scontro, tuttavia lo faceva con notevole eleganza, con
una calma ed una indifferenza nella voce tali da far dubitare Brian delle
sue ipotesi. Deacon però non poteva permettersi il lusso del dubbio,
giunto a quel punto doveva arrivare in fondo; allora si avvicinò
alla tedesca fino a pochi centimetri dal suo viso, fissandola negli occhi,
poi scandì le parole. - Io so.-
- Lei sa, cosa? - Leiber ricambiò lo sguardo gelido. Ella era sì
alle strette, ma riusciva a mantenere ugualmente un ammirevole sangue
freddo.
- Ordine dei Cavalieri Teutonici Indipendenti del Gran Tempio di Marte.
- Disse tutto d'un fiato - Ma se lei ha altro di meglio da fare, posso
anche andare da chi sono sicuro che mi ascolterà. -
- Aspetta un secondo. -
Mi da del tu? Deve essere veramente alle strette - Sei una di loro, vero?
-
- A te cosa importa? -
- Mi serve il vostro aiuto. -
- Nostro? Al plurale? -
- Sì, è in gioco la vita dei miei amici e soprattutto -
per voi, pensò. - E' in gioco l'onore di Marte. -
- Credo che se ne possa parlare, seguimi, sei stato fortunato a trovarmi
ancora in ufficio a quest'ora, e se ciò che mi dici è vero,
ti devo far conoscere qualcuno. -
IX
Dalla
vetrata la Cupola appariva rilucente nel suo abbacinante riflesso madreperlaceo
e, se le luci fossero state spente, avrebbe illuminato sinistramente l'ufficio.
Un uomo alto, biondo, con il pizzetto tipico dei suoi compatrioti, entrò
e, davanti al generale, scattò sull'attenti. - Colonnello Stuart
a rapporto, signor generale. -
- Riposo. Mi duole richiamarla dal suo permesso, Stuart, ma abbiamo urgente
bisogno dei suoi servigi. Lei si deve imbarcare con il prossimo volo per
la Luna e lì deve raggiungere il presidio. -
- A quale scopo, signor generale? -
- Sono arrivati tre traditori marziani, devono essere giudicati, lei deve
far loro da carceriere, nel quarto turno. -
- Mi scusi signore, ma perché io e non un sotto ufficiale, o al
limite un colonnello non in permesso, addirittura per il quarto turno,
e neanche per il primo? -
- Quanto al quarto turno, le posso assicurare che è più
importante, nel caso che esso venga adoperato, degli altri. Ma quello
che è importante dire è che questi tre traditori non sono
uomini qualunque. Sono tre persone molto importanti: il processo è
avvolto nella massima segretezza e saranno presenti solamente alti ufficiali
di grande influenza. Vede, mi sono esposto in prima persona per far sì
che anche il suo nome risultasse tra quelli dei personaggi presenti a
questo processo. -
- Per quale motivo, signore? -
- Perché lei mi ispira fiducia, e se saprà giocare bene
questa carta la sua carriera potrà riceverne un notevole vantaggio.
-
- Mi scusi, signor generale, ma come potrò mettermi in luce facendo
il secondino? -
- E' solo un'eventualità, se il processo si dovesse concludere
già alla prima seduta, lei non avrebbe neanche l'opportunità
di comparire in aula, perché a portare i prigionieri sulla Luna,
nel presidio, e di nuovo in cella sono stati già delegati i primi
tre turni, e comunque un suo intervento passerebbe inosservato in un simile
processo dall'esito scontato; ma se per caso quei tre che devono essere
giudicati sono veramente in gamba, come io credo, visto che è stata
mobilitata la crema della gerarchia per giudicarli, allora riusciranno
almeno ad allungare il processo, se non altro di un'altra seduta, ed allora
sarà necessario approfondire, ed a questo punto verrà utilizzato
anche il quarto turno di guardia, il suo, ed una volta che lei sarà
in aula, e che il processo avrà destato l'attenzione di tutti i
presenti, io farò in modo che lei possa esporre la sua relazione.
-
- E questo potrebbe aiutare la mia carriera? -
- Mi dia retta, la sua relazione farà certamente colpo. Piuttosto,
l'ha già portata a termine? -
- Farò il possibile per terminarla in tempo, quand'è il
processo? -
- Alle diciotto in punto. -
- Di oggi? -
- Sì. -
- Dell'ora nord americana? -
- Certamente. -
Stuart controllò che ore fossero. - E' impossibile, sono ora le
quindici e trenta. - disse con il puntiglio e la precisione del buon militare
- Mi serve al meno un giorno di lavoro. -
- Fa niente, improvviserà. D'altra parte la relazione che esporrà
sarà orale, e lei ha già in mente le sue conclusioni, non
è così? -
- Signorsì, e si ricorderà che ho già avuto modo
di esporvele. -
- Certo, mi espongo in questo modo per lei proprio perché sono
a conoscenza del suo ottimo lavoro. -
- Signor generale, le sono estremamente grato e riconoscente. -
- Certo, certo, ha altre domande da fare? -
- Una signore. Posso adoperare i miei due attendenti per questa missione?
-
- Sono persone affidabili? -
- Mi sono fedelissime. -
- D'accordo, e un'ultima cosa. Questo dialogo non è mai avvenuto
e lei è rimasto in licenza, capisce, vero? -
- Certamente signore, ci sarà qualche problema con mia moglie...
-
- Non si preoccupi, ci penseremo noi. Può andare adesso, Stuart.
-
Il colonnello indugiò indeciso sulla porta, poi vincendo le titubanze
- Signore... -
- Sì? Cosa c'è ancora? -
- Le voci che circolano... -
- Quali voci? - L'interruppe brusco.
- Che si sia iniziata la costruzione del Limes per favorire l'invasione
europea... -
- Ebbene? - Era evidente che discussioni circa un'invasione straniera
davano fastidio a quell'ortodosso generale.
- Hanno un qualche fondamento? -
Il generale sorrise di tanta ingenuità da parte del colonnello
e assunse un tono paterno. - Semmai, se invasione ci dovesse essere, sarà
opera del blocco nord americano, non certamente di quello europeo, e poi
in questo caso non parlerei di invasioni, bensì di liberazione.
-
- Ma sono fondate queste voci? Perché vede, i ragazzi sono turbati,
il morale ne risente. -
- Capisco, ma sono totalmente infondate. Anzi, se lo vuole sapere, la
miserabile flotta spaziale europea sta per essere affrontata e annientata
dalla nostra. -
- Nostra? -
- Nord americana, naturalmente. E comunque, dopo questa battaglia la Luna
potrà certamente essere liberata dall'inopportuna presenza degli
europei. -
- E il Limes? -
- Ah, ah, - rise, divertito e ciecamente fiducioso nei mezzi militari
del suo Paese. - Questa è una mossa dei politici, una massa di
codardi, ma non faranno in tempo neanche a posare una pietra, perché,
dovete sapere... - Controllò l'ora. - Sì, le gloriose navi
del Nord America sono già salpate, perciò dite, anzi no,
sarò io stesso a fare il comunicato ufficiale per tranquillizzare
i nostri soldati che niente di male sta per accadere e che anzi siamo
all'alba di una nuova, magnifica, era. -
- Ma la "liberazione" nord americana non vorrà dire la
fine della libertà del nostro vice-governo?-
- Vorrà dire la creazione di un solo stato che comprenda l'intero
sistema Terra-Luna, tutto sotto l'egida nord americana. -
- E in questo nuovo scenario quale sarà il ruolo della Luna occidentale?
-
- Certamente di primo piano. -
- Grazie signore, la prego di perdonare i miei sciocchi dubbi. -
- Non si preoccupi, lei, come d'altra parte anche i nostri soldati, non
poteva sapere, ma ora che le navi sono salpate, e ora che niente e nessuno
le potrà più fermare, potremo finalmente rendere pubblica
la notizia e attendere fiduciosi l'esito di questa battaglia e quindi
di questa guerra. -
X
L'equipaggio
della Europe aveva scoperto che gli altri equipaggi non si trovavano in
quella zona, ma probabilmente in altre zone di primo livello, avevano
scoperto inoltre che non si poteva passare tra due zone di primo livello
senza attraversare zone di livello superiore, disposizione questa che
di fatto isolava i vari equipaggi.
Erano dunque, anche se nominalmente liberi, in prigione. D'altra parte
la consapevolezza di essere prigionieri era giunta insieme alla certezza
che il vice-governo della Luna Occidentale si stava comportando scorrettamente.
Erano oltre tre ore che stavano aspettando in quella zona, senza avere
nulla da fare. La visione della Luna, per quanto ricca di fascino per
la possente dichiarazione di forza delle umane tecnologie, era ben presto
venuta a noia. Per un po' i tre passarono il tempo osservando le notizie
sul foglio elettronico. Taylor dava grande importanza alle notizie che
venivano dalla Luna, in particolare lo aveva colpito quella delle 15:40,
dell'ora nordamericana. Secondo quella notizia i vari vice-governi avevano
annunciato che ormai era stato raggiunto l'accordo per la costruzione
di un "Limes" su tutto il satellite.
- Cosa sarebbe questo Limes? - Aveva chiesto Bulsara.
- E' un'idea vecchia, girava già da tempo quando io stavo sulla
Luna. Questo Limes altro non sarebbe che una serie di muraglie, una barriera
che dovrebbe separare i vari vice-governi, l'uno dall'altro, infrangendo
l'unità della Cupola, trasformandola in tante cupole separate.
-
- E perché dovrebbero costruire il Limes? -
- Ufficialmente per proteggere la Luna. Se si dovesse aprire un varco
nella Cupola i danni verrebbero circoscritti da questi scompartimenti
stagni ad un solo vice-governo. -
- Come mai, se è una misura di sicurezza tanto elementare, allora
fino ad oggi ne hanno fatto a meno? -
- La verità è che la Cupola è abbastanza resistente
da poter sopportare senza subire danni degli impatti accidentali, ma i
lunari hanno paura che la guerra arrivi fin qui. Il Limes servirà
ad evitare che una sola falla nella Cupola, provocata da un'astronave
da guerra terrestre, distrugga tutta la Luna. La costruzione di questo
confine contraddice la neutralità della Luna ed il patto di mutua
solidarietà tra i suoi vice-governi. E' come se ogni vice-governo
chiedesse al rispettivo governo di intervenire militarmente contro gli
altri vice-governi, mostrandosi preparato a sopportare le conseguenze
di un'eventuale guerra per la conquista del Satellite. -
- Questo Limes deve però essere un lavoro gigantesco. -
- Infatti. -
- Non corrono il rischio di terminare il Limes in ritardo rispetto ad
un eventuale attacco terrestre? -
- Cosa credi, che i lunari siano degli sprovveduti? - Disse con ironia
- Hanno già preparato tutto. I progetti sono pronti sin da quando
frequentavo qui il collegio; e poi - e qui divenne serio - non è
un falso mito che la tecnologia lunare sia di gran lunga la migliore di
tutto il Sistema. Per quanto possa essere ciclopica, se hanno detto di
aver raggiunto un accordo, ciò vuol dire che in capo ad un paio
di mesi o poco più, l'avranno terminata. D'altra parte sono stati
i lunari a costruire la Cupola, e sono sempre stati dei tecnici lunari
a progettare l'Anello su Marte. Chi dovesse riuscire a conquistare la
Luna avrebbe un potenziale tecnologico ed industriale enorme, tale anche
da poter, eventualmente, ribaltare le sorti della guerra. -
In seguito erano anche venuti a conoscenza della dichiarazione di indipendenza
del Tharsis. Questo li metteva ancora più disagio perché
si trovavano in un ambiente del tutto ostile a qualunque movimento di
natura indipendentista. I tre non potevano neanche nascondere di essere
marziani a causa delle loro inconfondibili divise da astronauti, diverse
sì a seconda del ruolo, il che stava a significare che la divisa
del capitano era diversa dalla divisa del secondo pilota e da quella del
geologo, ma tutte quelle tute, delle quali tutti gli astronauti generalmente
andavano molto orgogliosi, avevano il taglio e i colori tipici dei vice-governi
marziani, con lo stemma del vice-governo del Tharsis ben in evidenza sulla
spalla destra di ciascuna uniforme. I tre venivano infatti, a causa di
quelle tute, evitati dagli altri occupanti della stazione. I genitori
tenevano stretti i figli, chi per caso si trovava a passare vicino a loro
chinava la testa ed accelerava, le coppie si sussurravano battute alle
orecchie. L'equipaggio della Europe ebbe l'impressione di avere qualche
grave malattia altamente epidemica, e questo stato di isolamento e di
esclusione, di ostilità che si sentiva nell'aria, non aiutava certamente
il morale, già duramente provato, dei tre marziani.
Dopo aver passato molto tempo davanti alla grande vetrata panoramica,
cominciarono a passeggiare, giusto per non ciondolare come marionette
senza fili, quando tre persone sembrarono voler sfidare volontariamente
il contagio dei marziani. Erano persone alte e magre, il più alto,
che sembrava avere un certo ascendente sugli altri due, era biondo e con
il tipico pizzetto dei lunari. Il biondo decise di farsi portavoce del
suo gruppo e parlò, con aria spavalda appesantita da un forte accento
tipico dei vice-governi nord americani. - Guarda un po' cos'abbiamo qui,
tre autentici marziani, dei ribelli che vengono addirittura dal Tarzi.
Guarda quello, ha anche un paio di occhiali, chissà quanto avrà
rubato per poterseli permettere. -
- Non credo che sarebbe un argomento interessante. - disse Bulsara, guardando
verso l'alto per incontrare lo sguardo del lunare, con un sorriso conciliante,
anticipando Taylor. Per evitare una lite e per concludere il prima possibile
quella spiacevole conversazione, Roger aveva persino sorvolato sulla storpiatura
del nome "Tharsis", per questo aveva zittito l'amico, che al
contrario stava per perdere la calma.
- Ah no? Adesso, perché avete osato levare le armi contro il vostro
pianeta patrio, vi sentite tanto importanti da non sentire nemmeno il
dovere di dare una risposta ad un cittadino fedele ai governi? Voi abitanti
del Tarzi... -
Quel lunare era fastidioso come una mosca, ma Taylor non avrebbe potuto
dirglielo, visto che i lunari non conoscevano le mosche. Ciò nonostante
non poteva sopportare la sua voce.
La luce cruda, il modo irreale, da incubo, col quale tutti i passanti
li evitavano, andando a costituire un indistinto fondale di carne umana,
i bambini strattonati dai genitori, l'atmosfera soffocante degli ambienti
chiusi, di quella bolla di ferro e plastica sospesa sopra ad un oceano
sintetico, il ricordo degli anni passati intrappolato e sepolto vivo da
quella medesima marea vivente; il senso di impotenza verso il proprio
destino, tutto questo scosse Taylor dal suo torpore, e lo scagliò
contro il lunare, per cui lo interruppe bruscamente, violando una ferrea
regola di comportamento non scritta, visto che i marziani, da buoni ospiti
avrebbero dovuto aspettare, prima di parlare, la fine dei discorsi dei
lunari. Taylor parlò con tono basso, la voce scossa da un leggero
tremito, l'animo ardente di rabbia. - Tharsis, non Tarzi, Tharsis - ripeté
scandendo le lettere - c'è scritto anche sulla tuta, se sai leggere,
piccolo provinciale. -
L'altro rimase un secondo stupito da quell'impudente interruzione, poi,
per riaffermare la propria superiorità:
- Controlla il tono, ribelle, qui sei sul pianeta Luna, e qui esiste ancora
una legge, non come nei vostri territori. -
- La Luna non è un pianeta - Taylor, sapendo di toccare un punto
delicato dell'orgoglio lunare, rispose con aria di sufficienza, irritando
ancor più il suo interlocutore - è un semplice satellite.
-
- Il sistema Terra-Luna è un sistema doppio, mi capisci? Sono due
pianeti. -
- Hai un bel dire, la Luna rimarrà quello che è oggi, un
satellite. -
- Sei proprio ignorante: mai sentito parlare dei quattro pianeti? Sono
la Terra, Venere, Marte e...- aggiunse sibilando - ...La Luna. -
- E' solo un modo di dire, povero sciocco, è come affermare di
aver viaggiato per i sette mari, ma non basta una semplice licenza poetica
per cambiare la realtà, e la realtà è che la Luna
non è altro che un piccolo sputo di terra intorno alla Terra, e
i lunari non saranno mai abbastanza forti per essere indipendenti dal
cosiddetto pianeta patrio; la Luna rimarrà per sempre attaccata
alla sottana della Terra, e voi lunari resterete per sempre quello che
siete oggi - e ribadì il concetto - dei poveri provinciali. -
- I lunari sono fedeli, non bambini attaccati alla madre, lo sai che cos'è
la fedeltà, o su Marte ha cessato di esistere? -
- Noi marziani sappiamo cosa sia la fedeltà, ed è una qualità
che non vi riguarda, perché voi non siete fedeli, ma solo pusillanimi.
-
- Io non sopporto la tua arroganza, meriteresti la galera. - E così
dicendo fece il gesto di togliersi la giacca, per poter lottare con Taylor,
il quale era rimasto leggermente scosso da come il lunare aveva tirato
fuori l'argomento della prigione. Sapeva forse qualcosa, oppure era un
nuovo modo di dire del luogo, o anche una semplice coincidenza? Comunque
fosse, al momento non era necessario star tanto a pensare su una singola
frase, e così anche il geologo cominciò a prepararsi per
il combattimento. Nel frattempo tutt'intorno la gente si era radunata
a vedere la scaramuccia, e le simpatie erano naturalmente tutte per il
biondo lunare, che svettava di oltre venti centimetri sopra il biondo
marziano ed era più basso di May solo di un paio di centimetri.
Il pubblico si aspettava che il lunare impartisse una sonora lezione al
suo sfidante, anche se l'esito dello scontro era tutt'altro che scontato,
Taylor suppliva infatti alla scarsezza di centimetri con un fisico notevolmente
più massiccio. Una mano guantata fermò tuttavia il lunare
stringendogli la spalla. La mano che aveva posto fine a quell'incontro
prima che esso potesse cominciare apparteneva ad un militare, e dietro
a quel soldato ve ne erano altri cinque. Il milite, freddo, parlò.
- Alla prigione ci pensiamo noi, se permetti. -
- E perché? -
- Perché quei marziani vengono con noi. -
- Dove? -
- Non sono autorizzato a dirvelo. -
- Sì che lo è, sono il colonnello Don Albert Stuart, della
polizia militare, questi sono i miei due attendenti e questi sono i documenti.
-
L'altro si mise sugli attenti e cambiò tono di voce.
- Li dobbiamo portare giù sulla Luna, signore, devono essere giudicati
dalla corte marziale. -
L'uomo fissò il marziano, con un'espressione che si era fatta improvvisamente
pensosa, mentre Taylor parlò con calma glaciale. - Già,
alto tradimento e diserzione. - E così dicendo lanciò un'occhiata
di superiorità verso il colonnello, come per dire "Visto?
Sei stato fortunato a non misurarti con una persona pericolosa come me."
Quando i tre marziani si allontanarono, scortati dai sei soldati, in mezzo
ad una folla impietrita dalla vista di tre autentici traditori, tre uomini
macchiatisi di un crimine blasfemo, e solo quando il piccolo convoglio
fu abbastanza lontano, il colonnello parlò al suo compagno, disse
quattro parole, dense di significato. - Allora sono proprio loro. -
XI
Di
nuovo Deacon si trovava in un ampio locale. Avrebbe potuto essere lo stesso
della volta precedente, ma non lo poteva giurare. La vera differenza stava
nel fatto che ora sapeva dove si trovava. Di fronte a lui una ragazza
dalle sembianze asiatiche. Questa volta nessuno portava apparecchi per
deformare la voce mentre i visi erano ben illuminati.
Prima di essere ammesso al cospetto di quella ragazza, Deacon parlò
sottovoce a Leiber. - Ti ringrazio, il tuo è un atto di fiducia
notevole nei miei confronti. -
- Non esagerare. Se si dovesse venire a sapere che ci hai mentito, non
avrai la possibilità di raccontare di quest'incontro a nessuno.
-
- Me lo aspettavo, comunque grazie ugualmente. -
- Ricordati di darle del "voi", ci tiene molto. -
Ella parlò. - Mi hai chiamato, adepta Leiber? -
- Sì sacerdotessa, questo cadetto ha qualcosa da dirvi. -
- Beh - cadetto? - sì, sacerdotessa, vedete, so per certo che la
Luna ha sequestrato almeno una nave marziana. Una cisterna, appartenente
a dei minatori del Tharsis, di Aphrodite, per la precisione. Questi minatori
sono stati inoltre incriminati per alto tradimento e diserzione. -
- Strano, noi qui non ne eravamo al corrente. -
- E' probabile che vogliano tenere nascosta la faccenda. -
- E noi cosa dovremmo fare? -
- Liberarli, ed anche in fretta. L'alto tradimento va per direttissima.
-
- Perché dovremmo liberarli? -
- Per dimostrare alla Terra che noi marziani non siamo fantocci da poter
manovrare a piacimento. Per dimostrare che i cavalieri se vogliono possono
colpire ovunque, anche dove il potere terrestre è più forte.
Non sulla Terra, là le guerre stanno fiaccando i governi, ma sulla
Luna, l'insediamento umano più progredito di tutto il Sistema Solare.
-
- Ma il Tharsis è già libero, perché dovremmo invischiarci
in un'azione terroristica sulla Luna? -
- Perché il Tharsis ha sì l'indipendenza, ma non ha ancora
il prestigio, e se permetteremo che un vice-governo qualsiasi si prenda
gioco del primo governo non terrestre, il Tharsis non avrà mai
prestigio, e senza di esso la rivolta non si estenderà mai a tutto
il pianeta rosso. Il Tharsis non potrà essere la guida dell'indipendenza
marziana, e allora il nostro governo rimarrà isolato e potrà
essere spazzato via dagli altri vice-governi, in nome della restaurazione
dell'ordine. Questo è il momento di far capire a tutti e quattro
i pianeti che il predominio imperialistico terrestre è finito,
per sempre! - Deacon aveva farcito il suo discorso di pathos, per meglio
convincere la sacerdotessa, ma essa era rimasta, almeno all'apparenza,
indifferente. Poi, dopo un istante di pausa, ella parlò con la
sua voce fredda. - Conosci i loro nomi? -
- Sì, sono il capitano Frederick May, il secondo Roger Bulsara
ed il geologo Johnatan Taylor. -
- Sai dirmi dove si trovano? -
- Attualmente sono sulla base spaziale Luna3. -
- Come fai ad avere queste informazioni? -
- Sono dei miei amici, mi hanno comunicato loro stessi quello che so.
Credo che mi abbiano contattato clandestinamente. -
- Puoi andare adesso. -
Di già? - Farete qualcosa? -
- Ne parleremo al consiglio. -
Deacon dominò la propria rabbia. Come poteva essere che lo mandavano
via così, senza schizzare via in un lavoro febbrile? Una scenata
di collera non avrebbe comunque giovato alla sua causa. Gli conveniva
chinare la testa, se voleva sperare di rivedere l'equipaggio della Europe.
- Grazie per avermi ascoltato. -
- Adepta Leiber, accompagnalo dove sai, e non perderlo di vista. -
- Certamente. -
Quando furono abbastanza lontani per non essere uditi, Deacon chiese alla
tedesca - Dove mi porti? -
- Non avrai certo creduto che ti avremmo lasciato libero, così,
sulla parola e senza nessun riscontro. Ti sto portando in una cantina
con funzioni di cella. Ti terremo qui finché non avremo chiarito
la questione. -
- Faranno qualcosa? -
- E' il consiglio dei dieci che prende questo genere di decisioni, tuttavia
devono appurare che tu abbia detto la verità. -
- Io l'ho detta. -
- Se ti può consolare, ti credo. -
XII
L'equipaggio
della Europe fu scortato nella sezione degli hangar della stazione, lì
i soldati ed i tre prigionieri si imbarcarono su una piccola navetta,
dotata delle insegne del vice-governo della Luna Occidentale e del rispettivo
governo terrestre.
Il viaggio fu breve, meno di un'ora, la maggior parte della quale impiegata
per le manovre di partenza e di attracco. All'interno della navetta i
prigionieri erano guardati a vista, e per le norme di sicurezza era stata
loro imposta la cintura di sicurezza durante l'intero tragitto, un modo
come un altro, anche se leggermente camuffato, per tenerli immobilizzati.
Dopo lo sfogo avvenuto sulla stazione gli animi si erano calmati, fu allora
la volta di Bulsara a tentare di rompere l'opprimente circolo di noia
che stava lentamente invischiando i tre marziani.
- Questa navetta non è aerodinamica e non ha ali - cercava di allungare
il discorso quanto più possibile, per riempire, con la sua voce,
il vuoto che li colmava - ha semplicemente una forma funzionale, come
tutte le navi spaziali non è dunque in grado di penetrare un'atmosfera
densa. Come passeremo allora al di sotto della cupola?
- La navetta - rispose John - non oltrepasserà la Cupola, attraccherà
su una delle piattaforme che si trovano sul bordo della Cupola. -
- Si riescono a vedere da qui? -
- Sì, avvicinati all'oblò - poi tutti e tre i marziani guardarono
il comandante dei militari, egli, seduto, non disse niente e quindi Roger
si avvicinò all'oblò. - Vedi - continuò Taylor -
dove si intersecano le nervature, ci sono delle macchie più scure...
-
- Sì, sembrano in rilievo. -
- In effetti le piattaforme si ergono al di sopra della Cupola per qualche
centinaio di metri. -
- Dovremo indossare le tute spaziali? -
- No, ci sarà un condotto pressurizzato che ci porterà all'interno
della piattaforma, di lì scenderemo fino alla Cupola, all'interno
delle nervature, che sono oltretutto delle vie di comunicazione. -
- Quanto sono grandi quelle nervature? -
- Parecchio, ora non ti so dire quanto, ma di sicuro l'intera Europe potrebbe
entrarci comodamente. -
Nel frattempo May era rimasto silenzioso e meditabondo, non si arrendeva
all'idea di non poter essere padrone della propria vita, di dover sottostare
ad oscuri disegni caduti dall'alto, e cercava con la forza della ragione
una via per tornare alla libertà.
Mentre Fred rifletteva, e Roger parlava con John, la navetta attraccò.
La Cupola, vista da lì, rifletteva gran parte della luce solare
ed appariva così di una luminosità lattiginosa, non uniforme
ma densa di lampi ed ombre; le nervature, più scure, rendevano
il paesaggio stranamente simile ad alcune zone, ancora intatte anche dopo
l'arrivo dell'uomo, del satellite Europa. Questa rassomiglianza non sfuggì
ai marziani, e non mancò di ricordargli che comunque fossero andate
le cose essi non sarebbero mai più tornati su quella colonia in
veste di minatori. Era veramente uno strano caso che tutti quei guai fossero
capitati proprio al loro ultimo viaggio con la Europe.
Su un bordo di quel mare luminoso svettava una costruzione, una torre
simile vagamente ad un fungo, il cui vasto cappello era la piattaforma.
La nave attraccò ed un condotto pressurizzato unì il terreno
della Luna a quella piccola navetta. Dal condotto le nove persone passarono
attraverso la Cupola, passando all'interno della grande colonna che sorreggeva
la piattaforma. Al di sotto della Cupola quel vasto pilone proseguiva
la sua fuga verso il basso, facendosi carico, oltre che della piattaforma,
anche del peso delle nervature e della Cupola stessa. Il pilastro perse
la sua forma regolare, mascherata e ricoperta da una fitta rete di "ascensori",
viadotti e tunnel. L'equipaggio della Europe ed i sei soldati si trovavano
all'interno di una di quelle vie verticali, e stavano scendendo verso
la superficie. Esse avevano le pareti trasparenti che lasciavano ammirare
la grande città lunare, la quale lasciò May e Bulsara senza
fiato.
L'architettura lunare era completamente diversa da quella di ogni altro
insediamento umano, e colpì profondamente i due marziani che non
l'avevano mai vista prima dal vivo.
Sulla Terra, su Marte, anche su Venere esistevano grandi città,
dotate di rigogliosi grattacieli; ma nulla che si potesse paragonare alla
sconfinata città lunare. Lì le costruzioni si estendevano
grigie e metalliche per chilometri in altezza, fino quasi a sfiorare la
Cupola, a poco più di quattro chilometri dal livello medio della
superficie lunare. Quelle immense città verticali non avevano forme
regolari, ma erano ricche di rigonfiamenti, di promontori, di anse, di
angoli vivi e curve dolci, di strade, gomitoli intrecciati di gallerie
sospese che collegavano tra di loro i vari edifici. Già poche decine
di metri al di sotto della Cupola la luce del sole faceva fatica a raggiungere
gli occhi degli abitanti, e la stessa Cupola diveniva difficile da distinguere
tra una massa di cemento e l'altra, mentre, col passare dei metri, svaniva
sommersa dalle luci artificiali, che supplivano alle ingombranti ombre
di quei giganti semi-metallici.
Gli edifici non erano disposti sulla superficie in maniera regolare, ma
erano addossati gli uni sugli altri, come una fitta giungla creata dall'uomo,
mentre da quella confusione di costruzioni si ergeva solo, isolato, il
presidio militare. Una struttura singolare per la propria regolarità,
che poteva ostentare la propria monumentale diversità non stabilendo
un primato in altezza, ma tenendosi isolata dal chiasso di ferro e plastica
grazie ad un vasto parco.
May interruppe il suo silenzio. - Perché, John, secondo te i vice-governi
lunari hanno scelto di rimanere neutrali, fino ad ora? -
- Perché, credo, non avevano altra scelta. La guerra sulla Luna
è impossibile, anche se dovessero completare il Limes prima di
un'azione di guerra terrestre, la vita sarebbe sempre troppo precaria
qui - e lanciò uno sguardo malevolo ad uno dei sei militari - qualche
squarcio nella Cupola o qualche sabotaggio alle fabbriche di ossigeno
annienterebbero ogni forma di vita sul satellite - questa volta fu un
milite a guardar storto Taylor - pensa ad esempio se i vice-governi lunari
fossero entrati in guerra e, tanto per fare un'ipotesi, la Luna Occidentale
avesse conquistato tutto questo piccolo satellite senza danneggiare le
strutture di sopravvivenza. Allora l'Europa avrebbe sempre potuto tranquillamente
decidere di spedire qui una delle sue navi militari e sarebbero bastati
un paio di colpi con i cannoni al plasma, neanche con un'arma troppo moderna,
e di nuovo la Luna sarebbe stata un'insieme di sassi senza vita. -
- E' stata dunque una soluzione forzata. -
- Certo - ora le occhiate di stizza erano di tutto il contingente militare,
e Taylor ne era deliziato, insieme anche a Bulsara, che seguiva divertito
tutte le frecciatine che lanciava il geologo, mentre May restava estraneo
al discorso - i lunari d'altra parte non hanno abbastanza nerbo per prendere
una posizione decisa. -
- E come sono i rapporti tra i vice-governi? -
- Vogliono far credere che siano idillici - il sorriso sarcastico di Taylor
era radioso - tuttavia i lunari sono troppo campanilistici. D'altronde
la costruzione stessa del Limes lo dimostra, i lunari preferiscono salvaguardare
ognuno il proprio piccolo interesse, piuttosto che unirsi tutti contro
la Terra come stiamo facendo su Marte. -
Bulsara non fece in tempo a replicare, interrotto bruscamente dal comandante
della scorta, che seccamente disse, tra i denti - Siete arrivati, ribelli.
- Quindi si congedò e passò i prigionieri ad un altro drappello,
che li portò in una sala dalle pareti spoglie, asettica e dalla
luce innaturale; lì c'erano delle persone, sempre in uniforme,
questa volta ricche di decorazioni. I tre vennero fatti accomodare, quindi,
nell'aula austera del tribunale militare cominciò l'udienza.
Il processo fu veramente molto rapido, una prova di efficienza, o di superficialità,
tale da lasciare storditi. La linea dell'accusa era del tutto indiziaria,
e sarebbe bastato un mediocre avvocato per smontarla. Sfortunatamente,
se proprio si voleva incolpare la sfortuna invece che il vice-governo,
a disposizione dei tre marziani non c'era che un piccolo avvocatello meno
che mediocre, o forse abilissimo, ma indubbiamente di parte. La pubblica
accusa partiva dal presupposto che i tre erano originari del Tharsis,
la regione ribelle, e che pertanto dovevano essere necessariamente anch'essi
dei ribelli, inoltre a contribuire a questa tesi c'era una prova "schiacciante".
Dopo il sanguinosissimo attentato alla sede del vice-governo di Aphrodite,
era stato individuato da agenti di sicurezza nazionale, classificato come
terrorista dall'ormai scomparso vice-governo del Tharsis, tale Deacon
Brian, socio ed indubbiamente stretto conoscente dei tre imputati. Ad
aggravare definitivamente la situazione c'era infine la presenza di un
messaggio, inviato attraverso un canale protetto, dallo stesso Deacon
verso la Europe, poco tempo dopo l'attentato. Cosa dicesse realmente il
messaggio nessuno lo sapeva con certezza, ma ciò era superfluo;
era infatti naturale, quasi obbligatorio secondo l'accusa, ritenere che
il signor Deacon altro non avesse fatto che informare i propri complici
del terribile atto da lui commesso. L'udienza poi continuò su quel
tono, senza naturalmente fare cenno agli avvenimenti della cintura di
asteroidi. Non poteva che essere un processo farsa, questo lo sapevano
tutti e tre i marziani, e proprio come uno spettacolo infatti sembrò
prenderlo May che, sprofondato nella sua sedia, ne spiava lo svolgimento
con un sorriso a mezza bocca tra l'amaro ed il divertito, ma con una tranquillità
che disorientava anche i suoi due amici, i quali al contrario seguivano
gli avvenimenti con preoccupazione mista a rassegnazione, sempre crescenti.
Il culmine fu toccato quando, uno dopo l'altro, sfilarono tra i testimoni
i compagni di flottiglia dei tre marziani, e tutti dipinsero gli imputati
come esseri efferati, senza scrupoli. Lo sguardo di May a volte duro e
pieno di rancore, cercava costantemente gli occhi dei testimoni, ma essi
sfuggivano codardi. Il ritratto che emerse dell'equipaggio della Europe
fu tale che neanche Bulsara, Taylor o May, avrebbero avuto, in coscienza,
il coraggio di assolversi. Al termine del valzer dei testimoni l'avvocato
dell'accusa propose alla corte la sua pena, che naturalmente non era l'esecuzione,
bensì la prigionia a vita e, pensarono i condannati, chissà
cosa i lunari avrebbero voluto estorcere durante la prigionia; cosa e
con quali mezzi.
Ad ogni modo l'inesistente avvocato della difesa fu d'accordo con la pena
proposta e così la parola passò alla giuria, che naturalmente
fu unanime nel dichiarare i tre colpevoli. Di lì la parola passò
al giudice. - Bene, dunque, se gli imputati non hanno dichiarazioni da
fare possiamo...-
- Sì vostro onore, avrei una dichiarazione da fare. -
Era May, che si era alzato in piedi. Il volto serio ostentava una sicurezza
distante, come se le parole che stava per dire non gli interessassero
minimamente. La sua frase aveva preso di sorpresa ogni singolo occupante
della sala, tranne forse Stuart, che appariva in fondo all'aula, pronto
per scortare all'uscita i marziani. All’ultimo momento aveva ottenuto
infatti di poter assistere anche alla prima udienza. Tutta l'aula era
in ogni modo incuriosita da ciò che poteva aver da dire quel ribelle
per riaprire una procedura già archiviata.
Divertito il giudice-generale, che riteneva spacciati gli imputati, esortò
il capitano della Europe. - La prego, faccia la sua dichiarazione. -
- Non attendevo altro; ma semplicemente, ritengo che qualsiasi sentenza
che Vostro Onore possa pronunciare non possa essere valida - un brusio
si levò per l'aula, i giurati e gli importanti generali che assistevano
all'udienza erano scandalizzati per l'impudenza del ribelle, mentre Stuart,
sorridendo, vedeva avvicinarsi la seconda udienza, nonostante solo pochi
istanti prima quest’ipotesi sembrasse assurda a dir poco. May fu
costretto ad alzare la voce per essere udito, anche se era proprio ciò
che, teatralmente, desiderava - Perché... - Si fermò ed
aspettò un secondo che l'aula si placasse, giacché era impossibile
continuare a parlare al giudice con tutto quel baccano. Una volta ristabilito
il silenzio non fu però il capitano, ma il giudice, irritato da
quel contrattempo, a riprendere la parola. - E ci vuole spiegare perché
di grazia questa corte marziale non la aggrada, signor May? -
- Nessuna sentenza pronunciata in questo luogo potrà ritenersi
valida perché, in quanto cittadino del Tharsis, è nel mio
diritto chiedere ed accettare unicamente una sentenza emessa dal governo
europeo, o da un vice-governo da esso dipendente, e quindi, se volete
che noi si sia giudicati, dovrete assolutamente consegnarci ad una delle
sopracitate autorità. -
Detto questo si sedette con la massima calma, e sussurrò ai suoi
compagni - Forse credevano di avere a che fare con dei rozzi sprovveduti,
come nei romanzi, non credo che sappiano che per diventare piloti spaziali
e commercianti d’acqua si studia come, e forse anche più
che per diventare ufficiali nell'esercito. -
- Non possono rifiutare il tuo appello? -
- No Roger, ma non ti ricordi niente di diritto? -
- No, non l'ho mai digerita come materia, per questo sei tu il capitano
e non io. -
- Comunque, avrebbero potuto rifiutare il mio, anzi il nostro appello,
solo se Europa e Nord America avessero preso degli accordi in questo senso,
ma oggi come oggi, con i due paesi che si fronteggiano, creiamo un caso;
non possiamo essere considerati come prigionieri di guerra, essendo la
Luna neutrale, e non possiamo essere giudicati da un loro tribunale se,
come abbiamo fatto, ci appelliamo. Per tutte queste ragioni il vice-governo
ha solo tre alternative: o ci lascia andare come liberi cittadini ammettendo
di non avere giurisdizione su di noi, o ci consegna all'Europa oppure
ci tiene e così facendo rompe la neutralità e dichiara guerra
agli europei.
Il vice-governo non avrà il coraggio di fare un atto di guerra
direttamente contro un governo terrestre, e certo non ha una gran voglia
di consegnarci ad un suo nemico. -
- Naturalmente, se non può averci la Luna Occidentale non dovrà
averci nessuno. -
- Proprio così Roger, faranno proprio questo ragionamento. -
- E non possono neanche farci sparire ed insabbiare il caso - intervenne
entusiasta Taylor - non si può far sparire infatti una nave cisterna
piena d'acqua con tutto il suo equipaggio nel nulla, specialmente se questo
equipaggio fa tanto gola. -
- Sei stato geniale Fred, come ti è venuta quest'idea?-
- E' da quando stavamo sulla stazione che pensavo ad una scappatoia, non
riuscivo ad accettare l'idea che ci usassero come marionette senza che
noi potessimo dire o fare niente - poi dopo un secondo di pausa, riprese
con la voce eccitata - ti rendi conto? Fra poche ore usciremo di qui!
Siamo stati più forti noi tre di un intero vice-governo. -
- Già, è una bella soddisfazione. -
Il giudice, rimasto impietrito dall'intervento di May, e non trovando
alcuna soluzione, aggiornò la seduta. Tra i tre prigionieri ci
furono scambi ironici di osservazioni sull'unico processo-lampo-farsa
che fosse mai stato aggiornato.
XIII
La
stanza era illuminata da una luce portatile, qua e là vi erano
chiazze di fine polvere rossastra, l'umidità trasudava da ogni
parte e la luce radente giocava con le ombre che si formavano sulle pareti
incrostate, le quali avevano assunto un aspetto appiccicaticcio, mentre
il soffitto era ornato di larghe macchie di muffa. Non c'erano finestre,
solo una porta mezzo ossidata e mezzo marcia.
Deacon, dopo qualche esitazione, era riuscito a trovare un angolo su una
cassa sul quale era possibile sedersi senza rimanere invischiati nel sudiciume
che aleggiava in tutta la stanza; Leiber, dopo aver passeggiato nervosamente
per ogni angolo di quel bugigattolo aveva deciso di restare in piedi.
Il silenzio metteva a disagio i due. La prima a parlare fu la tedesca.
- Li conosci da molto? -
- Le persone che i tuoi amici dovrebbero liberare? -
- Conoscenti, forse colleghi, ma non amici. Allora? -
- Da parecchio tempo. John, il geologo, l'ho conosciuto ai tempi dell'università,
una decina d'anni fa. Gli altri due invece addirittura da prima della
scuola. -
- Siete molto amici? -
- E me lo chiedi, con i rischi che sto correndo per loro? -
- Perché sono andati a finire sulla Luna? -
- Non lo so, avranno avuto qualche avaria, la Luna era il porto più
vicino per qualche riparazione; e se il Satellite fosse rimasto veramente
neutrale, sarebbe stato anche un porto sicuro. Evidentemente saranno capitati
su un territorio europeo, e quel vice-governo ha agito per ripicca alla
nostra indipendenza. -
- Ti sbagli. -
- Perché? -
- La base Luna3 appartiene al vice-governo della Luna Occidentale. -
- Ciò vuol dire che dipendono dal Nord America? -
- Sì. -
- Non è possibile. -
- E' così. -
Il volto di Deacon si rabbuiò, preoccupato, ma Leiber continuò
incalzante. - Quello che ci hai detto, poco fa, era tutto vero, non è
una qualche trappola contro i templari? -
- Certo che è tutto vero, lo hai detto tu stessa che rischio in
prima persona, e mi aspettavo di correre questo rischio già quando
sono venuto a parlarti. -
- Un atto di coraggio notevole per i tuoi amici, perché la sacerdotessa
non ama gli scherzi. -
- E non avrà modo di alterarsi, perché di scherzi non ne
ho in mente. -
- Allora mi sapresti spiegare perché un governo nemico dell'Europa
perde tempo con dei minatori che, se l'accusa fosse fondata, altro non
farebbero che recare danno all'Europa stessa?. -
- Un attacco di giustizia salomonica? No, mi viene in mente come unica
risposta un attacco di follia collettiva, non so proprio cosa dirti. -
Certo, pensò, non ti dirò cosa ho trovato sotto la torre,
e quello sì che potrebbe essere la causa di tutto.
- Sicché brancoli nel buio? - Leiber non era convinta, che avesse
intuito qualcosa?
- Sì, brancolo proprio nel buio. - Erika voleva andare più
a fondo, per comprendere i meccanismi di quanto stava accadendo intorno,
ma Deacon non voleva svelare i segreti del moto ultimo del gigantesco
ingranaggio che rischiava di inghiottire tutto, e quindi cambiò
discorso. - L'unico aiuto che potrei sperare di ottenere me lo potreste
dare voi, se voleste. -
- Credo che la sacerdotessa darà ordini di agire. -
- E' lei a capo di tutto? -
- Praticamente sì - probabilmente Leiber aveva capito che Brian
non avrebbe parlato, e quindi aveva tacitamente accettato di cambiar discorso
- Il potere è nelle mani di un consiglio formato da dieci persone,
dieci "Sacerdoti", ognuno a capo di uno dei distretti di Marte.
La Sacerdotessa, che è a capo del Tharsis, è anche il membro
dotato di maggior carisma, per questo la chiamano "Grande" Sacerdotessa.
Quindi, se lei decide qualcosa, i templari ubbidiscono. -
- Secondo te lei ha deciso di agire? -
- La conosco abbastanza bene, e mi è sembrata molto interessata
a ciò che hai detto. -
- E tu a che livello ti trovi della scala gerarchica? -
- Molto elevato. Non faccio parte del consiglio dei dieci, ma sono un
consigliere personale della Sacerdotessa. Se fossi stata più in
basso nella scala non avrei potuto organizzare questo incontro. -
- Conosci dunque le prove che hanno circa un Marte primevo? -
- No, sono appannaggio dei Sacerdoti - e dopo una breve pausa, come di
incertezza - e, se vuoi saperlo, neanche mi interessa conoscerle. Perché,
tu credi a queste cose? -
- Certo che no! - rispose con fare indignato - Era semplice curiosità,
giusto per sapere se fossero solo chiacchiere o se avessero falsificato
qualche prova; piuttosto, non credevo che un templare fosse tanto scettico
su questi argomenti. -
- La vuoi sapere la verità? -
Una brutta frase. Un atto di fiducia da parte di Leiber che forse esigeva
una ricompensa, sotto forma di una confidenza di Deacon; ma Brian non
aveva nessuna intenzione di rivelare i propri segreti; avrebbe voluto
quindi dare una risposta negativa, tuttavia sia per le condizioni oggettive,
sia perché aveva per la tedesca una certa stima, rispose. - Certo.
-
- Per quel che ne so si rifanno principalmente ad antichi dati, coincidenze,
teorie ed ipotesi ancora tutte da dimostrare. Queste sono le prove che
tutti i templari possono conoscere. Se poi c'è dell'altro, è
la Sacerdotessa ad averlo in possesso. Io comunque credo che tutto quello
su cui si fonda questa setta non sia altro che una marea di stupidaggini.
-
- Confidenza per confidenza, Erika - perfetto, pensò Deacon, posso
ristabilire l'equilibrio senza dover inventare nulla - sono d'accordo,
ed anzi, confermo l'opinione che mi ero fatto di te. -
- E cioè? -
- Ti reputavo troppo intelligente per credere a queste favole. -
- Per tutta risposta Leiber disse un - Grazie. - divertita.
Brian continuò. - La vita non terrestre su Marte è un argomento
del tutto esaurito, non lo usano più nemmeno le mamme per le favole
della buona notte, ma perché allora fai parte di questa setta?
-
- All'inizio ci sono entrata per gioco, una dozzina d'anni fa, ai tempi
di Batrax. Me la fece conoscere un amico, mi attirava la parola "Teutonico",
che, sapevo, era collegata all'antichità tedesca. -
- Dunque ti sei affiliata per seguire le tue origini? -
- Sì, ma dopo poco si sono rivelati tanti pazzi. Per un po' fu
anche divertente. La setta muoveva i suoi primi passi e c'era ancora qualche
difetto di organizzazione, che dava origine a gustosi equivoci, ma piano
piano si è perfezionata e così ha perso quell'aspetto di
improvvisazione che contribuiva a renderla divertente. Poi, proprio quando
avevo deciso che mi sarei dissociata, è nata, tra le varie ideologie,
la corrente politica che voleva la libertà di Marte. Questo è
il solo lato che mi ha trovata d'accordo, il resto lo accetto solo per
rimanere qui. -
- E perché ti interessa la libertà di Marte? -
- Perché si è cominciato a parlarne seriamente con i primi
sintomi della crisi terrestre, e poi abbattere le barriere doganali sul
pianeta rosso è sempre stato un mio sogno. Ti rendi conto che è
più facile commerciare con l'Europa, che dista quanto dista, piuttosto
che con un altro vice-governo marziano? La libertà è un
grande affare. -
- Sei molto pragmatica. -
- Altrimenti non sarei stata una donna d'affari, e poi c'è ancora
un motivo per cui ho deciso di restare nella setta. -
- E sarebbe? -
- Tutto risale a quando è stata nominata l'attuale Sacerdotessa,
allora non era ancora "Grande". E' stata lei a dare una nuova
organizzazione ai templari e ad immettere l'ideale dell'indipendenza marziana,
per questo ha un così grande ascendente. I templari sono quello
che sono soprattutto a causa sua, poi deciderai tu se i suoi sono meriti
o colpe. Quando si è incominciato a parlare dell'indipendenza marziana
la Sacerdotessa aveva già fatto in modo di impiantare delle sedi
segrete della setta sugli altri pianeti, inoltre, anche a causa della
sua giovane età, il nostro gruppo di templari era sconosciuto alle
forze dell'ordine, e per questo motivo godeva di un'ampia libertà
di movimento, un vantaggio importante per un gruppo che si stava preparando
alla lotta armata; e c'è da dire anche che all'interno delle riunioni
si respirava un clima... Si intuiva che avremmo certamente vinto. -
- E non vi sbagliavate. -
- No, ma qui veniva il problema. Con l'indipendenza di Marte intuii subito
che sarebbe andato al potere un gran numero di quei pazzoidi, Sacerdotessa
in testa. Capii che era necessario che li controllassi, tenerli d'occhio
e magari sperare in un incarico importante nell'amministrazione del nuovo
governo indipendente. -
- Ed oggi com'è la situazione? -
- Che oltre metà del consiglio del governo di salute pubblica,
nonché i due terzi dell'assemblea costituente che verrà
nominata, provengono dalla setta dei cavalieri templari. -
- E tu? -
- Il fatto di esser dentro alla setta praticamente da sempre mi ha aiutata
ad entrare in confidenza con la Grande Sacerdotessa, e questo ha contribuito
a migliorare la mia posizione. Attualmente ho buone probabilità
di avere qualche incarico importante nel nuovo apparato politico, e se
mostro di essere ancora degna di fiducia, dovrei avere un posto anche
nel prossimo governo. -
- Non è che di fronte a me tu ti sia mostrata molto degna. -
- Davanti a te, di certo non davanti alla grande sacerdotessa. -
- Giusto. -
- D'altra parte la liberazione del Tharsis non è che il primo passo,
per la creazione di una federazione marziana che comprenda l'intero pianeta
rosso, e che sarà in grado, già a partire dai primi anni
del prossimo secolo, di dettare la propria egemonia su tutto il Sistema.
-
- Sono parole tue? -
- No, è un punto del programma templare per i prossimi anni. -
- E tu concordi? -
- Abbastanza, forse adottano toni troppo enfatici, troppo da propaganda,
ma non hanno tutti i torti. Pensaci bene, la Terra, quando uscirà
dal conflitto, sarà completamente devastata. Certo saprai che ormai
è guerra aperta su tutti i fronti di ciascun continente. -
- Sì, lo so, blocco contro blocco, senza le grandi alleanze delle
altre guerre. -
- Bene, cioè, si fa per dire. Comunque, una volta finita la guerra,
e probabilmente anche prima, la Terra non avrà più i mezzi
per comandare sul Sistema; la Luna, nonostante la sua tecnologia, è
troppo povera di risorse, la sua attenzione è rivolta principalmente
a mantenere i sedici miliardi di lunari. Venere d'altra parte è
ancora troppo selvaggio; le colonie orbitali sono troppo piccole e disperse.
Allora Marte unito sarà l'unica potenza in grado di fare da guida,
come d'altra parte hanno fatto i governi terrestri fino all'inizio di
questo secolo. -
Deacon era riuscito a deviare il discorso ed a mantenere i propri segreti,
ma una volta passato il pericolo riaffiorava la preoccupazione per i suoi
amici prigionieri, cosa che gli tolse ogni minimo desiderio di parlare,
così decise di troncare il discorso - Sarà, ma al momento
mi preoccupo solo per i prigionieri sulla Luna. -
- Non temere, sono sicuro che i compagni sono già al lavoro. -
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