Nono Comandamento
Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa appartenga al tuo prossimo (Es. 20,17)
Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
(Mt 5-28)
Si può commettere adulterio nel cuore non solo con il coniuge di un altro, ma anche con il proprio coniuge se lo si guarda con lussuria o lo si tratta"solo come un oggetto per soddisfare l'istinto.
(Giovanni Paolo II - Osservatore romano 8 ott 1980)
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Non desiderare la donna d'altri
Questo comandamento riguarda l'intenzione del cuore e quindi riassume tutti i precetti della Legge. San Paolo afferma: "Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne; la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste".
(Gal 5,16-17).
"La lucerna del corpo è l'occhio. Quando il tuo occhio è semplice, anche tutto il tuo corpo è luminoso; ma se è cattivo, anche il tuo corpo è tenebroso. Bada dunque che la luce che è in te non sia tenebra" (Lc 11,34-35). è l'invidia che rende l'occhio cattivo, perché senza la rettitudine interiore, ogni atteggiamento e ciascuna parola sarà vana, poiché ciascuno è tentato dalla concupiscenza che lo attrae e lo seduce. La riduzione della persona cui dedicarsi in oggetto di libidine, può essere fatta da chiunque, perché la nostra fame e la nostra sete, nei rapporti con il prossimo, possono portare a comportamenti scaltri per approfittare dell'ingenuità e della debolezza del prossimo, per ingannarlo. Il desiderio precede sempre l'azione, come la volontà precede sempre l'opera, specialmente nel campo sentimentale: il desiderio, se accettato dalla mente, difficilmente può essere bloccato. Occorre quindi imporsi di non volere e cercare di avere a tutti i costi ciò che non ci appartiene. La prudenza, se messa in atto, ci aiuta a non sbagliare.
Questo comando si collega al sesto, nel quale, fra le altre mancanze, è condannato l'adulterio. Se, infatti, è peccato prendere la moglie di un altro, è peccato anche il desiderio di prenderla, poiché il voler compiere un'azione è appena di poco inferiore all'azione compiuta.
Il nono comandamento ci ordina di non desiderare la moglie del nostro prossimo. Molto spesso si passa dallo sguardo al desiderio, poi alla seduzione, all'accordo e infine all'atto. Come fece il re Davide con Betsabea, moglie di Uria. "Un pomeriggio Davide alzatosi dal letto, passeggiava sulla terrazza della reggia, quando vide dall'alto della terrazza una donna che si lavava. La donna aveva un aspetto molto bello. Davide mandò a prendere informazioni sulla donna e gli fu risposto: è Betsabea, figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Hittita. Davide mandò messaggeri per prenderla. Lei andò da lui ed egli dormì con lei, che si era appena purificata dalla sua immondezza; poi fece ritorno a casa sua. La donna concepì e mandò a informare Davide: Sono incinta" (2 Sm. 11). Davide inviò poi Uria sul fronte della battaglia più dura affinché fosse ucciso e così avvenne. Il Signore gli mandò a dire attraverso il profeta Natan: "Ma ora non si allontanerà mai più la spada dalla tua casa".
Il Signore ci comanda di "non desiderare" perché conosce le nostre debolezze e il confine tenue tra desiderio e volontà. Non solamente l'atto compiuto, ma anche il desiderio di esaudirlo è peccato, perché s'inizia col desiderio, poi si prosegue con la seduzione, poi si esegue l'atto. Da uno sguardo impuro subentra la malizia nella mente che eccita, attraverso la fantasia, le brame del corpo; per questo occorre essere prudenti, casti e semplici come i bambini. "Allontana l'occhio dalla donna avvenente e non mirare le bellezze di un'estranea; molti ha sedotto la bellezza di una donna, il suo amore brucia come un fuoco. Non sederti assieme alla moglie di un altro, in sua compagnia non bere a una festa, perché la tua anima non le corra dietro e tu cada, insanguinato, nella perdizione".
(Sr. 9,8-9).
Il desiderio non è una colpa quando è buono e non offende nessuno. Dio vuole che impariamo a cercare il vero Bene, la vera Bellezza, la vera Felicità, il vero Amore. Il vero amore non è mai egoistico e ristretto, bensì generoso e aperto. Il vero amore non si costruisce nel ricevere, ma nel dare.
Non desiderare la donna d'altri significa anche non ridurre la persona da soggetto a oggetto. Questo peccato può verificarsi anche all'interno del matrimonio, quando un coniuge desidera l'altro solo come strumento per soddisfare la propria libidine.
Il nono comandamento richiede di vincere la concupiscenza carnale nei pensieri e nei desideri. La lotta contro tale concupiscenza passa attraverso la purificazione del cuore che presuppone la limpidezza delle intenzioni, la trasparenza dello sguardo, la disciplina dei sentimenti e dell'immaginazione con la pratica della temperanza.
L'obiettivo del comandamento è la fedeltà reciproca tra uomo e donna nel matrimonio, la loro fedeltà sarà completa solamente se sapranno essere fedeli l'uno all'altra nel pensiero e nel desiderio, e sapranno giungere a una trasparenza totale tra di loro.
Talvolta ci accorgiamo che dentro di noi, si svolge come una lotta tra le tendenze e i desideri dello Spirito, che ci mostrano il bene, e le tendenze della carne, che ci spingono a fare il male: è il combattimento spirituale. è il cuore, infatti, che bisogna purificare perché, come dice l'evangelista Matteo: "dal cuore provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni" (Mt 15,19). E ancora Matteo dice: "Beati i puri di cuore perché vedranno Dio". I puri di cuore sono quelli che cercano di vivere la santità di Dio nella loro vita.
San Giovanni distingue tre tipi di smodato desiderio o concupiscenza: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia. La "concupiscenza", è ogni forma veemente di desiderio umano e il moto dell'appetito sensibile che si oppone ai dettami della ragione umana, genera disordine nelle facoltà morali dell'uomo e, senza essere in se stessa una colpa, inclina l'uomo a commettere il peccato. "Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore".
(Mt 5,28).
Il nono e il decimo comandamento costituiscono la verifica di tutti gli altri Comandamenti: chi li osserva veramente per convinzione, non può non osservare anche questi ultimi due, perché tutta la legge, ma in modo particolare tutti i Profeti, hanno richiamato alla fede del cuore contro le esteriorità.
Significato nono comandamento: la moglie del tuo prossimo significato
Esegesi
Il Signore ci comanda di "non desiderare" perché conosce la nostra fragilità e quanto sia pericoloso il confine tra desiderio e volontà e ci intima a non desiderare, in questo modo Dio ci aiuta a non peccare perché "I desideri della carne portano alla morte", in sostanza questo è un Comandamento di insegnamento e d'amore.
Da uno sguardo impuro entra la malizia nell'occhio, la fame nel corpo, la fantasia nella mente, la febbre nel sangue, la decisione nella volontà. Perciò dobbiamo essere prudenti e sobri, casti e semplici, usando molta prudenza negli sguardi e negli istinti del nostro cuore, Il desiderio precede sempre l'azione, come la volontà precede sempre l'opera.
La prudenza, che è la prima delle quattro virtù cardinali, ci aiuta a non sbagliare. Gli occhi di una persona ci rivelano ciò che in lei si nasconde. Chi ha cuore puro e sguardo limpido è capace di vedere Dio nel suo prossimo.
Abbiamo dentro di noi un'ansia di infinito, ma siamo limitati nella nostra natura umana, impregnata da infiniti desideri. Eppure riusciamo ancora a sentire l'anelito di abbracciare l'infinito, di andare al di là delle stelle. L’obbligo di rispettare i comandamenti in ogni circostanza non è un divieto fine a sé stesso ma, al contrario, indica che "il comandamento dell’amore di Dio e del prossimo non ha nella sua dinamica positiva nessun limite superiore”, cioè è un invito ad amare sempre di più: c’è invece “un limite inferiore, scendendo sotto il quale si viola il comandamento.
(Giovanni Paolo II - Veritatis splendor, 52)