La direzione del capitalista non è soltanto una funzione particolare derivante dalla natura del processo lavorativo sociale e a tale
processo pertinente; ma è insieme funzione di sfruttamento di un processo lavorativo sociale, ed è quindi un portato dell'inevitabile
antagonismo fra lo sfruttatore e la materia prima da lui sfruttata. Così pure, col crescere del volume dei mezzi di produzione che
l'operaio salariato si trova davanti come proprietà altrui, cresce la necessità del controllo affinchè essi vengano adoperati
convenientemente.
L'applicazione sporadica della cooperazione su larga scala nel mondo antico nel medioevo e nelle colonie moderne poggia su rapporti
immediati di signoria e servitù, e per la maggior parte dei casi sulla schiavitù.
Come la forza produttiva sociale del lavoro sviluppata mediante la cooperazione si presenta quale forza produttiva del capitale, così
la cooperazione stessa si presenta quale forma specifica del processo produttivo capitalistico, in opposizione al processo produttivo
dei singoli operai indipendenti o anche dei piccoli mastri artigiani.
Se quindi il modo capitalistico di produzione da una parte si presenta come necessità storica affinchè il processo lavorativo si
trasformi in un processo sociale, dall'altra parte questa forma sociale del processo lavorativo si presenta come metodo applicato dal
capitale per sfruttare il processo stesso più profittevolmente mediante l'accrescimento della sua forza produttiva.
Su questa forma fenomenica che rende invisibile il rapporto reale e mostra precisamente il suo opposto, si fondano tutte le idee
giuridiche dell'operaio e del capitalista, tutte le mistificazioni del modo di produzione capitalistico, tutte le sue illusioni
sulla libertà, tutte le chiacchiere apologetiche dell'economia volgare.