La posizione del conservatorismo è ben chiara: difendere famiglia e patria da
eventuali nemici o sovvertitori, siano essi persone o ideali. I conservatori
ritengono, inoltre, che la natura umana non possa essere migliorata servendosi,
a sostegno di questo "postulato" d' una lettura strumentale del darwinismo,
secondo cui la società progredirebbe grazie ai suoi "migliori". E' un discorso
che non prevede meritocrazia e bada bene a che non ci siano capovolgimenti di
quella condizione ritenuta naturale: c'è chi è per natura predisposto a
governare e chi lo è per essere governato, in base alla capacità di gestione di
ciò che si possiede. Di fatto solo chi possiede può governare, dunque
fondamentale è la proprietà privata e scarsissima rilevanza ha l'aiuto al meno
fortunato, al debole; tale è il suo status, per il disegno innegabile della
natura, per tanto ogni cosa resta al suo posto. Tutto ciò si proietta anche nel
pensiero pedagogico: minima importanza ha l'inventiva, la creatività e il nuovo
come tale, con terribili ripercussioni per lo sviluppo del senso critico del
discipulus, per il timore di mettere in pericolo l'ordine prestabilito. Si
preferisce, quindi, un tipo d'apprendimento passivo limitato all'ascolto, al
rispetto delle regole (puntualità, laboriosità, diligenza e dulcis in fundo
obbedienza). La religione come "oppio dei popoli ", per dirla con Karl
Heinrich Marx, è sempre ben accetta, ma rigettata a gran voce qualora inizi a
veicolare e diffondere pensieri pericolosi per la conservazione del tutto così
com'è.