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Alleati stranieri in Italia
2a parte
Statunitensi,
Cechi, Polacchi, Albanesi e Romeni
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sopra
il patch del 332° Reggimento statunitense che
servirà come modello ai militari
americani in Italia nel II dopoguerra. La coda alzata nel linguaggio
della Serenissima Repubblica significava guerra a differenza del
moderno U.S.A che già porta la scritta pace oltre alla coda flessa (vedi
a fianco)
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Statunitensi
Gli Stati Uniti d’America dichiararono guerra alla Germania aderendo
alla lotta delle Nazioni Alleate Europee, con il titolo di Nazione
Associata al conflitto in corso in Europa il 6 aprile1917. Una Forza di
Spedizione Americana ( A.E.F. ) venne creata ed addestrata negli Stati
Uniti , allo scopo di essere inviata sul fronte Francese per prendere
parte alle battaglie da tempo in corso. Volontari Americani erano però
già presenti anche sul fronte Italiano, sia in quanto inquadrati in
unità Britanniche, che in qualità di volontari giunti prima della data
di entrata nel conflitto degli Stati Uniti, i quali combattevano con
l’uniforme Italiana. Quando nel novembre del 1917 le prime divisioni
dell’esercito U.S. giunsero in Francia per essere impiegate al fronte,
venne dato ordine a tutti i cittadini degli Stati Uniti che combattevano
da volontari negli eserciti Alleati, su tutti i fronti , di
ricongiungersi in Francia al loro Corpo di Spedizione finalmente giunto
nel teatro di operazioni. Il 332° Reggimento di Fanteria era stato
creato il 30 Agosto 1917 a Camp Sherman, Ohio, e assegnamento alla 83a Divisione. Il
reggimento comprende un gran numero di uomini dell'Ohio, includendone
molti da Cleveland, Akron, e Youngstown (compreso un buon numero di
emigrati italiani, n.d.r). Dalla 83a Divisione di Fanteria “ OHIO “ venne
quindi tolto il 332°
per l’invio in Italia: comandante del 332°
Reggimento fù il Colonnello William Wallace.
Un primo contingente di
ufficiali e soldati della logistica s'imbarcò sul piroscafo italiano
"Giuseppe Verdi" e raggiunse Genova via mare il 28 giugno del 1918. Proseguì
poi in
treno per Padova, ove già risiedeva il Comando
della loro Missione Militare. Venne così qui creato il Quartiere
Generale delle truppe U.S. presenti in Italia, mentre a Verona venne
installato l’Ospedale Militare da Campo (AEF 331) ed a Vicenza l’Ospedale
Militare di Base (AEF 102 ). Il 25 luglio del 1918, il 332° Reggimento
Fanteria che nel frattempo si trovava in Francia, venne caricato su dei
treni e trasferito in Italia. Il Reggimento raggiunse la stazione di
Milano il 28 luglio del 1918 accolto calorosamente dalla popolazione
Italiana e dalle Autorità locali. Identica accoglienza ricevette a
Villafranca di Verona, ove il contingente venne fatto scendere dai treni e
preparato ad essere trasferito a mezzo di camion nei vari quartieri loro
assegnati. A Villafranca di Verona rimasero il 3° Battaglione assieme alla
Compagnia Mitraglieri ed alla Compagnia dei Rifornimenti. A Custoza, nelle
vicinanze dell’Ospedale Militare da Campo 331 prese alloggiamento il 2°
Battaglione, mentre il 1° Battaglione con lo stesso Comando del Reggimento
trovarono sede a Sommacampagna ( Verona ) unitamente alle unità di
completamento (artiglieria, mortai ecc.).
http://www.assitam.com/prima_guerra.html
http://www.associazionelagunari.it/uniformi_e_armi_2010_03_02.htm
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Ma prima che giungessero questi, allarmati dal disastro militare di
Caporetto, nel dicembre del 1917 arrivarono in Italia altri americani. Non
erano truppe combattenti come in Francia, ma giovani volontari
dell’”American Red Cross” che avevano firmato un ingaggio semestrale come
conducenti di autoambulanze. In gran parte studenti universitari, erano
ansiosi dì assistere «in prima fila» a quello che la stampa degli Stati
Uniti, con un cinismo giustificato solo dalla lontananza, esaltava come
«il più grande spettacolo del mondo». Si trattava di un piccolo
contingente. In tutto circa 200 uomini, con compiti di natura
assistenziale-propagandistica. In pratica erano stati mandati in Italia
per infondere coraggio a chi combatteva in prima linea, per tirare su il
morale dopo la catastrofica ritirata, per dire che tenesse duro perché
dietro c’era la grande America (che stava arrivando ?!).
Sul fronte italiano gli americani erano stati raggruppati in cinque
Sezioni delI’ARC (American Red Cross) con basi a Schio. Bassano del Grappa, Fanzolo, Roncade e
Casale sul Sile. Ciascuna Sezione disponeva di venti autoambulanze «Ford»
e «Fiat» e di una trentina di conducenti adibiti al trasporto dei feriti
dai posti di medicazione agli ospedali da campo delle retrovie. Le Sezioni
si occupavano anche della gestione dei «posti di ristoro» allestiti dietro
le prime linee che fornivano ai combattenti generi di conforto. A Milano,
in via Cesare Cantù n. 4, l’ARC aveva organizzato per il
proprio personale un piccolo ma efficiente ospedale militare. Quando il
fronte era tranquillo, questi ragazzi americani in divisa kaki si
azzardavano a mettere piede nelle trincee dove distribuivano strette di
mano, cioccolato, sigarette, caffè e pacche sulle spalle. Per questo, non
sapendo come definirli i più li chiamavano “quelli della cioccolata) Bruno Traversari |
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Fra questi oltre a Hemingway (link sotto) John Rodrigo Dos Passos
(Chicago, 14 gennaio 1896 - Baltimora, 28 settembre 1970). Dos Passos,
ricco di famiglia, è un radicale, il che (negli Stati Uniti dell'epoca)
significa soprattutto essere un anarchico (poi comunista). Non a caso Dos
Passos sarà tra i più accaniti difensori di Sacco e Vanzetti, i due
emigrati italiani processati per le loro idee politiche. Sopraggiunta
intanto la prima guerra mondiale, Dos Passos è dapprima sul fronte
italiano nei ranghi della Croce Rossa dove presta servizio nella ambulanza
francese e in seguito nel corpo sanitario statunitense del Norton-Harjes
Ambulance Corps. In Italia come fra le truppe statunitensi non è ben visto
per le sue idee anarcoidi e in maggio del '18 viene allontanato. Dos
Passos esordirà proprio nel 1917 con il suo primo romanzo, One Man's
Imitation - che viene pubblicato però nel 1920 lo stesso anno di "This Side
of Paradise" di Francis Scott Fitzgerald.
Alla vigilia di Vittorio Veneto il 332° reggimento, venne
inquadrato con il corpo inglese nella X Armata e dal 22 novembre (a guerra
terminata) con la III Armata italiana. Gli Americani (molti erano Italo
Americani) restarono in Italia fino alla fine di Gennaio del 1919 ed
ebbero un solo caduto.
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Hemingway venne ferito l'8 luglio 1918 e dalle sue vicende
trasse il libro "Addio alle armi"
incentrato sulla ritirata di Caporetto.
(vedi link
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/hemingway.htm
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Dal 28 settembre 1917 piloti statunitensi si addestravano con il corpo aeronautico italiano,
(vedi Fiorello La
Guardia
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/volo.htm
).
I migliori poi venivano già imbarcati l'anno dopo con i gruppi da
bombardamento italiani VI e XIV.
E' il caso del ten. pilota Coleman De Witt da Tenafly NJ, uno dei pochi
stranieri a ricevere la più alta onorificenza militare italiana (l'oro). Il
velivolo Caproni Ca44 matricola 11669 era decollato da Tombetta per una azione sul
fronte di Vittorio (Veneto) nei giorni dell'offensiva finale mentre le
truppe erano impegnate nel passaggio del Piave. Ai comandi del Ca.44 De Witt e James Bahl, con
a bordo Vincenzo Cutello e Tarcisio Cantarutti. Il velivolo venne
intercettato ed abbattuto da un pattuglia di 5 caccia austriaci, tra i
piloti Roman Schmidt and Emmerich von Horvath. Motivazione:
Nel
pomeriggio del 27 ottobre 1918, durante un’azione di bombardamento quale
capo equipaggio di un Caproni C44 attaccato da cinque velivoli nemici da
caccia invece di sottrarsi, atterrando, all’impari lotta, preferì
accettarla senza esitazione trasfondendo forza ed energia nei compagni di
volo col suo magnifico esempio di risolutezza ed ardimento. Due degli
avversari furono abbattuti dal tiro infallibile dell’apparecchio
accerchiato a bordo del quale si continuò a lottare, pur tra le fiamme
fino a che, stretto e soverchiato dal forte numero dei nemici, precipitò e
l’intero equipaggio scontò con la morte la sua audacia - Al copilota James Bahl la Medaglia d'Argento After the Armistice the
American troops formed part of the Allied force stationed in Austria and
along the Dalmatian coast. The 1st and 3rd Battalions were at Cormons near
Gorizia. Later in November the 1st Battalion was ordered to go to Treviso
and the 3rd Battalion to Fiume. The 2nd Battalion was stationed at Cattaro
(Bocche di.. Dalmazia) and a detachment from it was sent to Cetinje,
Montenegro. In March 1919 the regiment was assembled in Genoa and by April
4th its last elements embarked for the United States. |
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LO SFORZO BELLICO AMERICANO
da una rivista mensile del 1918 |
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Le spese della guerra civile
poi le guerre indiane avevano prosciugato le casse statali e, in
mancanza di nemici diretti alle frontiere (Messico e Canada), le
autorità di governo avevano optato per una piccola forza militare
volontaria appena necessaria per presidiare Forti, Frontiere e i
territori indiani non ancora del tutto pacificati. L'Esercito regolare
contava poco più di 100.000 uomini e quello della Guardia
Nazionale ca 120.000. Ai compiti precedenti, con le guerre iniziate nel
1894 (si tratta di guerre per il controllo del mondo vedi capitolo
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/xxwar.htm in due
parti) , s'era aggiunta la presa delle Filippine ex spagnole e dello
strategico
Canale di Panama. Il 3 giugno 1916 il congresso approvò il National Defense Act che si proponeva in un arco di 5 anni di raddoppiare la
forza che sarebbe passata ad oltre mezzo milioni di uomini. Quando
l'anno dopo venne dichiarata la guerra alla Germania, in seguito
all'affondamento del Lusitania ed ai continui attacchi di sottomarini ai
convogli americani per l'Europa, l' NDA sembrò poca cosa per affrontare
i milioni di soldati degli Imperi Centrali e dei suoi alleati.
Furono creati (in base all'Emergency Army Bill) 32 campi di
addestramento (attendamenti non disponendo di attrezzature fisse) dotati
di ogni "confort" per portare a tappe forzate la forza combattente
destinata al teatro europeo ad oltre un milione di soldati. L'unico
corpo di lunga tradizione ampiamente utilizzato nelle guerre sopraddette
furono i Marines. L'apporto di consiglieri Francesi e Inglesi fece in
modo che i gap con gli alleati venissero superati in fretta specialmente
nel campo delle artiglierie dove l'uso di cannoni uniformati facilitava
il compito del rifornimento di munizionamento. Al primo Gennaio 1918 la
marina comprendeva 34 corazzate in servizio e 4 in costruzione nella
versione ultima della monocalibro Dreadnought. E' utile ricordare che la
marina degli Stati Uniti aveva già dato esibizione della sua forza con
una crociera intorno al Mondo chiamata della Flotta Bianca dal colore
provvisorio dato alla navi. Il resto della flotta minore non era da meno
facendo del paese già una seconda potenza mondiale marittima. Dal 1912
sulle navi non si accettavano più stranieri fonte di disturbo e
indisciplina. La flotta mercantile poi messa a disposizione dei
trasporti sarà in grado di far passare l'Atlantico ad un numero sempre
crescente di soldati col loro equipaggiamento e la loro completa
autonomia operativa. L'8 maggio 1917 una prima nave con un ospedale da
campo lasciava le coste americane con scorta e a questa seguivano le
altre. Fra il giugno 1917 e il Giugno 1918 la cifra mensile degli
imbarchi non scese mai sotto i 10.000 uomini con punte di 38.000 in
Ottobre e 49.000 in dicembre del '17. Il totale degli uomini arruolati nel
1918 era comunque giunto a 2.300.000 uomini fra soldati e ufficiali.
Superfluo citare l'industria degli armamenti che supportava questo
sforzo e che abbondava nella tipica maniera americana. Solo alcuni
esempi. 23 milione di granate, 1 mil. fra pistole e revolver, 23 mil. di
proiettili d'artiglieria, 240.000 mitragliatrici e 2,5 mil. di fucili.
L'aviazione da guerra era il punto debole della difesa americana, ma
venne ben presto rimediato. |
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Oltre 20 grandi ditte
fabbricano aeroplani su licenza. 70.000 acri di terra vennero seminati a
Ricino per produrre lubrificante. La marina "civile" requisita ammontò a ca 700 navi a cui si aggiunsero quelle tedesche internate. 60.000 uomini
erano riservati alla sola difesa da sottomarini in mare e sottocosta. Le
navi mercantili venivano armate per questa evenienza. Nel luglio 1918 vi
erano 151 cantieri navali aperti che avevano già varato 190 navi. La
lavorazione il trasporto l'afflusso del materiale ai porti di imbarco
impose all'esercito di creare un comando unificato per la gestione di
molti tratti e la costruzione di nuovi, materiali ferroviari compresi:
locomotive e vagoni di varia natura. Da una lettera spedita alla vigilia
del 4 luglio 1918 (Indipendence Day) si ha un quadro della situazione.
Nel 1918 a gennaio erano partiti dagli Usa 47 mila soldati e nei mesi
seguenti, 48, 84, 117, 244, 276 a giugno (mese in cui cominciarono a
schierarsi in trincea). Lo sforzo logistico al di là
dell'atlantico venne replicato in Francia. Il commissariato provvedeva
ad acquistare 30.000 tonnellate di prugne e fagioli, 273 milioni di
litri di latte (conservato) e pomodoro, 20 mil. di coperte, 31 mil di
mutande, 50 mil di paia di calze, 11 mil. di cappotti e 20 mil di paia
di scarpe.
Il contributo economico -
Secondo le note ufficiali comunicate alla stampa, le spese dei primi tre
mesi di guerra (aprile-giugno 1917) degli Stati Uniti furono valutate in
120 milioni di dollari e quelle dell'anno fiscale che va dal 1° luglio
1917 al 1° luglio 1918 ascesero alla formidabile cifra di 12 miliardi e
800 milioni. La somma complessiva si aggirava quindi nel luglio 1918
attorno ai 13 miliardi di dollari, cioè ai 65 miliardi di lire. Le spese militari, in tempo di pace, erano
inferiori ad un miliardo di dollari. Esse erano circa il doppio di
quelle fatte nel solo giugno 1918, nel quale si raggiunsero i 500
milioni di dollari. Una parte non trascurabile delle somme sborsate
dagli Stati Uniti in seguito all'immane guerra è rappresentata dai
prestiti che gli stessi , concessero agli Alleati. Un comunicato ai
giornali diramato in occasione dell'American Day del 1918, stabiliva il
totale di questi prestiti in 5 miliardi e 970 milioni di dollari.
Un dispaccio da Washington faceva ascendere i prestiti concessi dagli
Stati Uniti agli alleati al 27 agosto 1918, alla cifra complessiva di
6 miliardi e 89 milioni di dollari. Questa cifra rappresentava gli anticipi
effettivamente versati. I crediti già stabiliti la portavano a quasi 7
miliardi così suddivisi: Gran Bretagna 3,345,000,000, Francia
2,065,000,000, Italia 760,000,000, Russia 325,000,000, Belgio
154,250,000, Grecia 15,700,000, Cuba 15,000,000, Serbia 12,000,000 (i
contributi a Serbia e Belgio sono chiaramente contributi ai governi in
esilio per il mantenimento di un esercito di fortuna sul piede di guerra
(in Grecia per la Serbia) o
belligerante come nel caso del Belgio in territorio francese). Il Dipartimento del Tesoro
rileva anche che tutte le domande di prestito fatte dal Governo italiano
erano state subito soddisfatte. Queste spese, veramente enormi, furono
sopportate senza alcuno sforzo considerevole, sia per la straordinaria
ricchezza della nazione, sia per l'ottimo sistema seguito
nell'applicazione dei nuovi tributi. Le tasse sul reddito e sui
sopraprofitti di guerra fecero affluire nelle casse del tesoro 235
milioni di dollari nel solo giugno del 1918. Il concorso dei cittadini
nordamericani ai prestiti nazionali fu superiore ad ogni aspettativa e
costituisce una delle migliori prove dell'entusiasmo che si ebbe per la
guerra nella potente Repubblica. Dalle comunicazioni ufficiali risulta
che il Governo degli Stati Uniti ha autorizzato l'emissione di 14
miliardi di dollari per il Prestito della Libertà e 2 miliardi di
dollari in certificati di guerra o « War Saving Certifìcates ». I tre
prestiti di guerra vennero sottoscritti da 30.000.000 di persone delle
quali 4 sottoscrissero il primo prestito, 9,4 milioni il secondo,
17.000.000 il terzo. Tutti e tre i prestiti furono sottoscritti per
somme molto superiori a quelle richieste. Di un totale di sottoscrizioni
ammontante a 11,822,778,800, se ne accettarono appena tante per
9,978,785,800 dollari.
Un altro grande coefficiente del contributo dato finora dagli Stati
Uniti alla causa della civiltà consiste precisamente nell'invio di
materiale bellico e di viveri ai propri alleati. Delle armi e delle
munizioni inviate in Europa dalla grande Confederazione di oltre Oceano
non si può ancora parlare, non essendo ancora state comunicate notizie
ufficiali alla stampa, per non correre il rischio di fornire erronee
indicazioni al pubblico. Per quanto riguarda i viveri è doveroso mettere
bene in chiaro che allo scopo di dare un appoggio sempre più valido alla
causa per cui si combatte, l'America effettuò grandi economie di derrate
alimentari per poterne mandare enormi quantità agli alleati. Nei dieci
mesi finiti il 18 aprile l'esportazione del grano e degli altri prodotti
alimentari, quasi tutti destinati agli alleati, ammontò alla somma di un
miliardo e 20,360,810 dollari. Il valore dei cereali esportati
complessivamente passò da 63 a 112 milioni di dollari dal 1914 al 1917;
quello della carne e dei derivati del latte da 147 a 404; quello dello
zucchero da 1,8 a 77. E'superfluo dire che anche l'Italia ha risentito,
in proporzione dei suoi bisogni, i benefici dell'aumentata esportazione
nordamericana. Nel 1914 i nostri acquisti agli Stati Uniti si limitavano
a tanta merce per il valore di 442 milioni di lire. Nel 1915 l'importo
delle merci colà acquistate si elevò invece a 1749 milioni; nel 1916 a
2.202 e nel 1917 a 3.144.!!!
Il rappresentante del ministero degli approvvigionamenti nordamericano
in Italia, Prof. E. Dana Durand, stabilitosi a Roma nel giugno 1918,
studiò accuratamente il problema dei viveri nel nostro paese e suggerì
al suo governo gli studi e le disposizioni necessarie per rendere più
efficace il contributo degli Stati Uniti al nostro rifornimento. Egli
spiegò diffusamente all'On. Crespi come fu possibile economizzare nel
suo paese tanti generi alimentari da permettere una così forte
esportazione. Queste economie furono effettuate mediante misure
obbligatorie ed ufficiali e per azione volontaria della popolazione,
specialmente nei riguardi del grano. Non si adottò un sistema di
razionamento, ma si costrinse la popolazione a sostituire in parte il
grano con altri cereali. Il ministro per gli approvvigionamenti proibì
la vendita della farina di grano ai fornai od alle famiglie, a meno che
l'acquirente non comprasse una quantità uguale di qualche altro cereale,
come granturco, segala ed orzo. Gli Stati Uniti producono in larga
misura questi altri cereali, specie di granturco, ed in tempi normali
non vengono consumati in quantità molto considerevoli per
l'alimentazione umana. Fu quindi necessario un non lieve sacrificio
perché la popolazione accettasse una proporzione così grande di altri
cereali per la panifìcazione, sebbene dal punto di vista quantitativo,
le varie qualità di cereali nella loro totalità non difettassero. Per un
accordo volontario fra i proprietari di alberghi e di ristoranti per
parecchio tempo furono aboliti completamente in tali esercizi i prodotti
granari In molte città e villaggi, lo spirito patriottico della
popolazione bastò ad indurre la popolazione ad astenersi completamente
dal grano. Gli americani effettuarono anche una forte economia nel
consumo della carne, per fronteggiare le richieste dei paesi alleati,
richieste che sono in continuo aumento. Hanno anche limitato di molto il
consumo dello zucchero sottoponendosi ad un rigido sistema di
prenotazione. |
trasporto petrolio a Baku nel 1905
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Il
Petrolio Americano
Nel 1917 la produzione mondiale di
petrolio ammontava a poco più di 65 milioni di tonnellate, produzione
eguagliata e superata dalla Russia solo nei primi anni del '900. Altri
piccoli produttori poi erano usciti dalla testa della classifica ma l'unico valido era il Messico.
Gli altri tutti assieme non arrivavano al 11%. Gli Alleati chiesero al
mercato americano 365 milioni di barili, vale a dire 27 milioni di
barili in più della quantità di petrolio prodotta durante l'annata. Gli
americani non si perdettero d'animo e cercarono di rispondere al meglio
possibile alle richieste. Per far ciò furono presi i seguenti
provvedimenti:
1° Si cercò di intensificare la produzione, sfruttando al massimo
i pozzi già esistenti e ricercandone febbrilmente di nuovi. Infatti nel
primo semestre del 1918 furono completati i lavori di installazione di
circa 12.000 !!! nuovi pozzi dei quali 8390 diedero risultati soddisfacenti.
Nel secondo semestre la ricerca è continuata con altri , ma più modesti
i risultati.
2° Si cercò di migliorare la qualità del prodotti, applicando
(quando possibile) i metodi scientifici più perfezionati di
raffinamento. Oggi negli Stati Uniti esistono 359 raffinerie di
petrolio, la cui capacità produttiva giornaliera è di 1.250.000 barili
(pari a 2 milioni di ettolitri) di prodotto raffinato; vale a dire di
circa 450 milioni di barili all'anno. Inoltre sono in via d'impianto
altre 118 raffinerie, capaci complessivamente di altri 40 milioni di
barili all'anno.
3° Non bastando i detti provvedimenti, si
intaccarono fortemente gli stocks di petrolio esistenti in paese. Da un
statistica del 1918 poi si rileverà che la Russia ha avuto un crollo
produttivo con la rivoluzione e la sua partecipazione al totale mondiale
di 522 milioni di barili da 159 litri cadauno si è ridotta a 67 poco
sopra quella del Messico. Gli Stati Uniti dal canto loro grazie a quanto
detto sopra arrivarono a 338 milioni di barili il 75% del totale
mondiale !!! (integrando parte delle richieste col Messico che produceva il
12%). |
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L'organizzazione della Y.M.C.A di cui
abbiamo già parlato al paragrafo Hemingway e della Croce Rossa
intervenuta prima del dispiego delle forze statunitensi si esplicò anche
in altre iniziative. Essi raccolsero i fondi necessari per donare al
nostro esercito 110 autoambulanze e 37 ospedali da campo onde
testimoniare anche coi fatti il loro amore all'Italia e alla sua
libertà. L'Italia "geniale" venne lanciata dal Segretario permanente
dell'Accademia degli Immortali Robert Underwood Johnson e fu da lui
concepita assistendo alla proiezione di un film sulla nostra guerra. I
suoi amici l'approvarono entusiasticamente e costituirono un comitato
l'American Poets' Ambulance in Italy del quale fanno parte parecchie
gentili poetesse ed i migliori cultori della poesia d'oltre oceano. Il
Comitato si mise subito al lavoro colla massima alacrità e lanciò in
tutti gli Stati Uniti milioni di circolari aventi per motto: "Per amore
dell'Italia e della sua Libertà" e recanti questi tre epigrafi altamente
lusinghiere per il nostro paese: "Tutti i viaggiatori hanno due patrie:
la loro propria e l'Italia (Schiller] " "Apritemi il cuore e vedrete
inciso dentro di esso:Italia" (Browning) «Ogni tempo speso fuori
dell'Italia è tempo sciupato" (Grant Allen). Anche i giornali fecero
un'attiva propaganda per la nostra buona causa dimostrando che l'Italia
nello stesso tempo che combatte per se combatte per l'America, e
combatte gloriosamente e che, per conseguenza, «una sollecita effettiva
assistenza all'Italia si risolve in un'effettiva assistenza all'America
». L'appello non venne lanciato invano. Al 31 marzo 1918 il Comitato
aveva già raccolto oltre 173,000 dollari. Nei primi venti giorni del
novembre 1917 furono offerte all'Intendenza Generale del nostro Esercito
le prime 50 ambulanze, recanti quasi tutte i nomi dei nostri
connazionali che si resero maggiormente benemeriti della patria. Le
altre furono consegnate alla Croce Rossa Nordamericana. Davvero
magnifica è l'autoambulanza oculistica, composta di quattro veicoli
contenenti quanto di più moderno e perfetto si possa immaginare.
L'auto-carro chirurgico è costituito da un camion la cui carrozzeria è
stata costruita in modo da potersi facilmente trasformare, in mezz'ora
al massimo, in una saletta operatoria, a pareti di legno, compreso il
tetto, ricoperto da una cappa di tela impermeabile. Davanti all'ampia
portiera d'ingresso della saletta per l'accettazione dei feriti, cui si
accede mediante una comoda scala, è montata su telai di ferro una tenda
in tela impermeabile ben solida, a tetto spiovente, la quale costituisce
un atrio per migliore difesa contro il vento e le intemperie. Il
camioncino ricomposto serve a trasportare le strutture mobili della
saletta operatoria e le suppellettili necessarie al suo funzionamento.
In caso di bisogno può anche venire adibito al trasporto di alcuni
uomini. La saletta operatoria, con la sua tenda di accettazione, può
facilmente smontarsi dallo chassis e ricomporsi su qualunque terreno.
Nell'auto-ambulanza camera-operatoria si legge questa iscrizione: « Dono
di americani amici d'Italia in onore dei Mille ». In quella semplice: «
Dono della signora Mary Thompson, in onore di Mameli »: e
nell'automobile: «Dono di americani amici d'Italia in onore di John Keats »,
Quest'autoambulanza fu consegnata alle autorità militari di Bologna a
Villa Baruzzi da H. Nelson Gay, rappresentante del Comitato in Italia,
il quale, nel suo elevato discorso, disse fra l'altro che il dono era
stato fatto dai poeti americani colla più viva speranza di salvare la
vista ai nostri valorosi soldati, affinché possano, un giorno non molto
lontano, vedere il sacro tricolore sventolare sopra Trento e Trieste.
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Cechi
Allo
scoppio della guerra molti Cecoslovacchi finirono sul fronte russo e qui,
da prigionieri o disertori (50.000), diedero origine prima al battaglione
armato Cesca Druzin, poi ad
un corpo d'armata chiamato legione ceca. Dopo la pace di Brest-Litowsk il
grosso della formazione iniziò una marcia forzata verso oriente che
terminò diversi mesi dopo a Vladivostok sotto comando francese. Altri cechi, con l'aiuto
francese, erano transitati dai porti del Mar Bianco e vennero riarmati in
Francia. Anche i Cechi, fatti prigionieri in Italia come in Francia, godono d'un trattamento di favore e concorrono a formare battaglioni
lavoratori dietro le linee di difesa dell'Adige !!
(extrema ratio).
E' una idea di Pettorelli Lalatta del servizio "ITO" della IV armata di
coinvolgerli negli interrogatori dei prigionieri prima di Caporetto e di
sfruttare il loro senso nazionalista. Il 4 ottobre 1917 in accordo con
le autorità ceche in esilio l'operatività di nuclei, detti esploratori
o squadroni di avvicinamento (la conoscenza del tedesco e delle
consuetudini avversarie li facilitava) operanti già nelle nostre
zone alpine venne ufficializzata.
Il 21 aprile 1918, il consiglio ceco in esilio (con Masaryk futuro
presidente della Repubblica), stipula un accordo per la formazione a
Foligno di
una divisione ceca in Italia (VI) dopo che Pettorelli Lalatta già dal 23
gennaio 1918 ne aveva tracciato il profilo: reparti d'assalto e non solo:
"Per la costituzione
di uno stato indipendente, Boemo-Slovacco fuori dai confini
dell'Austria",
così recitava il suo promemoria.
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*Il
9 agosto 1918 il governo britannico riconosce il Comitato nazionale
cecoslovacco, presieduto da Tomas Masaryck. Il 14 ottobre, a Parigi, si
costituisce il Governo provvisorio cecoslovacco. Il 28 ottobre viene
proclamata l'indipendenza della Cecoslovacchia. Il 14 novembre Masaryck
viene eletto primo presidente della Repubblica cecoslovacca. |
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La costituzione di uno stato in esilio
dava una maggior copertura all'ex prigioniero combattente che secondo le
vecchie regole sarebbe stato passato per le armi se catturato. Non era
una certezza al 1oo% ma la sconfitta Austria al tavolo delle trattative
avrebbe avuto a che fare con un problema giuridico in più, per crimini
contro l'umanità (in effetti pochissimi o nessuno furono questi
processi a differenza del secondo conflitto). La Divisione la comanderà il
Bersagliere
Gen. Andrea Graziani e vestirà
all'italiana (cappello alpino senza penna) con propri fregi e simboli.
Intanto però Pettorelli Lalatta procedeva col suo nucleo.
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IL CANTO
Dov'è la patria mia? Dov'è la
patria?
Perenne l'acqua mormora nel verde.
Fremono i boschi penduli alle rupi,
Ogni giardino splende a primavera
Tutto è un incanto tutto un paradiso.
È la più bella patria che vi sia
È la terra boema, patria mia.
Dov'è la patria mia? Dov'è la patria?
Sei tu il paese prediletto da Dio
Dove ogni anima è fine, in bronzeo corpo,
Chiaro il pensiero, rapida l'azione
Che cerca libertà contro i tiranni
È la più bella patria che vi sia
È la terra boema, patria mia. |
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Dal racconto
di Vittorino Tarolli "Spionaggio e Propaganda" Nordpress ed. - ….
Essi, con entusiasmo, si apprestavano ad assolvere nuovi compiti nelle
loro nuove divise. All'epoca la loro consistenza era di una compagnia
(circa 200 uomini) nella quale, oltre agli 8 ufficiali, i 14
sottufficiali e 151 graduati e soldati erano inquadrati anche 1
ufficiale, 7 sottufficiali e 16 soldati italiani. Il mese successivo
(febbraio) le compagnie inquadrate nella 6a Armata furono due, mentre
anche presso le altre Armate si costituivano analoghi reparti, sempre
alle dipendenze degli I.T.O. Nel corso dell'estate (come detto) si
costituì un Corpo Cecoslovacco autonomo e, alla fine di settembre
(1918), fu costituito il 39° Reggimento di esploratori cecoslovacchi.
Alla fine della guerra i reparti cecoslovacchi, organizzati dal Gen.
Andrea Graziani e sostenuti dal nostro Ministero della Guerra, furono il
primo nucleo del neo costituito esercito cecoslovacco*
a cui l'Italia fornì l'intero armamento, costituito di materiale bellico
nazionale e di altro requisito al nemico…. E’ l'aprile de1 1918. Nel
silenzio della notte, mentre le artiglierie tacciono, le note di un
canto ceco (a lato) si alzano, prima sommesse poi vigorose, nella zona
tra Stoccareddo a quota 1100, davanti a Col Rosso (Altopiano di Asiago).
E’ il canto degli irredentisti boemi, proibito dalla polizia
austro-ungarica. Dalle trincee una serie di teste si è alzata, si è
tolta il berretto, ha chinato il volto, come in raccoglimento, i fucili
sono riposti. Qualcuno osa chiedere: «Chi siete? Da dove venite?» -
«Siamo cechi come voi, eravamo soldati austriaci come voi. Abbiamo
disertato. |
http://www.tatranci.sk/en/index.php?obrazky=13
http://www.tatranci.sk/en/index.php?obrazky=14
galleria di
immagini delle vicende successive in patria contro i magiari |
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Ora siamo soldati del libero Stato di Boemia». Il fatto è
raccontato da Pettorelli Lalatta e fu ripreso più tardi in un discorso
del Presidente del Consiglio S.E. Orlando. Riportiamo fedelmente
l'epilogo: « Omero solo potrebbe descrivere la suggestiva solennità di
quell'istante. Si videro allora le vedette rettificare la loro
posizione, i soldati delle trincee ergersi in piedi, scoprirsi il capo e
rimanere così fino a quando l'inno non cessò. Nulla di più semplice e
più profondo. Passava nella notte veramente un soffio di epopea».
Qualche ufficiale, arrischiando la
forca, si portava
ripetutamente negli avamposti austriaci per convincere i dubbiosi e per
preparare sabotaggi. Fra loro si distinse il tenente Prejda Alessandro,
che nella primavera del 1918 comandava la Compagnia esploratori "Astico".
http://www.tatranci.sk/sk/index.php?obrazky=3
Il mattino del 24 settembre 1918,
bersaglieri e cechi dei nuclei arditi andarono all'assalto della cima
Tre Pezzi
con successo. I nuovi
arrivi (35° e 39° regg. esplorante) per l'assalto finale, fanno crescere la Divisione
che passa al generale designato di corpo d'armata Piccione. Alcune fonti
la indicano operativa nei giorni immediatamente successivi all'armistizio.
Sicuramente dal 17 novembre i 6 reggimenti con l'aggiunta di 2 rgt. di artiglieria,
cavalleria (montata e blindata) e genio si
costituiscono su un Corpo d'Armata di due divisioni (VI Gen. Gaetano Rossi e
VII
Bersagliere Gen. Giuseppe Boriani). Di
questo corpo fanno parte anche 136 ufficiali e 1031 soldati italiani. Dopo l'armistizio tutti i cechi
prigionieri raccolti sul territorio nazionale confluirono in un deposito
delle Milizie Territoriali a Gallarate per
essere addestrati e vestiti poi, da aprile 1919, rimpatriati. Il primo nucleo dell'Esercito Ceco, a partire dal 17 dicembre
1918, rimpatriava ed il gen. Piccione assumeva il
Comando Supremo delle truppe Ceche nella Slovacchia orientale in
fermento per le nazionalità e i confini contesi con la vicina Ungheria. Qui si stava preparando una
dura prova per la definizione dei confini. Ma questa è un'altra storia
di Italiani all'estero che affronteremo in apposito capitolo.
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INDEPENDENT
BOHEMIA AN ACCOUNT OF THE CZECHO-SLOVAK STRUGGLE FOR LIBERTY By VLADIMIR
NOSEK Secretary to the Czecho-Slovak Legation in LONDON 1918
Czech soldiers were driven to fight in the interests
of their German and Magyar enemies against their Slav brothers and
friends under terrible circumstances. The 11th Czech Regiment of Pisek
refused to march against Serbia and was decimated. The 36th Regiment
revolted in the barracks and was massacred by German troops. The 88th
Regiment, which made an unsuccessful attempt to surrender to Russia, was
shot down by the Magyar Honveds. A similar fate befell the 13th and 72nd
Slovak Regiments. The 35th Regiment of Pilsen went over to the Russians
in a body half-an-hour after arriving at the front. As regards Italy,
over 20,000 Czechs surrendered voluntarily on the Italian front up to
1917, and 7000 during the last offensive on the Piave in June, 1918.
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Capitano dei Bersaglieri Martinez
Giuseppe da Acireale
Motivazione della Medaglia d'Argento al V.M. "Primo fra i primi,
conduceva la compagnia all'assalto di ben munite posizioni e dopo lunga
lotta metteva in completa fuga l'avversario. Instancabile e ardito, con
l'esempio, otteneva dai dipendenti la calma e la tenacia che valsero al
mantenimento delle posizioni conquistate, nonostante l'intenso fuoco
avversario. Ferito mortalmente, spirava sul campo, dopo avere incitati
ancora alla lotta i bersaglieri che lo avevano soccorso". M. Semmer
(Altopiano di Bainsizza) 18-25 agosto 1917 |
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Of
recent cases we need mention only the "treachery of Carzano," where, on
September 18, 1917, some Czech officers went over to the Italians,
communicated to them the Austrian plans of campaign and led them against
the Austrians whose front was thus successfully broken through.
"On the morning of June 15 1918,, we started a vigorous offensive on the
whole front between the Tyrolese mountains and the Adriatic, with a
power that can be attained only by complete co-operation of all the
units and with an accurate execution and a common and uniform action.
But, just at the beginning of the attack, it became apparent that the
enemy were making a counter-attack according to a well-defined plan, as
in the case of a projected vigorous offensive. It was also found out
that the enemy was perfectly aware of the extent, the day and the hour
of our attack. The intended surprise, so important for the success of an
offensive, has thus failed. In due course Italy also obtained, from
documents which some deserters handed to the Italian high command,
information which gave her a sufficiently precise idea of our
dispositions. English, French and Italian officers and men captured by
us declare unanimously that their regiments were advised on the evening
of June 14 that the Austrian offensive would start at two o'clock on the
following morning. As an example we may mention only the following facts: The battalion of
bersaglieri received, at 3.20 on June 14, a quantity of ammunition at 72
to 240 cartridges per man. The Pinerolo Brigade took up fighting
position at 2 o'clock at night. An order, captured late on July 14,
said: 'According to reports received, the enemy will commence early on
June 15 their bombardment preparations for attack. At midnight hot
coffee and meat conserves will be distributed. The troops will remain
awake, armed and prepared to use their gas-masks.' "For some time now
the Italian command have tried to disorganise our troops by high
treasonable propaganda. In the Italian prisoners-of-war camps the Slavs
are persuaded by promises and corruption to enlist in the Czecho-Slovak
army. This is done in a way prohibited by law.
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Their ignorance of the
international situation and their lack of news from home, partly caused
by Italian censorship, are exploited by means of propaganda without
scruples. An order of the 5th Italian Army Corps (1658 Prot. R. J.) of
May 14, 1918, refers to active propaganda by Czecho-Slovak volunteers
with the object of disorganising the Austro-Hungarian army. The Italian
military authorities on their part deceive the Czecho-Slovaks by telling
them of the continuous disorders and insurrections in Bohemia. In the
above-mentioned order it is asserted that in the corps to which it is
addressed, as well as in other corps, some attempts of the Czecho-Slovak
elements have been successful in causing confusion among enemy ranks.
Some of our Czecho-Slovak soldiers deserted and went over to the
Italians. Others remained in touch with them and declared themselves
ready to stay in our positions as a source of ferment for future
insurrections. Although the high treason miscarried owing to the heroic
resistance which our troops, without distinction of nationality, offered
to the enemy, it is nevertheless true that some elements succumbed to
the treacherous enemy propaganda. "The gunner Rudolf Paprikar, of the machine gun section, according to
reports of the 8th Army Corps jumped off the river bank into the Piave
below Villa Jacur and swam across under danger of being drowned. He
betrayed the position, strength and composition of his sector, and
through observation and spying, he acquired some valuable information by
which our projected attack against Montello was disclosed. Further, he
revealed to the enemy some very secret preparations for the crossing of
the river Piave, and also supplied him with plans of the organisation of
troops, battery positions, etc."The principal part in the treachery is
attributed by the Italian high command, not without reason, to
Lieutenant Karel Stiny of an infantry regiment, who deserted near
Narenta. It appears from the detailed Italian official report in which
his statements are embodied, that he betrayed all our preparations on
the Piave and provided the enemy with a great deal of most important
information. Let us mention further that Stiny in his mendacious
statements to the Italian command about the Austro-Hungarian situation
at the front and in the interior, followed the line of all traitors in
order to appear in a favourable light. It is characteristic that in his
declaration about our offensive he said that many Austro-Hungarian
troops would have surrendered if it had not been for the German and
Bulgarian bayonets behind their backs. "It is proved by various
documents to what extent the Czechs have forgotten their honour and duty.
By breaking their oath to Austria and her emperor and king, they have
also forgotten all those who were with them at the front, and they are
responsible for the blood of our patriots and the sufferings of our
prisoners in Italy. The false glory which is attributed to them by the
Italian command, who have lost all sense of the immorality of these
proceedings, cannot efface the eternal.
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http://openlibrary.org/books/OL7229756M/Independent_Bohemia_an_account_of_the_Czecho-Slovak_struggle_for_liberty. |
Una notte
due pattuglie boeme, guidate rispettivamente dai ten. Keller e Jankowich, escono per una perlustrazione e per eventuali colpi di mano. Hanno però la sfortuna di incappare in un grosso pattuglione nemico, uscito per lo stesso scopo. Lo scontro è inevitabile. Alla fine i cecoslovacchi riescono a rientrare alla base, trascinandosi dietro quattro feriti e lasciando sul terreno due morti. Lo sganciamento è riuscito grazie ai due tenenti, i quali con le loro armi hanno aperto un micidiale fuoco di sbarramento per attardare gli austriaci. Sembra però che siano stati fatti prigionieri. La cosa mantiene in agitazione tutti gli ufficiali e la truppa.
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Lasciamo alle pagine delle Memorie dell'Abignente raccontare il successivo drammatico sviluppo degli avvenimenti: "…La notte è trascorsa insonne, e l'alba si è levata tra le brume mattinali… quando odo un clamore in linea. D'un balzo sono ad una feritoia ed osservo. Dalle trincee austriache prospicienti si ergono due pertiche da cui pendono, impiccati, due cadaveri…La brezza mattutina fa oscillare le lugubri forche, ed un volo di corvi volteggia di già in alto sulle misere spoglie dei due Boemi. Alcuni soldati Cechi, intorno a me, piangono come bambini…Ed un gigante biondo, dagli occhi azzurri come quelli di un bimbo, mi grida - Vendichiamoli, signor Tenente! - Sì, amico mio, stanotte li vendicheremo…La vendetta è compiuta. Nell'oscurità, senza esplodere un colpo, dopo aver varcato i reticolati siamo giunti alle linee nemiche inavvertiti, coi pugnali nudi. Soffocate le vedette li abbiamo sorpresi nel sonno. Trecento austriaci giacciono ora sgozzati in fondo alle trincee.
Ma il ritorno è stato funebre. Coi nostri feriti, abbiamo portato indietro pietosamente anche i due cadaveri gonfi ed orrendi. I fanti Boemi ed i miei bombardieri li hanno trasportati su improvvisate barelle per dar loro onorata sepoltura…". |
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Polacchi
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Dalla
divisione del loro paese, fra Austria, Prussia e Russia nel XVIII secolo, i Polacchi non avevano mai smesso di sperare
in un redivivo stato sovrano nazionale. La passeggera ventata Napoleonica, in cui avevano creduto e combattuto,
sarebbe rimasta viva nelle loro coscienze per un secolo. Il generale Dabrowski nel 1797 aveva costituito in Italia una legione di ex
prigionieri sotto le bandiere delle repubbliche italiane del Nord.
Altri polacchi nel 1848 si batterono per l'indipendenza italiana. Cracovia
e Lvov (Galizia polacca, Leopoli) appartengono al territorio dell'impero Austroungarico e
qui i Polacchi sono gli unici a poter, anche a bassa voce, parlare di
Polonia. Vienna tollera lo spirito nazionalistico, solo per indirizzarlo
in funzione anti Russa.
Pilsudski, futuro eroe polacco, prepara in segreto i
quadri militari del futuro stato e, allo scoppio della guerra, con cinismo
si schiera coi suoi bersaglieri (strzelcy=tiratori) contro i russi. Due brigate polacche, comandate da Polacchi, con
vessilli polacchi sono in linea sui Carpazi. La leva austriaca intanto raccoglie
migliaia di altri giovani che vengono mandati sul fronte italiano e
balcanico, prima come reparti mononazionali, poi in seguito al rifiuto di
prestare giuramento di fedeltà all'Imperatore, sparpagliati in tutti i reggimenti.
Questo succedeva molto spesso in tutti i reparti austriaci sul fronte
italiano: per evitare rivolte e rivendicazioni nazionalistiche le etnie
minori dell'Impero (Sloveni, Croati, Bosniaci, Serbi, Cechi, Polacchi,
Romeni, Italiani etc.) venivano distribuite a pioggia in tutti i
reggimenti. Alla fine del 1916, all'Asinara in un campo di "prigionia
attenuata", c'erano 2000 polacchi. Il 4 aprile 1917 il Governo Italiano,
nonostante l'opposizione dell'ambasciatore Russo ormai privo di poteri (il
15 marzo lo Zar aveva abdicato e in ottobre scoppia la rivoluzione),
dichiara che fra gli obiettivi della guerra vi è la creazione di uno
stato Polacco, (contrario agli interessi di Mosca). Gli esiliati e fuoriusciti Polacchi da tempo in Occidente
premevano per la costituzione di un'armata polacca alleata. In Italia
viene formata solo una compagnia che opera con la III armata. La guerra sta
volgendo al termine e la costituzione di tre reggimenti polacchi giunge alla
vigilia dell'armistizio. D'ora in poi, fino a gennaio del 19, in Italia si
formeranno 10 reggimenti polacchi con oltre 35.000 uomini.
I reggimenti portavano
il nome di personaggi polacchi, illustri e non, fra i quali il garibaldino Francesco
Nullo (morto in Polonia), Giuseppe Garibaldi e Dabrowsky. Dopo alcuni mesi, secondo gli
accordi, tutti i reggimenti formati in Italia vengono mandati in Francia e
qui vestiti e riarmati. L'armata azzurra (divisa francese blu horizon) di
Haller, 100.000 uomini poteva ritornare finalmente nel rinato Stato
Polacco. |
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Jozef Pilsudski (Zulowo, Lituania,
1867 - Varsavia 1935) Marszałek (maresciallo) fu, dopo lo deportazione in Siberia
per falsa accusa di complotto contro lo zar Alessandro
III, tra i fondatori del Partito socialista polacco. Dal 1894 propugnò
sul giornale clandestino "Robotnik" gli ideali socialisti e
dell'indipendenza polacca. Arrestato nel 1900, riuscì a fuggire
dall'ospedale militare di San Pietroburgo, dov'era stato trasferito
(1901).
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Durante lo guerra russo-giapponese (1904), si recò a Tokyo
sperando di ottenere il sostegno del Giappone per un'insurrezione in
Polonia. Contrariamente al capo del Partito democratico nazionale
polacco, Roman Dmowski, che intendeva appoggiarsi, per lo rinascita
della Polonia, alla Russia e additava nella Germania il secolare nemico
della nazione polacca, Pilsudski riteneva che obiettivo politico della
Polonia dovesse essere la disintegrazione della Russia nelle sue parti
principali e la liberazione, per mezzo della forza, dei paesi
incorporati nell'Impero. Dopo il 1905, in Galizia, continuò l'attività
rivoluzionaria, con l'acquiescenza dell'Austria, con lo costituzione di
un'organizzazione militare segreta. Scoppiata la grande guerra,
fu a capo di una delle legioni polacche nella Polonia russa, organizzate
sotto il comando austro-ungarico. Alla fine del 1916 assunse la carica
di ministro della Guerra nel Consiglio di Stato, organizzato nei
territori polacchi da Austria e Germania, ma il rifiuto di collaborare
ulteriormente allo sforzo bellico degli Imperi centrali gli costò
l'arresto e la prigionia a Magdeburgo. Nel novembre 1918, dopo il crollo
tedesco, tornò trionfalmente a Varsavia e fu nominato capo dello Stato e
comandante dell'esercito (1918-22). Il suo sforzo di portare le
frontiere della Polonia fino a Kiev e al mar Nero, col proposito di
federare Polonia, Ucraina, Bielorussia e Lituania, portò alla
reazione sovietica, che Pilsudski riuscì a fermare sulla Vistola, con
l'aiuto dell'Intesa, nell'ottobre 1920. Nel maggio 1923 lasciò la carica
di comandante dell'esercito e si
ritirò a vita privata. Di fronte all'instabilità dei governi
democratici, col sostegno dei militari attuò un colpo di stato e
s'impadronì di nuovo del potere (12 maggio 1926). Pilsudski instaurò di
fatto un regime dittatoriale, ricoprendo il ruolo di primo ministro
(1926-28 e 1930) e, soprattutto, quello di ministro della Guerra (dal
1926 fino alla morte). In politica estera, staccò lo Polonia dalla
Francia, suo tradizionale alleato, riavvicinandola alla Germania col
patto di non aggressione del gennaio 1934, ma poi .......
Profilo da
Enciclopedia Treccani |
Questo capitolo e più
diffusamente trattato ai link seguenti sempre interni al sito:
piantine (confini)
Formazione dello stato tedesco
http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/tedesco.htm
piantine vicende polacche
http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/polonia.htm
http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/polonia1.htm
La sistemazione dei confini nel 1922
http://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/polonia2.htm
la guerra e il massacro di Katyn
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/39/polonia.htm
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/39/poloniakatyn.htm
http://digilander.libero.it/freetime1836/cinema/cinemawajda.htm
il primo dopoguerra
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/dopoguerra1/controllo2.htm
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/allenstein.htm
personaggi
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/anders.htm
http://digilander.libero.it/lacorsainfinita/guerra2/personaggi/sikorsky.htm
http://www.cheminsdememoire.gouv.fr/page/affichepage.php?idLang=fr&idPage=19826
Polacchi in Francia |
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Inno
Italiano- Già l'aquila
d'Austria le penne ha perdute, Il sangue d'Italia, Il sangue polacco bevè
col cosacco, ma il cor le bruciò.
Inno
Polacco-
marcia, marcia
Dabrowski, dalla terra italiana alla
Polonia.
Albanesi
Si
conosce la costituzione di reparti Albanesi (vedi immagine
a dx) inquadrati da
ufficiali italiani, ma non il loro impiego sul
territorio nazionale.
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LO STATO NAZIONALE ROMENO |
Romeni
Sunto da
http://www.geocities.com/serban_marin/basciani2002.html
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La Romania,
come stato nazionale, risaliva a tempi molto recenti e lo era per la
dissoluzione dell’impero ottomano ma principalmente per gli avvenimenti
del 1848 quando le sollevazioni europee portarono alla rivoluzione
(incompiuta) in Moldavia, Valacchia e Transilvania ma base della
successiva evoluzione (1859) quando, sotto incitamento e suggerimento di
Napoleone III re di Francia, il popolo di Moldavia e Valacchia elesse
Alexandru Ioan Cuza come principe. La Guerra di Crimea (1853-1856) ed il
suo seguito portò infatti la situazione dei Principati Romeni o
Danubiani all'attenzione delle potenze europee e nel Trattato di Parigi
(1856) il protettorato russo fu sostituito dalla loro autonomia sotto la
garanzia degli stati europei, garanti Francia, Prussia (Germania), Regno
di Sardegna. Contrari Austria, Gran Bretagna ed Impero Ottomano a cui
ancora devolvevano un contributo. Nel 1866 il principe tedesco Carol di
Hohenzollern-Sigmaringen fu scelto come principe, con una mossa atta ad
assicurare un appoggio tedesco per la futura indipendenza. Nel 1877
Carol condusse le armate rumene contro l’impero ottomano a fianco dei
Russi (avevano chiesto il diritto di passaggio, ma erano in
difficoltà coi turchi a Plevna). Il 19 giugno 1878 l'Impero ottomano
chiese un armistizio e la Romania si ritrovò vincitrice avendo solo
10.000 vittime. Nella successiva sessione di pace in luglio, oltre
l’indipendenza, la Romania acquisisce la Dobrugia (la Dobrugia è la
regione costiera che va dal delta del Danubio a Costanza), ma è costretta a
cedere il sud della Bessarabia alla Russia (la Bessarabia a grandi
linee è quella che noi conosciamo oggi come Moldova o Moldavia). Con
la nuova costituzione del 15 marzo 1881, Carol I viene nominato
ufficialmente primo Re di Romania. Dopo essersi dichiarata neutrale
nella Prima Guerra dei Balcani (8 ottobre 1912 - 30 maggio 1913), la
Romania si unì a Grecia, Montenegro, Serbia e Turchia contro la Bulgaria
durante la Seconda Guerra dei Balcani (16/6- 18/7/1913). Con il trattato
di pace firmato a Bucarest nel 1913, venne annesso alla Romania anche il
sud della Dobrugia rimasta bulgara e abitata da una colonia di tedeschi. Sul trono intanto era salito nel 1914 il
nipote di Carlo, Ferdinando |
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PRIGIONERI DI GUERRA
ROMENI IN ITALIA DURANTE LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Se la guerra
era fra Italia e Impero d’Austria altrettanto non si poteva dire dei prigionieri
che erano delle più svariate nazionalità che lo componevano. Esclusi quelli di
etnia italiana che erano stati mandati in Galizia (Russia) ci fronteggiavano dal
carso ai balcani, Romeni, Ungheresi, Cechi, Polacchi e tutte le etnie jugoslave
che vorranno poi riconoscersi inutilmente in una. Durante la prima parte del
conflitto su precisa indicazione del ministero dell’Interno i prigionieri non
furono assolutamente utilizzati per alcun tipo di lavoro manuale all’esterno dei
campi. Tuttavia questa disposizione non fu mantenuta per troppo tempo, ben
presto anche gli italiani si decisero ad adottare quelle disposizioni contenute
nell’articolo 6 del Regolamento dell’Aja che permetteva l’impiego di prigionieri
di guerra in lavori esterni stante la carenza di uomini (specialmente in
campagna) impegnati nel conflitto. A partire dal 1916 in numero progressivamente
maggiore – anche per via delle pressanti richieste provenienti dai proprietari
terrieri dell’intera penisola – i soldati prigionieri furono utilizzati con
continuità nei lavori agricoli e, sia pur in misura ridotta, anche
nell’industria. Anche il sud fu interessato a questo fenomeno. Uno di questi
campi era ad Avezzano zona colpita poco prima (13 gennaio 1915) da un sisma.
Ancora molti mesi dopo le macerie giacevano a terra. Posto
alla periferia Nord di Avezzano il campo occupava una superficie pari a circa 30
ettari divisi in quattro distinti settori; le prime costruzioni furono
realizzate utilizzando materiale ricavato dalle baracche adoperate in precedenza
per fronteggiare l’emergenza provocata dal terremoto, in seguito la maggioranza
delle strutture del campo furono costruite in muratura e legno. Il campo era
capace di ospitare 15.000 prigionieri e soldati , sottufficiali e ufficiali del
Regio Esercito destinati alla loro sorveglianza. «[…] l’opera dei prigionieri di
guerra deve essere considerata soltanto quale esperienza di carattere
eccezionale per bisogni ai quali non sia possibile altrimenti provvedere, è
principio stabilito e inderogabile che il lavoro dei prigionieri non deve fare
concorrenza sotto nessun aspetto al lavoro libero» . I prigionieri inviati ad
Avezzano appartenevano a tutte le principali nazionalità inserite nei confini
della duplice monarchia e naturalmente tra questi non mancavano i romeni
originari della Transilvania, del Banato e della Bucovina e gli ungheresi
provenienti dalle stesse zone. Con il passare del tempo però la presenza romena
nel campo andava facendosi man mano più numerosa acquisendo una sua precisa
fisionomia; questa sorta di specificità con il tempo divenne ben riconoscibile
anche tra l’autorità e la popolazione. La situazione dei prigionieri romeni con
l’arrivo del 1918 era però destinata a cambiare radicalmente. V’erano rumeni nel
Nord Italia, per esempio, ben 3.600 nel campo di Mantova, 2.000 a Cavarzere, 800
rispettivamente a Ostiglia e Cavanelle ecc. L’avvenimento che avrebbe fatto di
Avezzano il principale centro di aggregazione dei romeni transilvani (sotto
l’Ungheria) fu il Congresso delle nazionalità oppresse svoltosi a Roma
tra il 27 marzo e il 9 aprile del 1918 che riunì nella capitale d’Italia
rappresentanti delle principali nazionalità comprese nella monarchia
austro-ungarica. Al termine dei lavori i delegati delle diverse
nazionalità convenuti a Roma tra le altre richieste avanzarono la
proposta di formare unità armate autonome su base nazionale, poste sotto
la giurisdizione dei diversi comitati nazionali, e di offrire ai soldati
di queste nuove unità lo status giuridico di alleati .
Ci si
attivò per cercare di arrivare alla formazione di un contingente romeno
reclutato tra i prigionieri provenienti dalla Transilvania, dalla Bucovina e dal
Banato. Il professor Mândrescu e l’ex ministro romeno in Italia, il principe
Dimitrie Ghica, furono i principali responsabili delle trattative condotte con
il governo italiano in vista della formazione della Legione romena; per
coordinare meglio le azioni i romeni con l’appoggio di un gruppo di ufficiali,
fondarono il 6 giugno del 1918 a Cittaducale un Comitato d’Azione che riuscì ad
ottenere, il 15 ottobre 1918 !! dal ministro della Guerra Zuppelli, il permesso
per la costituzione di una Legione romena posta sotto i comandi del generale di
brigata Luciano Ferigo che in seguito avrebbe ricoperto l’incarico di addetto
militare a Bucarest. Già al nord sembra che operassero dall’estate alcune
compagnie inquadrate nell’VIII, V e IV Armata italiana in addestramento per
colpi di mano e per la battaglia finale.
(i
tedeschi della Dobrugia sono un gruppo etnico tedesco, insediatosi la
intorno all’anno 1840, quando il territorio era ancora sotto la
sovranità ottomana. Erano prevalentemente contadini e rappresentavano
l’1,5% della popolazione totale. Dopo la guerra tra Russia e Turchia del
1877-1878, la Dobrugia passò prima alla Russia, mentre la Dobrugia
meridionale, dove vivevano poche centinaia di tedeschi, restò alla
Bulgaria. Le città principali della regione rumena sono: Constanţa
(Costanza), Mangalia, Tulcea, Medgidia. Le città principali della
Dobrugia bulgara sono: Dobrič, Silistra |
L’intervento
armato della Romania nella grande guerra (27/8/1916, 18 mesi dopo di
noi che già avevamo quasi un anno di ritardo) era stato ponderato e
riponderato anche se come nazionalità potevano (come l’Italia) vantare
“diritti” su territori “irredenti” ai confini con l’Ungheria austriaca
(ma frammischiati a ungheresi). Nel progetto la pochezza delle forze
romene doveva unirsi a quella russa di cui coprivano il fianco
meridionale. Il 4 agosto 1916 era stato firmato il protocollo segreto
della loro entrata in guerra con molte promesse poi non rispettate da
parte degli alleati. Gli Inglesi era dal 1915 che avevano missioni
militari nel paese per verificare la fattibilità del loro intervento.
Nel 1915 il T.Col. Christopher Thomson fu inviato a Bucarest in qualità
di addetto militare inglese. Una volta sul posto, questi maturò
rapidamente il convincimento che una Romania male armata ed impegnata su
due fronti contro Austria-Ungheria e Bulgaria sarebbe stata un
impedimento, più che un vantaggio. Tale opinione fu tuttavia accantonata
da parte di Whitehall, e quindi egli firmò l’accordo militare con la
Romania. Da questo momento i romeni (austroungarici) presenti in Italia
passano (a richiesta) dallo status di nemici a quello di internati con
le relative facilitazioni.
Il
soccorso da parte dell’Intesa, di armi e rifornimenti, dai territori
greco albanesi non era fattibile per le difficoltà in cui già navigavano
loro stessi nel fronteggiare Turchi (disfatta di Gallipoli), Bulgari e
Austriaci.
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Furono giusto i componenti di queste tre
compagnie a formare il primo nucleo della Legione la cui base fu deciso
che dovesse impiantarsi nel campo di concentramento di Avezzano, quando
ormai la guerra volgeva al termine. Gli atti successivi furono tutti
oltre il 4 novembre 1918 come il riconoscimento ufficiale da parte del
Governo italiano del Consiglio Nazionale dell’Unità Romena diretto a
Parigi da Take Ionescu (22/11/1918). Poiché la guerra era finita
ma la pace lontana i rumeni ricevevano regolare addestramento e
armamento. Era chiaro che nei piani dei dirigenti del movimento
nazionale romeno questi soldati una volta tornati in Transilvania, avrebbero
dovuto rappresentare una delle principali forze di occupazione del territorio
offrendo una supplementare legittimazione alle aspirazioni delle autorità
romene. Le reazioni degli ungheresi non tardarono a farsi sentire. Secondo le
cronache del campo numerose erano le risse che scoppiavano tra gli appartenenti
ai due gruppi dando un bel daffare alla non troppo numerosa guarnigione italiana
di guardia. Gli ungheresi e gli slavi furono i soli a non volere costituire in
Italia forze di collaborazione. Le prime partenze dei Legionari romeni alla
volta della Romania cominciarono ad aversi solo verso l’inizio dell’autunno del
1919; il 20 ottobre partì dal porto di Taranto il piroscafo “Meran” con un
battaglione di legionari perfettamente equipaggiato, ed entro la fine dello
stesso mese era programmata la partenza di un’altra imbarcazione. Era previsto
che una volta arrivati i legionari sfilassero in parata a Bucarest assieme agli
ufficiali italiani che li avevano inquadrati e addestrati e che li
accompagnavano nel viaggio di ritorno, davanti al re di Romania (Ferdinando I).
I romeni non erano d’accordo e per loro gli italiani potevano anche restare a
casa perché lì (era una scusa !?) si rischiavano scontri con formazioni
bolsceviche e irredentiste magiare (come ci succederà in Cecoslovacchia per la
definizione dei nuovi confini etnici ed economici, ma tutto era previsto). La
presa di posizione romena provocò non pochi malumori al ministero della Guerra
(Caviglia) che sapeva esservi ufficiali inglesi e francesi a fare la stesa cosa
senza che nessuno si stupisse. L’Italia era quindi ritornata ad essere lo
zerbino di tutti, anche degli ultimi arrivati alla porta risorgimentale.
Orlando, primo ministro, preferì chiudere la questione concludendo
lapidariamente che «i benefici non si fanno a chi non li desidera» ma noi li
avevamo già fatti. La vicenda dei legionari romeni si
concluse dunque con un quasi incidente diplomatico premonitore in qualche modo
delle non sempre ottime relazioni, che intercorsero durante gli anni Venti e
Trenta tra l’Italia e la Romania Alberto Basciani, Università “La Sapienza”,
Roma For this
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indicate the source: either this web address or the Annuario.
Istituto Romeno di cultura e ricerca umanistica
4 (2002), edited by Şerban Marin, Rudolf Dinu and Ion Bulei, Venice, 2002 ©
Şerban Marin, August 2002, Bucharest, Romania |
Le
difficoltà dei Russi sul fronte Occidentale (ma ne avevano uno anche
meridionale) non portarono quindi a concrete collaborazioni (Gli
Alleati, era previsto, avrebbero inviato, non certo attraverso il
Bosforo, 300 tonn. di rifornimenti al giorno !!!) e già 4 mesi dopo
le improvvisate armate (male armate, addestrate e guidate) romene
riparavano dietro la linea russa che ora era anche diventata in molti
punti la prima linea. Le mosse iniziali erano state a loro favorevoli,
ma il contrattacco di von Mackensen riportò indietro l’orologio. |
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Ferdinando I (nato
Hohenzollern-Sigmaringen) (24/8/1865 – Sinaia, 20/7/1927) fu Re di
Romania dal 10 ottobre 1914 fino alla sua morte. A seguito della
rinuncia del padre e del fratello maggiore Guglielmo di
Hohenzollern-Sigmaringen, il giovane Ferdinando divenne erede al trono
dello zio Carlo I nel novembre 1888. come conseguenza del "tradimento"
verso le sue radici tedesche, l'Imperatore Guglielmo II fece cancellare
il suo nome dal registro della Casata Hohenzollern.
According to interlude plans, the
Russian troops would begin the offensive at the same time with the
Romanian ones. The Anglo-French troops would land at Salonik, in order
to stand against Bulgaria, which intended to attack Romania. These plans
never came through, as the Allies' Salonik actions were overcome by a
strong German-Bulgarian offensive, while the Russian troops arrived too
late. As a consequence, the Central Powers troops occupied two thirds of
the Romanian territory. With the help of the Russian troops the front
was stabilised, at the beginning of January 1917, on the Siret River,
the Danube and the St.George branch. |
Romania re-entered the war. A war
that the following day ended by the armistice signed at Compiegne.
http://www.cimec.ro/istorie/Unire/inainte_eng.htm |
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Mentre
l'esercito romeno avanzava vittoriosamente in Transilvania, il generale
August von Mackensen lanciò il primo contrattacco, guidando una forza
multinazionale composta dalla 3ª Armata bulgara, una brigata tedesca e
due divisioni del VI Corpo d'armata ottomano, che giunsero in Dobrugia
(a sud a tergo delle armate romene**) nei primi giorni di settembre,
mantenendosi sul lato sud del Danubio e dirigendosi verso Costanza.
D’ora in poi la situazione per i romeni e i russi si fece negativa. Il
15 settembre, il Consiglio di Guerra romeno decise di sospendere
l'offensiva in Transilvania e di dedicarsi alla offensiva Mackensen. Il piano (la cosiddetta offensiva Flămânda)
era di attaccare le retrovie delle Potenze Centrali attraversando il
Danubio a Flămânda, mentre le forze romene e russe poste sul fronte
avrebbero dovuto lanciare un'offensiva in direzione sud verso Cobadin e
Kurtbunar. Il 1º ottobre, due divisioni romene attraversarono il Danubio
a Flămânda e crearono una testa di ponte larga 14 chilometri e profonda
4. Lo stesso giorno, le divisioni romene e russe attaccarono sul fronte
della Dobrugia, ma con poco successo. Tale fallimento, insieme ad una
forte tempesta nella notte tra il 1 ed il 2 ottobre persuase il generale Alexandru Averescu a
cancellare l'intera operazione. La cavalleria di Erich von Falkenhayn
entrerà a Bucharest il 6 dicembre 1916. La corte ed il governo romeno
ripararono a Iaşi: solo le piogge insistenti e le strade impraticabili
salvarono i resti dell'esercito romeno; più di 150.000 soldati furono
catturati dai tedeschi.
Risale anche a questa fase l’impiego dell’Alpen Korps in cui militava il
giovane tenente Rommel. L'11 novembre, Rommel guidò la compagnia da
montagna Württemberg alla conquista del Monte Lescului. L'offensiva
spinse all'indietro i difensori romeni, che lasciarono le montagne e si
ritirarono in pianura entro il 26 novembre 1916 prima dell’arrivo
dell'inverno. Ulteriori avanzate in altri settori montagnosi, effettuate
da parti della 9ª Armata di Falkenhayn ridussero allo stremo l'esercito
rumeno, la cui situazione in termini di rifornimenti stava diventando
critica e metteva a rischio le linee russe. La 4ª Armata romena
(sfuggita grazie al tempo), rimase sulle montagne della Moldavia a
protezione di Iaşi nei confronti delle ripetute offensive tedesche.
Furono effettuati numerosi tentativi per ricostruire l'esercito romeno
fortemente indebolito e solo l’arrivo di un contingente francese (1.600
uomini comandati dal generale Henri Mathias Berthelot) e di consistenti
scorte (fucili, granate, mitragliatrici) permise entro la primavera del
‘17di riportare gli effettivi dell'esercito romeno a 400.000 uomini,
organizzati in 15 divisioni di fanteria e 2 di cavalleria.
**Initially
the Ottoman war effort focused on fighting the Russians in the Caucasus
and protecting its remaining European territory and the coast of western
Anatolia from Allied attack. The disastrous Austro-Hungarian defeat at
the hands of Russian forces in the Brusilov Offensive of June 1916
prompted an urgent German request for Ottoman troops to help stabilise
the situation in Galicia (western Ukraine). The Ottoman 15th Corps
(about 24,000 men) arrived in the region at the beginning of August. It
remained on the Eastern Front for just over a year. After Romania joined
the war on the Allied side in August 1916 the Ottoman 6th Corps
(approximately 36,000 men) took part in the conquest of the country by
the Central Powers. The Ottoman troops subsequently remained on the
Eastern Front, guarding positions in Dobrudja, until they were withdrawn
to Turkey in April 1918 to take part in the Caucasus offensive. |
On the 18th of November / 1st of
December 1918, the deputies unanimously decided the unification of
Transylvania, the Banat, Crisana and Maramures with Romania, keeping at
the same time a local autonomy, in accordance with democratic rules,
including the equalities of nationalities and religions. At Alba-Iulia,
as formerly at Cernauti, on the 25th of November actually a plebiscite
of all Romanians in Austro-Hungarian Monarchy took place. Also at
Alba-Iulia, on the occasion of the Assembly, the Great Romanian National
Council was formed of 200 elected members and 50 co-opted members. The
following day, this Council named a provisional government, the Ruling
Council of Transylvania, led by Iuliu Maniu. The Council sent a
delegation to Bucharest, led by the Caransebes bishop, Miron Cristea
(the future patriarch of Romania), who, on the 1st/14th of December,
submitted the Alba-Iulia Declaration to King Ferdinand the 1st. On the
11th/24th of December, King Ferdinand promulgated the decree of union
sanctioning (including Bukovina and Bessarabia). The protests of Karolyi
government at Budapest were futile. (la differenza
nelle date (13 giorni) è dovuta al calendario Giuliano da loro usato in
quanto ortodossi) |
|
La
situazione sociale in Russia volgeva comunque al peggio perché già da
quella primavera movimenti e partiti borghesi rivoluzionari avevano
preso il potere con la grande incognita di quello operaio (comunista
marxista) che non si esponeva. Lo scoppio della rivoluzione d’ottobre
diede poi il la al definitivo tramonto dei sogni romeni nonostante
questi si impegnassero nell’estate a frenare i tedeschi. Quando i
bolscevichi conquistarono il potere in Russia cercarono contatti con gli
imperi centrali per chiudere “onorevolmente” il conflitto dopo una serie
impressionante di disfatte e la secessione di molte regioni del paese
non ultima l’Ucraina la vera confinante e “antagonista” della Romania.
La richiesta d'armistizio per Romania e Russia porta la data di dicembre
1917, ma le trattative ebbero alti e bassi con ripresa degli scontri.
Il 27 gennaio 1918 in una prova di forza più ideale che materiale i
Soviet dichiaravano guerra alla Romania mentre si svolgevano le febbrili
e controverse riunioni di pace con gli imperi centrali (si concluderanno
il 3 marzo a Brest Litovsk) e mentre l’Ucraina autonomamente firmava la
pace con gli imperi centrali (9/2/18). Anche alla Romania (circondata ormai da
nemici) gli imperi centrali indirizzarono una formale intimazione alla
resa il 6 febbraio 1918. Il 7 maggio 1918, alla luce della corrente
situazione politico-militare in quello scacchiere, la Romania fu costretta a concludere il
Trattato di Bucarest con le Potenze Centrali (quadruplice) con l’obbligo di tenere un
esercito di pura rappresentanza (32.ooo uomini). La Romania (o quello
che restava) faceva gola a tutti i contendenti affamati (grano e
petrolio). Il 5 marzo vennero firmati i preliminari che di fatto
spogliavano e “ripartivano” il paese. Via Danubio poi i tedeschi
avrebbero raggiunto i ribelli antisoviet ucraini e quelli caucasici con
base al porto di Odessa. L’intesa con poco sforzo non riconobbe
il trattato e tutto si limitò a questa “esibizione” di forza poiché già
erano impegnati a combattere oltre agli imperi centrali il massimalismo
dei Soviet in varie parti del paese a sostegno delle armate Bianche (in
contrapposizione a quelle Rosse). La spinta alle rivendicazioni romene e a quelle delle altre nazionalità
era stata comunque affermata al congresso di Roma…
The Rome Congress
of Austro-Hungarian Empire nationalities, voting a motion in favour of
recognising the right of each nation to form an independent national
state or to unite with its own national state in case it existed….
E ribadita anche da altisonanti dichiarazioni di esponenti politici del
governo italiano: Il Gen. Enrico Caviglia era sobbalzato sulla sedia
quando sentì alla riunione del Patto di Roma
(Patto che riunì dall'8 aprile 1918 in Campidoglio tutti i
rappresentanti dei popoli dell'ex Impero centrale per affrontare la
situazione dei Balcani e le conseguenti trattative di pace a guerra
vinta !!!)
del 10 aprile 1918, pronunciare questa frase da V. Emanuele Orlando
"...la Jugoslavia rappresenta un interesse vitale per l'Italia. Noi ci
impegneremo a fare guerra all'Austria in difesa dei popoli Sloveni,
Croati e Bosniaci",
gettando a mare, come facevano gli "interventisti
liberali e democratici" (Albertini e Salvemini) il "Patto di Londra"
della
nostra entrata in guerra. Quanto detto per gli Jugoslavi valeva anche
per gli altri come abbiamo visto.
I tedeschi riuscirono a riparare i giacimenti petroliferi di Ploieşti
estraendo un milione di tonnellate di petrolio e requisendo due milioni
di tonnellate di grano. Ma come si dice non tutto il male viene per
nuocere e il giorno prima che chiudesse il conflitto la Romania
rientrava come per magia in guerra (10/11/1918) passando a riscuotere la
sua parte. Il paese che ne risulterà sarà uno dei più grandi d’Europa
con una superficie di Kmq 295.000 (di poco inferiore all'Italia e più
del doppio !!! di prima della guerra) e 16 milioni di abitanti. (oggi
238.000 kmq con 22 milioni di abitanti). Il controllo romeno della
Transilvania, dove abitavano circa 1.662.000 ungheresi, fu molto mal
digerito dalla neonata Ungheria indipendente. Per questo motivo, nel
1919 fu anche combattuta la guerra Ungaro-Romena tra la Repubblica Sovietica
d'Ungheria (comunista) ed il regno di Romania. |
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