Vidi
venire su dalla valle un aquilone, e lo seguii con gli occhi passare
sopra a me nell'alta luce, mi chiesi perché, dopotutto, il mondo non
fosse sempre, come a sette anni, Mille e una notte.
Udivo le zampogne, le campane da capre e voci per la
gradinata di tetti e per la valle, e fu molte volte che me lo chiesi
mentre in quell'aria guardavo l'aquilone. Questo si chiama drago volante
in Sicilia, ed è in qualche modo Cina o Persia per il cielo siciliano,
zaffiro, opale e geometria, e io non potevo non chiedermi, guardandolo,
perché davvero la fede dei sette anni non esistesse sempre per l'uomo.
O forse sarebbe pericolosa? Uno, a sette anni, ha
miracoli in tutte le cose, e dalla nudità loro, dalla donna, ha la
certezze di esse, come suppongo che lei, costola nostra, l'ha da noi. La
morte c'è, ma non toglie nulla alla certezza, non reca mai offesa,
allora, al mondo Mille e una notte dell'uomo.
Ragazzo, uno non chiede che carta e vento, ha solo
bisogno di lanciare un aquilone. Esce e lo lancia; ed è grido che si
alza da lui, e il ragazzo lo porta per le sfere con filo lungo che non
si vede... |