Scintille
Uno scrittore è
essenzialmente un uomo che non si rassegna alla solitudine.
François Mauriac |
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IL CIELO CHE FU DELL'AQUILONE |
Vidi
venire su dalla valle un aquilone, e lo seguii con gli occhi passare
sopra a me nell'alta luce, mi chiesi perché, dopotutto, il mondo non
fosse sempre, come a sette anni, Mille e una notte.
Udivo le zampogne, le campane da capre e voci per la
gradinata di tetti e per la valle, e fu molte volte che me lo chiesi
mentre in quell'aria guardavo l'aquilone. Questo si chiama drago volante
in Sicilia, ed è in qualche modo Cina o Persia per il cielo siciliano,
zaffiro, opale e geometria, e io non potevo non chiedermi, guardandolo,
perché davvero la fede dei sette anni non esistesse sempre per l'uomo.
O forse sarebbe pericolosa? Uno, a sette anni, ha
miracoli in tutte le cose, e dalla nudità loro, dalla donna, ha la
certezze di esse, come suppongo che lei, costola nostra, l'ha da noi. La
morte c'è, ma non toglie nulla alla certezza, non reca mai offesa,
allora, al mondo Mille e una notte dell'uomo.
Ragazzo, uno non chiede che carta e vento, ha solo
bisogno di lanciare un aquilone. Esce e lo lancia; ed è grido che si
alza da lui, e il ragazzo lo porta per le sfere con filo lungo che non
si vede... |
Elio
Vittorini |
Conversazione in
Sicilia |
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4
L'Editoriale
La poesia
che prese il posto di un monte
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La poesia può
prendere il posto di una montagna. E' l'esperienza del poeta
statunitense Wallace Stevens.
Scrivere infatti è come scalare un monte, avere una direzione,
ricordare che c'è una meta, una exact rock, cioè una «roccia
esatta», da raggiungere, nonostante tutte le nostre inesattezze.
Questa è la scrittura umana, vera, ricca di senso, quella che
procede affilata e dritta come una freccia e sa così persino
spaccare le rocce e spostare i pini, pur di non perdere la forza
della sua direzione. Una scrittura senza una «roccia esatta» da
raggiungere è una macchia su carta porosa, stagno inutile e
sciolto.
Ecco la domanda da porsi davanti a una poesia o a una
narrazione: qual è la sua «roccia esatta»? Dove sta andando?
Dove mi porta? Quale meta mi indica? E con quale forza? Con
quale sguardo? Lo scrittore autentico sa spostare le rocce e
trovare sentieri tra le nuvole per guadagnare la vista giusta,
il giusto punto di osservazione dove si ottiene una pienezza,
una completezza che, dice Stevens, resta inspiegabile.
Solo «affacciandoci» dalla vera poesia possiamo guardare in
basso e riconoscere la nostra casa.
La poesia che prese
il posto di un monte
di Wallace Stevens
Era là, parola
per parola,
La poesia che prese il posto di un monte.
Egli ne respirava l'ossigeno,
Perfino quando il libro stava rivoltato nella polvere del
tavolo.
Gli ricordava come avesse avuto bisogno
Di un luogo da raggiungere nella sua direzione,
Come egli avesse ricomposto i pini,
Spostando le rocce e trovato un sentiero fra le nuvole,
Per giungere al punto d’osservazione giusto,
Dove egli sarebbe stato completo di una completezza inspiegata:
La roccia esatta dove le di lui inesattezze
Scoprissero, alla fine, la vista che erano andate guadagnando,
Dove egli potesse coricarsi e, fissando in basso il mare,
Riconoscere la sua unica e solitaria casa.
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