Spesso le analisi dell'opera di
Kafka sono incentrate sul concetto di simbolo, leggiamo
negli Appunti su Kafka di Adorno che "nulla si adatta di meno
a Kafka". Il filosofo della Dialettica negativa preferisce
parlare di allegoria o, secondo la terminologia di Benjamin,
di parabola.
"Ufficio informazioni sulla situazione dell'uomo, a seconda
dei casi eterna o attuale" a questo è stato degradato
Kafka dalla "disinvolta saccenteria" di coloro che,
leggendolo, hanno eliminato proprio quello scandalo a cui
mirava "il lavoro di Sisifo di Kafka". Adorno mira a una nuova
lettura di Kafka per evidenziare soprattutto la vis
demolitrice di Kafka, quel quid che lo rende uno degli
ispiratori del Surrealismo.
"Non sovrapporre al testo concetti dall'alto",
"soltanto la fedeltà alla lettera, e non la comprensione con
fini già prefissati, potrà prima o poi aiutare". Adorno
fornisce una valida metodologia per accostarsi alle parabole
kafkiane. Cerchiamo di rileggere la Metamorfosi in questa
nuova ottica.
Gregor Samsa si sveglia da sogni tormentati. Si sveglia
ed è un gigantesco scarafaggio. Ma le trasferte sono dure, per
il mal di testa e i dubbi forse può bastare un altro po' di
sonno. Altri sei anni, solo sei anni e il debito della
sua famiglia sarà finalmente estinto. Solo sei anni tra
campionari di stoffa, orari dei treni, coincidenze e
levatacce. Il treno delle cinque è già partito da un'ora e
mezza. Sente con quelle nuove orecchie (orecchie? Antenne?)
la dolce voce della mamma e subito dopo il bussare insistente
del padre. Risponde con una voce roca, incomprensibile. Niente
di cui preoccuparsi: sa bene che i raffreddori sono compagni
dei viaggiatori. La ditta apre alle sette ma già a quell'ora
il procuratore in persona è stato mandato a casa di Gregor per
indagare sulla sua assenza. Ogni azione rallenta e si dilata.
Gregor cerca di giustificarsi ma arrivano solo incomprensibili
mugolii. Il procuratore insinua qualcosa su una certa cifra
affidata a Gregor… Alla fine Gregor, con un sforzo immane,
riesce ad afferrare con la mandibola la chiave e ad aprire. Il
procuratore lo vede, terrorizzato fugge via come se le sue
suole stessero per prendere fuoco. Scappa, salta più gradini
per volta. Il padre di Gregor prende il bastone del
procuratore e rispedisce il gigantesco insetto nella sua
stanza.
È già sera quando si risveglia per
i morsi della fame. Il latte che prima amava lo disgusta. La
porta ora è chiusa dall'esterno, dopo tutta la fatica fatta
per aprirla… La sorella entra, vede che il latte non è stato
toccato è gli porta "una
gran scelta di cibi sparsi su un vecchio giornale. C'era della
verdura vecchia e appassita, ossa avanzate dalla cena, qualche
chicco d'uva e un pezzo di formaggio che Gregor aveva
qualificato immangiabile due giorni addietro",
inizia proprio da quella crosta di formaggio. Lentamente sta
perdendo ogni minima traccia della sua passata umanità ma
questo non gli impedisce di continuare a pensare. L'azienda di
suo padre era fallita cinque anni fa e lui aveva dovuto
abbandonare il suo impiego di modesto impiegato per quella
carriera di commesso viaggiatore, lavorava già da cinque anni
in quella ditta. Pensava che il padre non fosse riuscito a
salvare niente dal tracollo ma ora scopriva che, invece, era
riuscito a mettere da parte un discreto patrimonio che s'era
accresciuto con gli interessi e con tutto quello che
riuscivano a mettere da parte con il lavoro di Gregor. Per un
solo istante pensa che quella somma avrebbe potuto liberarlo
prima dal debito che lo costringeva a lavorare in quell'odiosa
ditta, lo pensa per un solo momento. L'abnegazione di
Gregor è totale: ha sacrificato tutta la sua vita per la
sua famiglia e ora, anche da scarafaggio, si preoccupa per
loro. Il padre "sano ma vecchio" non poteva di certo tornare a
lavorare, la vita sedentaria l'aveva notevolmente appesantito.
La madre? Con la sua asma? Impossibile. Grete aveva solo
diciassette anni. Solo lui poteva e doveva. Vergogna e dolore
lo rispediscono sotto il divano.
Passano i giorni. Gregor fa di
tutto per non spaventare Grete, l'unica che si occupa di lui.
Per scomparire totalmente dalla sua vista, con grande sforzo,
riesce a coprirsi con un lenzuolo. La metamorfosi procede,
inizia perfino a camminare sulle pareti e sul soffitto ma i
mobili lo ostacolano. La madre non vuole toglierli, quei
mobili simboleggiano tutto il suo passato umano. La sorella
"in qualità d'esperta nelle questioni che riguardavano Gregor"
decide, invece, di portarli via tutti, tranne il divano. Muta
anche la stanza: da calda e arredata con piacevoli mobili di
famiglia a antro spoglio e desolato, di certo più adatto a uno
scarafaggio. Gli portano via tutto e lui assiste passivamente
reagisce solo quando stanno per portare via il quadro con la
signora col boa di pelliccia. La madre lo vede e sviene, la
sorella cerca di rianimarlo ma proprio in quel momento rientra
il padre ("Quello era il
padre? Era la stessa persona che stava sprofondata nel letto
con aria affranta, incapace d'alzarsi?Ora stava ben diritto;
indossava un'attillata divisa azzurra con i bottoni dorati
[…], le sue chiome un tempo perennemente in disordine erano
accuratamente pettinate con una perfetta scriminatura").
Assistiamo quindi a una
doppia metamorfosi: Gregor vittima dell'alienazione
regredisce a gigantesco scarafaggio, il padre da pingue e
sedentario diventa un perfetto usciere di banca in perfetta
forma. Con il fallimento dell'azienda, il SISTEMA aveva perso
il signor Samsa e l'aveva rimpiazzato con Gregor, ora che
quest'ultimo è inutilizzabile deve necessariamente ripiegare e
riassorbire il vecchio ma sano padre. Segno tangibile del
ritorno nel SISTEMA è la divisa che diventa una vera e propria
armatura. Da lei riceve sostentamento e sicurezza, non la
toglie mai e s'addormenta sicuro e sereno tra le cuciture
azzurre e i bottoni dorati. La logora vestaglia in cui aveva
vegetato per cinque anni giace inutilizzata nell'armadio.
Nell'universo di Kafka gli
oggetti si caricano anch'essi di profondi significati,
soprattutto quelli rigurgitati dal Sistema. Analizziamoli.
Il bastone, che il procuratore ha abbandonato nella sua
fuga frenetica, passa nelle mani del signor Samsa e diventa la
prima arma contro Gregor. Sembra quasi che il bastone della
ditta voglia punire il diverso, l'anomalia che ha
momentaneamente inceppato gli ingranaggi (ricordate Charlot e
l'orologio di Tempi moderni?). Il padre ritorna a casa vede
sua moglie svenuta e guarda subitamente in direzione della
cosa che un tempo chiamava figlio. Naturalmente indossa la
divisa (altro oggetto del Sistema) e proprio le tasche
della divisa diventano una perfetta cartucciera. Le riempie di
mele e poi le scaglia una dopo l'altra su Gregor. L'ultimo
tiro di quell'assurdo bombardamento -quindi, logicamente, la
mela che è stata per più tempo nella tasca della divisa-
colpisce violentemente Gregor rimanendogli conficcata nella
carne.
La famiglia non ha che da sopportare quella disgrazia, Gregor
devo solo aspettare e sappiamo bene quanto sia significativa
l'attesa in Kafka.
Gregor ama guardare fuori dalla finestra anche se l'ironia di
Kafka gli offre come panorama solo la facciata grigia d'un
ospedale. Sperano, continuano sempre a sperare le creature di
Kafka, loro sono gli scarti del sistema, cenciosi
spaventapasseri imbottiti d'immondizia. Nei suoi Appunti su
Kafka, fa notare proprio come Kafka fa arte con la spazzatura
della realtà e nient'altro, con gli Abfallsprodukten,
quegli scarti eliminati dalla società.
Non c'è più tempo per accudire
Gregor, anche Grete e la madre ora hanno un impiego. La
sorella si limita a spingere con una scopa il cibo, ora deve
accudire i pensionanti a cui hanno affittato le stanze di
quell'appartamento troppo grande, per loro e le loro barbe
suona anche il suo violino. Gregor, estasiato dalla musica,
esce dal suo antro ("Era
davvero una bestia se la musica l'afferrava come se potesse
indicargli la strada per raggiungere un nutrimento ignoto e
bramato?") e s'avvicina
più del dovuto. Il padre ricaccia i pensionanti incuriositi e
disgustati nelle loro stanze. Ora è chiaro: devono liberarsi
della bestia, per troppo tempo hanno continuato a identificare
quella "cosa" con l'amabile e servizievole Gregor "ripensò
alla famiglia con affetto e commozione. La sua convinzione di
dover sparire era forse ancora più ferma di quella della
sorella. Rimase in questo stato di vuota e serena meditazione
sino a quando la torre dell'orologio suonò le tre. Assistette
ancora al primo albore antelucano fuori dalla finestra. Poi
chinò involontariamente il capo e dalle sue narici uscì fioco
il suo ultimo respiro",
si lascia morire perché sa che è la migliore cosa che può
fare, ha già smesso da tempo di mangiare, sa di essere un
diverso, un'anomalia, ne è profondamente consapevole. La
cameriera lo getta tra i rifiuti, non poteva esserci migliore
sepolcro per lui, rifiuto tra i rifiuti.
La famiglia caccia i
pensionanti e la governante, tutti e tre scrivono tre lettere
di scuse ai loro principali e, per la prima volta dopo troppo
tempo, parlano a lungo, prendono perfino il tram e vanno fuori
città. Ci sono nuove prospettive, nuove speranze e anche la
sorella di Gregor subisce una metamorfosi, la più
naturale: il suo corpo tra tutte quelle sofferenze è
sbocciato, ora è una bella e florida ragazza in età da marito.
Cala il sipario.
Crollano le certezze. Quello
che è successo a Gregor non trova motivazioni esterne, ha
semplicemente somatizzato l'alienazione. Il sistema
sociale non cerca di guarirlo, sa che non c'è guarigione per
lui. Lo elimina il più rapidamente possibile riassorbendo il
resto della famiglia, rinforzando l'incatenamento delle loro
coscienze. Alla fine di tutta la storia i Samsa devono andare
fuori, prendere il tram, distrarsi, evitare di pensare,
guardare sempre avanti senza soffermarsi troppo su particolari
che, per la stessa sopravvivenza del sistema, devono essere
ritenuti insignificanti.
La facciata sintetica che celava le sofferenze è caduta, non è
che cartone dipinto e plastica colorata. Dietro c'è la vera
sofferenza. L'industria culturale decide quando e come
dobbiamo divertirci e noi utenti siamo solo oggetti passivi,
cani di Pavlov. "Quella di Kafka è una potente capacità
demolitrice. Egli lacera e abbatte la facciata che cela
l'enormità del dolore, facciata a cui s'adegua sempre più il
controllo razionale", Adorno lo sottolinea con chiarezza.
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