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La famiglia e il parentado di Gesù

   Dai Vangeli emergono dei dati enigmatici sul rapporto di Gesù con la famiglia e la parentela.

   Nel vangelo secondo da Marco, quello più arcaico e quindi più vicino al Gesù storico, troviamo delle piccole sfumature che indicano un rapporto non proprio facile tra il Nazareno ed i suoi familiari e parenti:

   "Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: <<E` fuori di sé>>"(Mc 3,20-21).

   L'agire di Gesù sembra andare contro l'interesse dei parenti. Essi, infatti, vogliono andare da lui per riportarlo a casa, nella sua città. L'evangelista non spiega il motivo di questa loro incomprensione dell'attività di Gesù. Ma, in alcuni versetti successivi a quelli che abbiamo letto, è forse adombrata la spiegazione di questa tensione:

   "Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: <<Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano>>. Ma egli rispose loro: <<Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?>>. Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: <<Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre>>"(Mc 3,31-35).

   Secondo alcuni studiosi, da questo testo evangelico si evince che i parenti non comprendono la spossante attività di Gesù, la sua predicazione a tutti, la sua disponibilità illimitata, tanto è vero che lui ed i discepoli non hanno neanche il tempo di mangiare (Cfr. Mc 6,31). Tutto questo diventa esagerato ai loro occhi, come pure, è probabile, che la fama di Gesù cominci ad infastidirli (Bruno Maggioni e Giuseppe Ghiberti, Gesù e la famiglia, in Storia di Gesù, vol. 2, Ed. Rizzoli, pag. 697 s.).

   Attraverso la lettura del Vangelo di Giovanni, gli stessi studiosi giungono ad un'altra interpretazione. Forse i parenti di Gesù non comprendono la sua "discrezione", l'apparente contraddizione tra la sua pretesa messianica ed il suo ritirarsi dalle folle che lo vogliono re.

   Un momento privilegiato per affermare la sua Messianicità, l'affermare solennemente di essere l'Inviato di Dio, il liberatore d'Israele, potrebbe essere proprio l'annuale festa delle Capanne, durante la quale le folle sono facilmente preda di entusiasmi messianici:

   "Dopo questi fatti Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, detta delle Capanne; i suoi fratelli gli dissero: <<Parti di qui e và nella Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai. Nessuno infatti agisce di nascosto, se vuole venire riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose, manifèstati al mondo!>>. Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui.  Gesù allora disse loro: <<Il mio tempo non è ancora venuto, il vostro invece è sempre pronto. Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di lui io attesto che le sue opere sono cattive. Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora compiuto>>" (Gv 7,1-8).

   Anche qui, come nel testo di Marco, c'è l'evidente sottolineatura di un'incredulità espressa finanche dai suoi fratelli. Ma allora, a parte l'incredulità, in cosa consiste quest'incomprensione, questo rifiuto di Gesù da parte del suo clan di Nazareth?

   Tralasciando quanto considerato da studiosi come Maggioni e Ghiberti, noi avanziamo un'altra ipotesi che parte proprio da quell'ambiente di Nazaret generalmente diffidente verso "il figlio del falegname". Nell'ambiente di un villaggio, di un paese o anche di una piccola città come Nazaret l'improvvisa fama, la celebrità di uno dei suoi abitanti può provocare, d'acchito, un senso d'invidia e di diffidenza. Proprio ciò che è espresso da una frase che leggiamo nel Vangelo di Marco:

   "Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: <<Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?>>. E si scandalizzavano di lui. Ma Gesù disse loro: <<Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua>>"(Mc 6,2-4).

   C'è quasi un rifiuto di Gesù da parte dei suoi concittadini. Un'opposizione che si riverbera, nel contempo, sul clan familiare del Nazareno. E la fama di Maestro ed operatore di miracoli che lo accompagna non fa che acuire questa diffidenza dei suoi, alimentata, peraltro, dall'aspirazione a vivere una vita serena e tranquilla, nell'ambiente quotidiano della famiglia e del clan di questo villaggio della Galilea.

   Ma forse una delle cause fondanti di questo teso rapporto familiare, di questa mancanza di comprensione dell'insegnamento e dell'attività di Gesù, va collegata ad un duplice timore del suo clan. E' gente abituata a vivere e lavorare tranquillamente nella quiete delle botteghe o dei campi, quella che si vede al centro dell'attenzione del villaggio e teme, nondimeno, un atteggiamento ostile da parte della comunità, se non proprio dell'autorità religiosa di Gerusalemme. Per di più, consapevole del modo con cui Gesù si espone pubblicamente, assumendo anche un atteggiamento polemico verso gli scribi ed i farisei, è vivamente preoccupata per sé e, nello stesso tempo, per l'incolumità di Gesù.

   Sono questi, a nostro parere, i motivi di una diffidenza iniziale che coinvolge la stessa figura della Madre di Gesù. Infatti, in tale situazione, diventa difficile per qualche studioso trovare la collocazione di Maria (Cfr. Pius-Ramon Tragan, La preistoria dei Vangeli, ed. Servitium, pag. 112).

   Noi, invece, consapevoli del ruolo marginale della donna nella società Palestinese del primo secolo, pensiamo che Maria si vede costretta a subire l'influenza severa degli uomini del parentado nei suoi confronti e in quelli di Gesù. Noi crediamo che solo col tempo la famiglia di Gesù abbia cambiato gradualmente atteggiamento nei suoi confronti.

   Una volta verificati i possibili motivi delle tensioni tra Gesù ed i "suoi" familiari e parenti, ci chiediamo ora: chi sono i familiari di Gesù?

   Quando si parla della famiglia di Gesù, il pensiero va a lui, a Giuseppe e Maria.

   Noi pensiamo che Giuseppe sia già morto quando Gesù comincia la sua vita pubblica, poiché non viene più menzionato tra gli intimi di Gesù.

   I Vangeli (Mt 12,46-50; Mc 3,31-35; Lc 8,19-21; Gv 2,12) fanno riferimento solo alla presenza della Madre e dei fratelli di Gesù a Cafarnao. Anche negli Atti degli apostoli essi sono nominati: "Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (At 1,14).

   A questo punto ci domandiamo chi possano essere questi "fratelli" di Gesù?

   Il primo autore postapostolico, Egesippo, vissuto nel II secolo, probabilmente originario della Palestina e conoscitore del greco, dell'ebraico e del siriaco, lascia capire nei suoi scritti che coloro che i Vangeli chiamano "fratelli del Signore" sono in realtà suoi cugini.

   Nella seconda metà del II secolo si fa strada, invece, l'opinione che i fratelli di Gesù siano in realtà figli di un precedente matrimonio di Giuseppe. Quindi sarebbero fratellastri del Rabbi di Nazareth. Un'ipotesi accettata nelle Chiese orientali, ma non in quella occidentale.

   Il tema è ripreso da San Girolamo (IV secolo) il quale, da ottimo conoscitore dell'ambiente e della lingua ebraica, respinge la tesi che si tratti di fratelli o fratellastri di Gesù, giungendo alla conclusione avanzata da Egesippo. Si tratta dei cugini del Maestro(Cfr. Bruno Maggioni, I "fratelli" di Gesù, in Storia di Gesù, Ed. Rizzoli, vol. 2, pag. 702s.). E' questa deduzione ormai accettata in tutta la Chiesa latina.

   Ma resta il dubbio legato alla straordinaria concordanza dei testi del Nuovo Testamento su questo termine "fratelli". Essi potrebbero voler dire che Gesù abbia veramente dei fratelli. Ma, d'altra parte, nella Bibbia ebraica tradotta in greco, la versione dei Settanta per intenderci, il termine fratello è utilizzato anche quando si fa riferimento a gradi di parentela più larghi (Cfr. Bruno Maggioni, I "fratelli" di Gesù, in Storia di Gesù, Ed. Rizzoli, vol. 2, pag. 702s.). Perciò le parole greche che significano "fratello" e "sorella", traducono termini ebraico-aramaici che oltre a designare i figli degli stessi genitori, designano anche parenti prossimi, specialmente per consanguineità, senza specificare il grado di parentela. Tutto questo a dimostrazione del fatto che sia l'ebraico che l'aramaico non hanno la ricchezza di termini delle nostre lingue (Fratelli del Signore, in Dizionario enciclopedico della Bibbia e del mondo biblico, Ed. Massimo, pag. 318). 

   Infine, coloro che hanno messo per iscritto i Vangeli hanno davanti agli occhi proprio la versione biblica dei settanta, quella scritta in greco per le comunità della Diaspora ebraica, ed hanno utilizzato per i Vangeli la stessa terminologia dei Settanta.

   Da tutto questo si può dedurre che Maria sia l'unica familiare di Gesù al tempo della vita pubblica, mentre Giacomo, Ioses (Giuseppe), Giuda, Simone, indicati come fratelli, sarebbero in realtà suoi cugini. E' verosimile, quindi, che Gesù abbia anche degli zii a Nazareth, mentre sotto la croce c'è anche una zia, sorella della madre. E' quindi probabile che proprio gli zii abbiano influenzato negativamente tutto il clan verso Gesù all'inizio della predicazione.

   E' certo che alcuni di questi parenti di Gesù, dopo la sua resurrezione, hanno avuto un ruolo determinante nella comunità cristiana primitiva. Come Giacomo il Giusto, facente parte del gruppo degli apostoli. Diventerà, poi, uno dei capi della comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme.

   Alla luce delle analogie tra i manoscritti di Qumran e l'epistola attribuita a Giacomo, si delinea una nuova realtà che evidenzia chiaramente l'importanza di Giacomo e la sua notevole influenza non solo sulle comunità giudeo-cristiane di Palestina, ma addirittura sulle comunità religiose ebraiche di Qumran.

   A testimoniare l'adesione successiva dei familiari e dei parenti di Gesù al suo annuncio ci sono, a Nazaret, dei reperti storici che dimostrano come le prime generazioni di "parenti di Gesù", accanto alla grotta dell'Annuncio, trasformarono in luogo di culto la grotta detta di Conone, un parente del Maestro martire della persecuzione di Decio. Ed è qui che appare graffita la più antica preghiera a Gesù adorato come Dio: "O Gesù Cristo, Figlio di Dio, vieni in aiuto ai tuoi servi".

ALLA SCOPERTA DI GESU' DI NAZARETH

 

La storicità di Gesù Nazareth
Betlemme La Famiglia di Nazareth
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La lingua parlata da Gesù I miracoli
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La Via della Croce La preghiera di Gesù
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Gesù e Mammona Beati i poveri in spirito
Gesù e l'ambiente giudaico La psicologia di Gesù
L'elezione degli apostoli e dei discepoli La missione tra i pagani
Il "Figlio dell'uomo" Le parabole
Gesù, Maestro di sapienza Gesù e la Scrittura
La famiglia e il parentado Il suo "Pane"
Gesù esorcista Gesù di fronte ai peccatori
Le parabole della misericordia Le controversie Galilaiche
La crisi in Galilea La Trasfigurazione
Gerusalemme La Cena dell'addio
La Passione  Risurrezione - prima parte
Risurrezione - seconda  parte Gesù Cristo uomo Dio

 

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