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Uomini contro - sinossi

La Settima Arte

Tratto dal diario di Emilio Lussu: "Un anno sull'altipiano"



"Ho voluto rappresentare gli uomini non la storia". Questo sostenne Rosi nel definire la sua opera magistrale sulla tragedia della I guerra mondiale che ancora oggi ci insegna a gettare acqua sul fuoco di una retorica nazionalista senza fine.
Dal romanzo di Lussu, più realistico e "lineare" in una narrazione strettamente letteraria e memorialistica, vennero estrapolati gli episodi più emblematici e mostruosi necessari a descrivere la dinamica feroce e deterministica della logica militare contro l'umano.
Gli ordini glaciali e catatonici del generale Leone (che può richiamare la figura di Cadorna) sono gli strumenti dell'ordine e del domino di classe trasferiti sul terreno del conflitto fra nazioni in lotta per il potere.
In uno scontro feroce e di massa sulla pelle di milioni di contadini italiani delle più svariate regioni della penisola, figli di un' unità ancora acerba;masse terrorizzate e stanche sono scagliate nell'inferno delle trincee per un ideale del tutto astratto alla loro coscienza di proletari estranei al grande mito interventista: il compimento dell' unità nazionale.
Certamente l'interpretazione classista e antimilitarista del film rappresenta il nucleo significante del film.
Ma la dialettica tra i due ufficiali intellettualmente onesti, il liberale Sassu che crede nella giustezza dell'obiettivo bellico e ne viene infine annientato, e il socialista Ottolenghi che spiega che il nemico vero è dietro di noi ed è il nemico di classe, testimoniano di un'identità nazionale fragile e non compiuta, costruita sulla marginalizzazione delle masse nel periodo risorgimentale, e sul loro sfruttamento nel successivo passaggio alla costruzione funzionale della nazione.
L'unità del paese si completò con un'ecatombe che ancora oggi viene rimossa.
Le drammatiche lacerazioni che comportò furono determinanti nel successivo avvento di una dittatura che ha corrotto in passato le nostre classi dirigenti.
Dalla visione di questo film controverso e sincero ma fortemente voluto da uno dei nostri più grandi registi, non si può non trarre l'impulso ad uscire definitivamente da una retorica stanca per praticare e vivere un'identità nazionale moderna e perennemente aperta all'altro da sé.


Paolo Grego

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