1. Apertura della conferenza
Lecce, Mercoledì 8 luglio, 18:00
Nella Sala consiliare della Provincia, ha luogo l'apertura della conferenza con gli interventi di saluto dell'Assessora provinciale alla Cultura dott.ssa
Regina Poso e dell'Assessora alle Pari Opportunità della Provincia dott.ssa
Maria Maglio.
Viene letto un lungo caloroso messaggio di saluto alla conferenza inviato dalla Ministra alle Pari Opportunità on.
Anna Finocchiaro, la quale si dice dispiaciuta di non poter partecipare, essendo impegnata nella riunione che si sta svolgendo a Innsbruck tra le Ministre europee per le pari opportunità. Manifesta la sua particolare attenzione alla conferenza, dicendosi convinta che da essa emergeranno contributi preziosi per il lavoro di noi tutte.
Yana Mintoff Bland presidente dell'Awmr porta il saluto dell'associazione alla Provincia di Lecce che ospita la settima conferenza annuale.
Fatima Ahmed Ibrahim, presidente dell'Unione donne sudanesi, porge il saluto alla Provincia di Lecce a nome di tutte le partecipanti, venute da 15 paesi dell'area mediterranea.
Ada Donno, per il comitato organizzatore, illustra il programma dei lavori della conferenza.
sono davvero dispiaciuta di non poter partecipare alla vostra validissima iniziativa ma sono impegnata oggi nella riunione che si sta svolgendo a Innsbruck tra le Ministre europee per le pari opportunità. La prego di voler leggere questo mio messaggio alle convenute e convenuti, salutando in modo particolare le ospiti straniere.
La vostra conferenza con coraggio e competenza mette a fuoco problematiche complesse, quali quelle del rispetto e della valorizzazione dei diritti delle donne - intesi quali diritti umani universali, nello spirito della Conferenza delle donne di Pechino - nei tanti luoghi difficili del Mediterraneo.
In particolare nell'edizione di quest'anno approfondite il tema del lavoro, declinandolo nei suoi molteplici aspetti, dalle forme di marginalità e sfruttamento, alla realtà dei "lavori" nei diversi contesti dei Paesi del Mediterraneo, alla progettualità economica e sociale che le donne sanno esprimere, meritevoli perciò di sostegno in quanto prospettano nuovi possibili modelli di sviluppo e convivenza.
Nel campo dei diritti umani e del lavoro nell'area del Mediterraneo il mio personale impegno e quello delle mie collaboratrici si svolge su diversi fronti, dalle proposte che abbiamo presentato in seno al Comitato per il 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, a quelle da noi sostenute nella delegazione italiana presso la Conferenza per il Tribunale penale internazionale; dalle politiche e dalle relazioni internazionali svolte insieme al Ministero degli Affari Esteri e alla Direzione per la Cooperazione e lo Sviluppo, ai rapporti con le Agenzie ONU e con la variegata rete dell'associazionismo femminile che opera in quest'area.
Quanto ai contenuti, possiamo affermare che esiste, anche in questa nostra parte del mondo, una drammatica contraddizione: da una parte le donne rappresentano un soggetto decisivo per lo sviluppo, la convivenza e la pace e dall'altra invece subiscono le più gravi violazioni dei loro diritti e della loro libertà, dalla povertà alla violenza, alle mutilazioni, alla coazione alla prostituzione.
Il nostro sforzo quindi tiene insieme questi due piani puntando tutto sulla nuova
soggettività che le donne stanno esprimendo, e si concentra su alcune priorità:
- l'integrazione del punto di vista di genere nelle politiche di cooperazione e il sostegno alle reti di donne e alle ONG;
- l'impegno specifico nelle zone dove più drammatica è la
violazione dei diritti umani;
- l'attuazione in Italia della campagna promossa dal Parlamento europeo "Zero tolerance against violence against women";
- il coordinamento delle politiche europee ed internazionali contro la tratta della
prostituzione coatta e lo sfruttamento del lavoro minorile;
- l'attuazione della recente legge sull'immigrazione, in particolare rispetto alle misure di sostegno dei diritti civili e sociali delle immigrate, alle politiche in favore dell'unità familiare, alle forme di protezione per chi intende sottrarsi al racket della prostituzione.
Ho voluto ricordare tutto ciò per manifestarvi, proprio in base a questi impegni concreti e a queste comuni problematiche, tutta la mia particolare attenzione alla vostra Conferenza, dalla quale emergeranno certamente contributi preziosi per il lavoro di noi tutte. Vi prego, pertanto, di farmi avere i
vostri materiali.
I miei migliori auguri.
1.2. Perché "Donne e lavoro nel Mediterraneo"
Ada Donno
La conferenza internazionale "Donne e lavoro nel Mediterraneo" nasce dal lavoro di "rete" fatto dal 1992 ad oggi dall'Awmr.
La scelta di Gallipoli e Lecce come luogo della conferenza non è casuale.
La Puglia, il Salento, oltre ad essere luoghi geograficamente "centrali" nel Mediterraneo, lo stanno ri/diventando sempre più anche politicamente e simbolicamente.
Potremmo indicare una quantità di ragioni "oggettive" della nostra scelta, ma preferiamo ammettere che ha agito soprattutto il forte desiderio di alcune di noi, che da tempo operano nella direzione della costruzione di reti di relazioni con le altre donne dell'area mediterranea (voglio ricordare che già nel 1991 a Lecce tenemmo un seminario di donne del Mediterraneo, non certo delle dimensioni di questa conferenza, ma ugualmente significativo per noi) alla ricerca di scambi di conoscenze e proposte mirate alla valorizzazione delle rispettive identità culturali e ad un possibile comune agire.
Seguendo il filo della riflessione che andiamo facendo e nell'ambito delle esperienze fatte nell'ultimo decennio, pensiamo che ci siano molte valide ragioni per mettere a tema in una conferenza la questione del lavoro nell'area mediterranea, con le problematiche ad esso connesse, nell'ottica che ci è propria dell'affermazione dei diritti delle donne e con l'obiettivo di riuscire a formulare proposte orientate alla trasformazione degli assetti economico-sociali di tipo patriarcale su cui sono fondati gli stati e le nazioni, nel rispetto e nella valorizzazione delle differenze.
La Conferenza mondiale di Pechino del '95 ha ribadito un dato riconosciuto da tempo, e cioè che il lavoro delle donne concorre in misura maggiore di quello degli uomini alla sicurezza della sopravvivenza umana e della vita sociale, ma è tuttora retribuito molto meno, anzi in buona parte neppure valutato. L'inadeguato riconoscimento di quel complesso di attività produttive, riproduttive e di cura in cui si articola il lavoro delle donne nel privato e nel sociale, costituisce un aspetto fondamentale di quello che si definisce lo "svantaggio" femminile.
Svantaggio che tende ad aggravarsi in questa fase di "globalizzazione" dell'economia, i cui effetti negativi le donne, proprio quando sono alla ricerca di ridefinire la propria identità sociale, pagano più di altri in termini di svalorizzazione e marginalizzazione.
Uno sguardo al panorama mediterraneo ci mostra, al di là dei forti squilibri esistenti e delle dissimmetrie, a seconda che i paesi siano più o meno favoriti nell'accesso ed uso delle risorse, un dato comune: marginalità e precarietà continuano ad essere in larga parte attributi del lavoro femminile, persiste in misura più estesa di quanto non si dica la divisione sessuale del lavoro e, oggi come ieri, sono soprattutto donne e bambine a raffigurare la spietatezza delle leggi del mercato.
D'altra parte le politiche del lavoro che i governi sostengono a soluzione della crisi occupazionale che coinvolge anche i paesi privilegiati, ruotano attorno al modello della "flessibilità lavorativa" e delle privatizzazioni della produzione e dei servizi sociali, rispondenti più alle esigenze del mercato che ai bisogni umani.
Tale modello induce di fatto un'ulteriore dilatazione della forbice sociale: a ristrette fasce garantite, prevalentemente maschili e collocate nel Nord, che godono della sicurezza sociale, della possibilità di carriera, dell'accesso alle risorse culturali e alla gestione del potere politico, corrispondono larghe fasce non garantite, prevalentemente femminili, giovanili, migranti e collocate nel Sud, il cui lavoro è sottopagato, instabile, con poche opportunità di crescita professionale.
Può la logica del "libero mercato" accordarsi con i progetti di libertà delle donne ed il diritto al lavoro?
In questa nostra conferenza intendiamo visitare i luoghi della discriminazione, dell'abuso e dello sfruttamento femminile nel Mediterraneo, che degradano le condizioni di vita e di lavoro; i luoghi del lavoro femminile nelle situazioni di guerra o di conflitto (come l'ex Jugoslavia, la Palestina) e nelle economie "di transizione" (come l'Albania); i luoghi sommersi dove si sviluppano le forme "moderne" di schiavitù del lavoro.
Partendo dalle realtà lavorative nei rispettivi paesi, vogliamo vedere le possibili prospettive anche rispetto ad un'idea di sviluppo sostenibile e di ambiente, che le direttive delle istituzioni finanziarie internazionali ignorano.
Analizzando la crisi del modello organizzativo e culturale indotto dalla crescita della presenza femminile nel mercato del lavoro, vogliamo tentare una lettura al femminile dei processi economici che stanno cambiando i modelli lavorativi, i valori, la società, i rapporti nella famiglia nei paesi del Mediterraneo, investendo tutte le culture e modificando lo stesso concetto di lavoro.
Vogliamo ragionare sulle pari opportunità e le azioni positive (se siano sufficienti a colmare lo svantaggio delle donne, o se occorra cambiare il contesto dell'organizzazione produttiva e sociale); sulla valorizzazione del lavoro non remunerato delle donne; sul riconoscimento del lavoro di cura, così importante nella vita delle donne perché coinvolge le affettività ed i rapporti familiari (se valorizzarlo significhi monetizzarlo e mercificarlo, o socializzarne delle attività e "remunerarlo" attraverso la riduzione del tempo di lavoro); su un'ipotesi di crescita delle attività di utilità sociale che non potrebbero svilupparsi secondo la logica del mercato, o sull'altra di recupero del governo pubblico del mercato, per garantire il diritto al lavoro e la sicurezza sociale.
Insomma, ci pare un'occasione importante per allargare il confronto fra donne che vivono in luoghi distanti nella comune dimensione mediterranea - dove agiscono "centri di attrazione" differenti, quello europeo nord-occidentale da una parte e quello sud-orientale islamico dall'altra - con l'intento di promuovere la progettualità delle donne nelle politiche del lavoro e dello sviluppo, a livello delle comunità locali, degli stati e nella cooperazione internazionale, nell'orizzonte comune dell'uguaglianza e della giustizia.