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AWMR Italia - Associazione Donne della Regione Mediterranea

7a Conferenza Internazionale, Italia - Gallipoli 8-12 luglio 1998

Donne e Lavoro nel Mediterraneo

AWMR - Association of Women of the Mediterranean Region

5. Sessione
Donne nell'economia globale: il diritto a lavorare con dignità.
Realtà e prospettive mediterranee

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5.1. La politica economica in Africa e Medio Oriente

di Valentine Moghadam, Iraniana

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5.2. Yildiz Ecevit

ricercatrice presso la Middle East Technical University, Ankara

Relaziona su "Donne e lavoro in Turchia". Argomento del suo intervento sono le politiche degli "aggiustamenti strutturali".
Fin dagli anni 60 prevalevano le politiche di sostituzione dell'importazione e la forza dei sindacati.
Nel gennaio 1980 queste politiche furono cambiate per poter ridurre i problemi relativi alla bilancia dei pagamenti, incoraggiare l'export e ridurre la domanda interna.
Ciò ha indotto un abbassamento degli standard lavorativi e a forme di produzione più flessibili.
Le imprese hanno utilizzato maggiormente lavoratori occasionali e temporanei, scaricando i costi di un mercato instabile sui salari più bassi.
Privatizzazione, disoccupazione e mancanza di investimenti nel settore manifatturiero hanno provocato un aumento del tasso di inflazione e dei prezzi degli alimenti, un deterioramento degli standard di vita ed un aumento della povertà.
Nel 1987 i poveri erano 7.5 milioni con un reddito giornaliero inferiore ad un dollaro.
Nel 1990 questa cifra è salita a 10 milioni.
Le famiglie avevano bisogno almeno di due stipendi e spesso un adulto doveva avere due lavori per vivere: in certi casi i beni di necessità erano prodotti in casa invece che comprati.
Le donne sono state le più colpite dai tagli nei servizi pubblici e dal costo maggiore della vita.
Le opportunità di lavoro nei centri urbani sono tuttora scarse per le donne.
Sempre più donne sono in cerca di lavoro e sopportano il peso della disoccupazione.
Nel 1990, il 40% delle donne nei centri urbani, comprese in una fascia di età fra i 20-25 anni, erano disoccupate.

Le lavoratrici nel settore manifatturiero sono colpite dalla politica degli aggiustamenti strutturali più di quelle che lavorano nei servizi.
C'è un numero crescente di studi sul problema delle donne ed il lavoro. Si è registrato un aumento della forza lavoro femminile nelle aree urbane dall'11% al 18%, ma non nelle industrie manifatturiere.
È sempre più evidente che il manifatturiero per l'esportazione si basa sul lavoro a domicilio e a contratto.
Negli anni 90, solo ad Istanbul, si contavano 88.000 lavoratori a domicilio, a causa della povertà e della mancanza di alternative di lavoro.

Gli stipendi reali devono aumentare e deve essere introdotta la possibilità di un impiego alternativo sicuro svolto in condizioni ottimali.
È anche importante offrire assistenza alle donne che vogliono creare cooperative e dare la sicurezza di posti di lavoro fuori dalle mura domestiche.
È necessario esercitare una pressione a tutti i livelli perché siano introdotte leggi che assicurino la cura dei bambini sui luoghi di lavoro.

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5.3. Le donne e il processo di trasformazione della cultura del lavoro

Maria Mancarella

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5.4. Il lavoro della donna: storia di economia e di economie

Aicha Bouabaci

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5.5 L'economia del dono

di Genevieve Vaughan


Nel mondo d'oggi coesistono due paradigmi economici fondamentali, in contraddizione logica ma complementari.
Di questi, uno è visibile, l'altro invisibile; uno considerato di grande valore, l'altro sottovalutato.
Uno è collegato agli uomini, l'altro alle donne.
Bisogna quindi dare valore a quello collegato alle donne, provocando uno spostamento fondamentale nei valori a cui improntiamo le nostre vite e politiche.

Mi sono accostata per la prima volta all'idea del donare, come fondamentale principio economico e di vita, mentre svolgevo un lavoro sulla lingua e la comunicazione.
Successivamente, come femminista, mi sono resa conto che, nelle mie funzioni di moglie e madre, svolgevo un lavoro, non retribuito, di dono - così come tutte le donne del mondo.

Il sistema economico attuale, che sembra essere così naturale e diffuso da potersi modificare, si basa su una semplice operazione, alla quale gli individui partecipano a livelli diversi e con tempi differenti.
Questa operazione è lo scambio, che può essere descritto come un dare per ricevere.
La motivazione è nella finalità stessa rivolta a se stessi, in quanto ciò che viene donato ritorna, in forma diversa, al donatore/donatrice per soddisfare le proprie esigenze.
Il soddisfacimento del bisogno dell'altra/o è il mezzo per raggiungere il proprio soddisfacimento.
Lo scambio necessita dell'identificazione degli oggetti scambiati, oltreché della misurazione di essi come modalità per stabilire l'equivalente nel soddisfacimento reciproco, sì che nessuna/o dia più di quanto riceve.
L'operazione, quindi, deve avere visibilità, deve poter attirare l'attenzione, anche se nel suo essere ripetuta spesso trasforma questa sua visibilità in un luogo comune.
Nello scambio entra il denaro, che prende il posto dei prodotti, rappresentandone il valore quantitativo.

Questo rapporto umano basato sullo scambio, apparentemente semplice in quanto ripetuto continuamente, diventa una sorta di archetipo o magnete per altre interazioni umane, mostrandosi - esso stesso e tutto ciò che gli è simile - normale, mentre il resto è folle.
Parliamo, per esempio, degli scambi d'amore, di conversazioni, di sguardi, di favori, di idee.

Esiste anche un altro tipo di scambio simile alla definizione linguistica.
La definizione serve a mediare l'appartenenza o meno di un concetto ad una certa categoria, proprio come la monetizzazione di una attività ne media l'appartenenza alla categoria del lavoro.
Proprio la visibilità dello scambio è conferma di se stesso, mentre altri tipi di interazione sono resi invisibili o inferiori per effetto di contrasto o descrizione negativa.
Ciò che è invisibile sembra non avere valore, mentre ciò che è visibile è identificabile con lo scambio, il che non fa che attribuire una sorta di valorizzazione quantitativa.
Inoltre, dal momento che esiste una dichiarata equivalenza fra ciò che diamo e ciò che riceviamo, sembra che chi ha molto ha prodotto molto o dato molto, perciò è, in qualche modo, più di chi ha meno.
Lo scambio mette l'ego in prima posizione e gli permette di crescere e svilupparsi secondo modalità che enfatizzano modelli comportamentali di competizione e gerarchizzazione secondo il modello "io-primo".
Questa ego non è parte intrinseca dell'essere umano, è, piuttosto, un prodotto sociale delle interazioni umane in cui è coinvolto.

Il paradigma alternativo, celato o quantomeno non identificato, consiste nella cura, in genere indirizzata verso gli altri.
Continua ad esistere poiché ha il fondamento nella natura stessa dei bambini; esseri dipendenti ed incapaci di restituire a colei/colui che dona.
Se le loro esigenze non vengono soddisfatte, unilateralmente, dalla donatrice/donatore, sono destinati a soffrire e morire.
La società ha assegnato il ruolo della cura alle donne, in quanto siamo noi a generarli e ad avere il latte per nutrirli.

Poiché una larga percentuale di donne alleva i propri figli, siamo destinate ad un'esperienza che si compie al di fuori dello scambio, fatto che ha bisogno di provare una forma di interesse verso l'altra/o.
Le forme di ricompensa o punizione implicate hanno a che fare con il benessere dell'altra/o.
La gratificazione personale viene dalla sua felicità, non dalla nostra.
Nel migliore dei casi, ciò non comporta impoverimento o sfruttamento di noi stesse.
In presenza di abbondanza, abbiamo di che nutrire altri.
Il problema è che di solito ci si trova in situazioni di scarsezza, creata artificialmente allo scopo di esercitare controllo, che rendono l'interesse verso l'altra/o difficile e logorante.
Il rapporto di scambio, infatti, deve avvenire in condizioni di scarsezza, poiché se i bisogni vengono abbondantemente soddisfatti nessuno sente la necessità di fare rinunce pur di ottenere ciò di cui ha bisogno.

Si dice che attualmente la terra produca abbastanza per nutrire tutti.
Questo, tuttavia, non può avvenire sulla base del paradigma dello scambio.
Né il paradigma dello scambio o il tipo di ego dominante che lo favorisce possono perpetuarsi in una situazione di abbondanza e libero scambio.
Da qui la necessità di creare scarsezza su scala mondiale, attraverso le spese per gli armamenti e altre forme di spreco delle risorse: 17 miliardi di dollari potrebbero fornire cibo per tutti per un anno e invece rappresentano gli investimenti di una settimana in spese militari.
Viene così creata la condizione affinché il paradigma dello scambio possa sussistere e legittimarsi.

Se identifichiamo il paradigma del dono con il modello femminile, si può affermare che è già ampiamente diffuso in quanto le donne rappresentano la maggioranza della popolazione.
Anche molti uomini lo praticano in qualche forma.
Spesso le economie non capitaliste, per esempio le economie semplici, hanno forme superiori di pratiche di scambio e diverse e importanti forme di leadership femminile.

Per esempio, ritengo che molti dei conflitti fra donne e uomini che appaiono determinati da differenze personali, siano in realtà differenze nel paradigma alla base del nostro comportamento.
Le donne criticano il forte ego maschile, e gli uomini criticano le donne in quanto non realistiche, con un cuore tenero e incline alla sofferenza.
Ognuno cerca di convincere l'altra a seguire i propri valori.
Molte donne, di recente, hanno iniziato a seguire il paradigma dello scambio, che ha il vantaggio immediato di liberarle dalla oppressione di una economia della schiavitù - e il vantaggio psicologico che la monetizzazione dà valore alle loro attività.
Ma lo stesso paradigma dello scambio è causa di schiavitù.

Dal momento che la gente si sposta da un paradigma ad un altro, può accadere che il paradigma di provenienza venga semplicemente rinviato, così che alle donne che accettano il paradigma dello scambio rimane il ruolo di cura, mentre gli uomini che si fanno donatori rimangono in realtà attenti solo al proprio ego.
Ciò è evidente nel caso delle religioni, in cui esistono uomini che legiferano con l'attenzione verso gli altri, spesso in base al principio dello scambio, escludendo e squalificando le donne.
Fanno apparire l'altruismo così santo da renderlo impraticabile alla maggioranza (ignorando che spesso rappresenta la norma per le donne).
È come la sindrome della madonna-puttana, per cui la donna è o sopra o sottovalutata, adorata o disprezzata.
L'altruismo viene fatto apparire irraggiungibile, associato spesso al sacrificio di se stessi (a causa della scarsa economia dello scambio), o può apparire uno spreco; nelle religioni patriarcali la carità si dà in cambio dell'anima.

L'atto della donazione che ha, alla base del suo principio di scambio, una grande ego non funziona, come abbiamo potuto verificare a livello di aiuti fra nazioni.
Ci sono vincoli posti dal paese donatore che impoveriscono chi riceve.
Un altro aspetto dei conflitti dei paradigmi è che il lavoro domestico o altre forme di lavoro femminile non monetizzabili sono visti come inferiori, come non lavori; valorizzarli è considerato sovversivo del paradigma dello scambio. Forse il lavoro femminile è pagato meno del maschile per far sì che rimanga in una posizione di dono privato del potere.
La soluzione non è nel pagare il lavoro femminile di più, ma nel modificare i valori fino a squalificare la monetizzazione e lo scambio.

Come può un paradigma non competitivo, di cura, confrontarsi con un paradigma competitivo? Sarà sempre in posizione di svantaggio, in quanto la competizione non è alla base della sua motivazione o valore.
È certamente difficile non competere senza perdere, dando quindi legittimità alla posizione altrui.
Un altro grosso problema è rappresentato dal fatto che se il soddisfacimento di un bisogno è senza compenso, non si dovrebbe chiedere il suo riconoscimento.
Ma, non chiedendone il riconoscimento, le donne sono rimaste inconsapevoli dell'aspetto paradigmatico delle loro azioni e valori.

È comunque chiaro l'aspetto pernicioso del paradigma rivolto all'ego.
Genera il rafforzamento dei pochi e la perdita di potere, l'impoverimento, la morte e l'invisibilità dei molti.
Dal momento che l'ego è un prodotto sociale, in qualche modo artificiale, ha bisogno di essere continuamente ricreato e confermato.
Ciò può avvenire anche attraverso la violenza sugli altri, inclusa la violenza sessuale.
Ciascuno, in quanto altro, è ignorato, negato, escluso, degradato, per confermare la superiorità e l'identità degli ego dominanti.
Vorrei evitare di fare, su questo punto, discorsi di ordine morale (infatti, il peccato entra nel rapporto di scambio, pronto a risarcire il torto fatto) e guardare ai problemi semplicemente come conseguenze logiche e psicologiche dei paradigmi.
La vendetta e la giustizia richiedono un equilibrio contabile.
Ma noi abbiamo bisogno di gentilezze e di cura.
Se si considera che l'85% delle persone con condanne a carico hanno subito violenza nell'infanzia, dobbiamo capire che il problema non è la giustizia.
Come la carità, la giustizia umanizza lo scambio quel poco che occorre per non farlo mutare.
Abbiamo bisogno di un mondo basato sul dono e per-dono, non sul castigo.

A questo punto, sembra sia importante creare strutture transitorie, che possano legittimare il donare.
Queste strategie, come forme di commercializzazione della causa, in cui i profitti sono dati a progetti che riguardano i cambiamenti sociali fatti per soddisfare i bisogni, fanno uso dello scambio come dono.
Anche il movimento per il finanziamento dei cambiamenti sociali esalta il donare, specialmente quando proviene da un modello di abbondanza e non di scarsezza.
Ma lo fanno altrettanto tutti quelli coinvolti nei movimenti per la pace, femministi, per le terapie del benessere, che dedicano tempo ed energie a soddisfare i bisogni umani e sociali.
Stiamo facendo la cosa giusta, ma non sappiamo perché.
Talvolta sviliamo persino l'atto di attenzione verso l'altra/o mentre lo pratichiamo, perché il modello dello scambio è così forte e penetrante.
Abbiamo bisogno di dare il nostro denaro, il nostro tempo e la nostra attenzione per cambiare i valori e le alternative economiche, sia vecchie che nuove, che non dipendano dallo scambio e dal mercato.
Le donne devono rendersi conto che i nostri valori ed energie sono importanti fuori come dentro la famiglia.
Gli stessi problemi sociali sono bisogni che dobbiamo soddisfare. Il nostro protenderci verso l'altra/o deve diventare la norma.

Solo così l'antico sogno, per cui i potenti deporranno le armi ed i ricchi i loro beni, potrà diventare realtà, guidato dalle donne del mondo.
Possiamo per esempio muoverci all'interno del "primo mondo" per perdonare il debito del "terzo mondo".
Vorrei attirare la vostra attenzione sulla parole per-donare.

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5.6. Parità di trattamento uomo donna nel lavoro a livello comunitario

Maria Luisa De Cristofaro

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5.7. Bettina Corke

delegata dell'Independent Forum for Advancement of Women presso la FAO, Roma

Dice che fino a che le donne non si misureranno con la politica ad alto livello, rimarranno senza potere.
Dobbiamo porre al primo posto le rivendicazioni collettive di progresso e la necessità dell'organizzazione al di sopra dei problemi individuali e sessuali.
Dobbiamo trovare il tempo di discutere i modi per applicare le risoluzioni.
Non possiamo discutere del lavoro fuori dal contesto dell'economia globale.
Il 60% del denaro liquido resta denaro liquido.
Solo il 6% finisce nel commercio. La democrazia è solo una tecnica, una copertura di questa realtà.
Per quanto importante sia la violenza sessuale, dobbiamo considerarla nel contesto della violenza strutturale.

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5.8. Empowerment al femminile

Bianca Rosa Gelli

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5.9. I percorsi della segregazione occupazionale per sesso

Paola Martino

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