5.3. Le donne e il processo di trasformazione della cultura del lavoro
di Maria Mancarella
L'occupazione femminile nel Sud é, negli ultimi decenni, cresciuta in modo costante ed evidente, molto più di quella maschile (anche in presenza di una domanda non certo in crescita) e, nonostante il fenomeno della "segregazione occupazionale" caratterizzi ancora in modo marcato la composizione per sesso di molte attività e professioni, l'incidenza della componente femminile in tutti i settori, anche quelli a prevalenza maschile, é in considerevole aumento laddove invece la disoccupazione, anch'essa in continua crescita, é andata concentrandosi in modo preoccupante tra i giovani, uomini e donne, soprattutto del Sud.
In realtà, quando si parla di occupazione femminile non si può non far riferimento alla apparente
contraddittorietà dei dati statistici che, accanto all'aumento dell'occupazione evidenziano anche, in particolare tra le donne del Sud, quello della disoccupazione. Negli ultimi venti anni, infatti, la presenza delle donne nel mercato del lavoro é notevolmente aumentata per effetto non solo dell'aumento delle donne
occupate ma anche di quelle
disoccupate.
Tra gli uomini, invece, é cresciuta molto la disoccupazione ma poco l'occupazione.
Una spiegazione di questo diverso andamento della occupazione maschile e femminile é rintracciabile da una parte, al di là delle esigenze del mercato del lavoro, al crescere della
propensione delle donne, soprattutto
meridionali,
alla partecipazione al mercato del lavoro, propensione che l'aumento della domanda non é riuscito ad assorbire, e dall'altra al cambiamento del
modello di partecipazione femminile al mercato del lavoro: in età più avanzata che in passato e in modo più durevole, stabile e qualificato, anche in conseguenza dei grandi cambiamenti nei comportamenti demografici delle donne meridionali e alla crescita dell'istruzione superiore, secondaria e universitaria.
Da una parte, dunque, sta cambiando
il posto che il lavoro ha nel progetto di vita della donna (Carmignani, Pruna, 1991, pag.144) dall'altra siamo di fronte ad un cambiamento radicale (non solo meridionale e non solo italiano) delle esigenze del mercato del lavoro, cambiamento ancor più potenziato e reso evidente da alcune coincidenze che potrebbero far diventare l'offerta di lavoro femminile realmente più competitiva di quella maschile (D'Oria, 1997,pag.133 ).
Proviamo a capire se questo é possibile e a quali condizioni.
Sicuramente uno degli elementi che maggiormente caratterizzano la presenza di uomini e donne nel mondo del lavoro é rappresentato dalle caratteristiche utilizzate per definire il loro modo di accostarsi al lavoro.
Gli uomini sono in genere definiti e apprezzati per le loro doti di
affidabilità, efficienza, professionalità, caratteristiche che essi costruiscono attraverso un percorso di progettazione di sé molto razionale, faticoso, coerente, lungo (dura spesso tutta la vita) ma gratificante; le donne sono invece ritenute apprezzabili soprattutto per la loro
fantasia, tenacia, flessibilità, caratteristiche assimilabili più ad un modo di essere, totalizzante e complessivo, a tratti di personalità che si ritengono quasi "naturali" nelle donne che all'idea di un progetto di sé da costruire nel tempo. (Francescato,1998)
Ma "affidabilità, efficienza, professionalità" e "fantasia, tenacia e flessibilità" non sono solo delle caratteristiche che sembrano distinguere gli uomini dalle donne, sono anche modalità di rapportarsi alla realtà tipiche di intere epoche storiche.
L'era della scienza e della tecnica in cui viviamo ha fatto, in realtà, della efficienza, affidabilità e professionalità la sua bandiera: la
modernità, infatti, guidata da una logica di
futurizzazione, distruggendo le sicurezze del passato, ha concentrato i suoi sforzi nella costruzione del
futuro.
A partire da un'idea di progresso, pensato come crescita continua, lineare e cumulativa, essa ha costruito l'illusione di un procedere verso uno sviluppo senza fine, guidato da una
logica razionale e fondato sull'equivalenza tra
passato-tradizione-arretratezza da una parte e
futuro-modernità- sviluppo dall'altra.
L'accelerazione delle trasformazioni, l'incognita sugli esiti del progresso hanno messo in crisi in modo radicale questo modello di sviluppo, facendo emergere, a fronte di una difficile progettabilità del futuro, l'importanza del presente e quindi della quotidianità.
L'attenzione alla vita quotidiana come
spazio in cui i soggetti costruiscono il senso del loro agire (Melucci,1998) é sicuramente una delle dimensioni cruciali della società contemporanea, quella che permette di cogliere e sperimentare le infinite possibilità dell'azione umana ma anche di verificarne le difficoltà e i limiti.
Più che la capacità di perseguire in modo coerente uno scopo, più che l'efficienza a qualunque costo, più che gli eventi in quanto tali, acquista oggi sempre più importanza il significato che gli eventi della vita, incluso il lavoro, hanno per uomini e donne, la loro capacità di contenere e valorizzare cose diverse tra loro, l'attenzione al benessere fisico, la stabilità psicologica, la creatività.
Più
spazio alla quotidianità, da sempre
spazio delle donne, ha significato allora
più spazio alle donne, maggiore valorizzazione delle loro caratteristiche, attenzione agli affetti, ai sentimenti, alla qualità dei rapporti.
L'accento sulle qualità che contraddistinguono l'agire femminile ha spostato l'accento dall'
intenzionalità al
senso, da una logica forte, basata sulla razionalità secondo lo scopo ad una logica debole, basata sul limite e sul contesto. L'
agire razionale, prettamente
maschile, é infatti guidato da un fine esplicitamente definito, dentro cui i comportamenti sono spiegabili sulla base del loro grado di congruenza rispetto al fine.
L'agire femminile,
l'agire pratico é, invece, un agire
guidato da un sistema di disposizioni durevoli nate dall'esperienza e definibili all'interno di vincoli e limiti, come opportunità praticabili legate al contesto (Signorelli, 1996) le cui scelte e i cui comportamenti sono comprensibili attraverso un criterio di
razionalità limitata, soggettiva, definibile nel contesto in cui comportamenti e scelte sono prodotti. L'agire femminile, al contrario di quello maschile,
contiene i sentimenti, tollera la contraddizione, accetta l'ambivalenza.
Anche i ruoli sociali che uomini e donne sono chiamati a ricoprire sono diversi e diverso é il processo di socializzazione ad essi: progettualità e adattamento, linearità e compresenza, coerenza e flessibilità sono i due versanti su cui uomini e donne costruiscono le loro identità.
Ma, mentre razionalità, coerenza, certezza del domani sono stati i pilastri su cui l'
uomo moderno ha costruito la grande illusione del suo futuro, adattamento e flessibilità sembrano essere le nuove parole d'ordine, capaci di risolvere tutti i problemi.
Nel postmoderno dominato dall'incertezza, dal cambiamento, dalla flessibilità la capacità delle donne di adattarsi, di tenere insieme mondi diversi, di prendersi cura degli altri oltre e non solo di sé sembra perciò vincente.
Ciò nonostante, mentre l'innalzamento della scolarità e un nuovo atteggiamento nei confronti del lavoro spingono molte donne a considerarlo come una componente "normale" della loro vita, i meccanismi di funzionamento del mercato del lavoro ne impediscono nei fatti la permanenza, in particolare in coincidenza con il crescere delle responsabilità familiare dopo il matrimonio e la nascita dei figli.
Da una parte allora il mercato del lavoro chiede forza lavoro flessibile, polivalente, capace di adattarsi, dall'altra non é in grado di utilizzare a pieno chi tali caratteristiche possiede; siamo in presenza di un'altra
contraddizione.
Per comprendere il senso di questa contraddizione é necessario tener presente innanzitutto alcuni
limiti di carattere culturale che caratterizzano la situazione italiana, particolarmente nel Mezzogiorno:
- la centralità del lavoro nella vita degli individui e in particolare degli uomini;
- l'assenza di una cultura della mobilità
- la scarsa propensione del nostro sistema economico alla creazione di lavoro e in particolare di lavoro atipico
- l'eccessiva enfasi di genere presente nelle analisi sull'evoluzione del mercato del lavoro, analisi che hanno
spesso connotato le trasformazione in termini di "eccezionale
crescita" per tutto ciò che concerne i cambiamenti
della componente femminile e in termini di "perdita"
per quanto si riferisce alla componente maschile.
Altri elementi utili per comprendere il senso della contraddizione sono legati a:
- le caratteristiche del funzionamento del mercato del lavoro italiano, caratterizzato come modello forte del maschio capofamiglia, le cui regole ruotano intorno alla figura centrale del maschio-adulto-capofamiglia, impegnato in un lavoro stabile e continuato(quello "per tutta la vita"), a tempo pieno, con orari lunghi e rigidi, senza interruzioni o possibilità di uscite e rientri. (Villa,1997, pag.144);
- il tipo di partecipazione delle donne al mercato del lavoro: nonostante la crescita della presenza femminile, l'Italia continua ad avere il più basso tasso sia di attività che di occupazione femminile. Ciò si spiega sia con la scarsa capacità del sistema italiano di creare lavoro, sia con le caratteristiche dell'offerta di lavoro femminile, fortemente polarizzata.
Le donne che lavorano, infatti, appartengono spesso a due categorie di donne assolutamente diverse tra loro: donne con alta scolarizzazione, provenienti da un ceto sociale medio e medio-alto, con possibilità di aiuti domestici familiari o retribuiti, che riesce in questo modo a far fronte ai carichi domestici e può svolgere lavori stabili e garantiti e donne con bassa scolarizzazione, appartenenti ad un ceto sociale basso e medio-basso, senza aiuti domestici familiari, costrette ad accettare lavori irregolari, poco retribuiti, spesso inconciliabili con le responsabilità familiari, dai quali non si può uscire perché é impossibile rientrare. Molte donne giovani e istruite, dunque, entrano nel mercato del lavoro, ma contemporaneamente molte donne escono, in genere donne adulte, poco istruite, che escono definitivamente per "dedicare" tutte le loro energie alla riproduzione e al benessere di tutta la famiglia.
Negli ultimi anni questo dualismo va rafforzandosi poiché i cambiamenti recenti vanno nella direzione del rafforzamento del modello basato sul
lavoro standard, unico, continuo, con orari di lavoro lunghi e rigidi che e rimane destinato agli uomini. In realtà, gli spazi che si aprono sono tutti nel
segmento secondario (lavori a tempo parziale, bassa qualifica, senza carriera) e finiscono per essere destinati alle
donne
Se tutto rimane in questi termini, il vero rischio é che
per le donne flessibilità significhi aumento della
segregazione, spezzoni di lavoro poco qualificato, non garantito, sottopagato, sommerso, lavoro nero.
In realtà non si può affrontare il problema della redistribuzione del lavoro retribuito tra uomini e donne senza affrontare quello della
redistribuzione tra i sessi del lavoro non pagato, del lavoro di cura (Picchio,1997).
Dai dati del Rapporto sullo sviluppo umano del 1995 emerge che la quota di lavoro non pagato svolta dalle donne é il
doppio di quella degli uomini e questo dato vale non solo per l'Italia ma anche per i paesi con alto tasso occupazione femminile.
In realtà in un sistema economico come quello occidentale capitalistico, che si fonda sulla
opacità economica del lavoro di riproduzione, sulla sua svalorizzazione e marginalizzazione, il lavoro non retribuito é del tutto
strutturale e non
residuale, così come la prospettiva emancitoria lo ha sempre definito (basti pensare che le
casalinghe definite come persone "a carico" sono quelle che lavorano per sostenere chi lavora per il mercato).
Oggi sono in atto
tendenze evolutive rispetto a questo rischio: una sempre maggiore
consapevolezza del contributo economico del lavoro di riproduzione; una crescente
attenzione agli standard di qualità della vita anche nei processi di produzione; la creazione di un
mercato di servizi alla persona la crescita del
settore non-profit.
Esiste, dunque, una
convergenza tra esigenze di flessibilità del nuovo assetto produttivo e sociale e disponibilità della forza lavoro femminile; nonostante questa convergenza, finché nulla sarà fatto per attutire le differenze tra uomini e donne nella distribuzione del lavoro pagato e non pagato, finché non sarà modificato complessivamente il senso del lavoro; finché l'idea del piacere non sarà connessa a quella del lavoro sottraendolo all'unica dimensione della necessità e dell'alienazione; finché non sarà allargata contemporaneamente l'area del lavoro pagato delle donne e quella del lavoro non pagato degli uomini,
lavoro flessibile significherà per le donne lavoro imprevedibile, de-regolamentato, sommerso, illegale.
Sarà solo il
prezzo da pagare per entrare nel mercato del lavoro e non uno strumento per
sentirsi libere di esprimere la loro fantasia, tenacia, intraprendenza nella vita affettiva, famigliare e professionale, scegliendone i
modi, i tempi e i luoghi.
In realtà, perché centralità e marginalità diventino categorie utili per studiare il rapporto con il lavoro di uomini e donne, perché la presenza delle donne nel mercato del lavoro avvii un processo di trasformazione della cultura del lavoro.
é necessario rivedere i termini del problema e ripensare completamente la funzione del lavoro nella costruzione dell'identità maschili e femminili.
Riferimenti Bibliografici
D.Barazzetti, C.Leccardi,
Fare e pensare, Rosenberg & Sellier, Torino, 1995
F.Carmignani, M.L.Pruna,
Le donne nel mercato del lavoro. Vecchi problemi e nuove opportunità, in G.Bonazzi, C.Saraceno, B.Beccalli,
Donne e uomini nella divisione del lavoro, Franco Angeli, Milano, 1978
S.D'Oria,
E se un giorno l'offerta di lavoro femminile fosse quella più competitiva?, in AAVV.,
Lavoro e non lavoro nel Salento, Piero Manni, Lecce, 1997
D.Francescato,
Amore e potere, Mondadori, Milano, 1998
A.Melucci,
Verso una sociologia riflessiva, Il Mulino, Bologna, 1998
A.Orioli,
Flessibilità, Il Sole 24 Ore, Milano, 1997
A.Picchio,
Lavori ed insicurezze sociali, di donne e uomini, in F.Bimbi, A.Del Re(a cura di),
Genere e democrazia, Rosenberg & Sellier, Torino, 1997
S.Piccone Stella, C.Saraceno,
Genere, Il Mulino, Bologna, 1996
P.Villa,
Donne e lavoro: i nodi irrisolti, in F.Bimbi, A.Del Re, op.cit.