Noi partecipanti alla 7a conferenza annuale dell'Awmr che ha affrontato il tema Donne e lavoro nel Mediterraneo ed ha esaminato la situazione in Algeria oggi, chiediamo:
Il rispetto dei trattati internazionali, segnatamente la Piattaforma d'azione di Pechino, che riafferma la parità di diritti tra i generi e la Carta africana dei diritti umani, completamente approvate dallo stato algerino;
l'abolizione delle restrizioni operate
dallo stato algerino relativamente alle convenzioni internazionali e
segnatamente le disposizioni di:
l'articolo 2 della Convenzione internazionale del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne
l'art.15, paragrafo 4 della Convenzione, che conferisce alle donne parità di diritti riguardo alla circolazione e alla scelta della residenza.
il rispetto delle disposizioni della Costituzione algerina del febbraio 1989 relative alla parità tra i sessi, che essenzialmente contraddice le disposizioni del Codice della famiglia in vigore dal giugno 1984.
l'introduzione di strutture di alto livello a favore di un'iniziativa coerente ed efficace relativa a donne e bambini
l'accesso delle donne al sistema dell'informazione che consenta loro di acquisire diretta conoscenza dei loro diritti e consapevolezza della realtà dei loro problemi, mettendole in condizioni di affrontarli.
l'istituzionalizzazione di misure a favore di una comunicazione armoniosa tra i generi, soprattutto attraverso:
un contatto costante più profondo nell'ambito dell'istituzione scolastica, le università ed i luoghi di lavoro
la creazione di luoghi di scambio
l'elaborazione di manuali scolastici che eliminino l'immagine della donna esclusivamente dedita al suo ruolo domestico.
la creazione di un ambito di riflessione in prospettiva di un'istruzione adeguata che sia soddisfacente per le donne consenta loro di penetrare nei vari settori socio-economici. In questo ambito, è necessaria l'instaurazione di un sistema di promozione che garantisca la parità di genere.
realizzazione di misure specifiche che diano
alla donna la possibilità di svolgere armonicamente i loro
obblighi familiari e professionali, quali:
libero accesso agli asili, luoghi di divertimento ed istruzione per i bambini
orario di lavoro adeguato alle esigenze delle donne
revisione, in particolare, della durata del congedo di maternità, in modo da conformarlo alle regole internazionali e garantire il benessere della madre e del bambino.
Cinque anni sono passati da quando 6 stato firmato il cosiddetto accordo di pace, noto col nome di Accordi di Oslo, e l'AWMR continua ad essere preoccupata per l'andamento del processo.
Osservando i negoziati sull'accordo per lo status definitivo, la prospettiva dell'instaurazione di uno stato palestinese vitale e sovrano appare più lontana che mai.
Guardando al maggio 1999, quando l'accordo definitivo dovrà essere sottoscritto, lo scenario è che Israele intende restituire ai palestinesi non più del 40-45% della Cisgiordania. Questo territorio è diviso chiaramente in tre cantoni separati con la quello maggiore, Gerusalemme, come cuscinetto. Bisogna rilevare che le speranze di una migliore riuscita tramite una vittoria del Labor Party nelle elezioni sono senza fondamento. Il Labor adotta una concezione della sicurezza secondo cui Israele ha bisogno del 50% della Cisgiordania per difendersi. In più, è stato proprio il Labor a costruire la piattaforma di Oslo per allargare le possibilità di uno stato palestinese sovrano.
Uno sguardo più approfondito ai tre principali punti che sono stati rinviati negli accordi di Oslo all'ultima fase: Gerusalemme, insediamenti e profughi (vedi la nostra risoluzione del 1996 e 1997) mostra che essi restano irrisolti.
Gerusalemme: preparando i colloqui sullo status definitivo, gerusalemme sta costruendo freneticamente a Gerusalemme. Altra grande preoccupazione è il tentativo d'israele di ribaltare la situazione demografica di Gerusalemme Est. Migliaia di abitanti sono stati spinti alla periferia di Gerusalemme a causa della mancanza di abitazioni nel centro. (Israele deliberatamente non ha costruito per i palestinesi a Gerusalemme Est). Allo scopo di trattenere gli israeliani, li spinge a prendere la cittadinanza israeliana. Questi passi avrebbero le loro implicazioni sul futuro equilibrio demografico di Gerusalemme poiché i palestinesi che hanno preso la cittadinanza sono conteggiati come cittadini israeliani.
Insediamenti: continuano l'espansione degli insediamenti esistenti e la confisca delle terre. Israele sta preparando le infrastrutture per una ermetica divisione tra israeliani e palestinesi nella Cisgiordania attraverso la costruzione di strade by pass, tutto a spese del territorio palestinese. Nell'area di Ma'ale Admin 12mila dunams stanno per essere annessi alla città, che sarà infine unita a Gerusalemme.
Profughi: la questione dei profughi è stata espunta dall'ordine del giorno dei negoziati da Israele con tacito consenso dei palestinesi.
Questo significa che due terzi dei palestinesi sono fuori causa e ad essi viene negato il diritto di essere presi in considerazione per qualsiasi soluzione.
Il loro incerto status nella Diaspora può dar luogo ad ulteriori espatri se si verificheranno in futuro tumulti nella regione.
L'Awmr conclude che nei tre punti in esame del processo di Oslo si è mancato di offrire soluzioni e di costruire una giusta piattaforma per una futura durevole pace.
Mentre i principali temi politici attraggono l'attenzione nazionale ed internazionale, non possiamo sottacere il tirannico e corrotto regime che opera nei Territori autonomi, retate, torture a morte, sistematica repressione della libertà di stampa sono diventati la seconda natura dell'Authority palestinese.
Dicendo questo, non intendiamo Israele dalla sua violazione dei diritti umani e dalla sua responsabilità nell'aver ridotto l'Authority palestinese a gendarme locale del suo stesso popolo.
Come donne siamo preoccupate per la militarizzazione della società palestinese.
Questa tendenza sta bloccando il cammino verso la crescita di istituzioni democratiche e della società civile, che è la sola garanzia di sviluppo per le donne e la società intera.
L'Awmr nella sua 7a conferenza annuale
tenuta a Gallipoli (Italia) l'8-12 luglio 1998, sul tema "donne
e lavoro nel Mediterraneo":
1. esprime la sua solidarietà con il popolo
di Cipro intero - Greco e Turco - che da 24 anni subisce
un'inaccettabile divisione, dal colpo di stato turco del1974.
2.Chiede l'applicazione delle risoluzioni
delle NU su Cipro che reclamano il rispetto dell'indipendenza,
sovranità ed integrità territoriale della repubblica di
Cipro, il ritiro dall'isola delle truppe straniere, delle forze
di occupazione e degli insediamenti turchi e la garanzia dei diritti
umani per tutti i ciprioti, compreso il diritto dei profughi a
ritornare alle loro case e proprietà in condizioni di
sicurezza e di pace.
3. Chiede ai governi, specialmente a quello degli
Usa, di esercitare la loro influenza sulla Turchia affinché il
governo turco rispetti le risoluzioni delle NU su Cipro ed accetti la
riunificazione dell'isola.
4. Chiede ai governi di Grecia, Turchia e Cipro e
al leader turco-cipriota signor Denktash di consentire alle donne
cipriote d'incontrarsi liberamente per discutere i loro comuni
problemi ed il futuro comune dell'isola di Cipro, senza
restrizioni, proibizioni e pressioni. È solo attraverso la
comprensione e ricostruzione di fiducia tra le due comunità
che Cipro può risolvere i suoi problemi.
5. Dichiara che il diritto delle donne al lavoro
può essere assicurato solo a condizione che ci sia una giusta
e durevole soluzione del problema del popolo cipriota, la cui
soluzione assicurerà tutti i fondamentali diritti umani.
6. Dichiara di essere pronta a cooperare con tutte
le forze amanti della pace e della libertà nella ricerca di
una giusta e durevole soluzione del problema di Cipro che assicuri
pace e prosperità a tutti i ciprioti, sia di etnia greca che
turca.
Nonostante tutte le organizzazioni femminili abbiano preso posizione contro la proposta del Ministero della difesa per un servizio di Difesa civile, il governo continua a perseguire l'iscrizione obbligatoria delle donne nei gruppi di milizia locale. Se la legge passa, la Grecia sarà il primo paese in Europa ad arruolare forzatamente le donne nel servizio militare.
Le donne hanno rigettato la proposta di coscrizione del governo nei primi anni '80 sulla base soprattutto del carico addizionale di compiti per le donne in una situazione già impari di responsabilità tra uomini e donne. Essa fu anche respinta in quanto ulteriore passo verso la militarizzazione della società. Gli stessi argomenti valgono tuttora, anzi ce ne sono di altri. La violenza crescente nel mondo è a svantaggio delle donne, poiché esse sono le prime vittime. Ed il processo di globalizzazione ha creato il bisogno di accordi internazionali sui conflitti, un impegno sul quale le forze di difesa civile possono lavorare insieme. Nello stesso momento in cui il governo chiede alle donne di fare più figli affinché i costi economici di una popolazione che va invecchiando non ricadano su una piccola minoranza, è strano, quanto meno, che si creino ulteriori ostacoli alle possibilità procreative delle donne.
Chiediamo al Ministro della Difesa, ai politici, ai funzionari del Pentagono e al governo di esporre in un linguaggio chiaro ed intelligibile le ragioni ed i motivi della proposta di coscrizione civile, soprattutto riguardo alle donne. Solo se ci sono ragioni valide, allora chiediamo ai nostri rappresentanti in Parlamento di prenderle in considerazione.
Alfine di portare la questione del popolo e delle donne curde all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale, proponiamo qui la creazione di un gruppo d'azione e ricerca che si concentri su:
Rispetto dei diritti umani ed in particolare delle donne curde
Completa emancipazione delle donne nella famiglia e nella società, e liberazione del popolo curdo.
Pressione per la riforma del sistema carcerario in Turchia
Informazione sugli orrori perpetrati ai danni del popolo curdo, sul corpo e la mente delle donne curde
Continua attenzione al caso di Leyla Zana
Organizzazione di momenti d'incontro e
dialogo fra il popolo curdo ed il popolo turco che passino per il
tramite delle donne per la costruzione di un futuro di pace
Solidarietà, uguaglianza e rispetto reciproco fra i popoli e gli uomini e le donne della regione.
7.6. Richiesta di azione in favore di Abraham Serfaty
Presentata da Patrizia Sterpetti, Italia
L'associazione delle donne della Regione Mediterranea chiede al governo e alle altre autorità del Marocco di consentire alla popolazione marocchina di organizzarsi liberamente in sindacati in condizioni di reale democrazia.
Nello stesso tempo chiede al governo del Marocco di consentire ad Abraham Serfaty di ritornare in Marocco come libero cittadino per poter vivere nel suo paese.
(Da inviare al governo, al ministro della giustizia del Marocco, a tutti i governi del Mediterraneo e alle Nazioni Unite)
7.7. Risoluzione sui matrimoni misti nei paesi della ex Jugoslavia
Presentata da Maya Kandido Yaksic
Dato che sussiste una eccezionale ed insopportabile situazione per donne, uomini e bambini nati da matrimoni misti (uno su sei matrimoni celebrati) negli stati della ex Jugoslavia, chiediamo che le famiglie possano liberamente farsi visita reciproca e sostenere i loro diritti di proprietà.
Pertanto decidiamo di rivolgere una forte sollecitazione all'Unione Europea a livello della regione di considerare i modi per eliminare questa ingiustizia.
7.8. Appello alla conferenza di Roma sul tribunale internazionale
Presentata dalla delegazione romana presente a Gallipoli
Si chiede che la Conferenza che a Roma in questi giorni dovrà istruire il Tribunale penale internazionale permanente ponga al primo posto dell'agenda l'esigenza delle donna di ottenere il rispetto dei diritti umani anche all'interno degli stati dove essi vengono permanentemente violati.
Con ciò non riteniamo che venga violato il diritto alla sovranità degli stati perché il rispetto dei fondamentali diritti umani va oltre i confini dei singoli paesi.
Presentata dalle partecipanti albanesi e serbe congiuntamente
Discutendo la situazione del Kossovo oggi esprimiamo il nostro sostegno ad una soluzione politica e non violenta del conflitto attraverso negoziati tra i rappresentanti ufficiali delle due parti - Serbia e Kossovo - sotto l'egida di appositi organismi della comunità internazionale.
Chiediamo la soluzione della crisi nel Kossovo in una maniera realistica, costruttiva e democratica senza ricorso a rivendicazioni nazionalistiche.
Chiediamo che si ponga rapidamente fine alle sofferenze di tutti i civili nel Kossovo, specialmente donne e bambini, con passi immediati per facilitare l'aiuto internazionale umanitario e l'attività delle NGO locali, specialmente pacifiste e femminili, e per favorire un'informazione veritiera da parte dei mass media.
La cittadina italiana Silvia Baraldini è detenuta da 16 anni negli USA, nel carcere di Danbury - Connecticut, condannata ad una pena complessiva di 43 anni.
L'Associazione delle Donne della Regione Mediterranea ricorda la mancata applicazione della Convenzione di Strasburgo per Silvia Baraldini che sarà all'esame del Comitato per gli affari penali del Consiglio d'Europa.
Silvia Baraldini non è stata condannata per azioni armate ma per "concorso in un'evasione incruenta" e per "associazione cospirativa". Si è ammalata di cancro ed ha tuttora bisogno di cure mediche.
Facciamo appello per il rimpatrio in Italia di Silvia Baraldini chiamando all'impegno tutte le donne di buona volontà, le istituzioni, le amministrazioni ed i governi europei.
L'Awmr sostiene la lotta delle donne sudanesi per rovesciare il regime militare dei fondamentalisti islamici che opprime e discrimina donne e uomini. Tale regime vieta i sindacati e le organizzazioni femminili, aggredisce le donne per le strade, scaccia migliaia di donne dal lavoro, sequestra i loro figli per mandarli a combattere nel Sud. La guerra civile nel Sud significa per donne e bambini dover affrontare la morte ogni giorno, per la maggior parte della popolazione la deportazione e la fame.
Ci appelliamo al Segretario generale dell NU, alla Commissione per i diritti umani delle NU, al Parlamento europeo, all'Organizzazione per l'Unità africana e alla Lega Araba del Cairo affinché esercitino la loro influenza ed il loro potere per far cessare questa drammatica situazione.
(Da inviare agli organismi sopra citati, alle Ambasciate sudanesi nei paesi del Mediterraneo, ai governi del Mediterraneo, ai mezzi d'informazione e al Tribunale sui Crimini di guerra di Roma.
Fatima si appella anche agli italiani per aiutarla ad organizzare una Carovana di Pace in Italia a sostegno del popolo sudanese e all'associazione italiana degli avvocati per aiutarla a a raggiungere il Tribunale per i Crimini di guerra a Roma.
7.12. Mozione presentata dalle partecipanti italiane che lavorano nelle ong di sviluppo
Come donne del Mediterraneo appartenenti all'Unione Europea sentiamo la responsabilità di richiamare i Parlamenti italiano ed europeo ed i governi dei Paesi dell'UE al pieno rispetto dei principi di solidarietà ed equità sociale espressi nel trattato di Amsterdam (che recepisce i principi della Convenzione di Ginevra).
In particolare ci preoccupano le violazioni della legalità e dei diritti umani perpetrate con la negazione del diritto di non refoulement ai profughi dell'area mediterranea, che li consegna di fatto nelle mani dei mercanti di carne umana (soprattutto con la tratta di donne e bambine/i).
Ci preoccupa l'applicazione a senso unico del trattato di Schengen, con la negazione del visto a donne e uomini di paesi dell'area mediterranea e dei paesi "poveri", pur in possesso di regolare invito.
Il trattato di Schengen è la fortezza in cui l'Europa si è chiusa, negando nei fatti alle donne e agli uomini dei paesi fin qui sfruttati e colonizzati dall'Occidente ricco e liberale di fuggire dalla fame, dalla miseria, dalla guerra e dalle persecuzioni politiche che il nostro sfruttamento ha provocato in quei paesi.
Ci allarma, infine, il congelamento di tutti i finanziamenti comunitari per i programmi di lotta all'esclusione sociale, tra cui:
il programma "Povertà 4" per la lotta alla povertà nei paesi dell'UE;
tutti i programmi di cooperazione internazionale, compresi i programmi MEDA nati dalla conferenza di Barcellona sul partenariato euro-mediterraneo;
tutti i programmi di lotta contro il razzismo e per l'integrazione degli immigrati.
Le donne, che portano sulle loro spalle il peso maggiore dei costi dell'Unione monetaria, vogliono che i loro soldi vengano spesi per un'Europa sociale e giusta.
L’Associazione di Donne della Regione Mediterranea, nella sua settima conferenza annuale tenutasi a Gallipoli (Italia) dall’8 al 12 luglio 1998, ha discusso approfonditamente il tema “Donne e lavoro nel Mediterraneo” ed ha analizzato quello che le donne possono fare insieme per affermare il loro diritto a lavorare in parità, a vivere in pace, a costruire un’economia di giustizia.
Molti cambiamenti intervenuti nello scenario internazionale, direttamente o indirettamente, hanno colpito le donne. Nonostante che in alcune aree o paesi siano stati introdotti sistemi politici di democrazia formale (come nell’Est europeo o in Algeria), a ciò non si è accompagnata la giustizia economica o la crescita di partecipazione sociale e politica.
Le politiche economiche imposte dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale comportano l’indebolimento delle politiche sociali ed occupazionali favorendo disoccupazione e povertà. In testa alla lista dei poveri e dei disoccupati ci sono le donne. La povertà è oggi un fenomeno globale che colpisce soprattutto le donne, i giovani e le famiglie mono-parentali. Il 70% dei poveri del mondo sono donne.
La globalizzazione, nella sua forma presente di movimento massiccio di capitali in cerca di massimo profitto e di movimento de-regolato di capitale speculativo, destabilizza le economie, diminuisce i salari reali, aumenta la disoccupazione e costringe alle migrazioni di massa.
Molti accordi politici e i cosiddetti processi di pace nel Mediterraneo sono attualmente un preludio alla penetrazione del capitale privato e alla estensione della dominazione capitalistica statunitense. Privatizzazioni, distruzione dello stato sociale, lavoro in appalto stanno causando ulteriore disoccupazione e aumentando la povertà delle donne.
Nella Regione Mediterranea sussistono grandi ineguaglianze nelle economie e nelle società: il Mediterraneo settentrionale diventa sempre più ricco, quello meridionale sempre più povero. Le donne nelle società tradizionali continuano ad essere considerate “cittadine di seconda classe” e il loro diritto a lavorare e ad essere indipendenti viene messo ancora in questione sia nella famiglia che nella società.
Chiediamo una maggiore cooperazione nella Regione Mediterranea affinché, nel rispetto delle differenti identità, siano ridotte queste disuguaglianze.
Condizioni minime necessarie per la salvaguardia del diritto al lavoro delle donne sono:
Poter lavorare con dignità e sicurezza, libere da molestie sessuali
E’ responsabilità degli Stati favorire le opportunità di lavoro per le disoccupate
Avere diritto ad organizzarsi in sindacati indipendenti e alla trasparenza dei bilanci delle imprese
Avere garantiti i sussidi di disoccupazione in caso di mancanza di lavoro
Avere diritto alla giornata lavorativa di massimo 8 ore
Sia stabilito un adeguato salario minimo e massimo
Siano assicurati uguali salari per uguale lavoro e pari opportunità di lavoro, formazione e carriera, senza distinzione di età, etnia e genere
Sia garantito il diritto di tutte le lavoratrici, comprese le casalinghe, le lavoratrici agricole e le collaboratrici domestiche, alla pensione e ai sussidi a proprio nome
Siano assicurati dai governi e dai datori di lavoro pari diritti alle lavoratrici migranti e profughe
Siano promosse e integrate politiche sociali e occupazionali
Sia garantito il diritto al congedo di maternità e alla cura dei figli in età scolare e prescolare durante la giornata lavorativa
Siano totalmente eliminati il lavoro minorile e la schiavitù sessuale