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Viaggio nella storia del paesaggio agrario del Tarantino

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L'allevamento ovino

Parole chiave: Immagini, rural landscape history, storia paesaggio agrario, transumanza, Magna Grecia, Medioevo, Neolitico, Villa rustica, feudalesimo, demani, tratturi, Taranto, Puglia, Italia Meridionale, masserie, jazzi, edilizia rurale a secco.

L'importanza

Pecore e capre costituivano la più diffusa forma di allevamento  animale praticato nel Tarantino; esse erano i più importanti fornitori di proteine animali, sia sotto forma di derivati del latte (le merci), sia di carne (alla macellazione venivano destinati gli animali vecchi,gli ammalati e gli agnelli in sovrannumero). Le pecore fornivano inoltre una delle principali fibre tessili, la lana, e la stessa pelle veniva usata per la produzione di capi di abbigliamento rustici; la pelle di agnello, in particolare, era (ed è) la materia prima per la la produzione delle pergamene, a lungo adoperata in diplomatica
Le pecore e le capre producevano inoltre un utilissimo concime organico, il più largamente utilizzato per la conservazione della fertilità del terreno.
Un discorso simile riguarda le capre, le cui caratteristiche di rusticità le rendeva particolarmente adattate alle aree più impervie della Murgia; il loro dente velenoso poneva tuttavia, rispetto alle pecore, problemi molto maggiori di salvaguardia dei coltivi; inoltre la loro lana, priva delle caratteristiche di quella ovina, non aveva importanza economica.

 

 

La masseria di pecore o capre come complesso edilizio wpe80070.gif (79489 bytes)prendeva il nome di jazzo e consisteva in curti (recinti), suppenne (arcate) e ombracchi. Esse occupano una delle pagine più interessanti della architetturawpe85348.gif (56273 bytes) rurale, con la ricchezza delle forme e la varietà delle tecniche adoperate. In alto da sinistra  lo jazzo di Masseria wpe01555.gif (43394 bytes) Capocanale (Statte), le curti di Masseria Grottafornara (Statte), le   suppenne di Masseria Monticelli (Taranto).  

 

Sommario:

L'importanza

L'allevamento stanziale

La transumanza

Breve storia

Le attività

Riferimenti bibliografici

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I recinti (jazzi) destinati ad accogliere le capre erano in genere posti in ambienti impervi, su terreno scosceso e con roccia affiorante, riproducendo così l'ambiente più idoneo alle abitudini di questi animali. In alto lo jazzo Basile, in basso lo jazzo Casavola (Martina Franca), lungo la linea dei Monti di Martina.

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L'allevamento stanziale

Quello ovi-caprino costituiva per il Tarantino l'unica possibile forma di allevamento  zootecnico consentita dai ferrei vincoli ecologici e climatici dell'ambiente mediterraneo. 
Le pecore, infatti, ed ancor più le capre,manifestano nei confronti degli animali grossi (cavalli e bovini) esigenze idriche e alimentari molto minori. Il sistema delle rotazioni agrarie nei seminativi inoltre, in voga sin dal Neolitico, prevedeva l'armonico inserimento di un certo numero di pecore e capre,in un sistema che prevedeva la restituzione di materia organica prelevata con il pascolo tramite l'utilissimo concime.

 

La transumanza

Accanto all'allevamento ovino stanziale, ben armonizzato con l'agricoltura, vi era anche la forma specializzata, sganciata dal mondo agricolo e spesso con esso in aperta lotta

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Lo scenografico jazzo di Masseria Monti del Duca (Crispiano). Oggigiorno giace, lungo il Tratturo Martinese, giusto al confine fra la selva di olivi, che occupa il piano pedemurgiano e la balza dei Monti di Martina, oggetto nei decenni scorsi di un  rimboschimento che ha sostituito alla originale lecceta un bosco di conifere estraneo all'ambiente. 

La necessità di fornire adeguati pascoli, che le pianure tarantine (e pugliesi in generale) non erano in grado di fornire per il periodo compreso (di norma) fra maggio e settembre,coincidente con la lunga estate mediterranea, rendeva necessario ricorrere alla pratica della transumanza, la formulazione mediterranea della zootecnia specializzata. 
Tale pratica prevedeva una sorta di pendolarismo stagionale delle greggi fra le regioni appenniniche, prive durante il lungo inverno di pascoli (a causa dell'innevamento e dei rigori) ma ricche di erba durante la stagione estiva, e quelle litoranee della Puglia, che al contrario nell'autunno-inverno erano in grado di fornire pascoli abbondanti. 
La complementarietà ecologica fra sistema appenninico e pianure litoranee è alla base della cosiddetta transumanza orizzontale, distinta da quella verticale (o alpeggio) e da altre forme di spostamento degli armenti non stagionale, da inquadrarsi più propriamente nel fenomeno del nomadismo.
La transumanza ha rivestito un ruolo di importanza capitale per la storia territoriale del Tarantino.Oltre alle ovvie ricadute economiche, essa ebbe, infatti, notevoli conseguenze nell'ambito storico-sociale (anche nelle forme degenerate delinquenziali, come il banditismo e la piaga dell'abigeato), cultuale (i pastori di ogni epoca hanno eletto proprie divinità e santi protettori, scelto luoghi di culto, celebrato cerimonie propiziatorie), territoriale (con la individuazione di itinerari predefiniti , i tratturi) e politico-amminstrativo (con la presenza di uno Stato costantemente impegnato ora nel controllare e dirigere il traffico, ora nel gestire in prima persona i pascoli).      

 

Breve storia

Forme stanziale di allevamento ovino sono attestate già all'interno dei villaggi neolitici. 
L'Età del Bronzo (II millennio a.C.) è dominata da una vera e propria civiltà pastorale. I protagonisti di questa nuova fase storica stabilirono,con il loro periodico rituale della transumanza,un sistema continuativo di relazioni fra popolazioni originariamente molto diverse, dando vita ad un coacervo culturale unitario, noto come Civiltà Appenninica, la prima cultura veramente italica. 
A seguito della differenziazione di questa matrice primigenia nelle culture regionali, le popolazioni iapigie insediate nel Tarantino proseguirono nella pratica della transumanza, ponendo i propri insediamenti lungo le principali vie di comunicazione (tratturi).  

L'avvento dei coloni greci produsse molto probabilmente,per il clima di conflittualità innescato nei confronti delle popolazioni locali, una brusca interruzione di questa pratica; si sviluppò, tuttavia, una nuova forma di allevamento, condotta in maniera intensiva e stanziale con una particolare razza di pecore, che grazie ad un ricercatissimo regime alimentare ed  a minuziose attenzioni, produceva lane annoverate fra  le più pregiate dell'antichità.

wpe21818.gif (76790 bytes)Alcune delle più significative wpe29163.gif (62317 bytes)strutture connesse con l'allevamento delle  pecore: l'abbeveratoio di Masseria Lupara
 wpe97189.gif (81803 bytes)(Pulsano), lo jazzo di Masseria Monte della Specchia (Crispiano), l'interno delle arcate di Masseria Cotugno (MOnacizzo-Torricella) e di Masseria Piccoli (Crispiano)

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La realtà sociale e politica impostasi all'indomani della sconfitta contro Roma, in occasione della seconda guerra punica (fine III secolo a.C.), favorì la diffusione, pressoché selvaggia, di una forma di allevamento transumante monopolizzato dai grandi speculatori romani,in genere senatori e homines novi del variegato panorama sociale di quegli anni di rapidi arricchimenti. Questi si attribuirono illimitata libertà nell'accesso a quella che era stata la chora coloniale, e che con la débacle annibalica, si era configurato giuridicamente come ager publicus populi romani.
Vista l'importanza economica dell'argomento lo Stato organizzò, in un secondo tempo, una struttura amministrativa molto complessa, che provvedeva alla custodia delle vie di comunicazione, alla licitazione dei pascoli pubblici ed alla riscossione dei relativi canoni.
Per molti versi tale macchina amministrativa anticipava le linee organizzative che saranno proprie della Dogana delle pecore di Puglia
L'ampia diffusione di una economia dalle forme certamente più regredite rispetto all'articolato paesaggio agrario magnogreco facilitò l'endemica ricorrenza di disordini e di ribellioni, che videro protagonisti  le folle di schiavi-pastori impiegati nella conduzione delle greggi.

Con la rottura dell'unità politica determinata dall'invasone longobarda la transumanza fu nuovamente ridimensionata e l'allevamento ovino rientrò in quelle forme di allevamento semibrado che caratterizzarono il paesaggio altomedievale
Con in Normanni anche l'allevamento ovino affrontò una nuova fase di espansione, coincidente con la generale ripresa dell'economia; esso era condotto anche secondo il sistema della transumanza, grazie ad un orizzonte politico  nuovamente unitario, che includeva le aree tradizionalmente interessate da questo fenomeno, ed al rinnovato impegno dello Stato in difesa della mobilità delle greggi. 
Federico II giunse a rilanciare il principio di uno Stato come unico proprietario di tutti i boschi ed i pascoli (omnia nemora et pascua sunt Curiae, amava dire) del Regno, l'unico abilitato, quindi, al loro sfruttamento economico. 
Gli esiti della crisi tardomediovale fecero dell'allevamento ovino transumante uno dei settori trainanti dell'economia jonica, specie a seguito dello spopolamento di gran parte del suo contado. I grandi interessi in gioco diedero il via ad  una autentica gara alla occupazione dei pascoli e delle altre terre pubbliche
Quando, con l'istituzione della Dogana della mena delle Pecore di Puglia (1447), veniva consacrata e sublimata le velleità monopoliste dello Stato nella gestione dei pascoli, prendeva il via una lunghissima guerra fra l'amministrazione della Dogana e gli agrari tarantini.
Lo sviluppo delle masserie, come unità aziendali multifunzionali, determinò il progressivo ridimensionamento dell'allevamento transumante nel Tarantino,mentre veniva fissata una sorta di simbiosi mutualistica fra grano e pecore.Non è quindi un caso che la crisi di fine Ottocento abbia coinvolto contemporaneamente ambedue i settori, come il sistema masseria nel suo insieme.     

 

Le attività

Ogni masseria di una certa consistenza possedeva un suo gregge la cui grandezza dipendeva dall'ampiezza dell'azienda e dalla disponibilità di pascolo
La composizione-tipo di un gregge prevedeva in media per ogni 100 pecore la presenza di cinque maschi riproduttori (i montoni), di 30 agnelli (per la sostituzione delle eventuali perdite) e di 65 pecore da frutto
Il pascolo invernale, detto vernotico (e che copriva il periodo compreso fra la fine di settembre ed i primi di maggio) comprendeva le aree macchiose ed anche i seminativi lasciati a riposo; quello estivo, lo statotico  (da maggio a settembre), aveva luogo sulle erbe cresciute sulle ristoppie dopo la mietitura.
Non tutte le aziende avevano ambedue le disponibilità di pascolo, per cui le greggi compivano talvolta spostamenti stagionali a corto raggio da una masseria all'altra. 

Casolare in un ovile presso masseria Levrano

Il complesso di bestiame, ambienti, pascoli e strumentario connesso con l'allevamento ovi-caprino costituiva la masseria di pecore, che spesso aveva una gestione affatto distinta rispetto alla masseria di campo, cerealicola. 
A sovrintendere le operazioni era il massaro di pecore, che si avvaleva di più pastori per la custodia delle greggi. 
I ricetti delle pecore erano costituiti originariamente da semplici recinti e grotte,naturali o artificiali (spesso si trattava di ambienti ricavati da antichi insediamenti rupestri abbandonati e riattati), poi sostituite da jazzi, edifici più o meno complessi costituiti da più recinti (curti), da arcate protettive (suppenne), dalle abitazioni dei pastori e dal casolare, ove aveva sede il camino per la trasformazione del latte nei prodotti caseari. 

Riferimenti bibliografici:

S. Pugliesi: La civiltà appenninica. Origini delle comunità pastorali in Italia, Firenze, 1959.

F. Ghinatti: Aspetti dell’economia agraria della Magna Grecia agli inizi dell’impero, in Critica Storica III(1973), pp. 369-396.

F. Ghinatti: Economia agraria della chora di Taranto, in Quaderni di Storia I (1975), pp 83-126.

M. Pasquinucci M: La transumanza nell’Italia romana, in E Gabba-M Pasquinucci: La transumanza nell'Italia romana, in E Gabba-M Pasquinucci: Strutture agrarie e allevamento transumante nell’ Italia romana (III-I sec a.C.), Pisa, 1979, pp 79-182.

A.Giardina: Allevamento ed economia della selva in Italia Meridionale: trasformazioni e continuità, in A. Giardina-A. Schiavone ( a cura di): Società romana e produzione schiavistica, I: L'Italia: insediamenti e forme economiche, Bari,  1981, pp. 88-89

E. Gabba: La transumanza nell’Italia romana. Evidenze e problemi. Qualche prospettiva per l’età altomedievale, in Settimane di Studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, XXXI: L’uomo di fronte al mondo animale nell’Alto Medio Evo, Spoleto, 1985, pp 373-389.

F. Porsia: L’allevamento, in Atti delle settime giornate normanno-sveve: Terra e uomini nel Mezzogiorno normanno-svevo, Bari, 1987, pp. 235-260.

R. Licinio: Uomini e terre nella Puglia medievale, Bari, 1983.

G. De Gennaro: Produzione e commercio delle lane in Puglia dall’epoca federiciana al periodo spagnolo, in Archivio Storico Pugliese,  XXV (1972), pp 49-79.

Musto D: La Regia Dogana della Mena delle Pecore di Puglia, Roma, 1964.

17 dicembre, 2001 00:07

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