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I cervelloni del web 26 agosto 2002
Alcuni sono finiti in disgrazia, altri sono diventati ricchi. Qualcuno si è addirittura suicidato
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«Vale più l'immaginazione della conoscenza» amava ripetere Albert Einstein. Era il padre della teoria della relatività, mica un poeta. E come dargli torto? Prima abbiamo immaginato che la new economy potesse rivoluzionare il mondo: il nuovo Eldorado prometteva soldi, ricchezza e benessere per tutti. Poi abbiamo scoperto che non era poi così vero. E qualcuno è rimasto scottato. Il Nasdaq è crollato da 5000 a 1400 punti e non vale nemmeno un terzo di quanto valeva due anni fa. Nel febbraio 2001 Federico Rampini raccontava su Repubblica i primi licenziamenti di Amazon e la voglia di sindacato nelle aziende americane della new economy. Turani dalle pagine finanziarie gli faceva eco: «Il peggio deve ancora arrivare». Due gufi che ci hanno visto bene, purtroppo. Complice anche il tragico 11 settembre.

Ma, nonostante tutto, niente sarà più come prima. Un po' come al tempo delle radio libere: nacquero come funghi, senza una adeguata normativa. In attivo, ne sono rimaste poche. Su internet sta accadendo più o meno lo stesso. In molti ci hanno provato ma rimarranno in pochi, ognuno con la sua storia e la sua invenzione. Lo sanno bene i geni del "far web" come qualcuno li ha soprannominati. Loro la rete l'hanno pensata, immaginata e costruita. Alcuni sono diventati ricchi, altri barboni, qualcuno ha deciso di passare a miglior vita. Le loro rivoluzioni hanno sconvolto internet, e non solo. Shawn Fanning, ad esempio, era solo un ragazzo quando la sua passione per la musica lo indusse a scovare un sistema, il peer to peer, per scambiare file in formato mp3. Nacquero Napster, i cd pirata su larga scala, e le parolacce inventate dai manager dalle major musicali americane per insultarlo. Lo trascinarono in tribunale, ma ormai la strada era tracciata. Fanning è finito in ombra, ma ricco e col sorriso in faccia.

A Kim Polese invece è andata peggio: era una brillante project manager della Sun Microsistem, decise di lasciare tutto per fondare "Marimba". Doveva essere una nuova Cisco, il Times la inserì nel '96 nella lista degli americani più influenti. La sua azienda quotata al Nasdaq ha raggiunto quota 68 dollari. Adesso ne vale più o meno uno e mezzo: la signora della Silicon Valley ha lasciato tutto, non la vita, per fortuna. Gen Kan invece ha lasciato anche quella. Aveva programmato Gnutella, mica il pac-man: «Il drago gnutella non ha testa» aveva spiegato recentemente. Nemmeno lui, probabilmente: l'ha persa e s'è ammazzato. E che dire di Tim Berners-Lee? Lui il web l'ha inventato all'università di Ginevra. Poteva essere uno degli uomini più ricchi del pianeta, come Bill Gates. E invece fin dagli esordi non ha mai avuto dubbi: il web sarebbe stato libero e universale. Adesso lavora al Mit e ci va in maggiolino: «Che il valore di una persona dipenda dal suo successo finanziario è tremendamente irritante» ha scritto. Richard Stallman poi è diventato un simbolo. Non solo per aver scritto un manifesto "Hacker Ethics", ma anche e soprattutto per aver elaborato Gnu, un sistema operativo basato su Unix che avrebbe aperto poi la strada a Linux. Lavorava al Mit, ma decise di andarsene quando gli dettero una password per accedere al suo computer: «Se la conoscenza deve essere aperta a tutti - si chese - perché mai limitarne l'accesso?». Pensiero profondo. Adesso ha i capelli e la barba lunghe, continua le sue battaglie e sorride davanti ai suoi ex colleghi che nel frattempo sono diventati ricchi.

Linus Towalds, infine, è il ragazzo che tutti vorrebbero come figlio. Lui, (l'acqua santa), lotta con la sua creatura (Linux) contro il diavolo (Bill Gates - Windows). Il suo sistema operativo è stato adottato dal 40% delle società americane forse perché non devono pagare alcuna licenza d'uso. Lui non si preoccupa, vive in una villetta con tre figli, la moglie e il cane: "Vale più l'immaginazione della ricchezza" deve aver pensato

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