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L'imperatore Augusto, fondatore della Praetoria Classis
Misenenis
La base navale di Miseno, collocata al centro del
Mediterraneo, contrituì ad assicurare a quest'area geografica 350 anni di pace
La base navale di Miseno era sede della prima legione
dell'impero romano: la Prina Legio Auditrix
Uno fra gli imperatori romani più strettamente legati alla
flotta di Miseno fu Lucio Domizio Enobarbo: Nerone. Per i militari della Classis
allestì un favoloso Ebeterion nel suo Palatium di Baia
L'acqua potabile per la flotta imperiale di Miseno veniva
dalle sorgenti del Serino, nel Sannio irpino: era portata da un acquedotto lungo
96 chilometri costruito in età augustea
Le Centum Ceallae (originariamente appartenenti alla
villa di Q. Ortensio Ortalo) furono usate come deposito idrico per la flotta in
aggiunta alla Piscina Mirabilis
LATINO
VIVO
Le parole, i nomi e le
espressioni latine della flotta imperiale di Miseno. Clicca sul disegno
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a bordo della flotta di Miseno
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Miseno, cuore del mare più
"antico" del mondo
Sin dall'antichità fu il mare (talatta, per i Greci) il centro della
vita e della civiltà umana. E le navi i veicoli, che con la navigazione di
cabotaggio, cioè costa costa e vicine alla terra, attraversarono il
Mediterraneo (Mesogeios per i Greci), trasferendo i primi nuclei
familiari con le masserizie essenziali per insediarsi altrove e fondare le prime
fattorie (colonie), dove avrebbero portato la civiltà, i costumi e le speranze
del loro avvenire. I primi a solcare in lungo e largo il Mediterraneo furono i
Fenici, che occupavano la sottile fascia costiera orientale, dove oggi si
trovano Libano, Palestina, Israele e Siria. Ma furono i Micenei e i Greci, come
si è visto a Vivara e anche ad Ischia, i primi veri navigatori mediterranei
d'altura a raggiungere l'Italia, che gli Ioni conoscevano dalla parte
dell'Adriatico attraversato con navigazione di cabotaggio. La prima colonia
testimoniata da Strabone, Petercolo, Plinio e altri fu Cuma, colonia dei Cumani
d’Eubea e dei Calcidesi. Cuma fu la prima polis (città stato)
dell'Occidente. Fondò Partenope e Neapolis, costituì la prima flotta da
guerra, accogliendo anche le navi dei Focesi reduci dalla Corsica dopo lo
scontro navale ad Alalia (o Alena).
La storia di Cuma è conosciuta e rappresenta il primo glorioso capitolo
della storia dell'Europa occidentale. Il golfo oggi di Napoli era chiamato
Cratere Cumano. Le sue forze armate erano poche ma agguerrite, tecnicamente
validissime. Si distinse per i blitz militari, come ad Ariccia con
Aristodemo, ma forte anche (relativamente ai tempi) per le contese navali, come
quella sostenuta insieme alla flotta siracusana nel 474 a.C., contro Cartaginesi
ed Etruschi, i quali ultimi furono sconfitti irrimediabilmente. I porti militari
di Cuma erano quelli di Miseno (Dionisio d'Alicarnasso), dove si ancorarono le
triremi siracusane (triere).
Miseno fu anche il porto da cui mosse la flotta di Cesare Ottaviano e Agrippa,
contro le flotte unite di Marco Antonio e Cleopatra nel 31 a.C., essendo già
stato abbandonato il Porto Giulio per il bradisismo avanzante. Quella battaglia
navale fu la più importante nella storia di Roma, in quanto spalancò le porte
dell'impero a Cesare Ottaviano Augusto, primo imperatore. E furono proprio le
liburne a decidere le sorti della battaglia per il superiore coefficiente
tecnico e tattico, dovuto alla velocità e agilità di manovra nei confronti
delle navi della coppia famosa. Qualche anno dopo la battaglia di Azio, Cesare
Augusto mutò tutta l'organizzazione militare di Roma imperiale, rafforzando la
marina militare, accentuandone l'autonomia rispetto all'esercito, assegnando le
legioni Prima e Secunda Adiutrix, una a Miseno (Militum schola)
e l'altra a Classe, anche se si trovano milites, appartenenti all'una o
all'altra indifferentemente presso le due flotte maggiori. Questi milites
erano le truppe degli arrembaggi contro le navi nemiche, manovravano i rostri ed
erano coinvolte nei giochi del potere e della politica. Essi erano imbarcati,
per lo più, sulle liburne e le triremi.
Il 24 agosto 79 d.C., quando si manifestò la tragedia dell'eruzione del
Vesuvio, Plinio il Vecchio, uomo di grande cultura, prefetto della flotta di
Miseno, dove si trovava "iubet liburnicam apteri", cioè "ordina
di preparare una liburna" (Plinio il Giovane, Lettere ai familiari
- VI,16,7) per seguire da vicino l'immane fenomeno, e giacche lo raggiunge anche
il messaggio di un'amica che invocava soccorso (Rectina Tasci o Casci),
"deducit quadriremes" (fa scendere le quadriremi in mare).
La presenza della flotta di Miseno, insieme a quella di Ravenna,
contribuì per 350 anni fu mantenuta la pace nel Mediterraneo. Nel 324 d.C., la
flotta di Licinio, forte di trecento triremi, affrontò quella di Costantino,
che aveva ducento navi di cui il nucleo maggiore era costituito dalle agili
liburne, le quali decisero ancora lo scontro, con una vittoria epocale, salutata
dai vessilli crociati di Costantino. Liburne erano le tabellarie, che
aprivano la rotta delle navi granarie, che arrivavano a Pozzuoli in tripudio (Seneca,
Lettere a Lucilio).
Aveva scritto Augusto, nel suo testamento storico/spirituale (Res Gestae
divi Augusti): "Pacificai il mare, liberandolo dai pirati"
(XXV, 1) e "Ampliai il territorio di tutte le province del popolo romano
con le quali confinavano popolazioni riottose al nostro ordine. Ristabilii la
pace nelle province galliche e ispaniche e ugualmente in Germania nell'area che
costeggia l'oceano da Cadice al Fiume Elba. Pacificai le Alpi dalla regione
prossima al mare Adriatico fino al Tirreno, a nessuna nazione avendo portato
guerra ingiustamente. La mia flotta navigò per l'Oceano dalla foce del Reno
verso oriente fino al territorio dei Cimbri, dove ne per terra, ne per mare
alcun romano, prima di allora, si era mai spinto e altri popoli Germani della
stessa regione chiesero per mezzo di ambasciatori l'amicizia mia e del popolo
romano" (XXVI, 1-4). Quella flotta che arrivò in Scandinavia per prima
fu quella di Miseno cui era affidato l'Occidente. Quella ravennate, cui era
affidato l'Oriente, penetrata nel Mar Nero, giunse sino al Chersoneso.
Testo (sintetizzato e adattato) tratto da
"Miseno. La liburna del 2000. Un ardito progetto da realizzare" di
Alfonso Melisi
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Dalla pax romana alla
pax mediterranea
di Franco Nocella*
"La pace mediterranea diventerà davvero come una
misteriosa, divina pietra filosofale che trasforma in oro tutto quello che
tocca. Ed una grande civiltà, la nuova civiltà del mondo, avrebbe nel
Mediterraneo il suo fondamento ed il suo grande punto di genesi. E' un
sogno? E' vero: ma questa età apocalittica in cui viviamo e nel cui
interno sempre più ci inoltriamo è, appunto, l'età dell'utopia, l'età in
cui l'utopia diventa storia ed il sogno realtà".
A dire queste cose, nel corso di un incontro a
Cagliari nel 1973, fu Giorgio La Pira, l'indimenticabile sindaco di
Firenze, uno dei più lucidi e limpidi interpreti che il pensiero cristiano
abbia avuto nel nostro Paese.
A distanza di tanti anni l'attualità di quella
indicazione è rimasta completamente intatta. Anzi, se possibile, è stata
ulteriormente confermata e rafforzata dagli avvenimenti: oggi tutti gli
uomini di pace e di giustizia - al di là degli steccati politici e
religiosi - potrebbero e dovrebbero sottoscriverla, facendone il cuore di
un messaggio di volontà e di speranza da consegnare a tutti i popoli del
Mediterraneo ed all'umanità intera.
E' sulla base di questi presupposti, d'altro
canto, che nel corso degli anni '80 ha preso corpo, a Napoli, la
Feder-Mediterraneo (FM), organizzazione indipendente non governativa
operante sul piano internazionale, oggi presente in tutti i paesi
dell'Europa meridionale ed in diversi paesi del Nord Africa e dell'Asia
Minore: centinaia e centinaia di associazioni, enti locali, soggetti
sociali e culturali di base confederati che hanno scelto il Mediterraneo
come lo scenario geografico, storico, politico, culturale e sociale di un
grande confronto ideale tendente ad individuare nuove ed originali formule
di cooperazione e di sviluppo comune fra i popoli che aiutino a superare
differenze e contrasti fra Nord e Sud che lacerano l'umanità e ne
calpestano le speranze di vita e di reale progresso.
Noi siamo convinti, assieme a Giorgio La Pira,
che "l'uomo mediterraneo, la civiltà mediterranea, la spiritualità e la
cultura mediterranee, che nel corso dei secoli si sono radicate lungo le
rive di questo grande lago di Tiberiade, hanno ancora oggi (ed avranno
ancora domani, nel corso dei secoli che verranno) una funzione permanente
da svolgere per l'edificazione della storia nuova del mondo" (Settimana
di studi sull'uomo mediterraneo, Tunisi, 1968).
Perché? E' lo stesso Giorgio La Pira a
spiegarcelo: "Perchè questa 'civiltà mediterranea' poggia, per così dire,
su tre fondamenti di roccia che la storia nuova, i secoli e le generazioni
non potranno corrodere: sono, infatti, tre incontestabili fondamenti della
storia totale degli uomini e dei popoli. Su questi fondamenti sono
iscritti tre nomi: quello di Gerusalemme (il senso della storia); quello
di Atene (il metodo logico e scientifico e la bellezza e la contemplazione
artistica); quello di Roma (l'organizzazione scientifica e tecnica, per
tutte le genti, del diritto e della politica). Vista la luce di questa
triplice proiezione, la storia odierna (con i grandi problemi che essa
pone) vivissimamente si illumina".
Se l'uomo mediterraneo ed il suo patrimonio di
civiltà hanno ancora un ruolo, un compito preciso da assolvere, come
Giorgio La Pira credeva e come noi crediamo con lui, allora è giunto il
momento di porre sul tappeto con grade determinazione una "questione
mediterranea" che vada al di la dei logori clichés, conditi di
razzismo euro-centrico e basati su subdole forme di neocolonialismo appena
mascherate con le sembianze di una falsa cooperazione. Se così stanno le
cose, è opportuno ed urgente dare corpo ad una "iniziativa mediterranea"
che tenda alla riaffermazione dell'identità culturale, delle grandi
possibilità di sviluppo economico autocentrato, del diritto
all'indipendenza, alla pace ed alla sicurezza dei popoli del Mediterraneo.
Giorgio La Pira si pose la domanda che ogni uomo
dovrebbe rivolgere a se stesso. Si chiese se la storia dei popoli, e
quindi anche la storia dei popoli del Mediterraneo, ha una direzione. E si
riferiva, essenzialmente, alla "nostra" storia: quella dell'età atomica (i
cui pericoli sono stati solo parzialmente attenuati dagli avvenimenti
degli ultimi anni), spaziale, demografica, scientifica e tecnica. La
storia "moderna" che mette in crisi tutte le strutture giuridiche,
politiche, culturali presenti e che è caratterizzata dalla rivolta, almeno
potenziale dei popoli del Terzo Mondo.
E la risposta che diede, a se stesso ed a noi
tutti, fu positiva: "La storia universale è in movimento verso la pace
universale, l'unità dei popoli e la loro promozione spirituale e civile.
La storia intera deve pervenire alla nuova terra promessa. Questo
finalismo ottimista della storia oggi è chiaramente visibile. La
situazione storica in cui ci troviamo mostra chiaramente a tutti che non
c'è alternativa (salvo la distruzione del pianeta) alla pace universale ed
all'unità ed alla promozione di tutti i popoli della Terra. L'utopia è
divenuta la sola realtà storica del nostro tempo".
L'utopia della pace e dell'unità fra i popoli del
Mediterraneo é un capitolo - il primo, il più strategicamente importante -
della grande "utopia storicamente reale" che Giorgio La Pira ebbe il
merito di affermare e di spiegare con la passione che gli derivava dalla
sua profonda e travolgente umanità. Nel 1957, il re del Marocco, Maometto
V, sul piazzale Michelangelo, guardando con occhio quasi profetico la
bellezza liberante e pacificatrice di Firenze, disse a Giorgio La Pira: "I
problemi mediterranei sono solidali e necessitano di una soluzione unica,
solidale: chiami tutti i popoli mediterranei a Firenze e li faccia unire e
pacificare a Firenze".
Ma, il Mediterraneo e la sua civiltà non sono
solo importanti per i popoli che vivono a ridosso di questo bacino
marittimo. Il Mediterraneo ha una dimensione universale che a Giorgio La
Pira fu chiarita nel corso di uno dei Colloqui mediterranei
organizzati dal Comune di Firenze sotto l'impulso del suo grande sindaco.
Eduard Glissant, un giovane nero della Martinica, di lingua e cultura
francese, vivamente impegnato nella causa della emancipazione africana gli
disse: "A mio avviso, lei è un uomo mediterraneo al massimo grado, perchè
ha assimilato perfettamente il "concetto", cioè una delle acquisizioni
della civiltà mediterranea che vale per tutti e di cui l'Africa ha,
sopratutto, bisogno. Uno degli apporti fondamentali del Mediterraneo,
infatti, è il 'concetto' che generalizza i dati a partire dall'esperienza.
Ora, però, la civiltà mediterranea dovrebbe avere il coraggio di rimettere
in discussione i suoi 'concetti' per confrontarli con il disordine
esistente, rianimarli e trovare un nuovo accordo e nuove soluzioni valide
per tutti".
Negli anni in cui Giorgio La Pira offriva
all'Italia e al mondo inmtero la sua milizia di uomo di pace e di uomo di
giustizia il Mediterraneo era - com'è oggi - non un grande "lago di
Tiberiade", ma un fossato che divideva il Nord dal Sud. Il problema era
allora, com'è oggi, quello di abolire tutte le radici di conflitto: da
quelle economiche a quelle politiche. La sua proposta faceva perno su tre
componenti fondamentali: una componente religiosa ("la cattedrale
cristiana, la moschea islamica ed il tempio ebraico costituiscono l'asse
attorno al quale si edificano i popoli, le nazioni e le civiltà che
coprono l'intero spazio di Abramo, cioè il Mediterraneo"), una componente
metafisica ("elaborata dai greci e dagli arabi") ed una componente
giuridica ("elaborata dai romani").
Il compianto padre Ernesto Balducci, che di
Giorgio La Pira seppe essere biografo postumo ed interprete attento, ha
spiegato: "Spostando il baricentro della storia sul Mediterraneo, inteso
come figura culturale, oltre che come spazio geografico, La Pira voleva
realizzare una sintesi che sta ancora davanti a noi. La sintesi fra il 'concetto',
elaborato ed utilizzato dalla civiltà tecnologica del Nord, e lo slancio
vitale di cui il Sud preserva le condizioni e le forme che vanno dalla
comunione con la natura alla contemplazione mistica. Nell'età della
scissione dell'atomo, La Pira, uomo mediterraneo, stava combattendo, nei
suoi modi e con i suoi limiti, contro la scissione dell'uomo". Una
battaglia, questa, che deve essere continuata e vinta: a tutti i costi.
* Presidente della Feder
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Navigare necesse est, si diceva a quei tempi: l'impero romano riuniva
tutti i territori circostanti quello che veniva chiamato Mare Nostrum. La
navigazione, pertanto, era indispensabile tanto per i traffici commerciali
quanto per la difesa militare. La flotta imperiale di Miseno aveva il compito di
tenere sotto controllo l'intero Mediterraneo occidentale. Quella con sede a
Ravenna, invece, aveva la responsabilità per il Mediterraneo orientale.
Marco Vipsanio Agrippa fu l'organizzatore della marina da guerra
dell'Impero Romano e il progettista della base navale di Miseno. Gli fu concesso
l'onore di cingere la "corona bavale"
Fra i più celebri ammiragli della flotta imperiale di Miseno va ricordato
Gaio Plinio Secondo (detto
il vecchio), autore della Naturalis Historia, morto nel 79 d.C. durante
l'eruzione del Vesuvio di quell'anno
Le navi della flotta di Miseno erano costruite e armate nel bacino
interno: si muovevano con relativa velocità sull'acqua grazie ad una sapiente
velatura e alla forza di migliaia di braccia. Quelle dei rematori imbarcati a
bordo di liburne e triremi, di quadriremi, pentaremi ed esaremi.
Intanto, dalle nebbie di un lontanissimo passato riemergono i nomi delle
navi della flotta di Miseno. Ce li restituiscono le lapidi di marmo con le
iscrizioni trovate nei Campi Flegrei e a Roma, a Ravenna, in Grecia, in
Macedonia. Sono i nomi di liburne e triremi, di quadriremi e pentaremi.
C'è, persino il nome, di una esareme. Si chiamava Ops. Un nome che era
tutto un programma. Significava: la forza, la potenza..
LA
PRIMA LEGIO AUDITRIX
Erano
i fedelissimi dell'imperatore. Clicca sulla foto |
..
In
barca a MISENUM
ogni sabato e domenica dalle 10,30, porticcolo di Capo
Miseno
PRENOTA
Ass.
Misenum 081-5233977,
338-9416639, 338-8911536 |
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