ALLE PORTE DI NAPOLI, NEL CUORE DEL "MARE NOSTRUM" RIVIVE UNA STORIA MILLENARIA

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L'imperatore Augusto, fondatore della Praetoria Classis Misenenis

 

 

La base navale di Miseno, collocata al centro del Mediterraneo, contrituì ad assicurare a quest'area geografica 350 anni di pace

 

 

La base navale di Miseno era sede della prima legione dell'impero romano: la Prina Legio Auditrix

 

 

Uno fra gli imperatori romani più strettamente legati alla flotta di Miseno fu Lucio Domizio Enobarbo: Nerone. Per i militari della Classis allestì un favoloso Ebeterion nel suo Palatium di Baia

 

 

L'acqua potabile per la flotta imperiale di Miseno veniva dalle sorgenti del Serino, nel Sannio irpino: era portata da un acquedotto lungo 96 chilometri costruito in età augustea

 

 

Le Centum Ceallae (originariamente appartenenti alla villa di Q. Ortensio Ortalo) furono usate come deposito idrico per la flotta in aggiunta alla Piscina Mirabilis

 

 

LATINO VIVO

Le parole, i nomi e le espressioni latine della flotta imperiale di Miseno. Clicca sul disegno per saperne di più....

 

 

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TELEFONA FederMediterraneo 081-8540000, 081-5795242, 081-8044268, 347-4475322, 338-3224540

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Miseno, cuore del mare più "antico" del mondo

Sin dall'antichità fu il mare (talatta, per i Greci) il centro della vita e della civiltà umana. E le navi i veicoli, che con la navigazione di cabotaggio, cioè costa costa e vicine alla terra, attraversarono il Mediterraneo (Mesogeios per i Greci), trasferendo i primi nuclei familiari con le masserizie essenziali per insediarsi altrove e fondare le prime fattorie (colonie), dove avrebbero portato la civiltà, i costumi e le speranze del loro avvenire. I primi a solcare in lungo e largo il Mediterraneo furono i Fenici, che occupavano la sottile fascia costiera orientale, dove oggi si trovano Libano, Palestina, Israele e Siria. Ma furono i Micenei e i Greci, come si è visto a Vivara e anche ad Ischia, i primi veri navigatori mediterranei d'altura a raggiungere l'Italia, che gli Ioni conoscevano dalla parte dell'Adriatico attraversato con navigazione di cabotaggio. La prima colonia testimoniata da Strabone, Petercolo, Plinio e altri fu Cuma, colonia dei Cumani d’Eubea e dei Calcidesi. Cuma fu la prima polis (città stato) dell'Occidente. Fondò Partenope e Neapolis, costituì la prima flotta da guerra, accogliendo anche le navi dei Focesi reduci dalla Corsica dopo lo scontro navale ad Alalia (o Alena).

La storia di Cuma è conosciuta e rappresenta il primo glorioso capitolo della storia dell'Europa occidentale. Il golfo oggi di Napoli era chiamato Cratere Cumano. Le sue forze armate erano poche ma agguerrite, tecnicamente validissime. Si distinse per i blitz militari, come ad Ariccia con Aristodemo, ma forte anche (relativamente ai tempi) per le contese navali, come quella sostenuta insieme alla flotta siracusana nel 474 a.C., contro Cartaginesi ed Etruschi, i quali ultimi furono sconfitti irrimediabilmente. I porti militari di Cuma erano quelli di Miseno (Dionisio d'Alicarnasso), dove si ancorarono le triremi siracusane (triere).

Miseno fu anche il porto da cui mosse la flotta di Cesare Ottaviano e Agrippa, contro le flotte unite di Marco Antonio e Cleopatra nel 31 a.C., essendo già stato abbandonato il Porto Giulio per il bradisismo avanzante. Quella battaglia navale fu la più importante nella storia di Roma, in quanto spalancò le porte dell'impero a Cesare Ottaviano Augusto, primo imperatore. E furono proprio le liburne a decidere le sorti della battaglia per il superiore coefficiente tecnico e tattico, dovuto alla velocità e agilità di manovra nei confronti delle navi della coppia famosa. Qualche anno dopo la battaglia di Azio, Cesare Augusto mutò tutta l'organizzazione militare di Roma imperiale, rafforzando la marina militare, accentuandone l'autonomia rispetto all'esercito, assegnando le legioni Prima e Secunda Adiutrix, una a Miseno (Militum schola) e l'altra a Classe, anche se si trovano milites, appartenenti all'una o all'altra indifferentemente presso le due flotte maggiori. Questi milites erano le truppe degli arrembaggi contro le navi nemiche, manovravano i rostri ed erano coinvolte nei giochi del potere e della politica. Essi erano imbarcati, per lo più, sulle liburne e le triremi.

Il 24 agosto 79 d.C., quando si manifestò la tragedia dell'eruzione del Vesuvio, Plinio il Vecchio, uomo di grande cultura, prefetto della flotta di Miseno, dove si trovava "iubet liburnicam apteri", cioè "ordina di preparare una liburna" (Plinio il Giovane, Lettere ai familiari - VI,16,7) per seguire da vicino l'immane fenomeno, e giacche lo raggiunge anche il messaggio di un'amica che invocava soccorso (Rectina Tasci o Casci), "deducit quadriremes" (fa scendere le quadriremi in mare).

 La presenza della flotta di Miseno, insieme a quella di Ravenna, contribuì per 350 anni fu mantenuta la pace nel Mediterraneo. Nel 324 d.C., la flotta di Licinio, forte di trecento triremi, affrontò quella di Costantino, che aveva ducento navi di cui il nucleo maggiore era costituito dalle agili liburne, le quali decisero ancora lo scontro, con una vittoria epocale, salutata dai vessilli crociati di Costantino. Liburne erano le tabellarie, che aprivano la rotta delle navi granarie, che arrivavano a Pozzuoli in tripudio (Seneca, Lettere a Lucilio).

Aveva scritto Augusto, nel suo testamento storico/spirituale (Res Gestae divi Augusti): "Pacificai il mare, liberandolo dai pirati" (XXV, 1) e "Ampliai il territorio di tutte le province del popolo romano con le quali confinavano popolazioni riottose al nostro ordine. Ristabilii la pace nelle province galliche e ispaniche e ugualmente in Germania nell'area che costeggia l'oceano da Cadice al Fiume Elba. Pacificai le Alpi dalla regione prossima al mare Adriatico fino al Tirreno, a nessuna nazione avendo portato guerra ingiustamente. La mia flotta navigò per l'Oceano dalla foce del Reno verso oriente fino al territorio dei Cimbri, dove ne per terra, ne per mare alcun romano, prima di allora, si era mai spinto e altri popoli Germani della stessa regione chiesero per mezzo di ambasciatori l'amicizia mia e del popolo romano" (XXVI, 1-4). Quella flotta che arrivò in Scandinavia per prima fu quella di Miseno cui era affidato l'Occidente. Quella ravennate, cui era affidato l'Oriente, penetrata nel Mar Nero, giunse sino al Chersoneso.

Testo (sintetizzato e adattato) tratto da "Miseno. La liburna del 2000. Un ardito progetto da realizzare" di Alfonso Melisi

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Dalla pax romana alla pax mediterranea

di Franco Nocella*

"La pace mediterranea diventerà davvero come una misteriosa, divina pietra filosofale che trasforma in oro tutto quello che tocca. Ed una grande civiltà, la nuova civiltà del mondo, avrebbe nel Mediterraneo il suo fondamento ed il suo grande punto di genesi. E' un sogno? E' vero: ma questa età apocalittica in cui viviamo e nel cui interno sempre più ci inoltriamo è, appunto, l'età dell'utopia, l'età in cui l'utopia diventa storia ed il sogno realtà".

A dire queste cose, nel corso di un incontro a Cagliari nel 1973, fu Giorgio La Pira, l'indimenticabile sindaco di Firenze, uno dei più lucidi e limpidi interpreti che il pensiero cristiano abbia avuto nel nostro Paese.

A distanza di tanti anni l'attualità di quella indicazione è rimasta completamente intatta. Anzi, se possibile, è stata ulteriormente confermata e rafforzata dagli avvenimenti: oggi tutti gli uomini di pace e di giustizia - al di là degli steccati politici e religiosi - potrebbero e dovrebbero sottoscriverla, facendone il cuore di un messaggio di volontà e di speranza da consegnare a tutti i popoli del Mediterraneo ed all'umanità intera.

E' sulla base di questi presupposti, d'altro canto, che nel corso degli anni '80 ha preso corpo, a Napoli, la Feder-Mediterraneo (FM), organizzazione indipendente non governativa operante sul piano internazionale, oggi presente in tutti i paesi dell'Europa meridionale ed in diversi paesi del Nord Africa e dell'Asia Minore: centinaia e centinaia di associazioni, enti locali, soggetti sociali e culturali di base confederati che hanno scelto il Mediterraneo come lo scenario geografico, storico, politico, culturale e sociale di un grande confronto ideale tendente ad individuare nuove ed originali formule di cooperazione e di sviluppo comune fra i popoli che aiutino a superare differenze e contrasti fra Nord e Sud che lacerano l'umanità e ne calpestano le speranze di vita e di reale progresso.

Noi siamo convinti, assieme a Giorgio La Pira, che "l'uomo mediterraneo, la civiltà mediterranea, la spiritualità e la cultura mediterranee, che nel corso dei secoli si sono radicate lungo le rive di questo grande lago di Tiberiade, hanno ancora oggi (ed avranno ancora domani, nel corso dei secoli che verranno) una funzione permanente da svolgere per l'edificazione della storia nuova del mondo" (Settimana di studi sull'uomo mediterraneo, Tunisi, 1968).

Perché? E' lo stesso Giorgio La Pira a spiegarcelo: "Perchè questa 'civiltà mediterranea' poggia, per così dire, su tre fondamenti di roccia che la storia nuova, i secoli e le generazioni non potranno corrodere: sono, infatti, tre incontestabili fondamenti della storia totale degli uomini e dei popoli. Su questi fondamenti sono iscritti tre nomi: quello di Gerusalemme (il senso della storia); quello di Atene (il metodo logico e scientifico e la bellezza e la contemplazione artistica); quello di Roma (l'organizzazione scientifica e tecnica, per tutte le genti, del diritto e della politica). Vista la luce di questa triplice proiezione, la storia odierna (con i grandi problemi che essa pone) vivissimamente si illumina".

Se l'uomo mediterraneo ed il suo patrimonio di civiltà hanno ancora un ruolo, un compito preciso da assolvere, come Giorgio La Pira credeva e come noi crediamo con lui, allora è giunto il momento di porre sul tappeto con grade determinazione una "questione mediterranea" che vada al di la dei logori clichés, conditi di razzismo euro-centrico e basati su subdole forme di neocolonialismo appena mascherate con le sembianze di una falsa cooperazione. Se così stanno le cose, è opportuno ed urgente dare corpo ad una "iniziativa mediterranea" che tenda alla riaffermazione dell'identità culturale, delle grandi possibilità di sviluppo economico autocentrato, del diritto all'indipendenza, alla pace ed alla sicurezza dei popoli del Mediterraneo.

Giorgio La Pira si pose la domanda che ogni uomo dovrebbe rivolgere a se stesso. Si chiese se la storia dei popoli, e quindi anche la storia dei popoli del Mediterraneo, ha una direzione. E si riferiva, essenzialmente, alla "nostra" storia: quella dell'età atomica (i cui pericoli sono stati solo parzialmente attenuati dagli avvenimenti degli ultimi anni), spaziale, demografica, scientifica e tecnica. La storia "moderna" che mette in crisi tutte le strutture giuridiche, politiche, culturali presenti e che è caratterizzata dalla rivolta, almeno potenziale dei popoli del Terzo Mondo.

E la risposta che diede, a se stesso ed a noi tutti, fu positiva: "La storia universale è in movimento verso la pace universale, l'unità dei popoli e la loro promozione spirituale e civile. La storia intera deve pervenire alla nuova terra promessa. Questo finalismo ottimista della storia oggi è chiaramente visibile. La situazione storica in cui ci troviamo mostra chiaramente a tutti che non c'è alternativa (salvo la distruzione del pianeta) alla pace universale ed all'unità ed alla promozione di tutti i popoli della Terra. L'utopia è divenuta la sola realtà storica del nostro tempo".

L'utopia della pace e dell'unità fra i popoli del Mediterraneo é un capitolo - il primo, il più strategicamente importante - della grande "utopia storicamente reale" che Giorgio La Pira ebbe il merito di affermare e di spiegare con la passione che gli derivava dalla sua profonda e travolgente umanità. Nel 1957, il re del Marocco, Maometto V, sul piazzale Michelangelo, guardando con occhio quasi profetico la bellezza liberante e pacificatrice di Firenze, disse a Giorgio La Pira: "I problemi mediterranei sono solidali e necessitano di una soluzione unica, solidale: chiami tutti i popoli mediterranei a Firenze e li faccia unire e pacificare a Firenze".

Ma, il Mediterraneo e la sua civiltà non sono solo importanti per i popoli che vivono a ridosso di questo bacino marittimo. Il Mediterraneo ha una dimensione universale che a Giorgio La Pira fu chiarita nel corso di uno dei Colloqui mediterranei organizzati dal Comune di Firenze sotto l'impulso del suo grande sindaco. Eduard Glissant, un giovane nero della Martinica, di lingua e cultura francese, vivamente impegnato nella causa della emancipazione africana gli disse: "A mio avviso, lei è un uomo mediterraneo al massimo grado, perchè ha assimilato perfettamente il "concetto", cioè una delle acquisizioni della civiltà mediterranea che vale per tutti e di cui l'Africa ha, sopratutto, bisogno. Uno degli apporti fondamentali del Mediterraneo, infatti, è il 'concetto' che generalizza i dati a partire dall'esperienza. Ora, però, la civiltà mediterranea dovrebbe avere il coraggio di rimettere in discussione i suoi 'concetti' per confrontarli con il disordine esistente, rianimarli e trovare un nuovo accordo e nuove soluzioni valide per tutti".

Negli anni in cui Giorgio La Pira offriva all'Italia e al mondo inmtero la sua milizia di uomo di pace e di uomo di giustizia il Mediterraneo era - com'è oggi - non un grande "lago di Tiberiade", ma un fossato che divideva il Nord dal Sud. Il problema era allora, com'è oggi, quello di abolire tutte le radici di conflitto: da quelle economiche a quelle politiche. La sua proposta faceva perno su tre componenti fondamentali: una componente religiosa ("la cattedrale cristiana, la moschea islamica ed il tempio ebraico costituiscono l'asse attorno al quale si edificano i popoli, le nazioni e le civiltà che coprono l'intero spazio di Abramo, cioè il Mediterraneo"), una componente metafisica ("elaborata dai greci e dagli arabi") ed una componente giuridica ("elaborata dai romani").

Il compianto padre Ernesto Balducci, che di Giorgio La Pira seppe essere biografo postumo ed interprete attento, ha spiegato: "Spostando il baricentro della storia sul Mediterraneo, inteso come figura culturale, oltre che come spazio geografico, La Pira voleva realizzare una sintesi che sta ancora davanti a noi. La sintesi fra il 'concetto', elaborato ed utilizzato dalla civiltà tecnologica del Nord, e lo slancio vitale di cui il Sud preserva le condizioni e le forme che vanno dalla comunione con la natura alla contemplazione mistica. Nell'età della scissione dell'atomo, La Pira, uomo mediterraneo, stava combattendo, nei suoi modi e con i suoi limiti, contro la scissione dell'uomo". Una battaglia, questa, che deve essere continuata e vinta: a tutti i costi.

* Presidente della Feder Mediterraneo

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Navigare necesse est, si diceva a quei tempi: l'impero romano riuniva tutti i territori circostanti quello che veniva chiamato Mare Nostrum. La navigazione, pertanto, era indispensabile tanto per i traffici commerciali quanto per la difesa militare. La flotta imperiale di Miseno aveva il compito di tenere sotto controllo l'intero Mediterraneo occidentale. Quella con sede a Ravenna, invece, aveva la responsabilità per il Mediterraneo orientale.

 

 

Marco Vipsanio Agrippa fu l'organizzatore della marina da guerra dell'Impero Romano e il progettista della base navale di Miseno. Gli fu concesso l'onore di cingere la "corona bavale"

 

 

Fra i più celebri ammiragli della flotta imperiale di Miseno va ricordato Gaio Plinio Secondo (detto il vecchio), autore della Naturalis Historia, morto nel 79 d.C. durante l'eruzione del Vesuvio di quell'anno

 

 

Le navi della flotta di Miseno erano costruite e armate nel bacino interno: si muovevano con relativa velocità sull'acqua grazie ad una sapiente velatura e alla forza di migliaia di braccia. Quelle dei rematori imbarcati a bordo di liburne e triremi, di quadriremi, pentaremi ed esaremi.

 

 

Intanto, dalle nebbie di un lontanissimo passato riemergono i nomi delle navi della flotta di Miseno. Ce li restituiscono le lapidi di marmo con le iscrizioni trovate nei Campi Flegrei e a Roma, a Ravenna, in Grecia, in Macedonia.  Sono i nomi di liburne e triremi, di quadriremi e pentaremi. C'è, persino il nome, di una esareme. Si chiamava Ops. Un nome che era tutto un programma. Significava: la forza, la potenza..

 

 

LA PRIMA LEGIO AUDITRIX

Erano i fedelissimi dell'imperatore. Clicca sulla foto 

 

 

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In barca a MISENUM ogni sabato e domenica dalle 10,30, porticcolo di Capo Miseno

PRENOTA Ass. Misenum  081-5233977, 338-9416639, 338-8911536

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Aggiornato il: 18 febbraio 2003